Cultura: Genova battuta pure da Aosta

Torino al terzo posto e Aosta al settimo, nella classifica nazionale 2016 delle province con la più elevata incidenza del Sistema Produttivo Culturale e Creativo (Spcc) sull'economia locale. La graduatoria, che non comprende Genova nei primi dieci piazzamenti, è stata redatta dalla Fondazione Symbola e dall'Unioncamere, enti che stimano in circa 90 miliardi di euro il valore prodotto in Italia, l'anno scorso, dalla filiera del settore Spcc, formato dai soggetti, privati e pubblici, che producono beni e servizi culturali (architettura, comunicazione, design, cinema-radio-tv, videogiochi e software, musica, stampa ed editoria, patrimonio storico-artistico, performing arts e arti visive), e da quanti utilizzano la cultura come input per accrescere la loro competitività, soggetti definitivi, nello studio, "creative-driven".
Nel rapporto 2017 di Symbola e Unioncamere, intitolato "Io sono cultura - l'Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi", si legge che l'incidenza del Sistema produttivo culturale e creativo è pari all'8,6% del valore aggiunto prodotto dalla provincia di Torino nel 2016 e al 6,9% in Valle d'Aosta. Tassi più elevati di quello torinese sono stati attributi a Milano (9,9%) e Roma (10%). Al quarto posto si trova Siena (8,2%), seguita, nell'ordine, da Arezzo (7,6%), Firenze (7,1%), appunto Aosta, poi Ancona (6,6%), Bologna e Modena, entrambe con il 6,6%, a chiusura della top ten.
Per l'incidenza del settore sull'occupazione complessiva, la provincia di Torino è quarta con l'8,2% e Aosta decima con il 7,2%, mentre in testa si trova Milano con il 10,1%. Come regione, la Valle d'Aosta è terza e il Piemonte è quarto, in tutte e due le classifiche.
"La cultura è uno dei motori trainanti dell'economia italiana, uno dei fattori che più alimentano la qualità e la competitività del made in Italy" hanno scritto gli estensori del rapporto, sottolineando che il Sistema Produttivo Culturale e Creativo dà lavoro direttamente a 1,5 milioni di persone e, attivando altri settori dell'economia, arriva a muovere un totale di 250 miliardi di euro, equivalenti al 16,7% del valore aggiunto nazionale (il turismo è il principale beneficiario di questo volano).
In particolare, le industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, software, videogiochi, musica e stampa) producono un valore aggiunto superiore a 33 miliardi, con 492.000 occupati;  le industrie creative (architettura, comunicazione e design) poco meno di 13 miliardi, con 253.000 addetti; mentre le performing arts e arti visive generano una ricchezza pari a 7,2 miliardi e hanno 129.000 posti di lavoro. Quanto al patrimonio-storico artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), il suo contributo 2016 è stato stimato in 3 miliardi come valore aggiunto e in 53.000 occupati.
Infine, le imprese "creative driven", chiamate così quelle che impiegano, in maniera strutturale, professioni culturali e e creative, quali la manifattura evoluta (dal mobile alla nautica) e l'artigianato artistico. A queste imprese sono stati attribuiti un valore aggiunto di 33,5 miliardi e un'occupazione di 568.000 persone.

Cavalieri, la squadra di Maurizio Sella

Era un saggio, ora è presidente. Il banchiere Maurizio Sella, numero uno dell'omonimo gruppo creditizio-finanziario biellese, il 28 giugno, è stato eletto al vertice del Gruppo piemontese dei Cavalieri del Lavoro, costituito nel 1918 da Teofilo Rossi di Montelera. Un sospetto di cosa stava bollendo in pentola deve averlo avuto, Maurizio Sella, quando gli è stato detto che, questa volta, non c'era bisogno che lui facesse parte della terna dei saggi incaricati di scegliere il candidato da proporre per la presidenza. Comunque, nessun dubbio per la sessantina di Cavalieri iscritti al Gruppo piemontese e valdostano. Tutti d'accordo sul suo nome, prestigioso e indiscutibile.
Maurizio Sella, 75 anni compiuti da poco, nominato Cavaliere del Lavoro quando ne aveva 49, oltre che presidente della holding di famiglia, dell'omonima, storica banca e della controllata Patrimoni Sella è, fra l'altro, consigliere di amministrazione della Buzzi Unicem e membro del comitato esecutivo dell'Abi, l'associazione nazionale delle banche, di cui è stato presidente, come lo è stato, fino al 13 giugno, dell'Assonime, influente associazione delle società italiane per azioni.
A passare il testimone della presidenza del Gruppo piemontese dei Cavalieri del Lavoro a Maurizio Sella, i cui figli sono amministratori delegati delle banche controllate, è stato Giuseppe Donato, che in passato ha guidato e presieduto la Skf italiana e, attualmente, è presidente della Sagat, la società che gestisce l'aeroporto di Caselle Torinese.
Oltre che da Maurizio Sella, il nuovo vertice del Gruppo piemontese dei Cavalieri del Lavoro, di cui sono appena entrati a far parte i neo nominati Licia Mattioli, Catia Bastioli (amministratore delegato di Novamont e presidente di Terna) e Massimo Perotti (titolare e timoniere dei Cantieri Sanlorenzo), per il triennio 2017-2020, è formato dai vicepresidenti Marco Boglione e Gianfranco Carbonato, e dai consiglieri Roberto Balma, Maria Luisa Cosso Eynard, Lorenzo Ercole, Piero Marsiaj, Amilcare Merlo, Nerio Nesi, Debora Paglieri, Mario Rizzante, Savinio Rizzo. Tesoriere: Camillo Venesio, amministratore delegato e direttore generale della Banca del Piemonte, altro istituto creditizio privato, ultracentenario, sano, solido ed efficiente.

Il capolavoro dei Rizzante

Tra i non addetti ai lavori, pochi la conoscono, persino a Torino, dove è stata costituita 21 anni fa e dove ha sede, nonostante sia un campione della Borsa italiana, abbia più di 6.200 dipendenti e sia un'eccellenza imprenditoriale nel campo delle più avanzate tecnologie informatiche. Il soggetto in questione è Reply, società a capo di un gruppo specializzato nella progettazione, implementazione e manutenzione di soluzioni basate su internet e sulle reti sociali. Un gruppo che controlla centinaia di aziende, sparse un po' in tutto il mondo e che, nel 2016, ha fatturato 780 milioni, con un utile netto di 67,5 milioni.
Reply, la cui maggioranza assoluta appartiene alla famiglia Rizzante, fondatrice, è un'impresa straordinaria, che si sviluppa a un ritmo impressionante (nel suo primo esercizio aveva fatturato meno di 6 milioni) Lo hanno confermato anche i dati del primo trimestre di quest'anno: ricavi per 208,4 milioni (186,3 nello stesso periodo 2015), margine operativo lordo di 28 milioni (25), utile di 25,3 milioni ante imposte (22,5). E, al 31 marzo, posizione finanziaria netta positiva per 80,6 milioni, a fronte dei 28,2 di fine 2016.
In Borsa, Reply sta capitalizzando oltre 1,5 miliardi. Il 7 giugno, la sua azione è stata scambiata fino a 181 euro, nuovo record storico. Cifre che diventano particolarmente significative se si considera che l'azione Reply valeva 60,9 euro ancora al 31 dicembre 2014 e 21 euro alla stessa data del 2012, quando la sua capitalizzazione era di 193,6 milioni. Indubbiamente c'è chi ha fatto una fortuna puntando su Reply, la cui crescita sembra irresistibile, come sono state finora le sue performance reddituali e borsistiche.
A proposito proprio delle performance del titolo, Mario Rizzante, presidente e amministratore delegato di Reply, ha dichiarato che  "è interessante come numerosi azionisti e investitori abbiano confermato il loro interesse in merito a un aumento della liquidità dell'azione. Al fine di recepire questa indicazione - ha aggiunto Mario Rizzante - il management e i principali azionisti saranno focalizzati su un incremento della liquidità dell'azione Reply, quale obiettivo di medio termine".
Insomma, s'intuisce l'intenzione di aumentare il numero delle azioni disponibili sul mercato, finalità che potrebbe essere raggiunta anche con una vendita parziale di titoli attualmente nel portafoglio della Alika srl (holding della famiglia Rizzante), la quale possiede il 52,78% del capitale di Reply, mentre il secondo maggior socio singolo è Goldman Sachs con il 3,6%.
Nella guida di Reply, Mario Rizzante, che ha incominciato come operaio Fiat, è affiancato dalla figlia Tatiana, anche lei amministratore delegato, e dal figlio Filippo, consigliere di amministrazione con incarichi operativi. (è Chief Technology Officer).
Tatiana Rizzante, laureata in Ingegneria informatica al Politecnico di Torino, è al vertice di Reply, di cui è stata cofondatrice insieme con altri manager, da oltre dieci anni. Sposata, una figlia, da sempre appassionata di nuove tecnologie, in azienda si è occupata subito della creazione e dello sviluppo delle competenze nei settori a elevato tasso di innovazione, promuovendo anche le numerose acquisizioni. Prima di entrare nell'impresa di famiglia, ha lavorato allo Cselt (ora Tlab). Per i suoi valori, è stata chiamata a far parte, fra l'altro, del Consiglio direttivo di Confindustria Digitale ed è stata nel cda di Ansaldo StS (ex Finmeccanica, ora Leonardo).

Finanza italiana

CREDITI DETERIORATI (NPL) - Alla fine del 2016, i crediti deteriorati delle banche italiane (finanziamenti, mutui e prestiti, che i debitori non riescono più a ripagare regolarmente o del tutto) ammontava a 173 miliardi, pari al 9,4% degli impieghi totali degli istituti. Di questa montagna di crediti concessi dalle banche, 81 miliardi erano rappresentati da "sofferenze" (crediti la cui riscossione non è certa, perché i soggetti debitori si trovano in stato di insolvenza o in una situazione equiparabile) e i restanti 92 miliardi dalle altre esposizioni deteriorate, già svalutate per circa un terzo del valore nominale.
Di crediti deteriorati o di Npl, come ormai molti li chiamano usando il termine inglese (non performing loans) nel sistema finanziario nazionale si parla, da mesi, sempre di più. Sono considerati, infatti, il cancro delle banche italiane. E quasi non passa giorno che non arrivi, da diverse parti, la sollecitazione a disfarsene, il più presto possibile. Addirittura, in qualche caso, la Bce dà ultimatum. Però, c'è un problema. Le banche puntano a vendere gli Npl senza rimetterci troppo, mentre le società specializzate nell'acquisto e nella gestione dei crediti deteriorati mirano a pagarli poco, spesso tra il 20 e il 30% del loro valore nominale.
Così, succede che le banche ci rimettono un sacco di soldi, mentre i pochi operatori acquirenti di soldi ne guadagnano un sacco, essendo capaci a riscuotere dai debitori somme ben più elevate di quelle pagate per i crediti deteriorati rilevati.
Dell'anomalia di questo nuovo, colossale business, si è reso conto lo stesso Governatore della Banca d'Italia, il quale ha riconosciuto che "La Vigilanza è consapevole della necessità di non forzare politiche generalizzate di vendita dei crediti deteriorati, che conducono, di fatto, a un trasferimento di risorse dalle banche italiane a pochi investitori specializzati". Peccato, però, che il pressing sulle banche italiane continui, a tutto vantaggio degli speculatori.

LA STRAGE BANCARIA - Altro che deforestazione bancaria, qui è una strage. Già al 31 dicembre 2016, nel nostro Paese si sono ridotti a 70 i gruppi bancari e a 475 le banche non incluse nei gruppi. Esattamente un anno prima i gruppi erano ancora 75 e 504 le banche non incluse nei gruppi. Numeri che diventano ancora più significativi se si considerano sia i consuntivi degli anni precedenti sia il fatto che delle banche non incluse nei gruppi a fine 2016 ben 325 sono Bcc (credito cooperativo) e 82 succursali di istituti esteri. Inoltre, va considerato che dall'inizio di quest'anno a oggi, il sistema ha avuto ancora altre perdite e nei prossimi mesi il fenomeno continuerà.
Insomma, tra poco, di banche indipendenti in Italia ne resteranno un centinaio. Intanto, cala, ancora di più e rapidamente, il numero degli sportelli e dei dipendenti. Mentre, l'attività tipica si mantiene su buoni livelli. Infatti, la raccolta bancaria da clientela, in essere al 31 maggio, è risultata pari a 1.713,9 miliardi e gli impieghi in essere hanno sfiorato i 1.800 miliardi.

