Erg sfiora i 16 euro, nuovo record

Nuovo motivo di brindisi per gli azionisti della Erg, a partire dalla famiglia Garrone-Mondini che ne possiede la maggioranza assoluta e ne esprime il vertice, oltre che per l'amministratore delegato Luca Bettonte: oggi, 28 novembre, il titolo dell'impresa genovese operante nel settore energetico ha sfiorato i 16 euro e ha fatto registrare il record storico, chiudendo a 15,97 euro (+1,72% rispetto a ieri). Cosi, la capitalizzazione ha superato i 2,4 miliardi.
Un altro successo, che allunga la serie e arriva dopo operazioni quali la vendita della joint-venture con Total all'Api dei Brachetti Peretti e – notizia di una dozzina di giorni fa – l'ingresso nel solare grazie all'acquisto del 100% di ForVei, nono operatore fotovoltaico in Italia ( possiede e gestisce 30 impianti, collocato in otto regioni). Un'operazione da 336 milioni di euro, che consente alla Erg anche di acquisire il know-how necessario per partecipare alla crescita oltre confine, in un settore in un comparto in forte espansione.
Erg, maggior produttore di energia eolica nel nostro Paese, attivo anche nella produzione di energia termoelettrica e idroelettrica, nel primo semestre di quest'anno, ha conseguito ricavi netti per 543 milioni e un utile di 87 (+17% rispetto allo stesso periodo 2016).

L'impresa, che il prossimo 2 giugno compirà ottant'anni e contava 715 dipendenti alla fine del 2016, è presieduta da Edoardo Garrone, 56 anni alla fine di dicembre, cinque figli. Vice presidente operativo è il fratello Alessandro (classe 1963, tre figli); l'altro vice presidente è Giovanni Mondini. Socio della Erg, con poco più del 4%, è anche Unicredit.
Luca Bettonte, amministratore delegato Erg

Auto, tesoro del Fisco

Senza scampo. Con la casa, l'automobile resta uno dei beni più bersagliati e spremuti dal Fisco italiano. Lo ha appena confermato l'Anfia, l'associazione nazionale della filiera italiana automobilistica, precisando che il carico fiscale complessivo gravante sulla motorizzazione del nostro Paese, nel 2016, ha raggiunto i 73 miliardi di euro, il valore più alto di sempre.
L'auto è tassata sempre e in ogni modo: al momento dell'acquisto, quando la si usa e anche quando si lascia ferma (il bollo, o tassa di possesso, si paga comunque e, l'anno scorso, ha portato nelle casse pubbliche 6,61 miliardi, il 9% in più rispetto al 2015); quando si fa rifornimento, quando si fa manutenzione, quando si viaggia in autostrada, quando si parcheggia e, fra l'altro, quando si viola il codice della strada.
Contravvenzioni e parcheggi hanno generato entrate erariali per 5,62 miliardi in soli 12 mesi. E c'è molto da dubitare che la metà delle multe incassate dagli enti locali venga utilizzato per migliorare la sicurezza della circolazioni, come pure prevede il Codice stradale, indicando che il 25% del ricavato deve essere investito nella manutenzione delle strade, il 12,5% nel loro controllo e il restante 12,5% nella segnaletica.
Inoltre, l'Anfia, presieduta da Aurelio Nervo, ha riferito che la voce d'imposta relativa ai pedaggi autostradali è ammontata a 2,03 miliardi, circa 1,5 miliardi in meno degli introiti derivanti dalle polizze assicurative Rc, furto e incendio (3,88 miliardi), uno dei pochissimi costi che sono diminuiti rispetto al 2015.
E' calato anche il gettito fiscale dato dai combustibili, a 34,82 miliardi, circa un miliardo in meno rispetto all'anno prima; ma solo in seguito ai ribassi dei consumi (-0,4%) e dei prezzi dei carburanti, perchè, invece, è ancora aumentato il peso della componente fiscale sul prezzo finale pagato dagli automobilisti.
Dopo i carburanti, è l'Iva su manutenzione, riparazioni, acquisti di pneumatici, ricambi e accessori che ha reso di più al Fisco: 10,2 miliardi, contro i 9,9 del 2015. Questa voce è risultata superiore anche a quella relativa all'acquisto delle vetture, la cui Iva è stata pari a 7,15 miliardi, compresi i diritti di motorizzazione (la sola Ipt ha fatto introitare l,69 miliardi, l'11,4% in più rispetto al 2015). L'incremento per gli acquisti di auto è risultato del 15,3% ed è dovuto all'aumento delle nuove immatricolazioni (le vendite sono cresciute del 18,5%), dei passaggi di proprietà (+4,1%) e del prezzo medio delle vetture pagato dai compratori (+3,4%).
Tirando le somme, l'Anfia ha calcolato che dei 73 miliardi che l'auto ha generato per il Fisco italiano, cifra pari al 16% delle entrate tributarie nazionali, il 78,8% (57,55 miliardi) deriva dall'uso dei veicoli, il 12,1% (8,84 miliardi) dal loro acquisto e il 9,1% (appunto 6,61 miliardi) dal loro possesso.

