Nel 2020 l'Italia ha perso 384.000 abitanti (come se fosse scomparsa Firenze) Minimo storico di nati, massimo di decessi

Al 31 dicembre 2020 i residenti in Italia sono risultati quasi 384 mila in meno rispetto all’inizio dell’anno. Lo ha comunicato l'Istat, commentando che è come se fosse sparita una città grande quanto Firenze. Gli effetti negativi prodotti dall’epidemia Covid-19 hanno amplificato la tendenza al declino di popolazione in atto dal 2015. Fra l'altro, l'Istat ha sottolineato che nel 2020 si è registrato il nuovo minimo storico di nascite dall’unità d’Italia, il massimo storico di decessi dal secondo dopoguerra e una forte riduzione dei movimenti migratori. Ed è crollato il numero dei matrimoni celebrati: 96.687 (-47,5% rispetto al 2019).
Al 31 dicembre 2020, i residenti in Italia erano 59.257.566, per la precisione 383.922 in meno rispetto all’inizio dell’anno (-0,6%). Il declino demografico avviatosi dal 2015 è stato accentuato dagli effetti che l’epidemia Covid-19. Alle conseguenze dirette del virus dovute ai decessi si sono aggiunte le ripercussioni che le misure, volte a contenere la diffusione dei contagi, hanno prodotto sulla vita delle persone. L’Italia è stata tra i primi Paesi dell’Unione europea in cui la presenza del Covid-19 si è manifestata.
Il decremento di popolazione registrato tra l’inizio e la fine dell’anno 2020 interessa in modo generalizzato tutte le ripartizioni. Tuttavia, la perdita di popolazione del Nord, soprattutto nella prima ondata, appare in tutta la sua drammatica portata. In particolare, il Nord-Ovest ha registrato una perdita dello 0,7% e il Nord-Est dello 0,4%.
Il record negativo di nascite dall’Unità d’Italia registrato nel 2019 è stato di nuovo superato nel 2020: gli iscritti in anagrafe per nascita sono stati appena 404.104, quasi 16 mila in meno rispetto al 2019 (-3,8%). La geografia delle nascite mostra un calo generalizzato in tutte le ripartizioni, più accentuato al Nord-Ovest (-4,6%) e al Sud (-4,0%). Le ragioni della denatalità vanno ricercate anche nei fattori che hanno contribuito al trend negativo dell’ultimo decennio (progressiva riduzione della popolazione in età feconda e clima di incertezza per il futuro). Il senso di sfiducia generato nel corso della prima ondata, soprattutto al Nord, può aver portato alla decisione di rinviare la scelta di avere un figlio.
Il quadro demografico del nostro Paese ha subito un profondo cambiamento a causa dell’impatto che il numero di morti da Covid-19 ha prodotto sia in termini quantitativi che geografici. Nel 2020 i decessi in totale ammontano a 746.146, il numero più alto mai registrato dal secondo dopoguerra, con un aumento di oltre 100 mila rispetto alla media 2015-2019 (+15,6%). Dall’inizio della crisi sanitaria (marzo 2020) a fine anno si è osservato un eccesso di morti del 21% rispetto alla media dello stesso periodo dell’ultimo quinquennio. I decessi Covid-19 sono stati quasi 76 mila, il 10,2% dei decessi totali a livello medio nazionale. Il Nord, con il 14,5% sul totale dei morti, registra il maggior peso percentuale, il doppio rispetto al Centro (6,8%) e al Mezzogiorno (5,2%).
Nel corso della prima ondata dell’epidemia (marzo-maggio 2020) i decessi a livello nazionale sono stati 211.750, quasi 51 mila in più rispetto alla media dello stesso periodo dei cinque anni precedenti (+31,7%). Di questi, i decessi di persone positive al Covid-19 ammontano a 34.079 (il 67%). È soprattutto la Lombardia a presentare il bilancio più pesante (+111,8%); per tutte le altre regioni del Nord, l’incremento dei morti del periodo marzo-maggio è compreso tra il 42% e il 53%. 
 A partire da ottobre, la rapida ed estesa diffusione nella stagione autunnale della seconda ondata dell’epidemia Covid-19 ha dato luogo a un nuovo drammatico incremento dei decessi rispetto ai livelli medi dell’ultimo trimestre degli anni 2015-2019. Nel periodo ottobre-dicembre 2020 si sono contati in totale 213.226 decessi (oltre 52 mila in più rispetto alla media 2015-2019), 39.927 da Covid-19. L’eccesso di mortalità nell’ultimo trimestre rispetto alla media degli anni 2015-2019 è superiore a quello della prima ondata in molte regioni del Nord: Valle d’Aosta (+63,7%), Piemonte (+53,%), Veneto (+44,4%), Friuli-Venezia Giulia (+45,6%) e Provincia autonoma di Trento (+65,4%). Al contrario in Lombardia (+37,1%), Emilia-Romagna (+25,4%), Liguria (+33,9%) e provincia autonoma di Bolzano (+39,1%) l’aumento di decessi della seconda ondata epidemica è più basso di quello di marzo-maggio.