ASSICURAZIONI - Nel 2016, il totale dei premi pagati alle compagnie assicurative operanti in Italia è sceso a 134 miliardi, l'8,7% in meno rispetto ai 147 miliardi del 2015. Il calo si deve soprattutto al Ramo Vita, che ha incassato l'11% in meno, evidenziando così un'inversione di tendenza dopo i tre anni precedenti di crescita progressiva. Più contenuta è stata la diminuzione del valore delle polizze emesse nel comparto Auto, ridotto del 3% e in linea, negativa, con l'ultimo lustro. E' invece risalito del 3% il Ramo Danni non auto. Però, il Ramo Vita vale il 76% dei premi assicurativi pagati l'anno scorso nel nostro Paese, mentre il Ramo Danni vale il 24%, equamente diviso tra Auto e non.
In merito all'Rc Auto, va rilevato che il premio medio 2016 per l'assicurazione obbligatoria di una vettura a uso privato è sceso a 420 euro (al netto di tasse e contributi), somma che però è ancora superiore di 140 euro a quella pagata da francesi, tedeschi e spagnoli. Forse può consolare, comunque, che nel 2015 il divario era di 190 euro e di oltre 260 nel 2011.
Le 111 compagnie assicurative attive in Italia, con quasi 30.000 dipendenti e oltre 5.700 broker, alla fine dell'anno scorso avevano, all'attivo, investimenti per oltre 810 miliardi (a valore di mercato), 360 dei quali rappresentati da titoli di Stato. Insieme, hanno dichiarato un utile complessivo vicino ai 6 miliardi, quanto nell'esercizio precedente.

BORSA DI MILANO - Piazza Affari in double face. L'anno scorso, l'indice Ftse Italia Mib storico è diminuito del 7,6% e la capitalizzazione totale delle società italiane quotate è calata a 525 miliardi a fine 2016 dai 573,6 di fine 2015. E' sceso anche il controvalore degli scambi di azioni delle società nazionali a 615,4 miliardi dai 792.9 precedenti. Al contrario, sono aumentate le società presenti nel listino da 356 a 387, il numero più alto degli ultimi cinque anni. Sono cresciuti, inoltre, i dividendi distribuiti dalle quotate italiane (da 15,1 a 16,7 miliardi), come i rapporti fra gli utili e la capitalizzazione e fra i dividendi e la capitalizzazione.

CONTI PUBBLICI - Il consolidato 2016 delle Amministrazioni pubbliche, riportato nella relazione annuale della Banca d'Italia, mostra entrate totali per 788,5 miliardi, ancora 2,6 miliardi in più rispetto al 2015 e quasi 41 miliardi più che nel 2011; inoltre, mostra spese totali per 829,3 miliardi, quasi un miliardi meno dell'anno prima, ma 20,7 miliardi in più rispetto al 2011. Insomma, le Amministrazioni pubbliche continuano a spendere più di quanto incassano e, come se non bastasse, la crescita delle loro spese è superiore a quella delle loro entrate. Chiaro che così il debito pubblico non può che continuare a salire.
Altrettanto grave è che le sole spese pubbliche in diminuzione sono quelle relative agli interessi pagati per i debiti (merito esclusivo della Bce di Mario Draghi e dei suoi tassi bassissimi) e quelle per gli investimenti fissi, pari a 35 miliardi nel 2016 a fronte degli oltre 45 di cinque anni prima.
Naturalmente, viene fatto osservare che però è calata l'incidenza sul Pil sia delle spese (al 49,6%), sia delle entrate (al 47,1%), sia dell'indebitamento netto (al 2,4%); tuttavia, andrebbe aggiunto, che questi risultati sono conseguenti non a comportamenti virtuosi delle Amministrazioni pubbliche, ma al miglioramento del Pil, frutto prevalentemente dei soggetti privati.  


Celi (hi-tech) alla H-Farm

Sempre più intensa la caccia di nuove imprese torinesi ad alta tecnologia da parte degli investitori. L'ultima preda, in ordine di tempo, è la Celi, pmi innovativa leader nel campo dell'intelligenza artificiale, del machine learning e dell'analisi del linguaggio (progetta e realizza tecnologie semantiche multilingue per estrarre conoscenza e creare valore dai dati linguistici).
Il 100% della Celi è appena stato comprato dalla H-Farm, società quotata in Borsa, primo venture incubator al mondo, oltre 250 dipendenti e un fatturato superiore ai 28 milioni nel 2016. Il valore dell'operazione è di 2,3 milioni, che i soci di Celi ricevono in parte in denaro e in parte in azioni della H-Farm, fondata e guidata da Riccardo Donadon.
La Celi, che ha come presidente e amministratore delegato Vittorio Di Tomaso (secondo ad è Giampaolo Mazzini), ha tre sedi - Torino, Milano, Trento - opera in Europa, Usa e Asia; conta 25 dipendenti e vanta un'esperienza di 15 anni. Nel passato esercizio ha fatturato 1,8 milioni, realizzando un utile operativo di 360.000 euro.

Bim cambia di nuovo proprietà

Nuova svolta per la Bim - Banca intermobiliare di investimenti e gestioni. La banca torinese specializzata nella gestione di patrimoni familiari cambia proprietà, un'altra volta. La quota della Bim in portafoglio a Veneto Banca, pari al 71,4% del capitale, è destinata alla vendita. E a comprarla non sarà Intesa Sanpaolo, che ha escluso questa partecipazione dal perimetro delle attività da rilevare in seguito al contratto firmato, domenica 25 giugno, con i commissari liquidatori della Popolare di Vicenza e, appunto, di Veneto Banca, nominati dalla Banca d'Italia, dopo l'accordo con il ministro dell'Economia e delle Finanze.
La Borsa ha accolto positivamente la notizia. Nella prima giornata successiva alla decisione della liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza e dell'acquisizione di buona parte delle loro attività e passività a Intesa Sanpaolo, grazie anche al contributo dello Stato, il titolo Bim ha fatto registrare un aumento del 13,7%, chiudendo a 1,363 euro. Quotazione ancora inferiore al massimo annuale di 1,58 raggiunto il 10 gennaio, ma decisamente superiore al minimo di 1,14 euro toccato venerdì 23 del mese corrente, quando era dilagante l'incertezza sul destino della Banca, nata proprio vent'anni fa, dopo essere stata Sim e, prima ancora, Commissionaria di Borsa, dal 1981, anno a cui si possono far risalire le origini dell'istituto finanziario.
Veneto Banca era entrata in Bim nel 2009, acquisendo il 40% della Cofito, holding che possedeva il 52,3%  di Banca Intermobiliare. Nel 2011, però, Veneto Banca incorpora Cofito, per fusione, e diventa controllante della Bim. Tuttavia, nel giugno dell'anno scorso, la maggioranza di Veneto Banca passa al fondo Atlante, gestito da Quaestio Capital Management Sgr, che, perciò, sia pure indirettamente, diventa il nuovo azionista di controllo della Bim. Condizione durata un anno e finita domenica, altra data storica per banca torinese che è stata delle famiglie Segre, Scanferlin, D'Aguì, ancora titolare del 9% delle azioni.
La Bim, che dispone di 29 filiali sparse in Italia e 165 private banker e che ha in portafoglio Bim Suisse, Symphonia Sgr, Bim Fiduciaria e Bim Insurance Brokers, al 31 marzo scorso, presentava una raccolta globale - amministrato più gestito - pari a 9,2 miliardi di euro e un Cet1 dell'11,43%. Ha chiuso il primo trimestre con un risultato negativo di 2 milioni. Nell'intero 2016 ha perso 83,1 milioni, dopo averne persi 28,8 nel 2015. Attualmente è presieduta da Maurizio Auri. Direttore generale è Stefano Grassi, consigliere di amministrazione con deleghe Giorgio Girelli.

Alberto Bertone, re delle minerali

Il re delle acque minerali: è Alberto Bertone, il numero uno della Fonti di Vinadio, che ha Sant'Anna come marchio di punta. Nel 2016, suo ventesimo esercizio, l'impresa piemontese ha venduto un miliardo di bottiglie di acqua minerale. tutta proveniente dalla sorgente cuneese che si trova a 1.950 metri sul livello del mare, più un centinaio di milioni di bicchierini di SanThé e SanFruit. Ha fatturato 280 milioni di euro, solo per il 5% dovuti alle vendite all'estero (primo mercato la Cina).
In un'intervista, pubblicata da Cronaca Qui del 24 di questo mese, Alberto Bertone, classe 1966, torinese di Moncalieri, ha anticipato che i ricavi di quest'anno ammonteranno a 300 milioni di euro, confermando un trend di crescita elevata, nonostante che il mercato nazionale, maturo, aumenti meno di due punti percentuali all'anno.
Bertone ha anche riferito che la sua azienda, che conta 110 dipendenti e ha sempre chiuso i bilanci in attivo (con una redditività elevata), sta investendo 50 milioni all'anno, per aumentare la capacità produttiva (punta a 3 miliardi di bottiglie l'anno) e la competitività, restare all'avanguardia tecnologica, ridurre i costi, fare ricerca e innovazione, sviluppare la gamma d'offerta e la diversificazione. Fra l'altro, sta girando il mondo per trovare nuove opportunità: Paesi dove replicare il modello Sant'Anna (in testa si trovano gli Usa), oltre che acquisizioni. La liquidità c'è, senza bisogno di ricorrere alle banche, né di aprire il capitale ad altri soci né di quotarsi in Borsa.
Oltre a fare il presidente e l'amministratore delegato della Fonti di Vinadio, fondata nel 1996 con il padre Giuseppe, Alberto Bertone, laurea in Scienze Politiche e un master Corep al Politecnico di Torino, fa l'imprenditore nell'edilizia residenziale e industriale, tradizionale attività della famiglia ed è impegnato in consigli di amministrazione di diversi enti e società: dalla Fondazione Sviluppo e Crescita Crt alla Pegaso Investimenti, al Fondo Nord Ovest della Ream Sgr e alla Via Ivrea 24 Abitare Sostenibile.
Alla domanda sulla situazione e le prospettive di Torino, Alberto Bertone ha risposto: "Dal 2006, con le Olimpiadi, Torino è diventata un'altra città. Allora abbiamo saputo interpretare la crisi, cambiare vestito, riprendere a crescere. Negli ultimi anni, però, abbiamo tenuto lo stesso vestito, rivoltandolo da una parte e dall'altra. Ci siamo fermati, mentre gli altri sono andati avanti. E questo ha comportato un arretramento. Mancano le idee. Gestiamo, non creiamo. Non si fa più nulla di nuovo, anche se le possibilità non mancano".
Quanto al successo delle acque minerali, da anni in Italia, Francia e altri Paesi europei, ma presto in altre parti del mondo, Alberto Bertone ha spiegato che si spiega molto semplicemente con la differenza che c'è con l'acqua del rubinetto: l'acqua minerale è un prodotto assolutamente naturale, imbottigliata come sgorga dalla fonte; l'acqua di rubinetto è trattata chimicamente per essere potabile, provenendo prevalentemente da fiumi, spesso inquinati, e viaggiando in tubazioni normalmente obsolete, con fessure che lasciano penetrare sostanze contaminanti.



Meno imprese rosa

Perde colpi l'imprenditoria del Nord Ovest. Al 31 marzo 2017, sono risultate 135.784 le imprese femminili iscritte alle locali Camere di commercio, un migliaio in meno rispetto al 31 dicembre 2016, quando erano appunto 136.800. Il calo riguarda tutte le tre regioni. In Piemonte, le imprese con titolare donna sono scese da 97.948 a 97.159, in Liguria da 35.910 a 35.716 e in Valle d'Aosta da 2.952 a 2.909.
Nella regione alpina, però, il tasso di "femminilizzazione" imprenditoriale (rapporto tra il numero delle imprese guidate da donne e il totale delle imprese attive alla stessa data) è ancora salito un po', raggiungendo il 23,19%, che è il più elevato nel Nord Ovest. Invece, è diminuito di mezzo decimo di punto in Liguria (dal 22,1% al 22,05%) ed è rimasto invariato in Piemonte: 22,3%, indice che vale la posizione di metà classifica a livello nazionale.
Il tasso medio italiano di "femminilizzazione" imprenditoriale, infatti, è del 21,75%, corrispondente a 1.316.017 imprese rosa sul totale di 6.051.290 emerso dal censimento di Unioncamere al 31 marzo scorso (le imprese con un titolare maschio sono 4.735.273). A presentare le quote più elevate di imprese rosa sono il Molise (28,11%), la Basilicata (26,71%) e l'Abruzzo (25,78%); al contrario, le più basse sono evidenziate da Trentino-Alto Adige (17,66%), Lombardia (18,43%) e Veneto (19,72%).
Nel primo trimestre di quest'anno, l'Italia ha perso quasi 6.000 imprese femminili.