Un vero tesoro, un patrimonio dalle rendite altissime: ecco cos'è l'automobile per le Amministrazioni pubbliche.
Aurelio Nervo, presidente Anfia

Il rebus del risparmio

Sono passati poco più di cinque anni, ma il ricordo è ancora vivo e, ai risparmiatori, “brucia”. Allora, nell'ottobre del 2012, i Btp rendevano il 4,77%, i Cct il 3,98, i Bot l'1,30, le obbligazioni il 3,32, i pronti contro termine il 3,14, i depositi bancari vincolati l'1,27 e la liquidità sul conto corrente lo 0,54. Altri tempi, altri valori.
Nell'ottobre di quest'anno, come ha censito la stessa Abi, l'associazione italiana delle banche, per le famiglie e le società non finanziarie, il rendimento medio dei depositi bancari vincolati è stato dello 0,38% e dello 0,06 quello della liquidità sul conto corrente; i pronti contro termine hanno reso lo 0,97% e le obbligazioni il 2,66.
Quanto ai titoli di stato, in settembre, il tasso medio più alto l'hanno evidenziato i Btp con l'1,89% (risultato, però, delle diverse scadenze, comprese, quindi le più lunghe), a fronte dello 0,34% dei Cct. Segno meno, invece, per i Ctz e i mitici Bot: - 0,21% per i primi e -0,39% per i Bot.
Per i risparmiatori più prudenti è un periodo certamente non favorevole. Per loro, investire è diventato sempre più difficile. Sul breve termine non c'è più nulla che renda, le obbligazioni bancarie fanno ormai paura e quelle delle imprese (“corporate”) sono rarissime e spesso a tagli minimi non abbordabili. Inoltre, i Btp con un tasso decente sono soltanto quelli a lunga e lunghissima scadenza, che però, proprio per questo, comportano un rischio maggiore.
E la parola rischio evoca immediatamente un'alternativa: la Borsa. Diverse azioni quotate stanno evidenziando “performance” (guadagni) notevoli, persino superiori al 100% sua base annua; altre, però, denunciano perdite molto pesanti. La Borsa non è posto da investitori che non amano rischiare troppo. Soprattutto Piazza Affari, che dà l'impressione di essere particolarmente sensibile alle manovre degli speculatori.
A un risparmiatore normale resta difficile digerire variazioni di prezzo di un titolo addirittura del 20-30% e anche più, in pochi giorni,quando non in 24 ore; come restano incomprensibili andamente fortemente altalenanti, a breve termine, per una società i cui fondamentali sono immutati. Come si fa a non pensare male? A non sospettare?
E i fondi comuni? Una risposta sicura è che rendono certamente ai loro gestori, grazie alle commissioni che comportano; inoltre, non sono molti quelli che possono vantare rendimenti netti superiori a quelli dei titoli di Stato a parità di durata dell'investimento.
