“Torino vecchia gloria aspetta il suo
Ronaldo”. E' il titolo dell'editoriale de L'Economia Nord Ovest”,
inserto settimanale del Corriere Torino, pubblicato oggi, 7 gennaio,
come ogni lunedì.
Per gentile concessione di Umberto La
Rocca, responsabile del Corriere Torino, ecco il testo integrale
dell'articolo di Rodolfo Bosio
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Molti dicono che Torino sia in declino
e nero il suo futuro. Lo sostengono portando come prove il
progressivo calo della popolazione, la continua perdita sia di
aziende che di attività e risorse, la mancanza di crescita del Pil,
del lavoro e del reddito; l'impoverimento di tante famiglie, i
confronti sempre più negativi con Milano e altre aree italiane,
l'ininfluenza politica della città a Roma e nelle capitali degli
affari, la debolezza e l'inaridimento della classe dirigente, la
diffusa riduzione della propensione imprenditoriale, l'inesistenza di
nuove personalità di riferimento e di obiettivi-bandiera e, fra
l'altro, la scarsità degli investimenti, pubblici e privati.
In effetti, le statistiche dimostrano
che la situazione di Torino è peggiore di quella del passato. Però,
proprio il riferimento al passato induce alla cautela sui giudizi, a
una visione più obiettiva e a evitare la facile caduta nel
pessimismo.
E' fuorviante paragonare la Torino di
oggi - economica, politica, sociale - con quella del passato, di
quando il capoluogo piemontese era vincente o tra i primi in tanti
campi. Quasi mai, infatti, i numeri dicono tutta la verità. Che può
essere molto diversa da come viene manifestata, soprattutto quando i
numeri si usano per i confronti. Una variazione può risultare
positiva prendendo come base di calcolo una certa data, un certo anno
e negativa se si cambia la base di riferimento.
Forse, la questione diventa più chiara
considerando Torino, la città di Torino, come una squadra blasonata,
che per tanto tempo ha dominato, dotata di grandi campioni e ottimi
giocatori, ha avuto successi in Italia e all'estero. Una squadra che,
però, a un certo punto, è uscita dal suo ciclo magico. Ha trovato
competitori più forti, più determinati, con nuovi talenti, con
presidenti più ambiziosi e generosi, con allenatori più efficaci.
Comunque, Torino non è retrocessa. C'è
chi l'ha superata e chi la batte. Ma resta in serie A e qualche
vittoria la ottiene, anche fuori casa.
La città è un po' più piccola, è
più vecchia, ma è una delle quattro principali metropoli del Paese,
ha più di centomila universitari, eccellenze internazionali in
diversi campi, alcuni grandi gruppi economici, un ampio, variegato e
solido sistema di imprese medie e piccole, non poche delle quali
giovani, attivissime, all'avanguardia, leader nel loro settore. E'
più diversificata, più normale, più vicina alla media europea.
Torino è cambiata. E i suoi “tifosi”
soffrono, come soffrono i tifosi delle squadre blasonate che non
vincono più tutto, come prima. Offuscati dalla passione, dai ricordi
delle glorie vissute, dalla visione delle difficoltà e delle
mancanze contingenti, esprimono pessimismo e preoccupazioni.
Inopportunamente. Perché non è automatico che il futuro di Torino
sia strettamente conseguente alle sue condizioni attuali, che sono
meno negative di quanto possano apparire a chi guarda solo i grandi
numeri, trascurando il valore delle imprese medie e piccole,
dell'economia non industriale, dei servizi, di singoli soggetti, di
tanti nuovi talenti.
La Torino economica di oggi non ha un
Ronaldo (tanto meno quella politica). In passato, la città ha avuto
persone fisiche e gruppi imprenditoriali da campionato del mondo. Ha
vinto molto e a lungo, anche se non se n'è mai vantata, per la sua
attitudine al profilo basso. E nulla ha fatto per trattenere tante
sue eccellenze. Perdute.
Ma la squadra-base c'è. E chi ha
fiducia può pensare che un Ronaldo possa uscire dalle giovanili o
possa arrivare da fuori.