Nelle banche 132 miliardi

Quasi 132 miliardi di euro. E' la somma che risultata depositata, da parte delle famiglie e delle imprese nelle banche attive nel Nord Ovest, al 31 dicembre scorso. In particolare: 94,3 miliardi costituiscono i depositi bancari in Piemonte, 34 miliardi in Liguria e 3,3 miliardi in Valle d'Aosta. In queste ultime due regioni, i depositi sono aumentati rispetto al 2015, sia pure di pochissimo; invece, in Piemonte sono diminuiti di 1,3 miliardi. A dimostrazione che la crisi economica è continuata, erodendo ancora la capacità di risparmiare.
Quanto ai prestiti delle banche a famiglie e imprese del Nord Ovest, i resoconti della Banca d'Italia dicono che sono rimasti sullo stesso livello dell'anno precedente. Infatti, il loro totale è stato di 151,4 miliardi, inferiore di circa 260 milioni a quello emerso al 31 dicembre 2015. In Piemonte, i prestiti bancari in essere a fine 2016 ammontavano a 112,8 miliardi (112,3 miliardi dodici mesi prima), in Liguria a 35,8 miliardi scarsi (36,6) e in Valle d'Aosta a 2,8 miliardi, pochi milioni più che alla stessa data 2015.
Anche l'evoluzione degli impieghi conferma che, l'anno scorso, nel Nord Ovest, gli investimenti non sono ripartiti. Come si dice, gergalmente, nel mondo creditizio: il cavallo ha continuato a non bere. come negli esercizi immediatamente precedenti. Lo spirito imprenditoriale ha stentato ancora. Scarse le nuove iniziative, comunque insufficienti ad alimentare una riscossa. Un problema in più per le banche, che, normalmente, guadagnano sui prestiti, erogando denaro a un prezzo superiore a quanto lo pagano.
L'industria bancaria è in difficoltà da tempo, per diverse ragioni (naturalmente, se è vero che il settore è in sofferenza è altrettanto vero che, nel Nord Ovest come altrove, si trovano banche, delle diverse dimensioni, che vanno bene e continuano a presentare bilanci con buoni utili, adeguata redditività e solidità tranquillizzante).
In ogni caso, anche nel Nord Ovest, le banche hanno ridotto il numero dei dipendenti e degli sportelli. Complessivamente, al 31 dicembre scorso, i dipendenti sono risultati 38.830, dei quali 30.589 in Piemonte, 7.747 in Liguria e 494 in Valle d'Aosta. Quanto agli sportelli, sono passati dai 3.338 di fine 2015 ai 3.281 di fine 2016, quando ne sono stati censiti 2.364 in Piemonte (2.451 un anno prima), 822 in Liguria (841) e 95 in Valle d'Aosta (96).

Novarese il leader della moda italiana

Riunisce oltre 37.000 imprese del Made in Italy, che danno lavoro a 580.000 persone e generano un fatturato annuo superiore ai 90 miliardi, per il 62%  derivante dalle vendite all'estero. Il soggetto che rappresenta questo sistema produttivo ed economico è Confindustria Moda, federazione confindustriale nata pochi mesi fa, grazie anche all'impegno e alla volontà di un novarese, Claudio Marenzi, che ne è stato subito eletto presidente.
Claudio Marenzi, 55 anni, recentemente eletto anche presidente di Pitti Immagine, è il numero uno della Herno di Lesa, un'azienda eccellente del settore abbigliamento con un marchio ambasciatore del prodotto italiano di lusso nel mondo. Fondata nel 1948, a Lesa (Novara), da Giuseppe Marenzi e dalla moglie Alessandra Diana, la Herno incomincia come fabbricante di impermeabili.
A dare la svolta strategica, è proprio l'ultimo dei tre figli della coppia, Claudio, il quale sta facendo raddoppiare il fatturato della Herno ogni due anni (76 milioni di euro nel 2016, per il 60% dovuti alle esportazioni), conquistando progressivamente nuovi mercati, puntando sulla creatività, l'innovazione, le tecnologie avanzate, il gusto.
Claudio Marenzi, che conosce ogni aspetto del prodotto e del processo, è entrato nella Herno, della quale è ora presidente e amministratore delegato, quando aveva poco più di vent'anni.

L'Ucid di Ghidella

"Ucid, nel prossimo triennio, si pone l'obiettivo di essere un nuovo riferimento degli imprenditori, dirigenti e professionisti, che desiderino offrire ai propri stakeholder soluzioni operative e formative per la gestione dell'impresa e della pubblica amministrazione, che coniughi competitività e centralità della persona... Vorremmo contribuire alla creazione di una nuova classe dirigente, con soluzioni innovative d'impresa e di amministrazione pubblica basate sui valori cristiani. Intendiamo essere l'hub culturale e di azione, fra il mondo economico e del lavoro, le istituzioni e la società civile, per offrire cambiamento, speranza e costruzione del bene comune".
E' questo, in sintesi, il programma di Riccardo Ghidella per l'Ucid nazionale, del quale è stato eletto, il giugno, all'unanimità, presidente per il triennio 2017-2020. L'Ucid , fondata nel 1947 come unione di imprenditori e dirigenti di ispirazione cristiana, è un'associazione apartitica, che richiama i suoi soci all'impegno per la realizzazione del bene comune. La sua struttura è di tipo federale, composta attualmente da 17 gruppi regionali, a loro volta divisi in un centinaio di sezioni provinciali. Tra i predecessori di Riccardo Ghidella spiccano i nomi di Giuseppe De Rita, Francesco Merloni, Angelo Ferro e, ultimo, Giancarlo Abete.
Riccardo Ghidella, torinese, classe 1958, sposato, un figlio, è un alto dirigente di Edf - Fenice, società subalpina interamente posseduta da Edf (Electricité de France) colosso transalpino dell'energia. Edf - Fenice, che progetta, finanzia, costruisce e gestisce impianti per la produzione e la distribuzione di energia riducendone i costi, ha circa 1.850 dipendenti e fattura oltre 400 milioni di euro. Sede a Rivoli, nella cintura torinese, ha come amministratore delegato Paolo Quaini.
Prima di diventare il numero uno nazionale, Riccardo Ghidella è stato presidente dell'Ucid Torino dal 2009 al 2014 e poi dell'Ucid Piemonte e Valle d'Aosta. Il nuovo incarico si aggiunge a quelli di vice presidente Assistal Confindustria Servizi, consigliere del Direttivo Amma (imprese metalmeccaniche), membri della Giunta dell'Unione Industriale di Torino e vice presidente della Fondazione Teatro Stabile, membro del Consiglio pastorale dell'Arcidiocesi di Torino e della Commissione regionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei del Piemonte.
Oltre a Riccardo Ghidella, sono stati eletti i liguri Davide Viziano (vice presidente vicario) e Michele Thea (coordinatore del Gruppo Giovani).

Dicono che ... 2

LUSSEMBURGO - Dicono che fossero circa 500 le personalità subalpine che hanno partecipato, mercoledì 21 giugno, alla festa torinese del Granducato del Lussemburgo, organizzata sontuosamente e magistralmente, come negli anni passati, dal console onorario Ettore Morone, ben noto e stimato titolare dell'omonimo studio notarile cittadino, dove fa il notaio anche il figlio Remo. Nel parco dell'Unione Industriale, l'ambasciatrice del Lussemburgo in Italia, Janine Finck ed Ettore Morone, hanno accolto e salutato, uno per uno, banchieri, imprenditori, avvocati, commercialisti, manager, accademici, consulenti, finanzieri, intellettuali, esponenti di Ordini professionali e istituzioni, insomma non pochi componenti dell'èlite di Torino e dintorni.
Dicono che Janine Finck, ambasciatrice accreditata anche presso la Repubblica di San Marino, l'Ungheria, Malta e la Fao, abbia manifestato a Ettore Morone la piena soddisfazione per il successo del ricevimento, congratulandosi per l'eccellenza degli ospiti e il loro numero, ancora superiore alle sempre folte edizioni precedenti (nuovo record di presenze).
Il Granducato del Lussemburgo è uno dei maggiori investitori esteri in Piemonte e, a sua volta, è sede di numerose società piemontesi, finanziarie e industriali, alcune delle quali vi hanno anche il quartiere generale, come, per esempio, la Ferrero e Guala Closures.
Ettore Morone è uno dei sette consoli onorari del Granducato del Lussemburgo in Italia e il suo tradizionale appuntamento annuale è il più ambito.

CARIGE - Dicono che, a Genova, non pochi piccoli azionisti della travagliata Banca Carige, prossima a un nuovo aumento di capitale (maxi rispetto all'attuale, misera, capitalizzazione di Borsa), abbiano giudicato molto favorevolmente la cooptazione di Francesca Balzani nel Consiglio di amministrazione dell'Istituto, insieme con la docente universitaria Ilaria Queirolo e il commercialista Stefano Lunardi. Francesca Balzani, l'allieva prediletta di Victor Uckmar, il noto tributarista che l'aveva voluta nel suo prestigioso studio, è considerata un'eccellenza genovese, molto apprezzata anche fuori dalla Superba. Fra l'altro, è stata vice sindaco di Milano con Pisapia e, poi, candidata a sindaco, battuta da Sala. E' stata anche parlamentare europea, dopo la prima esperienza politica come assessore al Bilancio del Comune di Genova.
Pure la città con la Lanterna l'avrebbe voluta sindaco, ma lei ha sempre declinato le offerte, mantenendo comunque un legame forte con la sua comunità d'origine, che ne apprezza considerevolmente pure le capacità professionali, al di là dell'appartenenza partitica. Francesca Balzani, però, non ha risposto negativamente alla chiamata di Vittorio Malacalza, in seguito alla quale rientra nel sistema Carige, che l'aveva già vista, dieci anni fa, consigliere della Fondazione, allora maggiore azionista della Banca dei Liguri, come è ancora ricordata la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia.
Malacalza ha scelto, inoltre, il nuovo amministratore delegato e direttore generale della Banca:  Paolo Fiorentino (ex Unicredit). Tuttavia, nelle ore seguenti la nomina, il titolo Carige ha continuato a perdere valore in Borsa, facendo registrare il nuovo record negativo. Certamente non per l'arrivo di Fiorentino (né dei nuovi Consiglieri), anche se qualcuno sperava che la responsabilità operativa della banca venisse affidata, finalmente, al genovese Giuseppe Cuccurese, il quale, dal 2012, guida il Banco di Sardegna, che lui ha rilanciato e portato a fare utili quanto mai prima. Cuccurese, classe 1955, prima che del Banco di Sardegna è stato direttore generale della Cassa di Risparmio della Spezia, allora del San Paolo di Torino, gruppo dove ha fatto gran parte della sua intensa e brillante carriera, con incarichi sempre più rilevanti, anche all'estero. Un banchiere molto esperto e affidabile, Giuseppe Cuccurese. Peccato che, come spesso accade, "nemo propheta in patria".

AVVOCATI TORINESI - Dicono che si svolgeranno nell'ottobre prossimo le elezioni "speciali" destinate a dare un nuovo presidente all'Ordine torinese degli avvocati. E dicono che il nuovo presidente potrebbe essere Michela Malerba, attualmente segretario del Consiglio dell'Ordine subalpino che, al 31 dicembre 2015 contava 5.891 iscritti e 1.540 praticanti. Per Michela Malerba certamente voterà, stimandola molto, Mario Napoli, presidente dell'Ordine torinese dal 2010 e in prorogatio dal febbraio 2015, a causa della sospensione provocata, a livello nazionale, da provvedimenti cautelari del Consiglio di Stato, ancora non risolti.
Mario Napoli, classe 1953, iscritto all'Ordine dal 1979, è "equity partner" dello studio Pedersoli e Associati, del quale è entrato a far parte nel 2011, dopo aver lavorato per decenni a fianco di Franzo Grande Stevens, l'avvocato dell'Avvocato. Curriculum ricco e prestigioso, grandissimo impegno anche nei vari organismi dell'Ordine e per le sue funzioni istituzionali, Mario Napoli ha confidato che non vede l'ora di passare il testimone: la presidenza dell'Ordine è decisamente faticosa, anche se molto gratificante.

UNIVERSITARI CINESI - Dicono che diversi professori del Politecnico di Torino, durante colloqui confidenziali, ammettano di comprendere sempre meno perché vengono favorite, in vari modi, l'iscrizione e la frequenza di tanti studenti stranieri, in particolare cinesi e indiani, ai loro corsi. Dicono: " A Torino ci vantiamo tanto dell'elevata quota di stranieri al Poli, ma non consideriamo che il costo della loro partecipazione è elevatissimo per le casse pubbliche, cioè per i contribuenti italiani, dato che le tasse universitarie coprono una minima parte dei costi dell'insegnamento; inoltre, non consideriamo che questi giovani orientali, formati perfettamente dal nostro Poli, domani andranno a rafforzare e a far progredire le aziende che fanno e faranno concorrenza a quelle italiane. Insomma, noi regaliamo, o quasi, ingegneri, giovani e motivati, ai Paesi che già ci attaccano, spesso slealmente, accrescendone ulteriormente la competitività".
I docenti critici, aggiungono che questo danno, volontario, non è l'unico: " fra l'altro, infatti, a causa del numero chiuso, molti ragazzi italiani non possono aspirare a laurearsi al Poli, perché il posto che avrebbero potuto avere è stato occupato dagli stranieri".