Insomma, per il piccolo risparmiatore, oggi, investire è un problema. Forse è vero che gli italiani erano abituati troppo bene prima con i Bot e poi con i Btp; mentre, per esempio, i tedeschi da tanto tempo convivono con titoli di Stato a rendimento intorno allo zero anche sui decennali; ma, fra l'altro, la Borsa di Francoforte non assomiglia neppure a quella di Milano.
In Piemonte, al 30 giugno scorso, la ricchezza finanziaria delle famiglie sfiorava i 170 miliardi di euro, somma dei 76,3 miliardi costituiti dal valore dei depositi bancari e poco meno di 93,6 miliardi da titoli di Stato italiani in custodia, quali Btp, Bot, Cct, obbligazioni bancarie e non solo, azioni e quote di Oicr (Organismi di investimento collettivo del risparmio), categoria formata, prevalentemente, da quote di fondi comuni.
A metà anno, le famiglie piemontesi avevano depositati sui conti correnti bancari 49,7 miliardi (+7,4% rispetto al 30 giugno 2016) e avevano 26,5 miliardi in depositi a risparmio, cioè vincolati a una durata prestabilita (-3,5%). Il totale dei risparmi depositati in banca è cresciuto del 3,3%, mentre in eguale misura è diminuito il valore dei titoli che le famiglie hanno dato in custodia agli istituti di credito.
In particolare, è diminuito di un quarto, rispetto al 30 giugno 2016, il valore delle obbligazioni bancarie affidate dalle famiglie (17,3 miliardi, il 25,3% in meno) e del 16,6% quello dei titoli di Stato italiani, risultato così pari a 16,7 miliardi. Inoltre, è calato a 8,15 miliardi (-7,2%) il valore delle altre obbligazioni date dalle famiglie alle banche, in custodia o in amministrazione.
Al contrario, è salito del 13,1%, a quasi 8,9 miliardi, il valore delle azioni che le famiglie hanno presso le banche attive in Piemonte e a oltre 42,3 miliardi (+15,2%) il valore delle loro quote di Oicr.
Situazione analoga in Liguria, dove la ricchezza finanziaria delle famiglie al 30 giugno 2017 è risultata pari a quasi 59 miliardi, 58,883 per la precisione. Dei 27,964 miliardi che costituiscono il totale dei depositi bancari (+1,4% rispetto alla stessa data dell'anno scorso), 18,45 miliardi si trovavano sui conti correnti (+5%) e 9,5 miliardi (-4,9%) erano rappresentati da depositi con durata prestabilita.
Quanto ai titoli a custodia semplice e amministrata, la somma è di 30,9 miliardi (-2,6% nei confronti del 30 giugno 2016), formata da 5,85 miliardi in titoli di Stato italiani (-16,4%) , 4,45 miliardi (-26,7%) da obbligazioni bancarie italiane e 2,4 miliardi (-7,5%) da altre obbligazioni.
Anche in Liguria, però, le famiglie hanno aumentato i loro investimenti in azioni, il cui valore è salito del 12,9% a 2,7 miliardi e, soprattutto, in quote di fondi comuni e altri strumenti finanziari, il cui valore complessivo ha superato 15,4 miliardi (+13,6%).

