Occupazione, consumi, fatturato: sono
tutti pesantemente negativi gli indicatori del commercio e del
turismo a un anno dall’inizio della pandemia nell’analisi
dell’ufficio studi di Confesercenti. Anche in Piemonte, salvo
eccezioni, si confermano i settori più colpiti. “Abbiamo voluto -
spiega Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Torino –
fare un bilancio, come in questo mesto anniversario si sta facendo a
livello sanitario. Non perché l’àmbito aziendale e quello della
salute pubblica siano paragonabili, ma per sottolineare il fatto che
la crisi economica sta aggiungendo problemi a problemi e rischia di
rivelarsi una ‘bomba sociale’ pronta a esplodere”.
Nonostante il blocco dei licenziamenti, negli ultimi dodici mesi la pandemia ha ‘licenziato’ soprattutto gli indipendenti: in Piemonte oltre 12.000 fra titolari e collaboratori/coadiuvanti. Questo numero rappresenta circa la metà della riduzione dell’occupazione in Piemonte e il 25% erano imprese con dipendenti. Anche per loro le difficoltà sono evidenti: commercio e turismo da soli hanno assorbito, in questo ultimo anno, quasi il 60% delle ore di cassa integrazione sul totale di quella concessa in Piemonte (circa il 35% per il commercio e circa il 25% il turismo).
Per commercio e turismo, nel periodo febbraio 2020 - gennaio 2021, si è registrata una perdita di spesa complessiva di 10 miliardi rispetto agli stessi mesi del 2019, dovuta sia alle chiusure forzate delle attività, sia al perdurante smart working, sia al timore del futuro che induce i piemontesi a limitare gli acquisti. Dal panel di aziende monitorato da Confesercenti, che costituisce un attendibile campione dell’universo piemontese, si rileva un calo di fatturato medio fra il 35 e il 40%, con punte molto più alte nel settore del turismo: -70% per gli alberghi, campeggi e rifugi alpini, -60% per bar e ristoranti, -80% per bus turistici e noleggi con conducente, -90% per guide, agenzie di viaggio e animatori turistici. E poi -30% nel dettaglio non alimentare (sia negozi, sia mercati), con il settore abbigliamento e calzature in particolare sofferenza (-40%). Vendite in calo
anche nella distribuzione carburanti (-30%).
E' il settore alimentare, che registra un incremento del 10-15% e un ritorno dei consumatori al negozio di vicinato, una delle poche note positive in una situazione assai critica. Un altro settore che vanta risultati positivi è quello delle librerie: dopo anni di calo, dall’inizio del lockdown e sino a ora, ha registrato incrementi nelle vendite che si possono valutare nel 20% in media. Quanto agli agenti di commercio, che in gran parte hanno seguito l’andamento dei settori in cui operano, a fronte di un calo medio del 30% delle provvigioni, si registrano punte positive del 15-20% nell’alimentare, ma anche vistosi decrementi nell’abbigliamento (-50%), nell’Horeca (pubblici esercizi e accoglienza: -65%), per non parlare del disastroso -90% nel turismo.
“La situazione delineata da queste cifre - commenta Banchieri - è drammatica; ma se non si interviene con provvedimenti finalmente efficaci e sostanziosi, il 2021 rischia di essere ancora peggiore. Finora le imprese in qualche modo hanno retto e hanno scommesso sulla ripresa; alcune, anzi, sono ‘reinventate’, alla scoperta di nuovi mercati e di nuove modalità di consumo; la cassa integrazione e i pur insufficienti ristori hanno in parte mitigato l’emergenza. Tuttavia, la resistenza delle imprese è al limite: o cambia davvero qualcosa o il 2021 sarà l’anno della resa”.
Nonostante il blocco dei licenziamenti, negli ultimi dodici mesi la pandemia ha ‘licenziato’ soprattutto gli indipendenti: in Piemonte oltre 12.000 fra titolari e collaboratori/coadiuvanti. Questo numero rappresenta circa la metà della riduzione dell’occupazione in Piemonte e il 25% erano imprese con dipendenti. Anche per loro le difficoltà sono evidenti: commercio e turismo da soli hanno assorbito, in questo ultimo anno, quasi il 60% delle ore di cassa integrazione sul totale di quella concessa in Piemonte (circa il 35% per il commercio e circa il 25% il turismo).
Per commercio e turismo, nel periodo febbraio 2020 - gennaio 2021, si è registrata una perdita di spesa complessiva di 10 miliardi rispetto agli stessi mesi del 2019, dovuta sia alle chiusure forzate delle attività, sia al perdurante smart working, sia al timore del futuro che induce i piemontesi a limitare gli acquisti. Dal panel di aziende monitorato da Confesercenti, che costituisce un attendibile campione dell’universo piemontese, si rileva un calo di fatturato medio fra il 35 e il 40%, con punte molto più alte nel settore del turismo: -70% per gli alberghi, campeggi e rifugi alpini, -60% per bar e ristoranti, -80% per bus turistici e noleggi con conducente, -90% per guide, agenzie di viaggio e animatori turistici. E poi -30% nel dettaglio non alimentare (sia negozi, sia mercati), con il settore abbigliamento e calzature in particolare sofferenza (-40%). Vendite in calo
anche nella distribuzione carburanti (-30%).
E' il settore alimentare, che registra un incremento del 10-15% e un ritorno dei consumatori al negozio di vicinato, una delle poche note positive in una situazione assai critica. Un altro settore che vanta risultati positivi è quello delle librerie: dopo anni di calo, dall’inizio del lockdown e sino a ora, ha registrato incrementi nelle vendite che si possono valutare nel 20% in media. Quanto agli agenti di commercio, che in gran parte hanno seguito l’andamento dei settori in cui operano, a fronte di un calo medio del 30% delle provvigioni, si registrano punte positive del 15-20% nell’alimentare, ma anche vistosi decrementi nell’abbigliamento (-50%), nell’Horeca (pubblici esercizi e accoglienza: -65%), per non parlare del disastroso -90% nel turismo.
“La situazione delineata da queste cifre - commenta Banchieri - è drammatica; ma se non si interviene con provvedimenti finalmente efficaci e sostanziosi, il 2021 rischia di essere ancora peggiore. Finora le imprese in qualche modo hanno retto e hanno scommesso sulla ripresa; alcune, anzi, sono ‘reinventate’, alla scoperta di nuovi mercati e di nuove modalità di consumo; la cassa integrazione e i pur insufficienti ristori hanno in parte mitigato l’emergenza. Tuttavia, la resistenza delle imprese è al limite: o cambia davvero qualcosa o il 2021 sarà l’anno della resa”.