PROGETTO ESSICA  - Dicono che abbia suscitato diffuso interesse e grandi aspettative, in particolare nel Cuneese, il nuovo progetto europeo, battezzato Essica, che mira a introdurre tecnologie innovative nel trattamento delle erbe aromatiche, con l'impiego di ultrasuoni, ozonizzazione, microonde, essicazione a freddo, accrescendo, nello stesso tempo, la tutela del consumatore e salvaguardando sia la naturalezza di questi prodotti sia i territori del Piemonte e della Francia che maggiormente ospitano le coltivazioni delle erbe aromatiche.
Il progetto, che ha come capofila l'Associazione Terre dei Savoia, ha anche l'obiettivo di aumentare la competitività delle aziende agricole del comparto, che sono  quasi 3.000 e operano su oltre 7.000 ettari, una superficie dedicata più che triplicata nell'ultimo decennio. In Italia, il 70% delle erbe officinali e aromatiche usate in erboristeria, per alimenti e profumi, è importato dall'estero, per un valore annuo che supera il miliardo di euro, mentre ammonta a circa la metà il valore delle esportazioni nazionali.  
Essica è stato lanciato, intorno a metà giugno, nella sede l'Accademia europea delle essenze, al Mùses di Savigliano, gestito dall'Associazione Terre dei Savoia, alla quale aderiscono oltre 50 Comuni sparsi nelle province di Cuneo, Asti e Torino e che ha come partner principali il ministero dei Beni e delle attività culturali, la Regione Piemonte, la Fondazione Crt, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano. Ad affiancare l'Associazione Terre dei Savoia nel Progetto Essica sono il dipartimento di Scienze agrarie dell'Università di Torino, France Agrimer e il centro Crieppam di Manosque per la sperimentazione di piante e profumi.



 



Donne al vertice 1

CRISTINA BALBO - "L'importante è credere in sé. Le donne devono avere la consapevolezza che possono fare qualsiasi cosa, ma senza imitare atteggiamenti maschili. Restare sé stesse, sempre. E bisogna pretendere di essere apprezzate, pretendere che vengano riconosciute le proprie competenze, rivendicare qualifiche e retribuzioni eque. A volte le donne neanche ci provano; invece, bisogna farsi valere senza timore". A esprimere queste concezioni, in una lunga intervista pubblicata, recentemente, dal Corriere Imprese Nordest, è Cristina Balbo, la top manager di Intesa Sanpaolo a capo della direzione regionale Piemonte-Liguria-Valle d'Aosta, prima donna a ottenere un incarico di questo livello, per di più a soli 48 anni, all'interno del grande Gruppo.
Alla direzione della rete Nord Ovest di Intesa Sanpaolo, dotata di circa 500 sportelli  e oltre 5.000 dipendenti che gestiscono più di 1,5 milioni di clienti, Cristina Balbo si è insediata nel novembre del 2014, voluta da Stefano Barrese, numero uno della Banca dei Territori, consapevole dei valori della padovana (è nata ad Abano Terme) ormai torinese: grande preparazione e grande impegno, massima disponibilità, modestia e affabilità, passione e entusiasmo, straordinaria capacità di coinvolgimento e di motivazione delle persone, Qualità che spiegano la sua carriera e che le sono valse, fra l'altro, il premio Mela d'Oro 2015 della Fondazione Marisa Bellisario, nella categoria management.
Subito dopo la laurea in Economia e commercio, Cristina Balbo, che da studente dava una mano ai genitori titolari di una gelateria, è entrata in banca, a seguito di un concorso e iniziando allo sportello. Posto preferito al dottorato di ricerca che le era stato offert dalla sua Università. Una buona scelta, la sua, anche per le donne che lavorato in Intesa Sanpaolo, le quali la considerano una paladina delle pari opportunità nel mondo del lavoro e della meritocrazia senza distinzioni di genere. In proposito, lei ha ribadito che "La vera parità si realizza quando a tutte le persone vengono offerte le stesse opportunità e si applica la meritocrazia".

CARLA FERRARI - La fresca acquisizione di una quota di Tages Helios, primo fondo di investimento alternativo interamente destinato al settore fotovoltaico in Italia, ha riportato l'attenzione su Equiter e sulla sua presidente operativa, che è Carla Patrizia Ferrari. "Equiter è investitore e advisor nel settore delle infrastrutture. In particolare, Equiter seleziona, realizza e gestisce mission related investment, investimenti in capitale di rischio allo scopo di promuovere lo sviluppo socio-economico del territorio, con un impatto a lungo termine", Così, modestamente, si presenta questa società torinese che, fra l'altro, è un campione di redditività: nel 2016 ha dichiarato un utile netto di 6,4 milioni di euro, a fronte di ricavi per 10 milioni, oltre 7 dei quali derivanti dagli investimenti in partecipazioni e quote di Oicr.
Tra le partecipazioni di Equiter, che ha un organico di 14 persone, spiccano quelle in Iren, Sagat (Aeroporto di Torino), Fondo F2i, Fondo PPP Italia, Fondo J Village (Villaggio Juventus), Fondo Nord Ovest e Fondo Innogest Capital II, Il totale delle attività al 31 dicembre 2016 sfiora i 254 milioni e il patrimonio netto supera i 253 milioni.
A capo di Equiter si trova, appunto, Carla Ferrari, nata a Genova, dove si è laureata in Economia e Commercio, ma da tempo sotto la Mole e dal 1988 in quello che è oggi il gruppo Intesa Sanpaolo e allora era ancora lo storico e glorioso "Sanpaolo" di Torino. Nel colosso bancario ha avuto diverse e sempre più rilevanti incarichi: è stata responsabile dell'Ufficio Studi economici, della Segreteria di Direzione generale, della Direzione Enti e Aziende pubbliche; direttore generale e amministratore di Banca Opi, ad di Finopi. E, dal 2013 al 2015, ha fatto parte del Consiglio di Gestione di Intesa Sanpaolo, incarico lasciato quando è stata nominata consigliere di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), della quale è anche presidente del Comitato Remunerazioni e membro del Comitato rischi.
Oltre a questi incarichi, attualmente, Carla Ferrari, sposata con Giorgio Spriano, capo del risk management di Banca Fideuram (gruppo Intesa Sanpaolo), ricopre quelli di cfo, cioè di responsabile finanziario, della Compagnia di San Paolo e della società consortile Compagnia di San Paolo Sistema Torino, che fornisce servizi in campo contabile, amministrativo e tecnologico e di consulenza gestionale. In passato, invece, è stata ai vertici di Iren, Sinloc, Transdev, Finpiemonte, Filse e, fra l'altro, Finaosta. Carla Ferrari viene considerata "una delle più potenti e determinate manager della finanza in Italia".

Energia: Quadrino e Cantamessa

Nel sistema finanziario subalpino non ha sorpreso la recente sottoscrizione di una quota di Tages Helios, primo fondo di investimento alternativo interamente destinato al settore fotovoltaico in Italia, da parte di Equiter, investitore e advisor finanziario nel settore delle infrastrutture che fa capo a Intesa Sanpaolo (38,3% del capitale), Compagnia di San Paolo (37,5%) e Fondazione Crt (24,2%). Perché direttore investimenti di Tages Helios, che ha raccolto 253 milioni di euro, è Umberto Quadrino, top manager torinese ben conosciuto sotto la Mole.
Quadrino, attivissimo settantenne, che ha fatto buona parte della sua brillante carriera nel gruppo Fiat, dove ha lavorato per una trentina d'anni (fra l'altro, è stato amministratore delegato del colosso industriale Cnh, che ha portato in Borsa) e poi è passato alla guida della Edison, dal 2011 è anche imprenditore, avendo condiviso la fondazione di Tages Capital, società di Tages Holding, conglomerata che ha masse amministrate per 16 miliardi di euro, impegnate in parte in hedge fund e, soprattutto, nel Credito Fondiario, banca comprata tre anni fa e specializzata nel comparto dei crediti deteriorati, i cosiddetti Npl, così tanto discussi. Fra l'altro, Quadrino è il presidente di Tages Holding.
A proposito di energia, è di poche settimane fa la nomina di Marco Cantamessa, docente di Ingegneria gestionale al Politecnico di Torino, a presidente della Compagnia Valdostana delle Acque (Cva), società controllata dall'omonima Regione e proprietaria di 32 centrali idroelettriche, sei parchi eolici e tre impianti fotovoltaici. La Cva, che conta oltre 500 dipendenti, ha avviato il processo per quotare in Borsa una quota di minoranza del suo capitale, un'operazione "chiave di volta per iniziare percorsi di sviluppo" ha dichiarato Marco Cantamessa a Stefano Parola, che lo ha intervistato per la Repubblica Torino.
Marco Cantamessa è anche, dal 2008, presidente e amministratore delegato di I3P, principale incubatore universitario in Italia, quinto posto in Europa e al 15 a livello mondiale, avendo già alcune centinaia di start up (nel solo 2015, a favore delle nuove imprese più avanzate tecnologicamente, ha raccolto investimenti per oltre 15 milioni. Società consortile senza fini di lucro, I3P, fondata nel 1999, è situata nella "Cittadella" del Politecnico di Torino, dove Marco Cantamessa, classe 1966, ha studiato, si è laureato in Ingegneria e ha fatto la sua carriera accademica, alla quale affianca numerosi incarichi esterni.
I3P, di cui è vice presidente Renato Bellavita e consigliere l'imprenditore Alberto Dal Poz, nel 2016 ha accolto 600 idee, lanciato 145 progetti e ha costituito 49 imprese.

La Giustizia di Mario Barbuto

E' previsto che uscirà entro l'autunno, il nuovo libro di Mario Barbuto sulla giustizia, opera che si preannuncia molto interessante e che certamente farà discutere. Mario Barbuto, che ha concluso la carriera in magistratura come Capo Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi al ministero di Giustizia, dopo essere stato presidente della Corte d'Appello di Torino (2010-2014) e presidente del Tribunale di Torino per otto anni (2001-2009), nella sua nuova pubblicazione esamina soprattutto i problemi della giustizia italiana e le cause dei gravi mali di questa funzione strategica; spiega il "modello Torino", che consente di ridurre al minimo la durata dei processi civili e che spicca tra le buone pratiche non soltanto a livello nazionale.
Inoltre, Mario Barbuto, stimatissimo, si sofferma sul male costituito dall'autoreferenzialità di parte della magistratura e delle diverse concezioni, che portano anche a contrapposizioni interne e, naturalmente, racconta la sua esperienza, compresa quella con il mondo politico, fatta a Roma.
Mario Barbuto, classe 1942, laurea in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma, dopo un anno da ricercatore all'Università, è stato assunto dalla Banca d'Italia, lasciata in seguito alla nomina a uditore giudiziario, che segna l'inizio della sua carriera da magistrato. A Torino è arrivato nel 1969, come pretore, incarico svolto per 11 anni, tre nel civile e otto nel penale. Poi è stato giudice per 12 anni e nel 1993 è diventato presidente di sezione, dapprima nella Corte d'Assise.
Docente, autore di numerose pubblicazioni scientifiche, grande cultura, relatore brillante, Mario Barbuto, che è ancora presidente di sezione della Commissione Tributaria Regionale di Torino e dall'inizio del 2016 presidente dello Iap (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria), ha un'ottima padronanza dei sistemi informatici anche ai fini della dell'organizzazione e della gestione del lavoro d'ufficio, competenza specifica che gli è valsa la partecipazione a diverse commissioni finalizzate al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia del sistema giudiziario e che si è rivelata determinante nella progettazione e nell'attuazione del "modello Torino", portato a esempio in tutt'Italia per i suoi risultati straordinari.
Mario Barbuto ha anticipato i principali contenuti del suo nuovo libro durante l'incontro conviviale di "Dumse da fé", il consesso subalpino promosso e coordinato dal commercialista torinese Piero Gola, che, infaticabilmente, da cinque anni, ogni due lunedì, riunisce un qualificato gruppo di personalità cittadine invitate ad ascoltare un relatore su un tema d'attualità e poi a farne oggetto di discussione.

Ecco la mappa dei redditi degli autonomi

Genova prima e Novara seconda, per 30 euro. Sono le due province del Nord Ovest che presentano i maggiori guadagni dei lavoratori autonomi, considerati tali i liberi professionisti (con o senza Ordine), oltre che gli artigiani e i commercianti titolari di imprese individuali in regime di contabilità ordinaria e semplificata.
In media, il reddito medio dichiarato dai lavoratori autonomi nel 2016 (per l'anno di imposta 2015) è stato di 29.755 euro in provincia di Genova e di trenta euro in meno nella provincia di Novara. Cifre che hanno collocato Genova al quindicesimo posto nella graduatoria nazionale e Novara subito dietro, al sedicesimo. Al vertice italiano si è piazzata, naturalmente, Milano con 38.140 euro, seguita da Bolzano (35.294) e Lecco (33.897). Sopra i 30.000 euro anche Bologna, quarta con 33.584 euro, Como, Monza-Brianza, Varese, Bergamo, Parma, Trieste, Modena, trento, Padova e Treviso.
La media del Paese è risultata di 26.248 euro. E tre province del Nord Ovest sono finite sotto la media. Si tratta di Asti (25.964 euro), La Spezia (25.077) e Imperia, cenerentola dell'area con 24.630 euro. Poco sopra, però, si trovano Vercelli (26.431), Alessandria (26.515) e Aosta (26.516).
Nella provincia di Torino, il reddito medio dichiarato l'anno scorso dai lavoratori autonomi è stato di 28.433 euro, il trentunesimo più alto tra le 110 province italiane e il terzo invece a livello di Nord Ovest. Nelle restanti province dell'area, il reddito medio è stato, per tutte, superiore ai 27.000 euro ma inferiore ai 28.000, scendendo dal massimo dei 27.986 del Verbano-Cusio-Ossola al minimo dei 27.119 di Cuneo, avendo in mezzo Biella (27.627) e Savona (27.245).
Secondo lo studio fatto dalla Cgia, l'associazione artigiani e piccole imprese di Mestre, l'anno scorso, nel Nord Ovest hanno presentato la dichiarazione dei redditi 263.595 lavoratori autonomi, fra liberi professionisti, artigiani e commercianti titolari di imprese individuali in regime di contabilità ordinaria e semplificata. Di questi, 94.921 erano in provincia di Torino, 38.161 in quella di Genova e 25.986 in quella di Cuneo.

