Dividendi Exor: 1,56 miliardi nel 2013-17 agli eredi del fondatore Fiat 208 milioni

Nel quinquennio 2013-2013, gli azionisti di controllo di Exor, cioè i componenti della famiglia Agnelli-Elkann-Nasi titolari di azioni della holding dell'omonimo gruppo, hanno ricevuto e si sono spartiti dividendi per 208 milioni di euro. La somma ottenuta é pari al 13% dei dividendi distribuiti da Exor alla totalità dei suoi soci nei cinque anni (1,560 miliardi).
Exor, che controlla quattro quotate alla Borsa di Milano - Fca Fiat Chrysler Automobiles, Ferrari, Cnh Industrial e Juventus - é stata la società del Nord Ovest che ha dato più dividendi, in termini assoluti, tra quelle a capo dei 42 principali gruppi industriali trattati in Piazza Affari e oggetto dell'ultimo studio di Mediobanca.
Gli altri gruppi del Nord Ovest esaminati da Mediobanca sono Iren, Italgas, Diasorin, Aurelia (Gavio), Buzzi Unicem e Cofide (Fratelli De Benedetti, figli di Carlo).
Chiara Appendino, sindaco di Torino
Comune azionista di Iren
Dal 2013 al 2017, Iren ha distribuito dividendi per 375 milioni di euro (183 sono andati agli azionisti di controllo, a partire dai Comuni di Torino e Genova); Italgas 330 milioni (131 ai soci di controllo), Diasorin 190 milioni (85 alla famiglia di Gustavo Denegri e a Carlo Rosa), Aurelia 113 (17 ai Gavio), Buzzi Unicem 84 (49 alla famiglia Buzzi) e 73 Cofide (16 ai fratelli De Benedetti).
Complessivamente, le sette quotate del Nord Ovest a capo dei rispettivi gruppi industriali nel quinquennio 2013-2017 hanno udistribuito dividendi per un totale di 2,725 miliardi, un quarto dei quali (684 milioni) agli azionisti di controllo.
Comunque, la stessa Exor, guidata da John Elkann, é risultata soltanto ottava nella classifica di Mediobanca relativa alle 42 maggiori quotate a capo di gruppi industriali per i dividendi assegnati negli ultimi cinque esercizi. Infatti, Exor é preceduta da Terna (2,062 miliardi), Poste Italiane (2,252), Luxottica (2,349), Edizione/Atlantia dei Benetton (3,103), Snam (4,044), Enel (8,507) ed Eni (16,658 miliardi).
Nella graduatoria nazionale, Iren é diciottesima, Italgas ventiduesima, Diasorin ventottesima, Aurelia trentaduesima, Buzzi Unicem trentacinquesima e Cofide trentasettesima.
Dei 51, 267 miliardi distribuiti tra il 2013 e il 2017 dalle 41 quotate industriali (Saipem non ne ha erogati), 11,281 miliardi sono finiti agli azionisti di controllo statale e 1,093 di controllo comunale; 5,997 miliardi ad azionisti di controllo privati e 32,888 miliardi a terzi.

Listino locale: top e bottom del 22 agosto Pininfarina +5,04% e Sogefi - 5,49%

Silvio Angori, ad e dg Pininfarina
Pininfarina, Juventus, Italia Independent, Cover 50 e Fidia sono le cinque società del Nord Ovest che hanno fatto registrare le migliori performance alla Borsa di Milano, oggi, 22 agosto, quando l'indice Ftse Mib, che rappresenta le 40 principali quotate a Piazza Affari, ha chiuso con il calo dello 0,4% rispetto a ieri.
L'aumento della Pininfarina è stato del 5,04% (2,605 euro l'ultimo prezzo dell'azione), il maggiore tra le quotate che fanno riferimento al Nord Ovest. Sugli altri due gradini del podio dei rialzi nella seduta, la Juventus per l'incremento del 2,24% (0,9135 euro) e Italia Independent (controllata da Lapo Elkann) il cui titolo è salito del 2,16% a 3,78 euro. 
L'incremento odierno della Pininfarina (presidente Paolo Pininfarina, amministratore delegato e direttore generale Silvio Angori) segue quello del 4,42% di ieri. 
A completare la top five delle quotate del Nord Ovest per i maggiori rialzi sono Cover 50 (famiglia Fassino), che ha chiuso con un aumento dell'1,94% e il prezzo finale di 9,48 euro e Fidia (Giuseppe Morfino) per l''incremento dell'1,80% e l'azione a 6,78 euro.
Invece, le cinque azioni di società del Nord Ovest che hanno evidenziato i maggiori ribassi al termine della seduta odierna sono Sogefi (-5,49%, Italgas (-2,82% a 4,719 euro), Diasorin (-2,40% a 91,50 euro), Banca Carige (-2,20% a 0,0089 euro) e Cnh Industrial (-2,03% a 9,998 euro). 
La Sogefi (gruppo fratelli De Benedetti) ieri aveva fatto registrare l'aumento del 6,61% della sua azione, che era così salita a 2,096 euro. 
Ribassi superiori all'1% sono stati subiti, oggi, anche da Sias (-1,70%), Visibilia Editore (-1,63%), Intesa Sanpaolo (-1,43%), Bim-Banca Intermobiliare (-1,42%), Biancamano (-1,10%), Ferrari (-1,05%) ed Erg (-1,04%).
Ieri, Intesa Sanpaolo aveva guadagnato il 3,39% e Biancamano il 3,02%.

Il boom di pizzerie al taglio e take-away

San Salvario, quartiere di Torino ricco di kebab
Sono diventate più di 4.000 le pizzerie a taglio e i take-away nelle tre regioni del Nord Ovest. Lo rivelano Unioncamere e Infocamere, aggiungendo che sono aumentate di 502 e del 14,16% negli ultimi cinque anni. Al 30 giugno scorso, infatti, le Camere di commercio ne avevano registrate esattamente 4.046, mentre erano 3.544 alla stessa data del 2013.
In particolare, nel quinquennio, in Piemonte sono passate da 2.400 a 2.722 (+13,4%), in Liguria da 1.092 a 1.265 (+15,8%) e in Valle dìAosta da 52 a 59 (+13,5%); in tutta l'Italia da 33.836 a 39.522 (+16,8%). Delle imprese di questo comparto, che comprende rosticcerie, frigittorie ed esercizi di kebab, quelle di stranieri erano 975 in Piemonte, 359 in Liguria e 14 in Valle d'Aosta.
Disaggregando i dati per provincia, emerge che alla fine del primo semestre 2018 Torino aveva 1.624 pizzerie a taglio ed esercizi di take-away (1.437 cinque anni prima), Genova 756 (617), Cuneo 246 (200), Asti 136 (110), La Spezia 176 (156), Biella 101 (86), Novara 229 (215), Alessandria 216 (202), Verbania 75 (61), Imperia 104 (92), Vercelli 95 (89) e Savona 229 (227).
Come rilevato da Unioncamere e Infocamere, “i negozi di questo tipo rappresentano ancora la prima forma di investimento per le comunità straniere e, in particolare, per quelle extra-Ue, che nell'ultimo quinquennio ne hanno aperti oltre 2.000, portando il loro totale a quasi 9.000. Il maggior numero di imprenditori extracomunitari del settore sono egiziani, seguiti da pakistani e turchi.

