L'ultima Lancia, la Ypsilon, è fabbricata in Polonia e venduta esclusivamente in Italia, come si può leggere nella rubrica Punzecchiature, qui a fianco. Sotto, invece, l'articolo di Gustavo Mola di Nomaglio sulla storia di Vincenzo Lancia e della famiglia Lancia, dalle origini.
di Gustavo Mola
di Nomaglio
Vincenzo Lancia |
I Lancia sono originari di Fobello -un centro montano,
agricolo e turistico, dell’alta Val Mastallone, in Valsesia- in cui
si conservano loro memorie assai antiche. Un Antonio Lancia
partecipava nel 1703 al consiglio generale dei capi di casa
valsesiani. Lo storico Eugenio Manni, nei suoi studi sui paesi della
Valsesia, menziona la famiglia tra le principali fobellesi,
sottolineando che essa diede nei secoli numerosi sacerdoti (tra i
quali almeno un parroco del paese, il teologo Giuseppe Maria, che
resse la parrocchia dal 1816 al 1840) e recentemente altri personaggi
notevoli a livello locale, come Giovanni, autore di un “Dizionario
toponomastico della Valsesia”.
L’impegno dei Lancia nel mondo degli affari ha le sue
radici nei primi decenni dell’Ottocento, con la nascita, nel 1822,
di Giuseppe, figlio di Vincenzo.
Verso la prima metà del secolo, Giuseppe si trasferisce
a Torino, dove inizia un’attività industriale e commerciale
destinata a grandi successi, nella quale è affiancato da un
fratello, che appare però come una figura secondaria.
Sempre nell’Ottocento si stabiliscono a Torino anche
altri Lancia, certamente parenti di Giuseppe, anche se occorrerebbero
puntuali ricerche d’archivio per stabilire l’esatto legame tra di
loro. Tra questi un altro Vincenzo, proprietario dell’immobile di
via S.Massimo 42 (poi lasciato in eredità al figlio Geremia), morto
settantacinquenne a Torino il 5 marzo 1900 e sepolto a Fobello (come
si apprende dal suo atto di morte conservato presso la parrocchia di
San Massimo di Torino).
Poco dopo essersi stabilito nella capitale, Giuseppe si
fa notare come inventore: nel 1850 viene premiata all’Esposizione
di Torino una sua macchina per lavorare la carne, che avrà notevole
diffusione, soprattutto in Francia. Da questo momento diviene, sia
come inventore, sia come industriale un precursore nel campo
dell’industria conserviera, che garantiva in quegli anni ritmi di
crescita e guadagni straordinari, al punto che nell’autorevole
“Dictionnaire du commerce et des marchandises” edito nel 1837
(vol. I, 649) si dice che l’ancora limitato sviluppo dell’industria
conserviera poteva rappresentare per i capitalisti “un commerce des
plus sûrs” e un’opportunità per “doubler leurs capitaux en
peu de temps”.
Le prime conserve alimentari apparvero in Piemonte al
tempo della guerra di Crimea. Furono proprio i fratelli Lancia a
preparare, secondo il metodo Appert (dal decano dei precursori nella
tecnica di conservazione dei cibi, il francese Nicolas François
Appert) ,modificato sostituendo al bagno-maria l’uso del vapore, le
scatole di lesso di bue, destinate a rivelarsi di enorme utilità in
Crimea per le truppe piemontesi e ad incontrare anche il favore
dell’esercito inglese che ne ordinò grandi quantità, per un
valore di alcune centinaia di migliaia di Lire (Raimondo Luraghi,
Agricoltura, industria e commercio in Piemonte
dal 1848 al 1861, Torino, 1967, p. 164).
Le innovazioni apportate al metodo Appert per la
preparazione delle conserve valsero ai Lancia una medaglia d’argento
nella grande esposizione svoltasi a Torino nel 1858 (Relazione
dei Giurati e Giudizio della R. Camera di Agricoltura e di Commercio
sull’Esposizione Nazionale del 1858 in Torino,
Torino, 1860, p. 331).
Da questo momento Giuseppe fece registrare vari brevetti
nel campo della conservazione alimentare. Ne1 1856 brevettò una
macchina per la cottura delle carni a vapore con caldaie a doppio
corpo e un apparecchio di nuova concezione per insaccare ad azione
continua; nel 1868 un sistema per la conservazione, con particolari
frigoriferi, di carne e pesce; nel 1881 una caldaia rotativa
destinata ad essere utilizzata in stabilimenti militari.
Contemporaneamente viaggiò molto in Europa e in America Latina, dove
investì parte dei suoi profitti in una fabbrica per la produzione di
carne in scatola a Buenos Aires. Nel 1873 costituì una società per
l’approvvigionamento di carni cotte al comune di Milano, qualche
anno dopo fornì oltre un milione di scatole di carne al governo
spagnolo; dal 1877 al 1899 fu uno dei fornitori di riferimento
dell’esercito italiano.
