Millecentotre miliardi di euro. A tanto
ammonta, al 31 dicembre 2017, il patrimonio netto dei fondi comuni di
intermediari italiani e stranieri operanti nel nostro Paese. Lo ha
comunicato la Banca d'Italia, precisando che è di 610 miliardi il
valore del patrimonio netto dei fondi gestiti da intermediari esteri
e di quasi 494 miliardi quello degli intermediari italiani, i quali
l'hanno aumentato di 83,4 miliardi rispetto a fine 2015, mentre è
cresciuto di 89 miliardi quello degli stranieri.
Quanto alla raccolta netta fatta dai
gestori di fondi comuni in Italia, l'anno scorso è stata pari 81,862
miliardi miliardi (circa 31,9 miliardi da parte degli intermediari e
50,6 da parte dei nazionali). Nei confronti del 2016, la raccolta
netta è più che raddoppiata (era stata di quasi 38,7 miliardi); ma
è risultata ancora inferiore di 15 miliardi rispetto ai 96,8
miliardi del 2015.
Nell'anno passato, nel nostro Paese
sono stati fatti investimenti netti per 25,1 miliardi in fondi comuni
di diritto italiano e per 25,5 miliardi in fondi di diritto estero.
A proposito ancora di fondi comuni, una
ricerca di Prometeia ha evidenziato che il 27% dei fondi comuni ha
commissioni così elevate da portare in negativo il risultato di chi
li ha sottoscritti. In altre parole: il loro costo si mangia il
rendimento. Tanti risparmiatori lo sanno da tempo e stanno alla larga
dai fondi di investimento, nonostante la piena consapevolezza che i
titoli di Stato rendono poco o nulla e le obbligazioni corporate
(banche e imprese) più o meno lo stesso; per non parlare dei
depositi sui conti correnti, decisamente a zero o sottozero.
Una via d'uscita provvisoria e
alternativa ai soldi in cassaforte o sotto il materasso sono i conti
di deposito di alcune banche non commerciali e con un buon indice di
solidità (Core tier1), che un minimo di rendimento lo danno.
Chi punta sulle cicale ne sarà
soddisfatto, il contrario chi crede sia più opportuno il
comportamento della formica. Nel 2017, in Italia, la propensione al
risparmio delle famiglie è scesa al 7,8%, il valore più basso dal
2012 e inferiore del 40% ai tassi dei primi anni del Duemila (13%
ancora a fine 2004).
Come ha certificato l'Istat, l'istituto
nazionale di statistica, infatti, l'anno scorso le famiglie del
nostro Paese hanno aumentato la spesa per consumi finali (+2,5%) in
misura superiore all'incremento del reddito disponibile (+1,7%). La
spesa delle famiglie per i loro consumi è stata di 1.039 miliardi
(26 miliardi in più rispetto al 2016), mentre è stato di 1.121,9
miliardi il totale del loro reddito disponibile lordo (19,2 miliardi
in più).
L'Istat ha aggiunto che le imposte
correnti sul reddito e sul patrimonio delle famiglie abitanti in
Italia nel 2017 sono ammontate a 209,188 miliardi, a fronte dei
206,484 del 2016 e i 203,580 del 2015. In particolare, le imposte sul
reddito delle persone fisiche sono risultate pari a 184,712 miliardi
(+1,3% sul 2016), le ritenute sugli interessi e sugli altri redditi
da capitale a 8,217 miliardi (+2,3%), le imposte sulle assicurazioni
vita e sulla previdenza complementare a 1,769 miliardi (+17,5%).
Curiosità: le imposte sulle patenti
sono state pari a 5,254 miliardi (+4,5%), sulle vincite da lotterie e
giochi a 634 milioni (+1,9%) e 814 milioni (+10,6%) quelle sulle
successioni e donazioni. Dal canone di abbonamento televisivo sono
arrivati 1,922 miliardi e dalla regolarizzazione delle attività
finanziarie e patrimoniali costituite o detenute all'estero sono
derivate entrate per 1,012 miliardi.
Pochi giorni fa, la Banca d'Italia ha
anche comunicato che il debito delle amministrazioni pubbliche
italiane al 28 febbraio 2018 è risultato di 2.286,561 miliardi di
euro, cifra sostanzialmente identica alla fine del mese precedente.
Insomma, non è aumentato, ma neppure diminuito. Cosa non positiva
comunque.
Sia pure di poco, invece, è cresciuto
il debito delle amministrazioni pubbliche locali, risultato infatti
di 88,004 miliardi, quindi superiore di 926 milioni al 31 gennaio.
Per colpa dei Comuni. I debiti dell'insieme dei municipi italiani è
risalito a 39,811 miliardi, dai 39,519 del 31 gennaio e si è
trattato del terzo aumento mensile consecutivo.
Al contrario, per il terzo mese
consecutivo è calato l'indebitamento sia delle Regioni e delle
Province autonome (dai 31,537 miliardi del 31 dicembre 2017 ai 31,313
miliardi del 289 febbraio scorso) sia delle Province e delle Città
metropolitane (da 7,319 miliardi a 7,183).