Italgas, utili per 1,5 miliardi nel 2013-2017 doppiata Buzzi Unicem (729 milioni)

Paolo Gallo, ad Italgas
E' Italgas la quotata industriale del Nord Ovest che ha generato più utili netti nel quinquennio 2013-2017. Il dato emerge dall'ultimo studio di Mediobanca sui 42 maggiori gruppi industriali le cui azioni sono trattate alla Borsa di Milano. La ricerca ha evidenziato che, nel periodo esaminato, Italgas ha conseguito profitti netti per 1,459 miliardi, precedendo così Buzzi Unicem (utili netti per 729 milioni dal 2013 al 2017), Iren (697 milioni), Diasorin (519 milioni) e Aurelia, holding dei Gavio a capo di Sias e Astm-Autostrada Torino Milano (245 milioni).
Invece, è stato negativo il risultato netto comulato di Cofide (fratelli De Benedetti, figli di Carlo) e Fca Italy, la società italiana di Fiat Chrysler Automobiles, nel quinquennio 2013-2017. Cofide ha perso 107 milioni e Fca Italy 980 milioni.
Per cumulo di profitti netti negli ultimi cinque esercizi, Italgas è risultata nona nella classifica nazionale dei gruppi industriali quotati a Piazza Affari, superata soltanto da Prada (1,906 miliardi), Edizione dei Benetton (2,495 miliardi), Terna (2,976 miliardi), Poste Italiane (3,080 miliardi), Telecom Italia (3,533 miliardi), Luxottica Group (3,881 miliardi), Snam (5,111 miliardi) ed Enel (12,297 miliardi), al primo posto.
Italgas, guidata dal torinese Paolo Gallo, ha come principali azionisti Cdp Reti (gruppo Cassa Depositi e Prestiti) con il 26,05% e Snam con il 13,50%.
Relativamente al solo 2017, la classifica di Mediobanca mostra che, a livello nazionale, Italgas è quinta per redditività (Roe del 32,8%), Diasorin sesta per incidenza del fatturato estero (88,7%) e Buzzi Unicem tredicesima (84,9%). Lo stesso gruppo di Casale Monferrato è al terzo posto per la quota di dipendenti all'estero (83,7%), avanzato soltanto da Prismian (89,1%) e Astaldi (88,8%).
A proposito di dipendenti, per quanto riguarda i gruppi industriali del Nord Ovest quotati, a fine 2017, Fca Italy ne aveva 32.988, Cofide 15.012, Buzzi Unicem 10.157, Iren 6.262, Aurelia 5.345, Italgas 3.783 e Diasorin 1.880.

Listino N.O. top e bottom del 21 agosto Sogefi + 6,61%, Ki Group - 1,10%

Monica Mondardini, presidente Sogefi
Sogefi, Astm-Autostrada Torino Milano, Cir, Pininfarina, Ubi Banca. Ecco le cinque società del Nord Ovest che hanno fatto registrare le migliori performance alla Borsa di Milano, oggi, 21 agosto, quando l'indice Ftse Mib, che rappresenta le 40 principali quotate a Piazza Affari, ha chiuso con un incremento dell'1,53% rispetto a ieri.
L'aumento di Sogefi è stato del 6,61% (2,096 l'ultimo prezzo dell'azione), il maggiore tra le quotate che fanno riferimento al Nord Ovest. Sugli altri due gradini del podio dei rialzi nella seduta, l'Astm per l'incremento del 4,75% (18,10 euro) e la Cir, il cui titolo è salito del 4,58% a 1,004 euro.
Seguono, nell'ordine: Pininfarina (+4,42%) a 2,48 euro e Ubi Banca (+4,07%) a 3,229 euro. Completano la top ten delle quotate del Nord Ovest per i rialzi: Bim-Banca Intermobilaire (+3,82% a 0,353 euro), Damiani (+3,64% a 0,912 euro), Intesa Sanpaolo (+3,39% a 2,2425 euro), Sias (+3,34% a 12,37 euro) e Biancamano (+3,02% a 0,273 euro.
Invece, le azioni di società del Nord Ovest che hanno subito i maggiori ribassi sono risultate quelle di Ki Group (-1,10% a 1,80 euro), Iren (-0,36% a 2,188 euro), Basicnet (-0,25% a 3,935 euro), Exor (-0,07% a 55,3 euro) e Cnh Industrial (-0,05% a 10,205 euro).
Sogefi e Cir sono controllate dai fratelli De Benedetti, figli di Carlo; Astm e Sias dalla famiglia Gavio di Tortona. Ubi Banca ha la Fondazione Crc di Cuneo come singolo socio con la quota più alta.  

Raccolta globale superiore ai 15 miliardi per il gruppo Cassa di Risparmio di Asti

Il vertice della Banca di Asti: Aldo Pia e Carlo Demartini
Impennata dei profitti del gruppo Cassa di Risparmio di Asti. Nel primo semestre di quest'anno, a livello consolidato, ha conseguito un utile netto di 11,7 milioni (+14,67% rispetto al corrispondente periodo 2017), risultato che però diventa di 23,6 milioni (+81,05%) se si escludono gli oneri straordinari relativi al Fondo nazionale di risoluzione e i costi per il Fondo esuberi. Il roe, indice di redditività, è salito al 2,38% e al 4,79%, dal precedente 2,76%, se si escludono gli oneri straordinari già indicati.
Sempre a livello consolidato, il gruppo Cassa di Risparmio di Asti ha evidenziato al 30 giugno scorso una raccolta globale di 15,073 miliardi (+0,76% rispetto al 31 dicembre 2017), costituita per 8,154 miliardi dalla raccolta da clientela (+2,85%). I crediti netti alla clientela sono ammontati a 7,544 miliardi (+5,09%).
In particolare, la Banca di Asti, capogruppo, ha dichiarato un utile netto di 6,2 milioni, inferiore del 33,6% a quello del primo semestre dell'anno passato, se si comprendono gli oneri straordinari relativi al Fondo nazionale di risoluzione e ai costi per il Fondo esuberi; ma superiore del 14,45% e quindi di 12,6 milioni, se gli oneri straordinari vengono esclusi dal conteggio. Roe dell'1,57% nel primo caso (era del 2,46% nel primo semestre 2017) e del 3,19% nel secondo.
La raccolta da clientela è ammontata a 5,250 miliardi (+3,21% dal 31 dicembre scorso) e quella globale a 9,447 miliardi (+1,15%). I crediti netti alla clientela sono aumentati del 6,45% a 5,817 miliardi; il Cet1 (indice di solidità patrimoniale) al 15,82% dal 15,72% di fine 2017.
Quanto a Biverbanca, controllata dalla Banca di Asti con il 60,42% (il 33,44% è della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e il 6,14% della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli), ha chiuso la semestrale con un utile netto di 4 milioni (un milione in meno rispetto ai primi sei mesi 2017), che diventa di 9,6 milioni (+113,9%) se si escludono gli oneri straordinari di cui sopra; una raccolta diretta di 3,061 miliardi (+2,21% rispetto al 31 dicembre 2017), una raccolta globale di 5,686 miliardi (+0,06%) e impieghi netti alla clientela per 1,639 miliardi (-2,33%). Roe del 2,11% considerando gli oneri straordinari e 5,01% escludendoli. Il Cet1 è salito al 21,44% dal 19,38% di fine 2017.
Presidente di Biverbanca è Aldo Pia, che ha lo stesso incarico in Banca di Asti. Vice presidente di Biverbanca è Giorgio Galvagno e direttore generale Massimo Massino. Della Banca di Asti vice presidente è Ercole Zuccaro, amministratore delegato e direttore generale Carlo Mario Demartini.
Il 37,82% delle azioni della Banca di Asti, è posseduto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, mentre il secondo socio, con il 13,65%, è la Popolare di Milano (gruppo Banco Bpm, titolare anche dei marchi Banco di Chiavari e della Riviera Ligure e Cassa di Risparmio di Alessandria, incorporata dalla Legnano).
Il gruppo Cassa di Risparmio di Asti al 31 dicembre 2017 aveva 245 sportelli, 1.928 dipendenti e 463.677 clienti, oltre 8.000 in più rispetto alla stessa data del 2016.

