Le ragioni del boom dei depositi bancari superata quota 1.481 miliardi a fine giugno

Antonio Patuelli, presidente Abi
Tra i piccoli risparmiatori cresce la fifa. Abbandonano i titoli di Stato, di obbligazioni bancarie non ne vogliono neppur sentire parlare, la Borsa è più rischiosa che mai e così tornano a mettere quei pochi soldi che restano sul conto corrente, nonostante il rendimento nullo. Lì almeno fino a centomila euro sono al sicuro, anche se la banca va in fallimento: il rimborso del capitale versato è assicurato, per legge.
Si spiega anche così il nuovo record dei depositi bancari, che al 30 giugno hanno toccato la vetta dei 1.481,395 miliardi di euro, ancora il 6,3% in più rispetto alla stessa data dell'anno scorso. Rispetto a due anni fa l'incremento è di 145 miliardi. Che non sono risparmi nuovi, ma, trasferimenti da forme di investimento ad accantonamenti di sicurezza.
Fra l'altro, sempre negli ultimi due anni, il totale delle obbligazioni bancarie in essere è sceso di 110 miliardi, crollando a 225 miliardi. Rispetto al 30 giugno dell'anno scorso, la diminuzione è stata del 18,34%.
Quanto ai titoli di Stato, l'abbandono è meno forte; ma è destinato ad accelerare e comunque si fa sentire, tanto che i loro rendimenti hanno ripreso a salire. D'altra parte, venendo meno il salvagente della Bce di Mario Draghi e della Banca d'Italia, che hanno comprato una montagna di Btp; riducendosi progressivamente gli acquisti da parte delle Banche italiane a causa di norme che li penalizzano e da parte degli investitori istituzionali stranieri preoccupati della nuova situazione politica del Bel Paese, cresce la diffidenza dei risparmiatori sulle possibilità di pagamento degli interessi e di restituzione del capitale alla scadenza.
Anche perché il debito pubblico continua a salire, nonostante tutte le promesse di contenimento e di riduzione, così che, quasi ogni mese, si deve registrare un nuovo primato (2.327,4 miliardi al 31 maggio, 83 miliardi più di due anni prima).
Più debito, più interessi da pagare, più soldi da restituire, più sottoscrittori nuovi da trovare per continuare a finanziare la spesa pubblica irrefrenabile e per rimborsare i prestiti ricevuti. Ecco, perciò, la necessità di aumentare i rendimenti delle emissioni. Come sta avvenendo. Con la conferma della Banca d'Italia, la quale ha appena scritto che “in giugno, i rendimenti a scadenza lordi dei Btp guida a 10 e 30 anni sono aumentati di 56 e 33 punti base, rispettivamente al 2,74 e al 3,49%. Il rendimento del Cct guida è aumentato di 87 punti base all'1,49% e il rendimento del Ctz guida è aumentato di 65 punti base allo 0,89%”.
In maggio, le Amministrazioni pubbliche centrali hanno emesso titoli per altri 40 miliardi, 26,5 dei quali per rimborsare quelli venduti a scadenza, per cui gli altri 13,7 miliardi sono andati ad accrescere il debito. Alla fine dello stesso mese la somma dei titoli in essere delle Amministrazioni pubbliche, centrali e locali, è salita a 1.971,441 miliardi. Si trovano in circolazioni Btp per 1.403,8 miliardi, Btp indicizzati per 218,7, Cct per 133,1, Bot per 112,7 e, fra l'altro, Ctz per 43,6 miliardi.