“Studi di settore: addio senza alcun
rimpianto, solo se con i nuovi indicatori le tasse diminuiranno”.
E' il titolo del comunicato della Cgia, la battagliera associazione
degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre, la quale aggiunge
che “i nuovi indicatori di affidabilità fiscale destinati a
sostituire gli studi di settore rappresenteranno, per molti
lavoratori autonomi e imprenditori, la fine di un incubo”.
Nella sua nota, la Cgia ricorda che
sono poco più di 3,5 milioni le partite Iva sottoposte ai 193 studi
di settore dall'Amministrazione finanziaria e che oltre il 73% è
congruo, cioè presenta ricavi coerenti a quelli previsti
dall'Agenzia delle Entrate. Nonostante questo, però, anche i
contribuenti in regola con gli studi di settore “rimangono nel
mirino del fisco, visto che ogni anno rischiano di subire un
accertamento fiscale”. Tant'è vero che, nel 2016, sono stati circa
368.500 gli accertamenti in materia di Iva, Irap e imposte dirette
nei confronti di imprese potenzialmente soggette agli studi di
settore.
Nelle tre regioni del Nord Ovest, sono
360.779 i lavoratori autonomi e piccoli imprenditori soggetti agli
studi di settore: 252.973 in Piemonte, 98.593 in Liguria e 9.213 in
Valle d'Aosta (i dati si riferiscono al 31 dicembre 2015, ma non
dovrebbero essere cambiati di molto).
In particolare, i contribuenti finora
coinvolti dagli studi di settore e destinati a passare al regime dei
nuovi indicatori di affidabilità fiscale, come previsto dalla
manovra correttiva approvata nella prima vera scorsa, sono, nelle
rispettive province: 129.527 a Torino, 51.931 a Genova, 36.664 a
Cuneo, 24.157 ad Alessandria, 20.064 a Novara, 19.613 a Savona,
13.712 a Imperia, 13.337 a La Spezia, 12.149 ad Asti, 11.131 a
Biella, 9.702 a Verbania, 9.579 a Vercelli e, appunto, 9.213 ad
Aosta.