Alla Bper utili dalle sue banche piemontesi Cr Bra 1,4 milioni e Saluzzo 560.000 euro

Messe di utili dalle “sue” banche piemontesi per Bper (Banca Popolare dell'Emilia-Romagna). Nel primo semestre, infatti, entrambe le controllate del grande gruppo bancario che ha come maggiore azionista Unipol, hanno aumentato considerevolmente i loro profitti: la Cassa di Risparmio di Bra, posseduta da Bper al 67%, ha conseguito un utile netto di 1,436 milioni, a fronte dei 146.000 euro dello stesso periodo dell'anno scorso e la Cassa di Risparmio di Saluzzo, della quale Bper ha il 100% del capitale, ha dichiaro un utile netto di 560.000 euro, mentre nel primo semestre 2017 aveva perso 374.000 euro.
Dalle rispettive semestrali, fra l'altro, è emerso che i crediti netti al 30 giugno ammontavano a 1,019 miliardi alla Cassa di Risparmio di Bra (-3,8 rispetto alla stessa data 2017) e a 629 milioni alla Cassa di Risparmio di Saluzzo (-3,7%); però, nello stesso tempo, sono diminuiti i crediti deteriorati netti, a 145 milioni per la Cassa di Bra (-19,86%) e a 50 milioni per quella di Bra (-15,51%). Quanto alle sofferenze nette, sono risultate pari a 70 milioni a Bra (+29,8%) e a 20 milioni a Saluzzo (-19,8%). A Bra, comunque, sono calate a 70 milioni le inadempienze possibili (-38,6%) e a 29 milioni quelle della Cr Saluzzo (-3,7%).
La raccolta diretta della Cassa di Risparmio di Bra è risultata di 829 milioni e di 742 milioni quella della Cassa di Saluzzo.
Paolo Cerruti direttore generale
Cassa di Risparmio di Bra
Presieduta da Francesco Guida (vice è Luigi Barbero e direttore generale Paolo Cerruti), la Cassa di Risparmio di Bra conta 28 sportelli (17 nella provincia di Cuneo e 4 in quella di Torino) e 168 dipendenti. Il 33% delle azioni della Cassa di Risparmio di Bra sono nel portafoglio della Fondazione omonima presieduta da Donatella Vigna.
La Cassa di Risparmio di Saluzzo dispone di 27 sportelli (20 nel Cuneese e 7 in Torino e provincia) e di 184 dipendenti. Al suo vertice si trovano Roberto Civalleri (presidente), Mariella Acchiardo (vice), Giorgio Barbolini (direttore generale) e Franco Gavosto (vice).
Oltre a controllare le Casse di Saluzzo e Bra, in Piemonte, Bper (gruppo con 1.220 sportelli e 11.273 dipe
ndenti al 30 giugno) ha partecipazioni nella Cassa di Risparmio di Fossano (utile netto di 2,886 milioni nel primo semestre), della quale possiede il 23,08% (la quota restante è della Fondazione Cr Fossano) e il 31% della Cassa di Risparmio di Savigliano.

I singolari record delle azioni Banca Carige tra le news relative a quotate Nord Ovest

Vittorio Malacalza
maggiore azionista Banca Carige
Società del Nord Ovest protagoniste, oggi, in Piazza Affari. Cominciando da Diasorin, che ha fatto registrare il maggior rialzo dell'intero listino. Infatti, l'ultimo prezzo dell'azione Disorin è stato di 93,20 euro, il 7,31% in più rispetto alla chiusura di venerdì scorso. Nella seduta odierna, nessun altro titolo della Borsa di Milano è salito quanto quello della quotata di Saluggia che fa capo al torinese Gustavo Denegri ed è guidata da Carlo Rosa.
Se Diasorin ha fatto segnare il maggior incremento di Piazza Affari, Fca-Fiat Chrysler Automobiles ha ottenuto il maggior rialzo tra le 40 principali quotate, che costituiscono il paniere Ftse Mib. Il titolo Fca ha chiuso a 14,15 euro (+3,2%) e la sua controllante Exor è salita dell'1,99% a 55,34 euro.
Negativo, invece, è il primato della Diamani di Valenza Po, la cui azione ha terminato le contrattazioni a 0,88 euro (-2,22%), che è il suo nuovo minimo storico.
Tra i più rilevanti ribassi odierni spiccano le due quotate del gruppo Gavio, che risentono dell'effetto Atlantia. Sias ha perso il 4,24%, poco meno di Atlantia, il cui ribasso del 4,68% è risultato il maggiore del listino Ftse Mib. Quanto all'altra società controllata dai Gavio, Astm – Autostrada Torino Milano, si è deprezzata del 3,57%, chiudendo a 17,28 euro. Il prezzo finale della Sias è stato di 11,97 euro e di 18,435 euro quello di Atlantia, partecipata anche dalla Fondazione Crt con poco più del 5% e dalla Fondazione Crc di Cuneo.
Infine una curiosità che riguarda Banca Carige. Come tante altre volte, ieri l'azione ordinaria Carige è stata la più trattata in assoluto: 120.505.546 titoli scambiati, più del doppio di Intesa Sanpaolo, al secondo posto (ben diversi però i controvalori degli scambi: poco meno di 141 milioni di euro per Intesa Sanpaolo contro un milione e poco più di Carige).
L'altro record di Banca Carige riguarda la sua azione di risparmio, che è stata la meno trattata della seduta di oggi, come già successo spesso. Hanno cambiato proprietà due azioni, per un la somma di 171 euro. L'azione di risparmio Carige, infatti, è stata scambiata a 85,50 euro, un prezzo che fa sorridere, sia per la quantità quasi ridicola di questi titoli sia per il confronto con il prezzo dell'ordinaria che si aggira sui 9 centesimi.

Aumentato a giugno il debito delle Regioni venduti dagli stranieri Btp per 33 miliardi

Sergio Chiamparino, presidente
Regione Piemonte
Regioni e Province autonome hanno ripreso a indebitarsi. Al contrario, i Comuni, le Province ordinarie e le Città metropolitane continuano il percorso virtuoso del calo dell'indebitamento. E' quanto emerge dall'ultima rilevazione della Banca d'Italia, la quale ha appena pubblicato i dati al 30 giugno 2018.
Alla fine del primo semestre, dunque, come riporta Banca d'Italia, il debito dell'insieme delle Regioni e delle Province autonome è risultato di 31,895 miliardi, superiore di 480 milioni al 31 maggio e nuovo record degli ultimi tre anni almeno. Questo indebitamento è costituito per il 20% (6,381 miliardi) da titoli emessi dagli stessi enti e per il 67,8% (21,618 miliardi) da prestiti da rimborsare a istituti di credito e alla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp).
Invece, sono scesi a 7,165 miliardi i debiti delle Province ordinarie e delle Città metropolitane, minimo dal luglio 2016 almeno. Ed è calato a 39,466 miliardi l'indebitamento complessivo dei Comuni italia, che ha così toccato il livello più basso da luglio 2016 e che è costituito per 5,354 miliardi da titoli emessi dai municipi (vengono subito in mente i Boc) e per 33,056 miliardi da finanziamenti erogati da banche e Cdp.
Nicoletta Spelgatti, presidente
Regione Valle d'Aosta
Proprio a causa dell'aumento di quasi mezzo miliardo da parte di Regioni e Province autonome, il debito totale delle Amministrazioni locali al 30 giugno è ammontato a 88,251 miliardi, risultando superiore di 404 milioni rispetto alla fine del mese precedente.
Per quanto riguarda il Piemonte, va ricordato che il debito consolidato delle sue Amministrazioni (Regione, Comuni, Province, Città metropolitana e gli altri enti pubblici territoriali) al 31 dicembre 2017 è risultato inferiore ai 12 miliardi (11,789 miliardi, per la precisione), a fronte dei 12,630 miliardi emersi alla stessa data del 2016.
Giovanni Toti, presidente
Regione Liguria
Nell'anno passato, dunque, l'indebitamento delle Amministrazioni pubbliche piemontesi è diminuito di 841 milioni e del 6,66%, tasso esattamente doppio alla media nazionale del 3,3%. Comunque, è risultato ancora il secondo più elevato in Italia, inferiore unicamente ai 14,704 miliardi del Lazio. Però, se si tiene conto della rispettiva popolazione (5,908 milioni il Lazio, 4,375 milioni il Piemonte) si scopre che il debito pro capite piemontese – 2.694,26 euro per residente, dal neonato all'ultracentenario – è più elevato anche di quello laziale, che è di 2.488,83 euro (laa media nazionale 2017 è di 1.436,1 euro, quella della Lombardia di 1.058,87 euro, che corrisponde a un totale di 10,631 miliardi). Comunque, a fine 2012, il debito delle Amministrazioni locali piemontesi era di 15,636 miliardi.
Il debito consolidato delle Amministrazioni locali al 31 dicembre 2017, in Liguria ammontava a 2,322 miliardi (1.490,5 euro pro capite) e in Valle d'Aosta a 227 milioni (1.797,3 euro a testa).

