La strage bancaria

Dalla "foresta pietrificata", come fu definito il sistema bancario italiano, un paio di decenni fa, da Giuliano Amato, alla grande deforestazione, preannunciata recentemente da Antonio Patuelli, il presidente dell'Abi, il quale ha profetizzato che, alla fine del 2017, nel nostro Paese si conteranno poco più di cento soggetti creditizi, tra gruppi e istituti indipendenti. A fronte del 604 attivi al 31 dicembre 2016 e ai 788 alla stessa data del 2009, quando risultavano aperti oltre 34.000 sportelli (5.000 in più rispetto a sette anni dopo) e i bancari erano ancora 330.512, cioè 31.000 più che all'inizio del 2017. Un taglio radicale.
Con tante banche sono destinati a sparire, nei prossimi mesi, altri sportelli e altri posti di lavoro, alle casse come nei back office. La ristrutturazione è epocale.
Diverse sono le cause di questo fenomeno, a partire dalla gravissima crisi economica incominciata a cavallo del 2007-2008 e non ancora finita, almeno nel nostro Paese. Fra l'altro, la redditività del settore, che dieci anni fa era pari al 10% del capitale, è scesa quasi a zero, quando non è finita sotto lo zero (naturalmente questa è la media, perché varie banche, big, medie e piccole, hanno chiuso bilanci in utile, a conferma che determinante non è la dimensione dell'impresa, ma la qualità della gestione). Sono cambiati i comportamenti della clientela, che sempre più utilizza la banca via Internet. Inoltre, è cresciuta considerevolmente la concorrenza di operatori diversi da quelli tradizionali.
Ad accelerare il drastico ridimensionamento della struttura bancaria nazionale, comunque, sono anche le autorità di vigilanza, monetarie e di regolamentazione, le cui direttive e i cui obblighi rendono progressivamente più difficile l'attività degli istituti creditizi. Dalle 14.200 norme specifiche vigenti nel 2011 si è saliti oltre 51.000. E nel solo primo semestre 2016, le banche italiane sono state chiamate a 630 nuovi adempimenti, cinque per ogni giorno feriale.
Non solo: le banche sono state e continuano a essere costrette a forti rafforzamenti patrimoniali, ingenti accantonamenti, aumenti di liquidità, riduzioni dei rischi e della leva finanziaria, per non parlare delle enormi svalutazioni dei crediti e del passaggio di una marea di esposizioni a sofferenze o incagli. Operazioni non sempre giustificabili e con conseguenze spesso gravemente dannose, non soltanto per gli azionisti e gli obbligazionisti, ma anche per i clienti - imprese e famiglie - che si vedono negare presti e mutui, finanziamenti per gli investimenti. A volte, se la forma prevale sulla sostanza, la burocrazia sul buon senso, gli effetti possono essere deleteri e persino economicamente fatali.
La "deforestazione", comunque, viene attuata con diverse modalità, che vanno dalle fusioni alle incorporazioni, alle acquisizioni, alle aggregazioni. Magari, i marchi, quellistorici in particolare, per un po' vengono mantenuti; ma le autonomie spariscono e con esse tante società. Prevalentemente nel comparto delle Bcc, le banche di credito cooperativo (334 al 31 dicembre 2016, già 31 meno rispetto alla stessa data del 2015), oltre che in quello delle Casse di risparmio.
Certo, la ristrutturazione del sistema bancario italiano è ineludibile, come è avvenuto altrove e in molti altri settori diversi dal creditizio; però, questo fenomeno è provocato anche dall'inadeguatezza e dall'incapacità di non pochi amministratori e manager, alcuni dei quali accusati di reati gravi. In ogni caso, sarebbe un errore credere che il futuro del settore sia soltanto dei colossi e delle banche grandi. Nell'industria bancaria, come in altri campi, non sono le economie ad assicurare redditività, competitività e sviluppo.
Tornado ai numeri, alla fine del 2016, nel  Nord Ovest avevano sede 34 banche, dotate di 3.281 sportelli, 107 meno che  a fine 2015. In particolare, il Piemonte aveva 29 banche -18 spa e 9 Bcc - e 2.364 sportelli (2.451 a fine 2015), la Liguria 4 banche e 822 sportelli (841 un anno prima), La Valle d'Aosta una banca (Bcc) e 95 sportelli, avendo registrato una sola chiusura nei 12 mesi precedenti.