Ferrari e Intesa Sanpaolo cadono in Borsa nonostante i brillanti risultati del semestre

Avvio di agosto in retromarcia per l'indice Ftse Mib, che rappresenta le 40 principali quotate alla Borsa di Milano, e, in particolare, per la Ferrari e Intesa Sanpaolo, le due blue chip che hanno perso valore più di tutte. Infatti, oggi, 1 agosto, l'azione della Ferrari ha chiuso a 104,3 euro (-8,35% rispetto a ieri) e l'ordinaria Intesa Sanpaolo a 2,513 (-4,59%). Fra l'altro, il ribasso della Ferrari è risultato il secondo maggiore dell'intera Piazza Affari e quello di Intesa Sanpaolo è stato il nono in assoluto (l'indice Ftse Mib è sceso dell'1,91% a 21.791,45 punti).
John Elkann, neo presidente Ferrari
Con la Ferrari, presieduta da John Elkann dopo la scomparsa di Sergio Marchionne, hanno perso valore altre tre delle cinque quotate che fanno capo alla famiglia Agnelli-Elkann-Nasi: Fca-Fiat Chrysler Automobiles è calata a 14,212 euro (-2,64%), la holding Exor a 56,06 (-0,39%) e la Juventus a 0,8735 (-0,06%); mentre è ancora risalita dello 0,80% Cnh Industrial a 10.115 euro.
Il crollo borsistico della Ferrari e la caduta di Intesa Sanpaolo sono stati concomitanti con l'annuncio dei rispettivi risultati semestrali, più che positivi per entrambe le società. Dall'inizio di gennaio al 30 giugno, la Ferrari ha consegnato 4.591 suoi gioielli a quattro ruote (+5,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso), conseguendo ricavi netti per 1,737 miliardi di euro (4 milioni in meno), un margine operativo lordo di 563 milioni (+10%) e un utile netto di 309 milioni (+19%). E l'indebitamento industriale netto è risultato di 472 milioni, cifra sostanzialmente uguale a quella del 31 dicembre, nonostante l'acquisto di azioni proprie per 30 milioni e la distribuzione di un dividendo di 136 milioni.
Così che è stata confermata l'aspettativa di terminare il 2018 con un indebitamento industriale netto inferiore ai 400 milioni, oltre che un margine operativo lordo superiore a 1,1 miliardi e ricavi di oltre 3,4 miliardi dopo la consegna di più di 9.000 bolidi costruiti a Maranello.
Carlo Messina,amministratore delegato Intesa Sanpaolo
Quanto a Intesa Sanpaolo, il primo semestre è risultato d'oro: fra l'altro, l'utile netto è stato di 2,179 miliardi, non soltanto superiore del 25% a quello del corrispondente periodo del 2017 ma anche il migliore dal 2008. E si arriva a 2,6 miliardi se si include la plusvalenza conseguente all'accordo con Intrum, “pertanto siamo nelle condizioni di poter affermare che l'utile netto del 2018 supererà i 3,8 miliardi del 2017” ha detto Carlo Messina, l'amministratore delegato del colosso finanziario.
Altri dati più che positivi: il risultato della gestione operativa è migliorato del 17%, con i proventi operativi netti aumentati del 6,1% (record storico) e i costi operativi calati del 3,4% (il cost/income è sceso al 49%, rapporto tra i migliori in Europa). Inoltre, lo stock dei crediti deteriorati lordi è diminuito del 24,2% rispetto al 31 dicembre e l'incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei crediti è scesa al 9,3% al lordo delle rettifiche e al 4,6% netto. Il portafoglio dei crediti deteriorati è stato ridotto di 25 miliardi. E il Cet1, indicatore della solidità patrimoniale è salito al 13,6%.
Dal quartiere generale è poi stato fatto notare che Intesa Sanpaolo è un acceleratore della crescita dell'economia reale in Italia: nel primo semestre, è stato fornito a famiglie e imprese del Paese nuovo credito per circa 25,5 miliardi, sono state riportate in bonis circa 8.000 aziende (81.000 dal 2014), preservando circa 40.000 posti di lavoro (400.000 dal 2014).
Ed è stata evidenziata anche la responsabilità sociale e culturale del Gruppo, con iniziative per la riduzione della povertà infantile, partnership a supporto delle persone bisognose per fornire 8.200 pasti al giorno, 3.000 posti letto al mese e 3.000 medicinali al mese.