ALL'ESTERO MENO DI UN TERZO DEI TITOLI PUBBLICI
Ancora a proposito di debito pubblico, la Banca d'Italia ha comunicato che al 30 giugno appena passato è risultato di 2.323,282 miliardi, 4,099 miliardi meno che al 31 maggio. La somma di fine giugno, comunque, è la seconda più alta di sempre (il primato storico è rappresentato, finora, dai 2.327,381 miliardel 31 maggio 2018).
La stessa Banca d'Italia ha rilevato che alla fine del maggio scorso gli stranieri creditori del debito pubblico italiano erano il 32,17%, un punto percentuale in meno di fine marzo. Quota che risulterà ancora più bassa nella prossima rilevazione, perchè la Banca d'Italia ha anticipato che in giugno gli investitori esteri hanno venduto titoli di debito pubblico per 33 miliardi, oltre che azioni per 4,1 miliardi.

Mercato auto di luglio: tutto Fca il podio delle marche più vendute nel Nord Ovest

Tutto targato Fca il podio delle marche che, in luglio, hanno venduto più vetture nuove nelle tre regioni del Nord Ovest. Nel mese scorso, infatti, Fiat ha contato 8.981 clienti, Jeep 4.105 e Alfa Romeo 2.324. Fiat è risultata prima in undici delle tredici province, mentre è stata battuta nella provincia di Asti da Renault e in quella di Genova da Volkswagen.
La sfida tra le Case tedesche premium è stata vinta da Audi, che ha avuto la meglio sia su Bmw che su Mercedes.
La tabella riporta il numero di nuove immatricolazioni delle marche con più acquirenti in luglio, divise per provincia e, nell'ultima riga, il numero delle vendite di tutte le Case in ognuna delle  province del Nord Ovest.
Elaborazione su dati dell'Unrae, l'Unione nazionale dei costruttori esteri attivi in Italia.


AL AT BI CN NO TO VB VC GE IM SP SV AO Totali
Fiat 178 54 63 246 87 5823 53 39 182 61 76 103 2016 8981
Jeep 53 12 26 104 38 851 22 17 38 5 32 26 703 4105
Alfa R. 22 3 12 31 25 1344 6 9 20 3 10 12 827 2324
Vw 89 40 28 127 85 414 43 22 217 17 74 54 43 1253
Ford 79 48 44 122 41 441 25 33 172 32 34 60 29 1050
Renault 42 127 21 101 41 405 18 18 124 28 24 26 37 1012
Citroen 46 11 10 183 57 198 12 13 31 20 14 31 404 1030
Peugeot 59 18 16 83 31 267 16 13 72 8 27 22 133 765
Audi 57 13 28 54 71 167 10 8 48 6 15 12 43 542
Opel 37 10 13 92 42 176 12 13 48 8 13 32 19 515
Dacia 36 20 22 55 40 157 13 14 60 14 26 24 22 504
Hyundai 30 14 24 42 38 162 25 17 47 3 14 21 18 455
Kia 37 10 11 42 64 179 13 13 33 16 15 18 16 447
Bmw 40 14 17 42 21 158 3 7 43 10 7 10 20 392
Toyota 37 11 25 49 42 339 12 9 85 16 21 30 22 378
Mercedes 28 12 5 42 20 59 13 8 52 4 11 13 29 296
Nissan 44 18 9 32 10 68 3 18 40 5 10 22 4 283















Tot. Prov. 1050 493 431 1660 868 12212 352 335 1534 294 480 587 4652 24948

La classifica dei Paperoni del Nord Ovest per il loro patrimonio in Piazza Affari

John Elkann e Andrea Agnelli
“Del Vecchio e gli altri Paperoni di Piazza Affari”: è il titolo del servizio di Milano Finanza che ha pubblicato la classifica dei detentori dei patrimoni costituiti dalle azioni trattate alla Borsa di Milano, sulla base dei valori delle quote delle rispettive società al 10 agosto 2018. Graduatoria che, naturalmente, comprende persone e famiglie del Nord Ovest, a partire da quella più nota, cioè la famiglia Agnelli-Elkann-Nasi, la quale controlla Exor, Fca-Fiat Chrysler Automobiles, Ferrari, Cnh Industrial, Juventus e ha una partecipazione in Gedi Gruppo Editoriale (Repubblica, La Stampa, il Secolo XIX, l'Espresso e diverse testate locali).
Alla famiglia Agnelli-Elkann-Nasi è stato attribuito un patrimonio borsistico di 7,034 miliardi di euro (valore delle azioni quotate possedute, al 10 agosto), cifra che vale il quinto posto nella graduatoria nazionale di Milano Finanza, il cui podio è formato appunto da Leonardo Del Vecchio, detentore anche del 4,2% della Guala Glosures, oltre che maggiore azionista di Luxottica (20,966 miliardi), Gianfelice e Paolo Rocca (10,721 miliardi), Miuccia Prada con il marito Patrizio Bertelli (8,579 miliardi).
Marco Drago 
Dopo la famiglia Agnelli-Elkann-Nasi la più ricca del Nord Ovest, per valore delle azioni quotate alla Borsa di Milano, si trova quella novarese dei Boroli-Drago (Dea Capital, che fa capo alla De Agostini) dodicesima a livello nazionale con 2,858 miliardi. Leader della famiglia è Marco Drago.
Seguono, in ordine decrescente: Gustavo Denegri (socio di controllo della Diasorin) sedicesimo con 2,163 miliardi, la famiglia genovese Garrone-Mondini a capo della Erg, ventitreesima con 1,771 miliardi, la famiglia Buzzi di Casale (Buzzi Unicem), venticinquesima con 1,658 miliardi e la famiglia Gavio di Tortona (Astm-Autostrada Torino Milano e Sias), ventottesima con 1,607 miliardi.
Poi, figurano: Mario Rizzante (Reply) con 942 milioni (posizione numero 38 in classifica), Urbano Cairo (Cairo Communication e Rcs MediaGroup) con 550 milioni (n.47), Carlo Rosa (Diasorin) con 419 milioni (n.52), Carlo Acutis (Vittoria Assicurazioni) con 289 milioni (n.62), i fratelli De Benedetti, figli di Carlo (Cofide, Cir, Sogefi, Gedi Gruppo Editoriale) con 270 milioni (n.65), Vittorio Malacalza (Banca Carige) con 102,7 milioni (n.96), la famiglia Boglione (Basicnet) con 99,5 milioni (n.99), Guido Roberto Grassi Damiani (Damiani di Valenza Po) con 56,5 milioni (n.134).
Gustavo Denegri
Inoltre, la famiglia Orsero di Albenga (Orsero) con 55,2 milioni (n.137), Giovanni Ferrero, il presidente dell'omonimo colosso dolciario nato ad Alba, per la sola quota in Mediobanca, con 50 milioni (n.145), Gabriele Volpi, secondo maggior azionista di Banca Carige, con 45,2 milioni (n.151), Pierangelo Fassino (Cover 50) con 30,7 milioni (n.184), Giuseppe Morfino, titolare della torinese Fidia, con 18,3 milioni (n.217).
I 398 privati censiti e classificati da Milano Finanza al 10 agosto avevano quote di società trattate a Piazza Affari per un totale superiore ai 155 miliardi di euro.

