Il Sole 24 Ore ha riportato che la Malacalza Investimenti, holding della famiglia che ha in portafoglio il 17,58% di Banca Carige (quota di riferimento), ha deciso di non svalutare la sua partecipazione nell'istituto genovese, nonostante l'abbia in carico per 263,4 milioni, corrispondenti a 1,804 euro per azione e nonostante la constatazione che al 30 dicembre 2016 il titolo Carige abbia chiuso in Borsa a 0,318 euro (adesso, la quotazione è ancora inferiore e Piazza Affari valuta il 100% della Banca intorno ai 200 milioni).
Vittorio Malacalza, il numero uno dell'omonimo gruppo, ha spiegato che non ha svalutato, nonostante tutto, perché l'investimento fatto è di lunga durata e lui crede che Carige si riprenderà, si sta lavorando per questo obiettivo e il suo valore tornerà a crescere.
Tanto di cappello: per lo spirito imprenditoriale, la coerenza, la volontà, la determinazione, la chiarezza, la tenacia, il coraggio, la resistenza. Già, perché è difficile non pensare che, nella partita per Carige, Malacalza abbia molti soggetti contro, alcuni dei quali particolarmente forti e occulti. E' difficile non pensare che qualcuno volesse e forse voglia, per Carige, una fine diversa da quella alla quale punta l'imprenditore, che ha scombussolato i piani di qualcuno.
Comunque, tornando alla decisione di Malacalza, è quantomeno doveroso fare un confronto con quello che fece il precedente azionista di riferimento di Carige, cioè l'omonima Fondazione, allora ancora in possesso di oltre il 46% del capitale della Banca. Nel maggio 2014, Fondazione Carige, presieduta da Paolo Momigliano dal 3 dicembre dell'anno prima, approva il bilancio 2013 svalutando del 92% la sua partecipazione nella banca conferitaria, riducendo il valore dell'azione da 1,35 a 0,43 euro.
Con questa scelta, suggerita da consulenti tecnici e finanziari, il principale azionista ha sostanzialmente sostenuto sia che il valore della banca era precipitato e si era quasi azzerato sia che non credeva in una ripresa della stessa.
A parte le prevedibili e inevitabili conseguenze, quella decisione della Fondazione provoca varie considerazioni e ingenera nuovi dubbi, quando non sospetti. Una considerazione è sulle differenze di mentalità e comportamenti degli amministratori di enti o società, a seconda che al vertice si trovi un imprenditore o meno. Un'altra riguarda l'utilizzo e, a volte, l'abuso di consulenti, advisor, periti. E, a questo punto, possono partire dubbi e sospetti, che vanno dalle responsabilità, alle reali capacità, fino alla correttezza, ai conflitti d'interesse, alla buona fede.
Chi assume una guida, deve essere consapevole della sua adeguatezza, dei suoi compiti e delle sue responsabilità, a prescindere dal fatto che sia profit o non profit l'oggetto della sua gestione e che il bene amministrato sia. o meno, di proprietà personale, totale o parziale, com'è la partecipazione di Malacalza in Banca Carige. Un "caso" tutto da seguire.