Nel 1891 pubblicò un “Manuale del Macellaio e del
Pizzicagnolo”, anche con lo scopo di diffondere le sue macchine.
Tra le sue produzioni figura anche un “brodo in dadi”, “il
brodo Lancia”, che secondo Enrico Gianeri (Storia
di Torino industriale, Torino, s.a., p. 148)
ebbe momenti di grande successo. Nel 1860 poté anche fregiarsi della
qualifica di “Fornitore della Real Casa” in quanto “Provveditore
del principe Eugenio di Carignano”.
Nel tardo Ottocento, Giuseppe acquistò, per farne la
propria abitazione, il palazzo che sorge in corso Vittorio Emanuele
9, con ingresso secondario in via Ormea 2. Qui, Vincenzo, venuto al
mondo il 24 agosto 1881 a Fobello, terzo dei quattro figli nati dal
matrimonio del padre con Marianna Orgiazzi, andò incontro al proprio
destino in modo del tutto fortuito, come spesso accade. Nello stabile
di corso Vittorio c’era un negozio sempre sfitto che, a quanto
pare, Lancia aveva poca voglia di affittare. Un bel giorno, però, si
fece convincere a darlo in uso a Giovanni Ceirano, costruttore di
biciclette e, soprattutto, pioniere dell’automobilismo.
Vincenzo Lancia alla Targa Florio |
Vincenzo poco attratto dagli studi scolastici ma molto
dalla meccanica e dai motori convinse il padre, non senza fatica, a
fargli abbandonare gli studi e si fece assumere da Ceirano,
contabile, ufficialmente, appassionato di meccanica in realtà, con
un maestro in questo campo d’eccezione, il progettista Aristide
Faccioli. In breve tempo si trasformò, in effetti, in un meccanico
di eccezionale competenza.
Quando Giovanni Agnelli comprò, sul finire
dell’Ottocento, la Ceirano, Vincenzo Lancia, che era ormai anche un
pilota provetto, divenne, appena ventenne, capo collaudatore della
Fiat. Quando iniziò la stagione dell’automobilismo sportivo egli
fu, correndo su automobili Fiat, uno dei più grandi assi del volante
del suo tempo, distinguendosi per una temerarietà senza limiti.
Nel 1906 fondò la fabbrica di automobili destinata a
costituire il momento culminante dell’avventura imprenditoriale dei
Lancia e a rendere il nome della famiglia valsesiana universalmente
famoso, grazie alla produzione di vetture innovative e di altissimo
livello qualitativo.
VincenzoLancia si distinse non soltanto per le sue
capacità di tecnico e imprenditore, ma anche per un’articolata
opera a beneficio del suo paese d’origine (che comprese, tra
l’altro, elargizioni benefiche e la costruzione, completamente a
sue spese, di alcune strade carrozzabili) e a favore dei propri
dipendenti (ad esempio con la realizzazione del Dopolavoro Lancia).
Quando morì, il 15 febbraio 1937, per un attacco
cardiaco, la stampa mondiale registrò la notizia con ampi servizi.
Ne “La Stampa” del 16 febbraio si legge che i giornali inglesi in
particolare gli dedicarono lunghe biografie, qualcuno dichiarando che
fu “uno dei più grandi geni dell’industria automobilistica del
mondo intero”.
Tra i molti cenni biografici che lo riguardano merita di
essere ricordato almeno quello scritto da Salvator Gotta: Lancia,
pioniere dell’automobilismo (in: <<Le
vie d’Italia>>, a. XLIII, 1937, pp. 228-235) mentre ampie
notizie sull’azienda, sin dal suo nascere, sono raccolte nel volume
di Franco Amatori, e altri, Storia della
Lancia. Impresa Tecnologie Mercati, 1906-1969
(Milano, 1992).
Innumerevoli persone di ogni ceto sociale resero omaggio
alla sua salma “in una sala parata a lutto, con francescana
semplicità, come sempre fu caratterizzata la vita del grande
industriale torinese”, scrissero i giornali. Primo tra tutti
Giovanni Agnelli, accompagnato dal più vecchio operaio della Fiat.
Montavano la guardia in camicia nera, per rendergli omaggio e quasi a
sottolineare il suo impegno politico “i camerati dei Gruppi rionali
fascisti Maramotti e Bianchi”.
Gli stabilimenti Lancia (a Torino, Bolzano e Addis
Abeba) erano chiusi in segno di lutto ma avrebbero presto ripreso le
loro produzioni e alcuni di essi in particolare avrebbero continuato
a sfornare successi e gioielli tecnologici e stilistici ancora per
parecchi decenni, garantendo così la sopravvivenza del marchio anche
dopo l’uscita dei Lancia dalla scena dell’automobilismo mondiale.