Grande avanzata delle imprese straniere con i cinesi che fanno da locomotiva

Giuseppe Zampini, presidente
Confindustria Liguria
Nel Nord Ovest, perde colpi l'imprenditoria italiana; ma non quella degli stranieri. Infatti, dall'inizio di gennaio alla fine di giugno di quest'anno, le imprese straniere attive nelle tre regioni sono aumentate di quasi mille unità – 926, per la precisione – diventando così 64.826; mentre quelle italiane sono scese a 544.470, dalle 547.599 risultanti al 31 dicembre 2017. Nel semestre, le straniere sono aumentate dell'1,4%, le italiane sono diminuite dello 0,57% (oltre 3.000 unità).
Dalle disaggregazione dei dati di Unioncamere e Infocamere, emerge che le imprese straniere – sono definite così quelle con prevalenza di soci, titolari e amministratori di origine straniera – al 30 giugno di quest'anno erano 43.269 in Piemonte (42.667 al primo giorno di gennaio), 20.866 in Liguria (20.564) e 691 in Valle d'Aosta (669).
Fabio Ravanelli, presidente
Confindustria Piemonte
Comprendendo le italiane, le imprese registrate alle Camere di commercio a fine giugno 2018 erano 433.865 in Piemonte (436.043 esattamente sei mesi prima), 163.017 in Liguria (162.949) e 12.414 in Valle d'Aosta (12.507). Perciò, la quota delle straniere è arrivata a sfiorare il 10% in Piemonte e il 13% in Liguria, mentre è rimasta contenuta sotto il 6% in Valle d'Aosta (la media nazionale è del 9,8%, corrispondente alle 596.000 straniere sul totale dei 6.094.624 di imprese attive nel nostro Paese).
In Italia, gli imprenditori stranieri più numerosi sono diventati i cinesi, i quali hanno superato anche i marocchini e i romeni. Al 31 dicembre 2017, gli imprenditori cinesi operanti nel nella Penisola erano 80.514, a fronte dei 79.391 marocchini, i 77.082 romeni e i 46.974 albanesi.
In particolare, gli imprenditori cinesi erano 4.492 in Piemonte (2.385 a fine 2009), 1.685 in Liguria (896), 58 in Valle d'Aosta (24) e 6.235 nelle tre regioni. In Valle d'Aosta, il loro numero è aumentato del 141,7% negli ultimi otto anni, il tasso d'incremento più alto a livello nazionale. In Piemonte l'aumento è risultato del 88,3% e dell'88,1% in Liguria. 
Nelle tre regioni del Nord Ovest, al 30 giugno, le imprese di cinesi sono risultate il 9,6% delle imprese straniere e l'1% di tutte le imprese registrate dalle Camere di commercio dell'area.

Per l'auto nuova già spesi oltre 4 miliardi ma 320 milioni meno dei primi 7 mesi '17

Aurelio Nervo, presidente Anfia
Oltre 300 milioni di euro. Tanto è già costata ai concessionari del Nord Ovest la diminuzione del mercato automobilistico locale nei primi sette mesi di quest'anno, quando i Pra delle tre regioni hanno registrato 192.942 immatricolazioni di vetture nuove, il 7,3% in meno rispetto allo stesso periodo del 2017.
Come riportato dall'Anfia, l'associazione nazionale dell'industria automotive, dal primo giorno di gennaio al 31 luglio, in Piemonte sono state vendute 128.279 vetture nuove (-11,9% rispetto ai primi sette mesi dell'anno scorso), in Liguria 21.439 (-5,4%) e in Valle d'Aosta 43.224 (+8,2%). Con un fatturato complessivo stimato in circa 4,1 miliardi di euro e inferiore di circa 320 milioni a quello del corrispondente periodo precedente.
La contrazione del mercato del Nord Ovest, emersa nonostante il rilevante aumento degli acquisti in Valle d'Aosta, dove le immatricolazioni hanno una fiscalità favorevole, come nelle province di Bolzano e di Trento, assume un significato ancora maggiore se si tiene conto del fatto che l'intero mercato italiano nei primi sette mesi 2018 (1.274.053 auto consegnate ai clienti, per un valore stimato superiore ai 27 miliardi di euro) si è ridotto dello 0,7% rispetto al gennaio-luglio 2017.
A proposito di giro d'affari del settore, va precisato che in Italia le reti di vendita autorizzate erano 4.107 al 31 dicembre scorso, quando, come precisato dall'Unrae, l'unione che rappresenta le marche estere nel nostro Paese, il Piemonte ne contava 391, la Liguria 112 e la Valle d'Aosta 20.
In tutta l'Italia, nei primi sette mesi sono state immatricolate 201.844 superutilitarie (-12,3%), 298.983 utilitarie (-9,3%), 156.696 medie-inferiori (-12,4%), 35.801 medie (-17,2%), 11.079 superiori (-2,3%) 1.645 auto di lusso (+5%), 4.090 sportive (-4,5%), 88.308 monovolumi (- 6,8%) e 451.693 suv (+24,1%).
La quota dei suv è arrivata a rappresentare il 35,5% del mercato italiano, mentre era ancora del 29,8% nel 2017 e del 26,6% nel 2016. Al contrario, la quota delle piccole (superutilitarie e utilitarie), è calata al 39,3% dal 42,4% dell'intero 2017 e dal 43,7% del 2016.

Artigianato, colpo di reni nel Nord Ovest nel secondo trimestre 338 imprese in più

Giorgio Felici, presidente
Confartigianato Piemonte
Colpo di reni dell'artigianato nel Nord Ovest. Nel secondo trimestre di quest'anno, le imprese artigiane che hanno aperto i battenti sono state più di quelle che li hanno chiusi per sempre. Non succedeva da un bel po'.
Ad avviare l'attività tra l'inizio di aprile e la fine di giugno sono state 2.969 imprese artigiane: in particolare, 2.154 in Piemonte, 739 in Liguria e 76 in Valle d'Aosta); mentre l'hanno cessata definitivamente 2.631, delle quali 1.959 in Piemonte, 623 in Liguria e 49 in Valle d'Aosta.
Saldo positivo, dunque, anche se per poco: 338 unità, un centinaio al mese. Comunque una riscossa, pur se debolissima e con necessità di consolidamento, prima di poter parlare di ripresa.
In ogni caso, alla fine di giugno, sono risultate 166.165 le imprese artigiane iscritte alle Camere di commercio del Nord Ovest, come censito da Unioncamere e Infocamere. Di queste, 128.598 si trovano in Piemonte, 43.929 in Liguria e 3.638 in Valle d'Aosta.
Nella regione alpina la quota delle artigiane è pari al 29,3% delle 12.414 imprese iscritte alla Camera di commercio valdostana; mentre la quota è del 27,3% in Piemonte, dove si contano complessivamente 433.865 imprese e del 26,9% in Liguria, che, al 30 giugno, registrava 163.017 imprese.
Tutte le tre regioni del Nord Ovest presentano una densità di imprese artigiane superiore alla media nazionale che è del 21,6%, corrispondente a 1.315.895 registrate sul totale di 6.094.624 imprese.
Il dato del secondo trimestre, comunque, assume un significato ancora maggiorese si considera che, nel primo, il Nord Ovest aveva perso 1.274 imprese artigiane, differenza tra le 4.955 chiuse e le 3.681 costituite nel periodo. Infatti, dall'inizio di gennaio alla fine di marzo, il Piemonte si è impoverito di 878 imprese artigiane (2.690 le nate e 3.568 le scomparse), di 340 la Liguria (898 le nuove iscrizioni al registro delle Camere di commercio e 1.238 le cancellazioni) e di 56 la Valle d'Aosta (93 nuove aperture e 149 chiusure).
In particolare, nel primo trimestre di quest'anno, il capoluogo subalpino e la sua provincia hanno perso altre 421 imprese artigiane, il numero assoluto più alto in Italia dopo quello della provincia di Roma (493). Nella provincia di Torino, infatti, le imprese che hanno cessato l'attività dal primo giorno di gennaio all'ultimo di marzo sono state 1.768 – più che a Roma (1.717) e meno solo rispetto alla provinci di Milano (2.273); mentre sono risultate 1.348 quelle che si sono iscritte al registro delle imprese della Camera di commercio presieduta da Vincenzo Ilotte.
La perdita di imprese artigiane nel primo trimestre è stata di 80 unità nella provincia di Biella, 107 nell'Alessandrino, 34 nel Verbano-Cusio-Ossola, 31 nel Vercellese, 119 nel Cuneese, 60 nel Novarese e 26 nell'Astigiano.
Giancarlo Grassi, presidente
Confartigianato Liguria
Per quanto riguarda le province liguri, Unioncamere e Infocamere hanno rilevato che nel primo trimestre di quest'anno, Genova si era impoverita di 228 imprese artigiane (406 le nate e 634 le scomparse), di 21 Imperia (181 nuove iscrizioni e 202 cancellazioni), 70 Savona (rispettivamente 185 e 255), e 21 La Spezia (181 e 202).
L'emorragia dell'artigianato è un fenomeno preoccupante, non soltanto perchè è indicativo di un impoverimento dell'apparato produttivo, con le sue inevitabili conseguenze sul pil locale e sui posti di lavoro; ma anche perchè denota un affievolimento di quello spirito d'iniziativa individuale che è fondamentale per la crescita dell'economia. Particolarmente grave è proprio l'arretramento dell'artigianato, da sempre una fonte essenziale e una culla dell'imprenditoria.