  

In manovra i big alessandrini

La grande industria alessandrina in campagna acquisti. Sei mesi dopo l'annuncio della Guala Closures, che comunicava di avere rilevato il 70% della francese Capmetal, il 16 giugno, Buzzi Unicem ha annunciato l'accordo che prevede l'acquisizione dell'intero capitale di Cementizillo, primario gruppo industriale, fondato nel 1882 e attivo nel settore del cemento e del calcestruzzo preconfezionato nel Nord Est italiano.
Buzzi Unicem ha già comprato il 47,9% delle azioni di Cementizillo (per 22,6 milioni di euro) dai socio di minoranza; mentre il pagamento per il restante 52,1%, in possesso della Giovanni Zillo & C, che ha come amministratore unico Alvise Gino Zillo, è previsto a tappe e in due forme: una parte fissa, pari a 60 milioni di euro più 450.000 azioni ordinarie Buzzi Unicem, già detenute dalla società presieduta da Enrico Buzzi; e una parte variabile, aleatoria e fino a un massimo di 21 milioni, che dipenderà dal prezzo del cemento realizzato da Buzzi Unicem nel prossimo quadriennio.
Il gruppo Zillo ha due stabilimenti a ciclo completo, uno in provincia di Pordenone e l'altro in quella di Padova, e una quarantina di centrali di betonaggio. Nel 2016 ha fatturato 90 milioni e ha avuto un risultato operativo negativo per 4 milioni. Al 31 dicembre aveva un indebitamento finanziario netto di 46 milioni.
Con l'acquisizione di Cementizillo, il gruppo Buzzi Unicem rafforza la sua presenza e la sua quota sul mercato italiano, contribuendo alla sua razionalizzazione; inoltre, grazie anche alle sinergie derivanti dalle economie di scala e all'integrazione delle principali funzioni aziendali, migliorerà i suoi risultati gestionali nel nostro Paese. Ne è convinta anche la Borsa, che, infatti, ha condiviso l'operazione con l'aumento dei valori dei titoli Buzzi Unicem.
Proprio la Borsa rievoca subito Guala Closures, leader a livello internazionale nella produzione di chiusure per liquidi (vino e superalcolici, olio e aceto, bevande), ma anche per alimenti e farmaci. Primo al mondo nel comparto delle chiusure anti adulterazione per spirits e in alluminio, produce anche bottiglie in materiale Pet. Opera in oltre 100 Paesi, ha 26 stabilimenti, 5 centri di ricerca e circa 4.000 dipendenti. Nel 2016 ha venduto 14 miliardi di chiusure, realizzando un  fatturato di mezzo miliardo di euro. Numero uno e grande propulsore dell'impresa alessandrina (Spinetta Marengo), ma con sede legale e quartier generale in Lussemburgo, è Marco Giovannini.
Il ritorno alla quotazione su una piazza finanziaria, dopo l'uscita dalla Borsa di Milano nel 2008, è una delle due opzioni che la Guala Closures sta valutando, in seguito alla volontà di due fondi di investimento, decisi a cedere le loro partecipazioni, pari a quasi l'80% del capitale della controllante, per fare cassa, cioè per incassare i frutti del loro impegno finanziario durato 9 anni (il loro guadagno risulterà notevole, data la forte crescita di valore del Gruppo, che ha in programma la conquista di nuovi mercati, a partire da Usa e Giappone).
Che il vertice di Guala Closures stia studiando "opzioni strategiche" era già stato ufficializzato intorno a metà maggio, con un comunicato che confermava l'affidamento dell'incarico di assistenza a Barclays e Credit Suisse; ma è stato ribadito, recentemente, dallo stesso Marco Giovannini, il quale ha aggiunto che è prevista entro la fine dell'anno la scelta tra un ritorno in Borsa o l'ingresso nella compagine societari di uno o più grandi investitori istituzionali, che abbiamo comprato le quote in vendita.  
 

Chi contesta il Fisco

Nel 2016, alle Commissioni Tributarie Provinciali (Ctp) del Nord Ovest sono state presentati poco più di 7.000 ricorsi contro il Fisco, numero notevolmente inferiore a quello dell'anno precedente. Invece, le Commissioni Tributarie Regionali (Ctr), giudici di secondo grado nelle vertenze con gli enti impositori (di tasse, imposte, contributi e gabelle varie), hanno registrato un aumento degli appelli, saliti a 4.109 dai 3.314 del 2015. Insomma, l'anno scorso, nel Nord Ovest si sono avute meno liti nuove tributarie; ma, è cresciuto il numero dei soggetti che non hanno accettato la sentenza di primo grado e si sono rivolti ai giudici del secondo.
La Commissione Tributaria Provinciale del Nord Ovest che ha ricevuto più ricorsi fiscali nel 2016 è, naturalmente, quella di Torino, che ne ha registrati 1.942 (2.5.41 nel 2015). Genova ne ha contati 1.634 (2.415 l'anno prima), Alessandria 638 (694), Savona 462 (660), Cuneo 425 (692), La Spezia 421 (838), Novara 401 (530), Imperia 335 (593), Biella 228 (303), Asti 227 (386), Aosta 142 (156), Vercelli 120 (203) e Verbania 82 (146).
Quanto alle Commissioni Tributarie Regionali, quella ligure è stata chiamata in causa 2.264 volte nel 2016 (2.154 nel 2015), a fronte delle 1807 di quella piemontese (1.839) e delle 38 della valdostana (39). Si deve ai liguri, pertanto, l'incremento dei ricorsi complessivi del Nord Ovest ai giudici fiscali di secondo grado.
Alla fine dell'anno scorso, le controversie ancora pendenti sono risultate 10.272 davanti alle Commissioni Tributarie Provinciali e 8.441 a quelle Regione, sempre del Nord Ovest.
A livello nazionale, le liti tributarie pendenti al 31 dicembre 2016 erano in tutto 469.048 (-11,6% rispetto alla stessa data del 2015), delle quali 318.651 nelle Ctp (-17,6%) e 6.616 (+4,6%) nelle Ctr. Alle prime sono stati presentati 163.862 nuovi ricorsi (-13% rispetto al 2015) e alle seconde 67.851 (-1,2%), per un totale di 231.713 (-9,8%), con contestazioni del valore complessivo di 31,7 miliardi di euro e una media di 137.000 euro per controversia. Il 72,1% dei ricorsi presentati alla Ctp riguarda controversi del valore inferiore ai 20.000 euro, mentre solo l'1,4% riguarda liti del valore superiore al milione di euro.
Sia in primo che in secondo grado, gli esiti completamente favorevoli all'ente impositore sono stati percentualmente maggiori di quelli favorevoli al contribuente: 44,9% contro 31,5% da parte delle Ctp e 46,4% contro 37,6% da parte delle Ctr. Sempre nel 2016, la durata media del processo tributario è risultata di 781 giorni nel primo grado e di 778 nel secondo.
Infine, le controversie pendenti, nell'insieme delle Commissioni dell'intero Paese. Al 31 dicembre scorso, erano 469.048 (61.598 e l'11,6% in meno rispetto alla stessa data del 2015) per una somma di 51 miliardi, mentre è ammontato a 32 miliardi il valore delle 293.311 controversi definite (-1,6%).

Carlin Petrini e Badalucco

Fino a non molto tempo, Badalucco, piccolo comune della Valle Argentina (Ponente Ligure), era conosciuto soprattutto per la sagra dello stoccafisso; adesso, invece, perché è sede della Roi, impresa olearia pluripremiata per i suoi prodotti d'alta gamma, citati come eccellenze anche da parte di Carlin Petrini, il creatore di Slow Food, e di Oscar Farinetti, il patron di Eataly che espone bottiglie e confezioni della Roi nei suoi punti vendita, in Italia e all'estero.
Proprio Petrini e Farinetti, oltre che Sergio Staino, Michele Serra, Antonio Ricci, Giovanna Zucconi, figurano tra i principali invitati al Bistrot dell'Ulivo, manifestazione culturale del gusto, in programma a Badalucco il 18 luglio prossimo, organizzata da Rossella e Franco Boeri, titolari della Roi, soprannome storico della locale famiglia Boeri, che si occupa di olio da quattro generazioni (l'attività è iniziata nel 1900, quando il capostipite Giuseppe prese in affitto due dei frantoi allora di proprietà comunale).
L'azienda con il marchio Roi dispone di oltre 20 ettari di uliveti (con 6.000 piante), tutti in Valle Argentina, dove si coltiva solo la "Taggiasca", varietà pregiatissima per le sue qualità straordinarie. Spremitura e lavorazione sono a freddo, per garantire le migliori proprietà organolettiche, nutritive e di conservazione.
Al meeting di Rossella e Franco Boeri, che mette a confronto esperti, artisti, intellettuali e imprenditori sui temi dell'economia e della civiltà contadina, Carlin Petrini arriverà fresco di una nuova onorificenza: la cittadinanza onoraria ricevuta dal Comune di Chieri (collina di Torino), che si è aggiunta a quella di Laigueglia, avuta nel 2013 (a proposito, appare strano che anche il Comune di Badalucco non abbia ancora proposto lo stesso riconoscimento).
Carlin Petrini, nato a Bra nel giugno del 1949, figlio di un ferroviere e di una contadina, studi di Sociologia all'Università di Trento, si occupa di gastronomia da quarant'anni esatti. Oltre ad avere fondato Slow Food, Arcigola e ad avere partecipato alla nascita del Gambero Rosso, Carlin Petrini, ha ideato manifestazione come il Salone del Gusto di Torino, Terra Madre, Cheese e Slow Fish.
Nel 2008 il quotidiano inglese Guardian lo ha indicato tra le 50 persone che possono salvare il pianeta, dopo che, nel 2004, Time Magazine lo aveva inserito tra "gli eroi del nostro tempo", nella categoria degli innovatori. Nel 2009 ha ricevuto il premio Torinese dell'anno ("per la determinazione e la capacità dimostrate nel promuovere un nuovo modello di agricoltura sostenibile e di qualità e per l'impegno profuso  nella promozione e diffusione della cultura del gusto e della convivialità, a sostegno di una tradizione che mantiene in ogni individuo il legame con la propria terra di origine").
Poi, fra l'altro, il più celebre braidese, ha vinto il premio nazionale Cultura della Pace, è stato insignito della laurea honoris causa in Legge comparata, Economi a e Finanza dall'International University College di Torino e, l'anno scorso, è stato nominato ambasciatore speciale della Fao in Europa per il progetto Fame Zero.

