Il coronavirus non ferma il lavoro nero business da quasi 79 miliardi di euro

In questi primi dieci giorni di chiusura imposti per decreto a moltissime imprese commerciali e artigianali, non sono mancati i controlli da parte degli enti preposti, soprattutto nei cantieri edili e nelle aziende che hanno continuato a tenere aperto. “Attività ispettive più che giustificate, ci mancherebbe– segnala Paolo Zabeo, il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre – Tuttavia, poco o nulla si continua a fare contro l’abusivismo e il lavoro nero”.
“E’ vero che, in questi giorni, una parte degli oltre tre milioni di lavoratori irregolari presenti nel nostro Paese è rimasta a casa – sostiene Zabeo - Ma è altrettanto sicuro che molti altri hanno continuato imperterriti a lavorare abusivamente, nelle abitazioni dei privati, approfittando della chiusura totale imposta agli acconciatori, alle estetiste e della difficoltà da parte dei cittadini di reperire tanti artigiani che sono disponibili solo per le urgenze, ma non per gli interventi ordinari. E’ il caso degli edili, dei dipintori, dei fabbri, degli idraulici, degli elettricisti e dei manutentori di caldaie, che in questi giorni stanno subendo una concorrenza sleale molto aggressiva da parte di coloro che esercitano queste professioni senza averne titolo”.
Dalla Cgia ricordano che, secondo l’Istat, l’esercito dei lavoratori “invisibili” presenti in Italia è costituito da 3,3 milioni di persone che, ogni giorno, si recano nei campi, nei cantieri, nei capannoni o nelle case degli italiani per prestare la propria attività lavorativa. Pur essendo sconosciuti all’Inps, all’Inail e al fisco, gli effetti economici negativi che producono questi soggetti sono pesantissimi. “Con troppe tasse e un sistema burocratico e normativo eccessivamente oppressivo – segnala il segretario della Cgia, Renato Mason - l’economia irregolare ha trovato un habitat ideale per diffondersi, soprattutto in alcune aree del Paese e ancor di più in questi giorni di contenimento della diffusione del coronavirus. Inoltre, chi opera completamente o parzialmente in nero fa concorrenza sleale, altera i più elementari princìpi di democrazia economica nei confronti di chi lavora alla luce del sole ed è costretto a pagare le imposte e i contributi fino all’ultimo centesimo. Anche per questo è necessario che l’esercizio abusivo delle professioni artigianali vada contrastato e perseguito”. L’Ufficio studi della Cgia ha stimato come si ripartiscono, a livello regionale, i 78,5 miliardi di euro di fatturato in nero all’anno prodotto da questi lavoratori abusivi. A livello territoriale la situazione più critica si presenta nel Mezzogiorno. A fronte di poco più di 1.250.000 occupati irregolari (pari al 38% del totale nazionale), nel Sud il valore aggiunto generato dall’economia sommersa è pari a 26,8 miliardi di euro, pari al 34% del dato nazionale. L'area meno investita dal fenomeno è il Nord Est: il valore aggiunto prodotto dal sommerso è pari a 14,8 miliardi di euro.
Secondo le stime dell’Istat relative al 2017 (ultimo anno per cui i dati sono disponibili), in Calabria il tasso di irregolarità è pari al 21,6% (136.400 irregolari), in Campania al 19,8% (370.900 lavoratori in nero), in Sicilia al 19,4% (296.300), in Puglia al 16,6% (229.200) e nel Lazio al 15,9 per cento (428.100). La media nazionale è pari al 13,1%.
Le situazioni più virtuose, invece, si registrano nel Nord Est. Se in Emilia-Romagna il tasso di irregolarità è al 10,1% (216.200 irregolari), in Valle d’Aosta è al 9,3% (5.700), in Veneto al 9,1% (206.500) e nella Provincia autonoma di Bolzano si attesta al 9% (26.400).
In Piemonte, gli occupati irregolari sono stimati in poco più di 200.000 (tasso d'irregolarià del 10,6%) e generano un valore aggiunto superiore ai 5 miliardi di euro all'anno. In Liguria il tasso d'irregolarità è del 12,1%, corrispondente a quasi 82.000 lavoratori, che danno un valore aggiunto di oltre due miliardi di euro.
I lavoratori in nero, non essendo sottoposti ai contributi previdenziali, a quelli assicurativi e a quelli fiscali, consentono alle imprese dove prestano servizio – o a loro stessi, se operano sul mercato come falsi lavoratori autonomi – di beneficiare di un costo del lavoro molto inferiore e, conseguentemente, di praticare un prezzo finale del prodotto/servizio molto contenuto. Condizioni, ovviamente, che chi rispetta le disposizioni previste dalla legge non è in grado di offrire.