Il controllo della Vittoria Assicurazioni "resterà agli Acutis anche dopo l'Opas"

Carlo Acutis
La Vittoria Assicurazioni resterà controllata dalla famiglia torinese Acutis. Anche dopo l'uscita della Compagnia dalla Borsa. Lo ha comunicato, oggi, 14 agosto, Adriana Acutis, amministratore delegato della Yafa, “ultima controllante di Vittoria Capital”, la società che possiede il 51,15% del capitale della Vittoria Assicurazioni (un altro 8,09% è della
Yafa Holding). Vittoria Capital e Yafa Holding fanno capo entrambe a Carlo Acutis, presidente onorario della Vittoria Assicurazioni e padre sia di Andrea, presidente effettivo della Compagnia sia di Adriana, componente del Consiglio di amministrazione.
Con la nota firmata da Adriana Acutis, la Yafa “smentisce fermamente le notizie su possibili operazioni di M&A aventi a oggetto Vittoria Assicurazioni e ribadisce l'intenzione dell'azionista di controllo di perseguire i programmi di crescita e sviluppo di Vittoria Assicurazioni, mantenendo il controllo della stessa”.
Il comunicato della società torinese è stato emesso in seguito “ad alcune notizie pubblicate oggi dal quotidiano Il Sole 24 Ore in merito all'offerta pubblica di acquisto e scambio promossa da Vittoria Capital spa sulle azioni di Vittoria Assicurazioni spa”.
La Compagnia, fondata nel 1921, oltre 440 agenzie, nel 2017 ha avuto un utile netto di 78,4 milioni e a fine esercizio la sua raccolta premi è risultata superiore a 1,3 miliardi (il totale degli investimenti è di oltre 3,7 miliardi). Al 31 luglio il suo valore riconosciuto da Piazza Affari è di poco più di 940 milioni. Oggi, il titolo ha chiuso a 13,94 euro, mantenendosi vicini ai 14 euro dell'Opas, offerta pubblica di acquisto e scambio.

GEDI GRUPPO EDITORIALE AL NUOVO MINIMO STORICO
Un'altra notizia odierna relativa a quotate del Nord Ovest, riguarda la Gedi Gruppo Editoriale, società controllata dai figli di Carlo De Benedetti e partecipata da Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann-Nasi. Oggi, l'ultimo prezzo dell'azione Gedi Gruppo Editoriale è stato di 0,3105 euro, inferiore del 2,51% a quello di ieri e il più basso da sempre. Il precedente record negativo risaliva al 2 luglio, quando la quotazione era stata di 0,3165 euro.
La capitalizzazione della Gedi Gruppo Editoriale (fra l'altro pubblica la Repubblica, la Stampa, il Secolo XIX e diverse testate locali) è così scesa sotto i 158 milioni.

Dimezzato l'utile netto della Cr Fossano rispetto al primo semestre del 2017

Antonio Miglio, neo presidente
 Cassa di Risparmio di Fossano
Dimezzato l'utile netto della Cassa di Risparmio di Fossano (Crf) nel primo semestre 2018. I risultati conseguiti dalla banca cuneese dall'inizio di gennaio alla fine di giugno appena passato sono appena stati pubblicati anche sul sito della Borsa Italiana, questo perché la Crf è partecipata dalla quotata Banca Popolare dell'Emilia-Romagna (Bper) al 23% (il resto del capitale è posseduto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano).
La nuova semestrale della Crf riporta che l'utile netto è stato di 2,886 milioni, mentre era stato di 5,659 milioni nella prima parte del 2017. Invece, sono aumentati i crediti alla clientela (1,042 miliardi al 30 giugno scorso contro 1,038 miliardi alla stessa data precedente) e i depositi della clientela, a 1,280 miliardi da 1,168. Il Cet1 è risultato del 9,81%.
La Cassa di Risparmio di Fossano, che conta una ventina di sportelli, attivi nelle province di Cuneo e di Torino, dall'inizio di maggio è presieduta da Antonio Miglio, il quale è stato a lungo presidente dell'omonima Fondazione, destinata a perdere il controllo della sua conferitaria secondo il protocollo Acri-Mef, in base al quale le fondazioni di origine bancaria non possono avere investito più del 33,3% in un unico asset.
Va ricordato, però, che la Fondazione Cr Fossano, allora guidata proprio da Antonio Miglio, non ha firmato il protocollo dell'Associazione nazionale delle fondazioni bancarie e dal ministero dell'Economia e delle Finanze.

BANCA SELLA: RACCOLTA GLOBALE 1 36,5 MILIARDI
Pochi giorni fa sono stati comunicati anche i dati del primo semestre 2018 di Banca Sella, chiuso con un utile netto consolidato di 17,9 milioni. La raccolta globale è ammontata a 36,5 miliardi (+3,5%) e quella netta da clientela a 1,9 miliardi. Gli impieghi sono risultati pari a 8 miliardi (+0,3%) e i crediti deteriorati netti pari al 5% degli impieghi netti; il Cet1 all'11,47% (in particolare 14,58% la sola Banca Sella e 13,63% la controllata Banca Patrimoni).

Vercelli e Imperia cenerentole dell'Italia per numero di startup innovative: solo 5

Uno scorcio di Imperia 
Poche, nel Nord Ovest, le startup innovative, come convenzionalmente vengono definite le società di capitali costituite da almeno cinque anni, con fatturato inferiore ai cinque milioni di euro nell'ultimo esercizio, non quotate in Borsa e in possesso di determinati requisiti relativi alla loro dotazione tecnologica previsti dalla normativa nazionale.
Dall'ultimo censimento di Unioncamere e Infocamere, infatti, al 30 giugno scorso, nelle tre regioni del Nord Ovest ammontavano a 683 le startup innovative iscritte alla sezione speciale del registro delle imprese, numero pari al 7,26% delle 9.396 startup innovative attive in tutta l'Italia a quella data. Il Piemonte ne contava 488 (5,19% del totale nazionale), la Liguria 175 (1,86%) e la Valle d'Aosta 20 (0,21%).
A livello nazionale, nel secondo trimestre di quest'anno, le startup innovative sono aumentate del 5,9%, dato che al 31 marzo erano 499 in meno. L'evoluzione del sistema delle startup innovative è un indicatore importante dello stato dell'applicazione produttiva delle tecnologie avanzate e per questo appare significativo il monitoraggio del fenomeno.
In particolare, per quanto riguarda il Piemonte, la rilevazione di Unioncamere e Infocamere evidenzia, fra l'altro, che la metà delle province piemontesi si trova tra le venti che hanno meno startup innovative a livello nazionale.
Vercelli, Piazza Cavour,
La provincia di Vercelli è addirittura la penultima a livello italiano. Infatti, al 30 giugno scorso contava soltanto cinque startup innovative, come Crotone e Imperia e solo due più di Oristano, cenerentola italiana. La provincia di Asti si trova al novantottesimo posto nazionale con sette startup innovative, due in meno del Verbano-Cusio-Ossola (novantaseiesima posizione) e dieci in meno di Biella, ottantaseiesima.
Invece, Torino figura al terzo posto nella classifica nazionale delle province per numero di startup innovative in attività al 30 giugno 2018: ne ha 329, ancora16 in più di Napoli, che la insidia. Mentre è lontanissima dalle due province in testa: Milano, che ne vanta 1.598 e Roma 867.
Tutto il Piemonte occupa il settimo posto nella graduatoria delle regioni. Lo precedono anche la Sicilia (498 startup innovative), la Campania (695) e il Veneto (843), oltre che le tre regioni “medagliate”, cioè la Lombardia (2.286), il Lazio (980) e l'Emilia-Romagna (906). La Liguria è sedicesima e la Valle d'Aosta ventesima, ultima, avendo 26 startup innovative in meno del Molise.
Dall'analisi provinciale emerge anche che Genova figura nel gruppo delle prime venti per numero di startup innovative (è sedicesima con 146), mentre le altre tre liguri sono nel gruppo delle ultime venti: Savona è 89.a con 16, La Spezia 90.a con 8 e Imperia 102.a, appunto con 5.
La rilevazione nazionale, fra l'altro, mostra che il 71,7% delle startup innovative fornisce servizi alle imprese (soprattutto produzione di software e consulenza informatica, attività di ricerca e sviluppo, servizi di informazione); mentre il 18,8% opera nel manifatturiero (prevalentemente fabbricazione di macchinari, computer, prodotti elettronici e ottici, apparecchiature elettriche) e il 4% nel commercio.
Al 30 giugno, le startup innovative avevano complessivamente 39.325 soci (+9% rispetto alla stessa data 2017) e, al 31 marzo, impiegavano 12.739 persone (+12,5%). Per quanto riguarda la composizione delle compagini sociali, è stato rilevato che le startup innovative con prevalenza femminile al vertice sono 1.278 (13,6%) e 1.861 quelle con prevalenza di giovani under 35 anni (19,8%, tasso uperiore di tre punti rispetto alle nuove aziende non innovative). Infine, ad avere una prevalenza straniera sono 296, il 3,2% delle startup innovative in attività in Italia.