Tre genovesi leader

Nuovi sprazzi di luce nell'economia ligure, ancora fosca. A generarli tre imprese emblematiche e leader nei rispettivi settori: Ansaldo Energia, Qui Group, Sanlorenzo.
Venerdì 16 giugno, a Cornigliano, in un'area ex Ilva, è stato inaugurato lo stabilimento di Ansaldo Energia già destinato all'assemblaggio di turbine a gas, in particolare, del modello maxi da 570 tonnellate e di ultima generazione. L'investimento specifico è stato di 11 milioni per il sito e di 65 per la produzione delle maxi turbine. Alla manifestazione hanno partecipato, in prima fila, Claudio Costamagna, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, che presto arriverà a possedere il 60% del capitale di Ansaldo Energia attraverso Cdp Equity, guidata da Guido Rivolta, presente anche lui; Huang Dinan, presidente di Shanghai electric group, partner industriale dal 2014, oltre che, naturalmente, Giuseppe Zampini, presidente e grande artefice dei successi di Ansaldo Energia, insieme con Filippo Abbà, neo amministratore delegato. C'erano, inoltre, il governatore Toti, il sindaco Doria, la ministra Pinotti (Difesa), il sottosegretario Scalfarotto (Sviluppo Economico), Rixi, assessore regionale allo Sviluppo e altre autorità.
Nell'occasione, sono state comunicate alcune cifre che indicano chiaramente il valore, la forza e le prospettive rosee di Ansaldo Energia: nel 2016 ha acquisito nuovi ordini per 1,5 miliardi, così da portare il portafoglio a 5,3 miliardi; i ricavi consolidati sono aumentati del 18,3% a 1,253 miliardi e l'utile netto è stato di 60,4 milioni, cinque volte quello del 2015. Il patrimonio netto ha sfiorato i 600 milioni e i dipendenti sono diventati 4.254, rispetto ai 3.505 di fine 2015.
Insomma, Ansaldo Energia, è motivo d'orgoglio e di fiducia dell'industria ligure. Come Qui! Group lo è del settore dei servizi avanzati. Prima società a capitale italiano nel mercato nazionale dei titoli di servizio (ticket, carte elettroniche, prepagate), l'impresa genovese fondata, controllata e guidata da Gregorio Fogliani, è da poco stata premiata anche da Confindustria per le sue capacità d'innovazione ed è entrata a far parte del programma Elite di Borsa Italiana, che accompagna le aziende più virtuose in un percorso di crescita e di cambiamento destinato a termine spesso con la quotazione a Milano Affari o in qualche altra piazza finanziaria.
Qui! Group, definita un'"autostrada di servizi", conta oltre 20 milioni di clienti, 150.000 esercizi convenzionati, 30.000 punti vendita aderenti ai programmi di fidelizzazione, una ventina di milioni di carte elettroniche e un milione di prepagate, più di 15.000 pos gestiti e di 100 milioni di buoni (ticket) emessi ogni anno. Ha più di un migliaio di dipendenti e nel 2015 ha fatturato 650 milioni di euro.
Imprenditore già a 23 anni, Gregorio Fogliani, classe 1957, ha creato Qui! Ticket Services nel 1989, prima azienda del gruppo che ha poi visto la nascita di Payback, di Welfare Company, specializzata nell'emissione di voucher per il welfare sociale e aziendale; di Qui! Financial Services e di Qui! Group Brasil, che segna l'avvio dell'internazionalizzazione. Per il suo spirito d'iniziativa, le sue attività, il suo impegno, anche nel sociale (dieci anni fa ha costituito Qui Foundation), Gregorio Fogliani e Qui!Group hanno già ricevuto numerosi premi (fra i quali il Guido Carli 2013) e riconoscimenti come quello ricevuto dalla Fao.
Terzo caso, questo nella nautica. Sanlorenzo, produttore di yacht ai vertici mondiali nel comparto delle imbarcazioni di lusso con lunghezza superiore ai 24 metri, nel 2016 ha fatturato 314 milioni di euro (+42% rispetto al 2015), vendendo 33 yacht, 5 dei quali del comparto super, realizzando un utile lordo di 25,4 milioni e risultando il primo cantiere italiano ad avere superato il volume d'affari pre-crisi.
Grazie alla costante crescita di ordini e di consegne, Sanlorenzo, sede legale e direzione generale ad Ameglia (La Spezia), ha programmato investimenti per 60 milioni, destinati anche all'ampliamento della propria gamma d'offerta con altri otto nuovi modelli e all'aumento della capacità produttiva nei cantieri sia di Ameglia, da dove escono yacht di media e grande dimensione, sia di La Spezia, dedicati alla costruzione dei superyacht. Il terzo polo produttivo della Sanlorenzo è a Viareggio.
Presidente e proprietario della Sanlorenzo, che ha già varato circa 650 yacht, "uno diverso dall'altro", e non ha mai fattore neppure un'ora di cassa integrazione, è Massimo Perotti, neo Cavaliere del lavoro. Nato 56 anni fa a Torino, dove si è laureato in Economia e commercio, Massimo Perotti, prima di rilevare i Cantieri Sanlorenzo, nel 2005, ha lavorato alla Azimut di Avigliana, della quale è stato direttore generale e, dal 1996 al 2004, amministratore delegato, principale collaboratore di Paolo Vitelli.

I debiti dei nostri enti locali

Superati anche i 2.270 miliardi. A fine aprile, il debito delle amministrazioni pubbliche italiane ha fatto segnare il suo nuovo record storico. Al 31 dicembre scorso era ancora a 2.217,9 miliardi e a 2.772,8 miliardi lo stesso giorno del 2015. In sedici mesi è aumentato di un altro centinaio di miliardi. Una corsa che continua, ininterrottamente. Alla faccia di tutti i richiami internazionali, le promesse e i vari progetti di spending review. Le spese aumentano più delle entrate. Per di più, sono le spese correnti a crescere e non quelle per gli investimenti, che, prima o poi, dovrebbero portare benefici, sempre che non siano sprechi mascherati. Quanto all'entrate, salgono di mese in mese. E si tratta di imposte, dirette o indirette, tasse di vario genere, tributi e contributi.
Insomma, i conti non quadrano. E l'Italia è sempre più indebitata, preoccupando diversi soggetti, indebolendo la struttura economica e pregiudicandone lo sviluppo. Ogni persona che risiede in Italia, dal neonato all'ultracentenario, ha un debito occulto di 36.605 euro. Questa, infatti, è la media che si trova dividendo il debito risultante a fine 2016 per i 60.589.445 abitanti censiti dall'Istat a quella data.
Alla progressiva crescita dell'enorme debito pubblico italiano, però, stanno contribuendo in misura sempre minore le amministrazioni locali, cioè Regioni, Province e Comuni. In termini assoluti, ma anche in percentuale al Pil, al contrario degli enti centrali. 1
Banca d'Italia ha rilevato che il debito delle amministrazioni locali al 30 aprile scorso ammontava a 89, 985 miliardi, a fronte dei 93,222 alla stessa data del 2016 e agli oltre 100 di fine maggio 2015.
L'incidenza del debito delle amministrazioni locali sul Pil nazionale è scesa dal 7% del 2012 a poco più del 5% dell'anno appena passato.
Il Nord Ovest ha fatto la sua parte, nonostante il Piemonte, che, in passato, ha ecceduto nelle sue spese e nel conseguente ricorso al credito. Comunque, l'indebitamento consolidato delle amministrazioni locali delle tre regioni - Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta - è sceso dai 19,990 miliardi del 31 dicembre 2011 ai 15,276 miliardi alla stessa data del 2016. Negli ultimi cinque anni è stato ridotto di 4,7 miliardi e, quindi, del 23,58%.
La regione più virtuosa è stata la Valle d'Aosta che, dal 2011 al 2016 ha tagliato i suoi debiti del 45,7%, cioè da 490 a 266 milioni. A sua volta, la Liguria li ha diminuiti del 29,1%, precisamente di un miliardo, portandoli a 2,434 miliardi dai 3,435 miliardi del 31 dicembre 2011. E' invece sceso del 21,69%, pari a poco meno di 3,5 miliardi, l'indebitamento consolidato delle amministrazioni locali piemontesi, risultato perciò di 12,576 miliardi a fronte dei 16,065 di fine 2011.
L'indebitamento degli enti pubblici piemontesi è il maggiore, nel Nord Ovest, anche in rapporto al Pil regionale, essendo di poco inferiore al 10%, a fronte del 6% scarso della Valle d'Aosta e del 4,5% circa della Liguria.
Tornando ai dati nazionali, il conto consolidato delle amministrazioni pubbliche evidenzia che nel 2016 il totale delle entrate è stato di 788,5 miliardi (747,8 nel 2011), pari al 47,1% del Pil italiano di quell'anno (45,7% nel 2011), mentre il totale delle spese è ammontato a 829,3 miliardi a fronte degli 808,6 del 2011. In particolare, negli ultimi cinque anni, le spese correnti sono cresciute da 666,4 a 705,7 miliardi mentre quelle per gli investimenti fissi sono diminuite da 45,3 a 35 miliardi. (-22,6%)
Ancora per quanto riguarda le spese delle amministrazioni pubbliche nell'anno passato, la disaggregazione per principali capitoli mostra che il personale è costato 164 miliardi, previdenza e assistenza hanno comportato esborsi per 337 miliardi e gli acquisti 91 miliardi. Oltre che per gli investimenti fissi, le spese pubbliche sono diminuite per il pagamento degli interessi sul debito, calate infatti a 66 miliardi (-13,3% rispetto al 2011), grazie al favorevolissimo abbattimento dei tassi.
  

Giordanengo e Mazzetti d'Altavilla

Un grande talento del Foro torinese. Tale è considerato Guglielmo Giordanengo, avvocato che si occupa prevalentemente delle problematiche attinenti il diritto penale delle società, sotto il profilo tanto consulenziale quanto processuale (è membro del collegio difensivo in numerose vertenze di rilievo nazionale). Un riconoscimento delle capacità di Guglielmo Giordanengo e del suo studio è appena arrivato con il premio internazionale Le Fonti 2017 -  attribuitogli a Milano, con la qualifica di "Boutique di eccellenza dell'anno - Diritto penale tributario".
Titolare dell'omonimo studio che ha come associati Maurizio Anglesio, Roberto Calleri Di Sala, Simona Carosso, Stefano Valentini e Matteo Lettorio, figlio d'arte, 42 anni, Guglielmo Giordanengo laureato nel 1998 con 110, lode e menzione, dopo la pratica dall'illustre penalista Cesare Zaccone, ha superato l'esame di abilitazione presso il distretto di Corte d'Appello di Torino come primo classificato (300/300 all'orale). Ed è risultato primo anche per il dottorato di ricerca in diritto penale italiano.
Docente alla "Scuola di specializzazione per le professioni legali" dell'Università di Torino e del Piemonte Piemonte Orientale, oltre che all'Associazione Italiana Internal Auditors, autore di numerose pubblicazioni scientifiche, Guglielmo Giordanengo, che fra l'altro, ha difeso l'Exor e la Giovanni Agnelli & C nel clamoroso processo che vedeva imputati Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Virgilio Marrone, tutti assolti, svolge parte dell'attività professionale anche come componente dell'Organismo di Vigilanza di diverse società, a partire proprio da Exor, Cnh Industrial e Juventus, tutte società facenti capo alla famiglia Agnelli-Elkann-Nasi.

A essere premiata, pochi giorni fa, è stata anche Mazzetti d'Altavilla, la più antica grapperia del Nord Ovest (è stata fondata nel 1846, da Filippo Mazzetti, a Montegnano, da dove è stata trasferita ad Altavilla Monferrato, sempre nell'Alessandrino). La Mazzetti d'Altavilla, produttrice di grappa, distillati, liquori e non solo, ha ricevuto il riconoscimento di Women Value Company 2017 - Intesa Sanpaolo, istituito quest'anno, per la prima volta, dalla Fondazione Marisa Bellisario in collaborazione appunto con il grande gruppo bancario.
Il nuovo premio, riservato alle piccole e medie imprese che si distinguono nel campo della parità di genere per l'attuazione delle migliori politiche e strategie finalizzate a garantire pari opportunità e carriera tra uomini  e donne, è stato consegnato, nel grattacielo Sanpaolo di Torino, a Elisa Belvedere Mazzetti, la quale è anche stata eletta, recentemente e all'unanimità, presidente dell'associazione nazionale Donne della Grappa, per il triennio 2017-2019.
Elisa Belvedere Mazzetti è la responsabile della Comunicazione dell'azienda di famiglia, della quale è  esponente della settima generazione, come Chiara e Silvia, mentre il vertice formato da Cesare, Nicoletta e Giorgio, costituiscono la sesta generazione. La Mazzetti d'Altavilla, pluridecorata in Italia e all'estero, per la qualità e l'innovazione della sua gamma, è da poco entrata a far parte dell'Unione Imprese Storiche Italiane, che associa poco meno di una cinquantina di prestigiose aziende ultracentenarie, fra le spiccano altre due piemontesi: la torinese Aurora (penne esclusive) di Cesare Verona e la Fratelli Piacenza 1733, lanificio d'eccellenza di Pollone (Biella).

Numeri italiani 1

FISCO E AZZARDO - Tutti a dire che la ludopatia è diventata un'epidemia nazionale gravissima e che bisogna fare qualcosa per farla arretrare. Progetti di legge, ordinanze, promesse. Intanto, però, l'erario continua a registrare un aumento degli incassi dai giochi (Lotterie, Lotto, Gratta e vinci, slot machines, scommesse varie e così via). Nei soli primi quattro mesi di quest'anno, il fisco ha ricavato dai giochi 4,71 miliardi di euro, il 3,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2016. Il 2017, pertanto. appare destinato a evidenziare un nuovo record del gettito dai giochi, nonostante tutto.
L'incremento delle entrate derivanti dalle sfide, irrazionali, alla fortuna, è risultato superiore a quello (+2,2%) totale delle entrate tributarie erariali, che dal primo giorno di gennaio all'ultimo di aprile sono ammontate a 124,877 miliardi, 2,7 miliardi più che nel primo quadrimestre dell'anno scorso. In particolare, le imposte dirette sono state pari a 66,987 miliardi (+1,5%) e le indirette a 57,890 miliardi (+3,1%), buona parte dei quali conseguenti all'Iva, che ha reso 33,685 miliardi.
Altro dato significativo: le entrate derivanti dall'attività di accertamento e controllo (in parole povere, la lotta all'evasione fiscale), nel periodo considerato, sono diminuite del 7,7% a 2.518 miliardi. Anche in questo caso, rievocando Mina, "Parole, parole, parole ...".

