Come
ridurre, quindi, l’impatto energetico del raffrescamento degli
edifici? Una proposta arriva da un gruppo di studiosi del Politecnico
di Torino e dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, che ha
studiato un dispositivo capace di generare un effetto di
raffrescamento senza l’utilizzo di energia elettrica.
Come
nei dispositivi tradizionali, anche questa nuova tecnologia
diminuisce la temperatura di un ambiente sfruttando l’evaporazione
di un liquido. Tuttavia, la chiave della nuova soluzione proposta dai
ricercatori torinesi è quella di usare semplice acqua e comune sale,
invece di composti chimici potenzialmente dannosi per l’ambiente.
L’impatto ambientale del nuovo dispositivo è ridotto anche perché
basato su fenomeni passivi,
ossia processi spontanei come la capillarità o l’evaporazione,
invece che su pompe e compressori che necessitano di energia e
manutenzione.
Matteo
Alberghini, dottorando del Dipartimento Energia del Politecnico di
Torino e primo autore della ricerca spiega: “Far
evaporare acqua per ottenere una sensazione di fresco è una
soluzione nota da millenni, come il sudore che evapora sulla pelle
per raffrescarci o un fazzoletto imbevuto appoggiato sulla fronte
nelle giornate più calde. La nostra idea permette di ingegnerizzare
questa tecnologia, massimizzandone l’effetto e rendendola possibile
in qualsiasi condizione ambientale. Anziché essere esposta all’aria,
l’acqua pura bagna una membrana impermeabile che la separa da una
soluzione di acqua e sale ad alta concentrazione. La membrana può
essere immaginata come un setaccio con maglie grandi un milionesimo
di metro: grazie alle sue proprietà idrorepellenti, questa membrana
non viene attraversata dall’acqua liquida ma solo dal vapore”.
“ In
questo modo – aggiunge Albergini - l’acqua dolce e salata non si
mescolano, mentre il vapore d’acqua è libero di passare da una
parte all’altra della membrana. In particolare, la differente
salinità nei due liquidi consente all’acqua pura di evaporare più
velocemente di quella salata. Questo meccanismo raffredda l’acqua
pura e può essere amplificato grazie alla presenza di diversi stadi
evaporativi. L’acqua salata tenderà gradualmente a “raddolcirsi”
nel tempo e dunque l’effetto raffrescante ad attenuarsi; tuttavia,
la differenza di salinità tra le due soluzioni può essere
continuamente - e in modo sostenibile – ristabilita, tramite
l’energia solare, come peraltro dimostrato in un nostro recente
studio”.
La
caratteristica vincente del dispositivo ideato al Politecnico di
Torino risiede nella sua progettazione: queste unità refrigeranti,
spesse qualche centimetro ciascuna, possono funzionare autonomamente,
oppure essere disposte in serie, come accade con le comuni batterie,
impilandole per aumentare l’effetto di raffrescamento.
In
questo modo è possibile calibrarne la potenza in base alle singole
esigenze, raggiungendo capacità di raffrescamento confrontabili a
quelle tipicamente necessarie per gli usi domestici. Inoltre, l’acqua
non ha bisogno di pompe per essere movimentata all’interno del
dispositivo, ma si “sposta” in modo spontaneo grazie all’effetto
capillare di alcuni componenti che, così come la carta da cucina,
sono capaci di assorbire e trasportare l’acqua anche contro la
forza di gravità.
Il
potenziale basso costo di produzione – appena qualche euro per
ciascuno stadio – e la semplicità dell’assemblaggio renderebbero
il dispositivo ideale per essere installato in zone rurali, dove la
scarsa presenza di tecnici specializzati può rendere difficoltosa
l’installazione e la manutenzione dei sistemi tradizionali.
Interessanti ricadute potrebbero anche aversi in regioni ricche di
acque ad alta concentrazione salina, come ad esempio quelle costiere,
nelle vicinanze di grossi impianti di dissalazione oppure in
prossimità di saline.
Ad
ora, la tecnologia non è ancora pronta per una immediata
commercializzazione. Tuttavia, ulteriori sviluppi (anche soggetti a
futuri finanziamenti o collaborazioni industriali) sono possibili. In
prospettiva, tale tecnologia potrebbe affiancare gli impianti già
esistenti alleggerendo il loro carico di lavoro e, così, ridurre il
consumo energetico a parità di effetto raffrescante.