Astigiane le famiglie più indebitate 2017 quelle meno (14.968 euro) in Valle d'Aosta

Una veduta di Asti
Vivono nella provincia di Asti le famiglie consumatrici più indebitate del Nord Ovest. Con la loro media di 21.551 euro (a fine 2017), battono anche le famiglie della provincia di Torino (21.434 euro) e di Novara (21.358); nonostante, tra tutte, abbiano ridotto dell'1,9% l'esposizione complessiva nei confronti di banche e finanziarie rispetto al 31 dicembre 2016 (a 2,085 miliardi di euro dai precedenti 2,125 miliardi). Mentre l'indebitamento totale delle famiglie residenti nella provincia di Torino è aumentato del 2,8%, a 22,595 miliardi e a 3,494 miliardi quello dell'insieme delle famiglie della provincia di Novara.
Nella graduatoria relativa alle province del Nord Ovest, dopo il terzetto di testa a presentare il maggior indebitamento familiare medio sono, nell'ordine, La Spezia (19.053 euro), Genova (18.548), Cuneo (18.203), Verbania (17.993), Savona (17.822), Alessandria (17.103), Vercelli (16.906), Biella (15.914), Imperia (15.343) e, ultima, Aosta (14.968).
Come evidenziano i dati pubblicati dalla Cgia, l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre, soltanto le prime province denunciano una media di indebitamento familiare superiore a quella nazionale, risultata di 20.549 euro, sempre a fine 2017. Con le punte lombarde delle province di Milano (29.595 euro), Monza-Brianza (29.078) e Lodi (27.631) e la coda formata da tre province del Sud: Reggio Calabria (10.301 euro), Vibo Valentia (9.411) e Enna (9.169).
La Cgia ha ricordato che, “nell'insieme, i passivi accumulati con le banche e gli istituti finanziari al 31 dicembre 2017 ammontano a quasi 534 miliardi (per la precisione 533,909) a fronte dei 525,892 di fine 2016. Dal 2014 l'indebitamento delle famiglie è cresciuto di 40,6 miliardi (+8,2%).
La quota di popolazione maggiorenne con debiti in essere al 31 dicembre era del 37,8% in Piemonte, 37,1% in Liguria, 37,9% in Valle d'Aosta e 36,3% come media di tutto il Paese.
Per quanto riguarda la tipologia dei finanziamenti alle famiglie, l'analisi di Mister Credit mostra al primo posto (43,6%) i prestiti finalizzati all'acquisto di beni e servizi quali auto, moto, elettrodomestici, articoli di arredamento e, fra l'altro, viaggi; al secondo (34%) si trovano ai prestiti personali e al terzo, con il 22,4%, i mutui per l'acquisto di abitazioni.

Perché "suda freddo" chi ha titoli di Stato (la situazione pubblica è preoccupante)

Fa caldo; ma tanti risparmiatori che hanno investito nei titoli di Stato italiani stanno sudando freddo. Sono preoccupati. Il debito pubblico continua a salire, il Tesoro deve emettere più titoli per pagare gli interessi e far fronte alle spese, a tassi più elevati perché la percezione del rischio è aumentata, come dimostra la crescita dello spread. Inoltre, la Bce ha deciso di non comprare più Btp e affini dalla fine di quest'anno, gli stranieri stanno vendendo e sta scendendo la quota di debito pubblico in loro possesso (già sotto il 30%), le famiglie del nostro Paese non sottoscrivono più o, comunque molto meno, le nuove emissioni.
Infine, come se non bastasse, nell'Europa finanziaria che conta, a partire da quella tedesca, la più influente, c'è chi vorrebbe che le banche evitassero di comprare titoli di Stato del loro Paese, per ridurre il rischio sovrano. Misura che ha nel mirino soprattutto l'Italia e che per l'Italia sarebbe disastrosa, perchè le banche italiane hanno in portafoglio una quota rilevante di debito pubblico e, fra l'altro, negli ultimi mesi l'hanno progressivamente accresciuta.
Infatti, dall'ultima rilevazione della Banca d'Italia è emerso che al 30 giugno appena passato ammontava a 370,351 miliardi il totale dei Titoli di Stato in portafoglio agli Istituti di credito attivi nel nostro Paese (Btp per 265,686 miliardi, Cct per 56,753, Ctz per 17,153 e Bot per 16,983). Rispetto alla fine del mese precedente si tratta di 17,161 miliardi in più e di 46,4 in più rispetto a dicembre, quando le banche hanno ricominciato a comprare.
Allora lo spread era ancora basso e la situazione generale abbastanza buona, con l'economia in miglioramento e le prospettive erano abbastanza favorevoli. I titoli a lunga scadenza davano un discreto rendimento e non incidevano negativamente sul Cet1 (indice di solidità patrimoniale), come invece succede adesso, con lo spread in rialzo e i valori di mercato in rosso.
Ma se anche le banche italiane smetteranno di comprare, chi sottoscriverà le nuove emissioni? E a quanto dovrà innalzare gli interessi lo Stato per incentivare gli acquisti, fra l'altro aggravando l'onere del debito pubblico già straordinariamente alto e innescando, nuovamente, una spirale particolarmente perversa?
Le tasse, già molto, troppo elevate, per chi le paga, non bastano allo Stato e agli Enti locali per far fronte a quanto dovuto per stipendi ai dipendenti pubblici (amministrativi, insegnanti, medici e infermieri, militari, poliziotti, magistrati …), pensioni, servizi, fornitori, opere infrastrutturali e, fra l'altro, i debiti. Da qui, appunto, l'emissione mensile di altri titoli e, dato che le spese non vengono tagliate (si tagliano solo gli investimenti), ecco che il debito pubblico continua a salire.
Allora, cosa succederà? Che cosa ci aspetta? Interrogativo angosciante. Non può non venire alla mente quanto accaduto in altri Paesi in condizioni analoghe, anche se, certamente, peggiori di quelle italiane. Chi non ricorda, da ultimo, la Grecia? Taglio draconiano del valore dei titoli di Stato, deciso unilateralmente; una marea di licenziamenti nella pubblica amministrazione, riduzioni drastiche di stipendi e pensioni, vendite di beni statali, porti, aeroporti, isole, banche, infrastrutture.
Un pensiero che fa tremare, nonostante l'afa.