MENO FALLIMENTI - Nei primi tre mesi 2017, è proseguito il calo dei fallimenti e delle altre procedure concorsuali: complessivamente, sono state 19.000 le imprese che hanno chiuso, il 5% in meno rispetto al corrispondente trimestre 2016 e il numero più basso dal 2009. "La diminuzione di nuovi default, fenomeno in atto da un paio d'anni, secondo le nostre attese proseguirà anche nei prossimi trimestri" ha detto Marco Nespolo, l'amministratore delegato di Cerved, leader in Italia nell'analisi del rischio del credito e una delle principali agenzie di rating in Europa.
Dall'inizio di gennaio alla fine di marzo, le imprese che hanno aperto una procedura fallimentare sono state 3.000, il 17% in meno; mentre sono diminuite del 26% le nuove procedure concorsuali, risultate così circa 400. Infine, per quanto riguarda le chiusure volontarie, Cerved ha stimato che sono state 15.000 le società liquidate in bonis, l'1,6 in meno rispetto al primo trimestre 2106.

INVESTIMENTI ESTERI - Secondo l'Osservatorio di EY, l'Italia è salita al sedicesimo posto nella classifica dei Paesi che hanno avuto più investimenti diretti esteri (Ide) nel 2016, quando ne sono stati censiti 89, il 62% in più rispetto al 2015. Questo incremento è il secondo maggiore tra i 28 Stati considerati dal rapporto (la Svezia ha registrato una crescita del 76%) e assume un valore ancora superiore se si tiene conto del fatto che i flussi degli investimenti globali, l'anno scorso, sono diminuiti del 13% a 1,3 trilioni di dollari. I nuovi investimenti esteri in Italia, per il 27% provenienti dagli Usa,  hanno contribuito alla creazione di 2.654 posti di lavoro.

ROMENI OLTRE IL MILIONE - Al 31 dicembre 2016, i romeni residenti in Italia sono risultati 1.168.562, ancora l'1,5% in più rispetto alla stessa data del 2015. Così, la comunità romena si è confermata di gran lunga la più numerosa, tra tutte quelle presenti nel nostro Paese. Infatti, è romeno il 23,2% della popolazione straniera residente nello Stivale (5.047.028 individui, come ha comunicato pochi giorni fa l'Istat, l'istituto nazionale di statistica.
Gli stranieri rappresentano l'8,3% dei residenti in Italia, che alla fine dell'anno scorso ammontavano a 60.589.445 ed erano, perciò 76.106 meno che al 31 dicembre 2015. Dopo i romeni, gli stranieri più numerosi residenti nel nostro Paese sono gli albanesi (448.407), seguiti dai marocchini (420.651), dai cinesi (281.972), dagli ucraini (234.354), dai filippini (166.459), dagli indiani (151.430) e dai moldavi (135.661). Chiudono la graduatoria delle prime dieci comunità straniere in Italia il Bangladesh (122.428 residenti) e l'Egitto (112.765).

PATRIMONI MILIONARI
In Italia sono 307.000 le famiglie che hanno una ricchezza finanziaria superiore al milione di dollari. Lo rivela il 17.mo rapporto del Boston Consulting Group, aggiungendo che il patrimonio di queste famiglie, costituito da azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni, depositi e altri strumenti finanziari (sono esclusi i beni immobiliari, a partire dalla casa), è pari al 20,9% dell'intera ricchezza finanziaria italiana. E, a livello globale, soltanto 9 Paesi hanno un numero maggiore di famiglie milionarie, in dollari. Sono, nell'ordine: Stati Uniti (7.085.000), Cina (2.124.000), Giappone (1.244.000), Regno Unito (821.000), Canada (485.000), Germania (473.000), Svizzera (466.000), Francia (439.000) e Taiwan (370.000). In tutto il mondo, le famiglie milionarie, sempre secondo il Boston Consulting Group, sono circa 18 milioni e sono aumentate del 7% nell'ultimo anno.
A sua volta, la Banca d'Italia ha comunicato che a fine 2016 le famiglie italiane possedevano attività finanziarie del valore complessivo di 4.168 miliardi di euro, 33,2 miliardi in più rispetto all'anno prima (+0,8%). In particolare: depositi bancari per 1.144 miliardi, obbligazioni per 362 miliardi, quote di fondi comuni d'investimento per 480 miliardi, azioni e partecipazioni per 953 miliardi, assicurazioni, fondi pensione e tfr per 953 miliardi. Quanto alle passività finanziarie delle famiglie italiane, al 31 dicembre scorso ammontavano a 928,2 miliardi ed erano rappresentate per il 69,1% da debiti a medio e lungo termine.
Pertanto, il saldo netto della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane a fine 2016 è di 3.239,8 miliardi di euro


Lapucci anche editore

Nuovo successo professionale di Massimo Lapucci, Segretario generale della Fondazione Crt dal 2012. A distanza di neppure due settimane dall'elezione, all'unanimità, a presidente dell'European Fondation Center, ente di Bruxelles che associa 220 soggetti filantropici di 40 Paesi e dotati di patrimoni del valore complessivo superiore ai 200 miliardi di euro, Massimo Lapucci è appena stato nominato consigliere di amministrazione della Caltagirone Editore, società quotata in Borsa che pubblica, fra l'altro, Il Messaggero (Roma), Il Mattino (Napoli) e Il Gazzettino (Venezia).
Nato nel 1969, a Roma, dove si è laureato in Economia e commercio, con 110 e lode, alla Sapienza, Massimo Lapucci, studi anche alla London Business School e alla Yale University, è abilitato alla professione di commercialista e di revisore legale.
Alla Fondazione Crt, dove è pure segretario generale pure della Fondazione Sviluppo e Crescita e direttore generale delle Ogr, Massimo Lapucci è arrivato dalla lussemburghese Sintonia, per la quale era Investment Director. Ancora prima, ha lavorato per le Ferrovie dello Stato (responsabile M&A e pianificazione strategica del Gruppo), per Ipse 2000 (responsabile Business planing) e alla Ernst & Young (manager Banking e corporate finance).
Il nuovo incarico alla Caltagirone Editore, Massimo Lapucci lo aggiunge a quelli di consigliere di amministrazione anche di Atlantia, colosso del quale la Fondazione Crt è azionista importante, Banca Generali, Sofito, European Venture Philantrhropy Association. Associazione Social Impact Agenda per l'Italia e di sindaco effettivo della Fondazione Museo Antichità Egizie di Torino.
A tutte queste attività, Massimo Lapucci affianca l'impegno accademico; infatti, è docente a contratto sia all'Università di Torino (corso di Economia e direzione delle imprese) sia alla Luiss di Roma (corso di Corporate Finance), oltre che Fellow alla statunitense Yale University, nell'ambito del World Fellow Program.

Dicono che ... 1

ALLEGRI - Dicono che Massimiliano Allegri, l'allenatore della Juve, sia stato, nei giorni scorsi, l'argomento più discusso, soprattutto a Torino e dintorni. No, non per la clamorosa e umiliante sconfitta da parte del Real Madrid nella finale della Champions; ma per il ricco contratto che è riuscito a spuntare e per l'incredibile diverbio con i vigili urbani, che sotto la Mole chiamano "civich". Otto milioni all'anno sono stati giudicati spropositati, anzi scandalosi. Torino è la capitale italiana della cassa integrazione, una metropoli con tante persone senza lavoro o in gravi difficoltà economiche, con una povertà diffusa e crescente.
E' vero che la Juve ha chiuso la passata stagione con un utile netto di 4,1 milioni (interamente mandato a riserve e, quindi, lasciando a secco gli azionisti), è vero che è una società medio grande e quotata in Borsa (ricavi per circa 315 milioni nella prima parte dell'esercizio 2016-2017 e profitti per 72 milioni, 211 dipendenti) ed è altrettanto vero che ha nuovamente vinto il Campionato e la Coppa Italia. Però, gli otto milioni, che fanno di Allegri l'allenatore più pagato nel nostro Paese, restano una cifra irragionevole, in considerazione del lavoro che fa.
Forse, Allegri è determinante per i successi della squadra, per i diritti televisivi incassati dall'impresa bianconera, per il numero di spettatori, la pubblicità, lo spettacolo. Però, non è un pilota di Formula 1 che rischia la vita in ogni Gran Premio, non è un mago del bisturi che salva decine di persone al mese, non è un top manager con la responsabilità di centinaia di migliaia di famiglie, non è gestore di svariati miliardi di euro, né si trova a capo di una Banca centrale o di uno Stato.
"E' il mercato, bellezza - rispondono i difensori dell' "illustre livornese" - è il mercato che gli fa il prezzo e lo ha premiato. Vale quanto gli danno". Come se il mercato fosse una divinità infallibile, il giudice più giusto, un soggetto incorruttibile. Gran corbelleria. Il mercato non è neutro, è malleabile: quasi tutti lo subiscono, pochissimi lo fanno e lo fanno pro domo loro.
Secondo punto: gli insulti ai "civich" che lo hanno multato e poi verbalizzato. Non uno che dia ragione ad Allegri: ha sbagliato, doveva riconoscerlo e pagare l'infrazione. Non è esente e non ha il diritto di offendere perchè si chiama Allegri. "Il successo e i soldi hanno accresciuto ancora la sua presunzione" hanno detto. Di sicuro, non è diventato più simpatico. Autorete.

FCA - Dicono che tra i fornitori di Fca (Fiat Chrysler Automobiles) torinesi e non, stia nuovamente crescendo il malcontento. Due, in particolare, le critiche mosse al colosso autoveicolistico guidato da Sergio Marchionne: i tempi dei pagamenti, molto più lunghi rispetto ai migliori costruttori stranieri; le invadenze e le richieste dei tecnici della multinazionale, considerate spesso eccessive e ingiustificate. Logicamente, le proteste restano sommesse. Nessuno vuole correre il rischio di perdere commesse del Gruppo facente capo a Exor, che restano importanti per le aziende dell'indotto, nonostante il notevole aumento delle vendite a diversi concorrenti, primi fra tutti i tedeschi: Volkswagen, Mercedes, Bmw, Audi e Porsche.

PROFUMO - Dicono che a Francesco Profumo la presidenza della Compagnia di San Paolo, fondazione di origine bancaria con il secondo maggior patrimonio netto in Italia (quasi 5,9 miliardi di euro) stia sempre più stretta, pur avendola assunta solo un anno fa. Dicono che la Compagnia non gli dia grande soddisfazione e non gli piaccia più di tanto, nonostante tutto quello che la fondazione fa e la visibilità che porta. Comprensibile: Francesco Profumo, savonese, classe 1953, è stato ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, presidente del Cnr, rettore del Politecnico di Torino (2005-2011), presidente di Iren Group, consigliere di amministrazione di Telecom, Pirelli, Unicredit Private Banking, Il Sole 24 Ore.
Attualmente, oltre che presidente della Compagnia di San Paolo, maggiore azionista di Intesa Sanpaolo (forse non più per molto), Francesco Profumo lo è anche della fondazione trentina Bruno Kessler, del Campus Escp di Torino, della Safm e della Inwit (gruppo Telecom), quotata in Borsa. Inoltre, è nei consigli di amministrazione della torinese Fidia, altra società presente a Piazza Affari, e della Fondazione Agnelli, oltre che componente del comitato scientifico dell'IIT, il mega istituto italiano di tecnologie, dell'Accademia delle Scienze di Torino e dell'Accademia Europa.

CARIGE - Dicono che il libro sulla Banca Carige, scritto dalla brava giornalista ligure Carlotta Scozzari e destinato a suscitare un notevole interesse, sia pronto per essere stampato. Dicono che è stato chiuso con il capitolo sul siluramento dell'amministratore delegato Guido Bastianini, anche se la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia resta una fonte di notizie a getto quotidiano o quasi. L'opera della Scozzari è in buona parte dedicata allo "scandalo" Berneschi, ma sono diversi i soggetti coinvolti e trattati, compresa Banca d'Italia. Fra l'altro, il "caso Carige", per i suoi vari aspetti, è emblematico e, in quanto tale, nazionale. Carlotta Scozzari conferma tutto, ma non anticipa il nome dell'editore, né la data d'uscita del suo libro.

GAVIO - Dicono che, nella mattinata di domenica 11 giugno, a Beniamino Gavio, numero uno dell'omonimo gruppo alessandrino tra i principali al mondo nel settore delle concessioni autostradali, dovrebbero essere fischiate le orecchie, a lungo. Causa le imprecazioni del fiume di automobilisti in coda, sotto il sole cocente, in attesa di pagare l'esoso pedaggio all'ingresso dell'Autostrada A32 Torino-Bardonecchia o del Frejus, una di quelle gestite da Sias-Astm, società che fanno capo, appunto, alla famiglia Gavio. Per gli automobilisti privi di Telepass e di altre carte, era disponibile un'unica pista d'entrata. Era chiusa persino quella con la cassa automatica per il pagamento in contanti e abilitata a dare il resto. Incredibile. Come se non bastasse che per andare da Torino a Bardonecchia, in autostrada - percorso di 72 chilometri - bisogna superare tre barriere, pagando, salato, a tre caselli. Comodo fare utili così.

