Crescita zero in Piemonte, per il
sistema imprenditoriale. E poco più di zero in Liguria. E' il
quadro che emerge dal censimento 2017 fatto da Unioncamere, l'unione
nazionale delle Camere di commercio, che tengono il registro
anagrafico delle aziende.
L'anno scorso, in Piemonte, sono nate
25.011 imprese (quasi 1.500 meno che nel 2016) e 25.976 sono quelle
che hanno chiuso i battenti (26.966 l'anno precedente). Perciò, nel
2017, il sistema produttivo piemontese si è impoverito di 965
imprese, dopo le 519 perse nel 2016. Al 31 dicembre scorso, pertanto,
sono risultate 436.043 le aziende iscritte ai Registri delle Camere
di commercio piemontesi.
Meno peggiore la situazione della
Liguria, che a fine 2017 ha contato 162.949 imprese in attività, 356
in più rispetto a 12 mesi prima. L'anno scorso, in Liguria sono nate
9.134 aziende (9.220 nel 2016) e ne sono scomparse 8.778 (8.943). Il
tasso di crescita è risultato dello 0,22%, comunque inferiore allo
0,75% che costituisce la media nazionale. Per il Piemonte, però, il
tasso è stato addirittura negativo (-0,22% dopo il meno 0,12%
dell'anno precedente).
Delle province liguri, è la Spezia a
presentare il tasso di crescita più alto: 1,07%. Lì, nel 2017, sono
nate 1.356 imprese (1.386 nel 2016) e ne sono morte 1.136 (1.287). Il
sistema si è arricchito di 220 aziende. Al secondo posto regionale
si è piazzata la provincia di Imperia, con il tasso di crescita
dello 0,21%: 1.467 le nuove iscrizioni all'anagrafe camerale (1.458
nel 2016), a fronte delle 1.412 cancellazioni (1.406).
In provincia di Genova sono sorte 4.542
nuove società (4.591 nel 2016), mentre sono state 4.424 quelle che
hanno cessato l'attività (4.407). Saldo positivo di 118 imprese,
tasso di crescita delle 0,14% (0,21% l'anno prima). In rosso, invece,
Savona, dove il sistema si è impoverito di 37 imprese: 1.769 quelle
nate (1.785 nel 2016) e 1.806 quelle venute meno (1.843).
Quanto al Piemonte, il Corriere di
Torino, edizione locale del prestigioso Corriere della Sera guidata
da Umberto La Rocca, già direttore del Secolo XIX, ha evidenziato
che a crisi di vocazioni dell'impresa, anche a Torino. Nel 2017, sono
state 13.753 le aziende nate nella provincia della Mole, ancora 136
meno che nel 2016. E lo sconforto aumenta se si considera che, l'anno
scorso, sono state 13.518 le imprese torinesi che hanno chiuso i
battenti (13.732 nel 2016).
Il saldo 2017 tra aperture e chiusure è
positivo per sole 235 imprese, per cui il tasso di crescita del
sistema produttivo torinese è risultato dello 0,11%, ben inferiore
allo 0,75% dell'intera Italia, corrispondente a 45.710 imprese,
differenza tra le 356.875 neonate e le 311.165 scomparse.
In Piemonte, unicamente la provincia di
Novara ha avuto un tasso di crescita superiore a quello di Torino
(0,41%). Tutte le altre province hanno evidenziato più chiusure che
nascite.
Addirittura, Cuneo, Biella e
Alessandria hanno denunciato le perdite più elevate del Paese,
costituendo la coda della graduatoria nazionale. Il Cuneese ha
terminato il 2017 con 566 imprese in meno rispetto a dodici mesi
prima (3.447 le nuove iscrizioni alla Camera di Commercio a fronte
delle 4.013 cancellazioni), il Biellese con 154 (rispettivamente 809
e 963) e l'Alessandrino con 402 (2.182 contro 2.584).
La provincia di Alessandria ha fatto
segnare il record nazionale negativo.
A Torino e in Piemonte lo spirito
d'iniziativa langue, come in diverse altre parti del Paese. Da dieci
anni, il numero delle nuove imprese continua a calare. Nel 2007,
l'Unioncamere, l'Unione nazionale delle Camere di commercio aveva
censito oltre 436.000 nascite aziendali in tutta l'Italia, quasi
80.000 in più rispetto all'anno scorso.
“Le ragioni del fenomeno sono diverse
– ha scritto il Corriere di Torino - Una delle cause principali è
la burocrazia, che pone mille ostacoli, di ogni genere; tanto da far
finire l'Italia tra i Paesi dove è più difficile avviare
un'attività e fare impresa. Inoltre, il fisco è tra i più
penalizzanti, per altro senza che l'eccessiva tassazione sia
compensata da strutture e servizi adeguati. E non si può
sottovalutare la lunga e gravissima crisi economica, che ha minato la
fiducia nel futuro, essenziale per lo spirito imprenditoriale”.
Il Corriere di Torino, infine, ha
commentato che “La mancata crescita, quando non la diminuzione
delle imprese, comunque, diventa ancora più significativa
considerando la quota sempre maggiore di aziende costituite dagli
immigrati e la quantità di giovani che provano a fare impresa solo
perché non hanno trovato lavoro”.
Luigi Buzzi, presidente Confindustria Alessandria |