Borsa di luglio, il bilancio del Nord Ovest: le 18 Toro e le 23 che hanno perso valore

Carlo Messina, ad Intesa Sanpaolo, quotata con più capitalizzazione
L'inizio di agosto fa tremare chi ha investito in Borsa; mentre in luglio, nonostante tutto, Piazza Affari ha tenuto. Infatti, alla fine mese scorso, il valore riconosciuto dal mercato alle 41 quotate che fanno riferimento al Nord Ovest, è risultato complessivamente di 154,972 miliardi, 1,261 miliardi in più rispetto al 29 giugno. L'aumento è conseguente all'incremento di 6,334 miliardi della capitalizzazione di 18 società e alla diminuzione di 5,073 miliardi da parte delle altre 23 quotate del Nord Ovest.
Rispetto all'ultima seduta borsistica di giugno, le società che hanno evidenziato al 31 luglio una capitalizzazione superiore sono, in ordine alfabetico: Astm (+334,27 milioni), Banca Carige (+46,12), Basicnet (+18,32), Cir (+22,96), Cnh Industrial (+1.238,3), Cofide (+27,18), Cover 50 (+1,28), Erg (+63,77), Fidia (+1,16), Gedi Gruppo Editoriale (+5,95), Intesa Sanpaolo (+3.408,9), Iren (+292,15), Italgas (+173,6), Juventus (+215,67), Sias (+489,24), Tecnoinvestimenti (+6,99), Ubi Banca (+286,66), Vittoria Assicurazioni (+1,73).
Invece, hanno chiuso il mese con ribassi delle rispettive capitalizzazioni, sempre in ordine alfabetico: Bim-Banca Intermobiliare (-10,61 milioni), Biancamano (-0,44), Borgosesia (-0,6), Buzzi Unicem (-376,54), Cairo Communication (-19,12), Casa Damiani (-1,09), Cdr Advance Capital (-0,27), Centrale del Latte d'Italia (-1,05), Dea Capital (-3,56), Diasorin (-326,3), Exor (-346,76), Ferrari (-691,22), Fca-Fiat Chrysler Automobiles (-3.173,34), Italia Independent (-1,09), Ki Group (-2,78), M&C (-4,24), Orsero (-1,33), Pininfarina (-20,6), Prima Industrie (-2,83), Rcs MediaGroup (-18,64), Reply (-14,83), Sogefi (-55,79), Visibilia Editore (-0,42).
La classifica delle quotate del Nord Ovest per i rispettivi valori attribuiti dalla Borsa al 31 luglio è pubblicata in fondo all'home page (tra parentesi la posizione al 29 giugno).
Le quotate che hanno migliorato la loro posizione in graduatoria sono: Astm (dal posto n.14 al 13), Banca Carige (da 20 a 19), Cdr Advance Capital (da 38 a 37), Cnh Industrial (da 5 a 4), Gedi Gruppo Editoriale (da 28 a 27), Italgas (da 9 a 8), M&C (da 31 a 30), Tecnoinvestimenti (da 25 a 24), Ubi Banca (da 9 a 7).
Al contrario ha perso posti in classifica: Basicnet (da 25 a 26), Cairo Communication (da 19 a 20), Casa Damiani (da 30 a 31), Cir (da 16 a 17), Exor (da 4 a 5), Ki Group (da 37 a 39), Pininfarina (da 27 a 28), Reply (da 13 a 14), Sogefi (da 23 a 25).

Al Fisco 198,5 miliardi nei primi sei mesi Dall'Iva il 2% in più e dai giochi il 7,3%

Giovanni Tria, ministro dell'Economia e delle Finanze
Un'illusione. Le prime righe dell'ultimo comunicato stampa del ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef), diramato lunedì scorso, riportano che le entrate tributarie erariali, accertate in base al criterio della competenza giuridica, nel primo semestre di quest'anno sono ammontate a 198,515 miliardi di euro, “segnando un decremento di 6,406 miliardi rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (-3,1%)”. Quasi incredibile.
Infatti, il calo degli incassi fiscali risulta solo per una sfasatura temporale, come avverte subito il Mef precisando che “la diminuzione del gettito è stata influenzata dallo slittamento del versamento delle imposte in autoliquidazione al mese di luglio e dallo spostamento del versamento dell'acconto dell'imposta sulle assicurazioni da maggio a novembre”.
Al netto di questi fattori, le entrate tributarie erariali sono aumentate del 2,6%. Come volevasi dimostrare. La voracità del fisco continua, cresce progressivamente e inesorabilmente, come la spesa pubblica; mentre i tagli, tanto promessi, restano sulla carta e nei discorsi di qualche politico. Vengono ridotti, sempre più, soltanto gli investimenti produttivi e infastrutturali, non gli sprechi né i costi correnti.
Comunque, tornando al consuntivo del primo semestre, le imposte dirette sono risultate pari a 102,950 miliardi (-6,9%) e le indirette a 95,565 miliardi (+1,3%). In particolare, dall'Irpef sono derivati 88,387 miliardi (-0,4%) e 3,272 dall'Ires (-67,8%, a causa dello slittamento del versamento dell'imposta a luglio).
L'Iva ha reso 57,305 miliardi (+2%), l'accisa sui prodotti energetici 11,342 miliardi (-1%), quella sull'energia elettrica 1,414 (9,1%) e 1,787 quella sul gas naturale per combustione (+3,7%). A 5,168 miliardi (+0,4%) è ammontata l'imposta sul consumo dei tabacchi. L'imposta di registro ha portato nelle casse statali 2,544 miliardi (+13,7%)
Irrefrenabile l'aumento degli introiti generati dai giochi: dall'inizio di gennaio alla fine di giugno, il lotto ha fatto incassare 3,787 miliardi (+6,2%), le slot machines 3,037 miliardi (+5,6%) e le altre attività legate alle scommesse 146 milioni (+16,8%). In totale, i giochi hanno portato al “banco” (lo Stato) 7,352 miliardi, mezzo miliardo in più rispetto al primo semestre 2017 (+7,3%).
I canoni di abbonamento tv e radio sono stati pari a 820 milioni (+7,6%) e le tasse automobilistiche a 345 milioni (+5,5%).

Aumentate le imprese di giovani under 35 ma nel Nord Ovest meno del resto d'Italia

Giorgia Garola, presidente
Gruppo Giovani Confindustria Piemonte
I giovani delle tre regioni del Nord Ovest hanno una vocazione imprenditoriale inferiore alla media nazionale. Lo si deduce dal confronto dei dati appena pubblicati da Unioncamere e Infocamere, aggiornati al 30 giugno. Infatti, alla fine del primo semestre di quest'anno, le imprese attive di giovani con meno di 35 anni (under 35) iscritte sono risultate 37.921 in Piemonte, pari all'8,7% di tutte le aziende iscritte alle locali Camere di commercio, 12.790 in Liguria (7,8%) e 1.074 in Valle d'Aosta (8,7%).
Le quote di tutte le tre regioni sono inferiori alla media nazionale, che è del 9,05% (551.761 le imprese di under 35 sul totale delle 6.0994.624 registrate dalle Camere di commercio nel nostro Paese).
Per densità di imprese di giovanili – sono definite così quelle che hanno una prevalenza di under 35 in posizioni di comando e o nella compagine societaria – il Piemonte e la Valle d'Aosta si trovano entrambe al decimo posto nella classfica nazionale, la Liguria addirittura al quindicesimo. In testa, invece, spiccano la Calabria (12,8%), la Campania (12,6%) e la Sicilia (11,8%); mentre la graduatoria si chiude le Marche (7,6%) e il Veneto (7,1%).
Comunque, tra l'inizio di aprile e la fine di giugno, le nuove imprese giovanili che si sono iscritte alle Camere di commercio sono state 1.882 in Piemonte, 683 in Liguria e 53 in Valle d'Aosta, numeri quasi pari al 30% delle nuove iscrizioni complessive, una media di poco inferiore al 30,8% dell'intera Italia (28.659 le nuove imprese di under 35 sul totale delle 92.631 nuove iscrizioni).
Nel secondo trimestre di quest'anno, le imprese di under 35 sono diventate 1.113 in più in Piemonte, 444 in più in Liguria e 33 in più in Valle d'Aosta. Complessivamente, il Nord Ovest si è arricchito di 1.590 imprese giovanili tra il primo giorno di aprile e l'ultimo di giugno. Comunque, non poco, considerando che tutte le tre regioni insieme, nel secondo trimestre, hanno avuto un saldo attivo di 2.228 imprese di ogni genere, tra le 8.812 che hanno avviato l'attività e le 6.584 che l'hanno cessata.
Nel secondo semestre, in Piemonte sono nate 6.305 imprese e hanno chiuso i battenti 4.945; in Liguria, le nuove iscrizioni alle Camere di commercio sono state 2.327 e 1.525 le cancellazioni dai registri; in Valle d'Aosta, rispettivamente, 180 e 114.
Delle 433.865 imprese iscritte alle Camere di commercio al 30 giugno in Piemonte, quelle “rosa”, cioè a prevalenza femminile, erano 97.145 (10.751 under 35); in Liguria il totale era di 163.017, delle quali 36.075 femminili (3.553 under 35) e in Valle d'Aosta 12.414, delle quali 2.909 femminili e, in particolare, 304 rosa under 35.