In Valle d'Aosta, al 30 giugno scorso, le famiglie consumatrici avevano, nelle banche attive in regione, depositi per 2,293 miliardi (+1,4% rispetto a un anno prima) e titoli in custodia per 1,788 miliardi (-3,2%). In particolare, il valore dei loro titoli di Stato affidati alle banche ammontava a 261 milioni (-16,4%), quello delle obbligazioni bancarie a 306 milioni (-26%), quello delle azioni a 116 milioni (+6,9%) e, infine, quello degli Oicr a 984 milioni (+11%).

Un miliardo in più per l'auto nuova

Ha tirato bene, il mercato dell'auto del Nord Ovest, nei primi dieci mesi di quest'anno. Molto più che nell'insieme dell'Italia. Rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, le vendite di vetture nuove nelle tre regioni nord-occidentali sono aumentate di quasi il 25%, a fronte di un incremento nazionale inferiore al 9%.
Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, insieme, hanno fatto registrare 274.371 nuove immatricolazioni dal primo giorno di gennaio all'ultimo di ottobre, il 16,2% del totale nazionale (1.692.432) e 53.359 in più rispetto ai primi dieci mesi del 2016. Nel Nord Ovest, dunque, sono state comprate oltre 900 auto nuove al giorno, 175 in più.
Il valore del mercato a quattro ruote, relativamente ai primi dieci mesi 2017, per l'intero Nord Ovest si piò stimare in oltre 5,5 miliardi, cifra superiore di un miliardo al giro d'affari automobilistico del corrispondente periodo dell'anno scorso.
Dal primo giorno di gennaio al 30 ottobre 2017, in Piemonte sono state immatricolate 193.401 vetture nuove, 43.141 più che nei primi dieci mesi 2016 (incremento del 28,7%); in Liguria 30.164 (+2,3%) e in Valle d'Aosta 50.806 (+20,2%). A proposito delle immatricolazioni in Valle d'Aosta, però, va ricordato che qui, come nelle province autonome di Trento e Bolzano, l'intestatario del veicolo paga un'imposta di trascrizione (Ipt) ridotta, agevolazione sfruttata da molti noleggiatori e che spiega l'elevato volume di targhe nuove nelle due regioni alpine.
Nel solo mese di ottobre, le auto nuove acquistate nel Nord Ovest sono state 28.490, circa 2.000 in più rispetto a settembre.

Salza migliora il record Tecnoinvestimenti

Nuovo “ruggito” di Enrico Salza, il leone torinese con la criniera bianca. Ieri, venerdì 24, la società che presiede, Tecnoinvestimenti, ha fatto segnare il suo nuovo record borsistico. Il titolo ha chiuso le contrattazioni a 6,10 euro, livello mai raggiunto prima. Il nuovo primato è stato conquistato per un centesimo. Il precedente risaliva al primo giorno del giugno scorso.
Da allora, Tecnoinvestimenti ha fatto ancora passi avanti. Fra l'altro, ha comprato, per poco meno di 34 milioni, il 70% di Warrant Group, società leader nella consulenza alle imprese finalizzata alle operazioni di finanza agevolata. Warrant Group, fondata e presieduta da Fiorenzo Bellelli, conta oltre 150 dipendenti e, dopo aver fatturato 21 milioni nel 2016, si appresta a chiudere il 2017 con ricavi superiori ai 30 milioni e un risultato lordo ancora maggiore dei 6,3 milioni conseguiti nell'esercizio passato.
Con l'acquisizione di Warrant Group, la più recente della serie, Tecnoinvestimenti ha ampliato la piattaforma di servizi integrati ad alto valore aggiunto e la base di clienti. Adesso può fare “cross selling” su oltre 12.000 Pmi, grazie anche alla formazione della nuova business unit “Finance & Marketing Services” formata dalle attività di Warrant Group e Co.Mark, comprata nel 2016. Il nuovo pilastro operativo di Tecnoinvestimenti si aggiunge a quelli rappresentati da Digital Trust e Credit Information & Management.
Dopo l'operazione Warrant Group, i dipendenti di Tecnoinvestimenti diventano più di mille e una decina le sedi delle 12 aziende controllate o partecipate. Torino ospita il quartiere generale della capogruppo, della quale Tecno Holding (Camere di Commercio) possiede la maggioranza assoluta (56,5% del capitale), mentre secondo maggior azionista è Quaestio Capital Management Sgr con circa il 10% e terzo Cedacri, salito al 5,6%. Il resto è frazionato sul mercato.
Nei primi nove mesi di quest'anno, Tecnoinvestimenti, il cui amministratore delegato è Pier Andrea Chevallard, ha avuto ricavi consolidati pari a 127,1 milioni (+23,3% rispetto allo stesso periodo del 2016) e un utile netto di 14,3 milioni, il 108,4% in più, grazie anche al provento straordinario di 6,2 milioni in seguito al risarcimento incassato da Ribes, in ottobre.
Al 30 settembre, l'indebitamento netto è sceso a 61,6 milioni dai 71,2 del 31 dicembre 2016.
Dopo la nuova impennata della sua azione, la capitalizzazione di Tecnoinvestimenti ha superato i 284 milioni. Un'altra bella soddisfazione per Chevallard e Salza-
Ottant'anni compiuti nel marzo appena passato, Enrico Salza, sposato con Novella, tre figlie, laurea honoris causa in Ingegneria gestionale attribuitagli dal Politecnico di Torino, è uno dei principali attori del sistema non solo economico del capoluogo piemontese. Ha un lunghissimo cursus honorum: fra l'altro, è stato presidente di Intesa Sanpaolo e, prima della storica fusione, di Sanpaolo Imi. E' stato anche presidente della Camera di Commercio, per tanti anni, oltre che vice presidente e amministratore delegato del Sole 24 Ore, allora in piena salute e con prestigio internazionale. E' stato artefice e primo presidente dei Giovani di Confindustria.
Enrico Salza, presidente Tecnoinvestimenti