CAIRO - Dicono che Urbano Cairo stia pensando sempre più intensamente al lancio di un suo quotidiano dedicato a Torino e al Piemonte. La voce relativa al progetto del "re dei settimanali popolari", diventato recentemente il patron di Rcs-Corriere della Sera, corre da tempo, ma, ultimamente, si è rafforzata, in seguito anche al matrimonio tra Repubblica e La Stampa-Il Secolo XIX. Si è parlato di un'edizione locale del Corriere della Sera, come quelle già dedicate ad altre aree. Però, non si esclude un'iniziativa diversa. Comunque, l'attenzione di Cairo su Torino, il Piemonte e l'editoria, è forte e molto lascia pensare che il presidente anche del Toro passerà presto all'azione. Non pochi giornalisti, già tali o aspiranti, giovani e meno giovani, lo sperano e fanno il tifo per lui. E ad attendere, con interesse, sono anche altri.


Case e box: Genova meglio di Torino

A Genova, nel primo trimestre di quest'anno, il recupero del mercato immobiliare è stato più forte che a Torino. Il fenomeno emerge dagli ultimi dati dello specifico Osservatorio dell'Agenzia delle Entrate e del ministero dell'Economia e delle Finanze. Sotto la Lanterna, sono state 1.683 le compravendite di abitazioni dal primo giorno di gennaio al 31 marzo 2017, quindi il 15% in più rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso, quando erano state 1.463; mentre sotto la Mole, le compravendite di case sono aumentate del 4,8%, cioè da 2.846 a 2.978.
Delle otto metropoli italiane, Genova è quella che ha fatto segnare il secondo maggiore incremento di scambi di proprietà, superata soltanto da Firenze. Comunque, l'aumento medio delle otto grandi città è risultato del 10,8%, dato che, complessivamente, sono state 22.789 le compravendite registrate dall'Osservatorio del mercato immobiliare, che, a livello nazionale, ne ha censite 122.000, quasi 10.000 in più rispetto al primo trimestre 2016 (+8,6%)
Genova ha fatto meglio di Torino anche per quanto riguarda le compravendite di box e posti auto, avendo evidenziato una crescita del 2,1% sul gennaio-marzo 2016 contro il calo dell'1,8% del capoluogo piemontese. Qui gli scambi di proprietà delle rimesse per le vetture sono stati 1.129, mentre sono stati 611 a Genova.
In generale, il mercato immobiliare italiano è in recupero; ma appare ancora ben lontano dei livelli pre-crisi economica. Infatti, se è vero che nel primo trimestre del 2014 le compravendite di abitazioni erano crollate a circa 100.000, il livello più basso; è altrettanto vero che erano state 200.000 nei primi tre mesi del 2004.

Eataly in Borsa con 500 milioni

Doveva avvenire quest'anno, il decimo dell'apertura del suo primo punto vendita (nell'area del Lingotto, a Torino, sul finire del gennaio 2007), l'ingresso di Eataly in Borsa. Invece, è slittata al 2018. Non si sa ancora in quale mese, ma lo sbarco, molto atteso da Piazza Affari, è dato ormai certo nel prossimo esercizio, quando il fatturato dovrebbe risultare intorno ai 500 milioni di euro, un centinaio in più rispetto al 2016. L'imminenza della quotazione è stata ribadita sia dal piemontese Oscar Farinetti, il geniale fondatore di Eataly (e, precedentemente, di Unieuro) sia da Andrea Guerra, il nuovo presidente esecutivo, il quale era stato amministratore delegato di Luxottica (Del Vecchio), una delle principali multinazionali italiane, e che è stato chiamato da Farinetti a guidare un gruppo che si sta espandendo nel mondo a grande velocità e con un successo impressionante.
Oltre a essere presente in oltre venti città del nostro Paese, infatti, Eataly, ha i suoi centri (dove si può comprare e mangiare il meglio della produzione alimentare italiana) già in varie parti del globo: negli Stati Uniti (a New York, dove ha bissato; a Boston e a Chicago), in Brasile, in Germania ( Monaco di Baviera), in Turchia (Istanbul), a Dubai, in Corea (Seul), in Giappone, in Danimarca (Copenaghen). I centri Eataly all'estero attualmente sono una dozzina, ma il piano di crescita prevede aperture anche a Londra, Parigi, Stoccolma, Los Angeles, Toronto e, fra le altre metropoli, Mosca. Tutti mercati che ambiscono il cibo "made in Italy" di alta qualità, offerto da Eataly, che ne è non soltanto uno straordinario promotore ma pure un garante.
Responsabile dello sviluppo di Eataly all'estero è Francesco Farinetti, primogenito di Oscar e uno degli amministratori delegati dell'azienda di famiglia, che oggi conta circa 5.500 dipendenti. A proposito di internazionalizzazione, Francesco Farinetti, fratello di Nicola e Andrea, recentemente ha ricordato che Eataly ha portato all'estero, in dieci anni, quasi 9.000 prodotti di piccole e medie imprese italiane, le quali non avevano mai esportato.
Controllata dalla famiglia Farinetti, che intende restare azionista di maggioranza anche dopo la quotazione in Borsa, Eataly è partecipata al 20%, a livello di holding, dalla Tamburi Investment Partners, la boutique finanziaria di Gianni Tamburi che vi ha investito nell'impresa piemontese 120 milioni di euro e che è già stata tra gli artefici delle quotazioni della Ferrari e della Moncler.
Secondo quanto trapelato, le azioni destinate a essere offerte ai nuovi investitori dovrebbero essere pari al 30% del capitale di Eataly, che, nel programma di Guerra, tra cinque anni raddoppierà il fatturato, portandolo così a un miliardo di euro.

"Stellette della legalità" a 350 imprese

Alla fine di aprile 2017 sono risultate 350 le imprese del Nord Ovest insignite delle "stellette della legalità". che caratterizzano il nuovo rating rilasciato dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), strumento introdotto nel 2012, "volto alla promozione e all'adozione di principi di comportamento etico in ambito aziendale, tramite l'assegnazione di un riconoscimento - misurato appunto in "stellette" - indicativo del rispetto della legalità e, più in generale, del grado di attenzione riposto nella corretta gestione del proprio business, da parte delle aziende che ne abbiano fatto richiesta e abbiamo superato il vaglio dell'Agcm".
Grazie all'intesa tra l'Agcm e Infocamere, a partire dall'autunno prossimo, le visure estratte dal Registro delle Imprese tenuto dalle Camere di commercio conterranno l'indicazione del rating di legalità, rilasciato su base di richiesta volontaria a società che abbiano fatturato almeno due milioni di euro nell'ultimo esercizio e risultino iscritte al Registro delle imprese da almeno due anni.
Il rating, con durata biennale, rinnovabile, ha una gamma che varia da una a tre stellette. L'assegnazione è rilevante, in quanto. secondo la legge, se ne tiene conto in sede di concessione di finanziamenti delle pubbliche amministrazioni, oltre che in sede di accesso al credito bancario.
Al 30 aprile scorso, dunque, le imprese dotate di "stellette della legalità" erano 283 in Piemonte (199 con una stella, 72 con due e 12 con tre), 64 in Liguria (44 con tre stelle, 16 con due e 4 con tre) e 3 in Valle d'Aosta (2 con una stella e 1 con una). In tutt'Italia, finora, sono 3.460 le imprese con "stellette della legalità". La regione che ne conta di più è l'Emila-Romagna (528), la quale precede, nell'ordine, Lombardia (509), Veneto(420), Puglia (380), Lazio (300) e, appunto, il Piemonte. quindi sesto a livello nazionale.

Le Terre dei Savoia promosse da Girola

Accelerare la diffusione della conoscenza e la promozione dell'attività de "Le Terre dei Savoia": è la nuova missione di Paolo Girola, al quale è appena stata affidata la responsabilità dell'ufficio stampa dell'associazione cuneese impegnata nella valorizzazione dei beni architettonici e delle economie locali, in relazione ai beni artistici, storici, alle eccellenze agroalimentari e artigianali, favorendone anche l'internazionalizzazione. 
A chiedere a Paolo Girola di occuparsi della comunicazione de Le Terre dei Savoia, sono stati, in particolare, Giovanni Quaglia e Antonio Miglio, rispettivamente ex presidente e neo presidente dell'ente, che ha la sede legale nel Castello reale di Racconigi, una delle quattro residenze sabaude territoriali (le altre tre sono la Tenuta reale di Pollenzo, il Castello di Govone e la Reggia di Valcasotto). 
Dopo aver guidato per 12 anni l'associazione, alla quale aderiscono 40 enti locali, non solo cuneesi, ma anche torinesi e astigiani, Giovanni Quaglia ha lasciato l'incarico di numero uno de Le Terre dei Savoia, in seguito alla sua nomina a presidente della Fondazione Crt, per evitare incompatibilità. Quaglia, comunque, è rimasto nel Consiglio dell'ente cuneese, sollecitato in questo pure da Antonio Miglio, che ne ha ricevuto il testimone. 
Fossanese, 65 anni, laurea in Scienze Agrarie, sposato con Patrizia, Antonio Miglio è stato, fino a poco tempo fa, al vertice della Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano, che controlla ancora l'omonima banca. Inoltre, ha ricoperto, a lungo, posizioni di responsabilità all'Acri, di cui è stato vice presidente e in diversi enti collegati all'organizzazione nazionale dominata da Giuseppe Guzzetti. Attualmente, Miglio è, fra l'altro, consigliere delegato della Ream Sgr, grande società controllata dalla Fondazione Crt e partecipata da altre fondazioni. 
Proprio alcune fondazioni di origine bancaria sostengono concretamente Le Terre dei Savoia, già artefici di iniziative proficue ed encomiabili, con tanto di riconoscimenti e cofinanziamenti anche da parte dell'Unione Europea (un esempio è Muses, l'accademia europea delle essenze realizzata a Savigliano). A proposito di Savigliano, va ricordato che l'ex sindaco Sergio Soave, con un passato pure da parlamentare, recentemente è stato eletto presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano, la quale possiede circa il 70% del capitale della banca dalla quale deriva. 
Sergio Soave è vice presidente de Le Terre dei Savoia, associazione che indubbiamente si è rivelata una fucina di presidenti di fondazioni di origine bancaria, oltre che un valido strumento di sviluppo della cultura e dell'economia locale. Leva che ora Paolo Girola deve ulteriormente potenziare. Giornalista professionista di lungo corso, capace e serio, Paolo Girola, torinese, classe 1950, ha svolto gran parte della sua carriera in Rai, lasciata infine con il grado di capo redattore. Fra l'altro, è stato consigliere nazionale dell'Ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della Stampa, Segretario dell'Ordine piemontese dei giornalisti e presidente dell'Associazione Stampa Subalpina. Ora è direttore de "Il dialogo", rivista di cultura e studio del mondo islamico edita dal Centro Peirone di Torino, di Letter@21 e del sito web Magazine Etabeta.     

Azzoaglio punta Torino

Nonostante tutto, le banche a controllo familiare, che figurano nella lista "Less Significant Institutions" (Lsi), cioè degli istituti di credito "meno significativi" per l'Autorità di Vigilanza, non solo non mollano, ma continuano a progettare il loro sviluppo. Una prova recente di questo fenomeno si trova nel piano industriale 2017-2019 del Banco Azzoaglio, approvato dal consiglio di amministrazione nel marzo appena passato. Piano che prevede, fra l'altro, l'apertura di un Ufficio di rappresentanza a Torino, "che potrebbe essere successivamente trasformato in una nuova unità operativa, sulla base delle rilevazioni di mercato acquisite".
Quella di Torino sarebbe la prima filiale piemontese del Banco Azzoaglio fuori dalla provincia di Cuneo, dove l'istituto di Ceva, ne conta 14, che si aggiungono alle 5 dislocate in Liguria.
A proposito di filiali, che i colossi bancari stanno chiudendo a migliaia, l'Azzoaglio, controllato dall'omonima famiglia e partecipato dalla genovese Banca Passadore, con la quale ha un incrocio azionario, ha in programma di "potenziare quelle collocate in aree ritenute più interessanti e sondare le possibilità di nuovi insediamenti", contestualmente all'attività di razionalizzazione della rete territoriale e alla sua ottimizzazione.
Inoltre, la banca cebana, che ha come amministratore delegato Francesco Azzoaglio e nel Consiglio di amministrazione altri due esponenti della famiglia con il nome del fondatore - Simone ed Erica - si appresta a lanciare un nuovo conto online sul web e uno, particolare, destinato ai nuovi depositanti; ad ampliare l'offerta di prodotti assicurativi innovativi e, fra l'altro, ad attivare in tutte le sue 19 filiali la segmentazione della clientela tra mass market, small business, corporate, affluent e private.
Al 31 dicembre 2016, il Banco Azzoaglio ha evidenziato una raccolta globale di 1,5 miliardi di euro (660,2 i milioni costituiti dalla raccolta diretta e 898,3 dall'indiretta), impieghi alla clientela per 505,5 milioni (+9,9% rispetto alla stessa data 2015), sofferenze nette pari al 2,6% dei crediti netti e un patrimonio netto di 60,8 milioni. Ha chiuso l'esercizio con 135 dipendenti e con un utile netto di un milione di euro, come nell'anno precedente.
In Italia, al 30 giugno scorso, le banche "meno significative" erano 462, delle quali 355 Bcc (Credito cooperativo), avevano circa 8.700 sportelli e 74.000 dipendenti.