Il crollo dei posti fissi, regione per regione

Profondo rosso per il lavoro a tempo indeterminato, nel bilancio dei primi nove mesi 2017 delle tre regioni del Nord Ovest: le assunzioni sono state 68.618; ma le cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato 99.451. Quindi, l'area ha perso 30.833 posti a tempo indeterminato. Però, ne ha guadagnati 90.146 a termine.
Infatti, dall'inizio di gennaio alla fine di settembre, le assunzioni con contratto a termine sono risultate 365.541, a fronte delle 275.395 cessazioni di rapporti dello stesso tipo. Positivo, inoltre, è il saldo del lavoro in apprendistato (24.153 nuovi contratti, contro i 13.027 terminati) e anche di quello stagionale (37.462 assunzioni, contro 33.278 cessazioni).
Come rilevato dall'Inps, nei primi nove mesi di quest'anno, le assunzioni a tempo indeterminato sono risultate 49.784 in Piemonte (erano state 50.143 nello stesso periodo 2016 e 74.832 nei primi nove mesi 2015); 17.289 in Liguria (18.894 da gennaio a settembre 2016 e 28.094 nel corrispondente periodo 2015) e 1.545 in Valle d'Aosta (1.504 e 2.459 nei rispettivi periodi precedenti).
Le cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato, registrate dal primo giorno di gennaio all'ultimo di settembre, sono state 72.022 in Piemonte (un paio di migliaia in più che nei primi nove mesi dell'anno scorso), 25.246 in Liguria (114 in meno ) e 2.183 in Valle d'Aosta (81 in meno).
Di conseguenza, il consuntivo relativo al lavoro a tempo indeterminato. nei primi nove mesi 2017, presenta un saldo negativo di 22.238 posti in Piemonte e ancora superiore in Liguria (-22.894), mentre è stata di 638 unità la perdita in Valle d'Aosta.
Quanto alle assunzioni a termine, sempre nei primi nove mesi di quest'anno, sono state 248.933 in Piemonte (+62.276 rispetto allo stesso periodo 2016 e + 70.024 sui primi nove mesi 2015), nonché 107.661 in Liguria (rispettivamente, +22.827 e +30.653) e 8.974 in Valle d'Aosta (+1.714 e + 3.029). Anche le cessazioni dei contratti a termine sono aumentate: a 183.096 dalle 140.176 dei primi nove mesi 2016 in Piemonte, a 83.693 dalle 66.828 precedenti in Liguria e a 8.606 dalle 6.926 del 2016 in Valle d'Aosta; pero, i saldi sono tutti positivi. In Piemonte si sono contati 65.837 rapporti a termine in più, in Liguria 23.968 e in Valle d'Aosta 341.
Apprendistato: dall'inizio dell'anno alla fine di settembre, le nuove assunzioni sono ammontate a 16.473 in Piemonte (8.335 le cessazioni), 6.910 in Liguria (4.132 le cessazioni) e 770 in Valle d'Aosta (560 cessazioni). Infine, le assunzioni stagionali: 16.972 in Piemonte (13.342 le cessazioni di questo tipo di rapporto contrattuale), 15.822 in Liguria (12.382 le cessazioni) e 4.668 in Valle d'Aosta, l'unica delle tre regioni a mostrare uno specifico segno meno, dato che qui le cessazioni dei rapporti stagionali sono state 7.456.
Concludendo, l'Inps ha precisato che, per quanto riguarda il lavoro a tempo indeterminato, nei primi nove mesi 2017, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, in Piemonte le nuove assunzioni sono diminuite dello 0,7% e dell'8,5% in Liguria, mentre sono aumentate del 2,7% in Valle d'Aosta. Non solo: nella regione alpina, le cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato sono calate del 3.6% nei confronti dei primi nove mesi 2016 e sono calate anche in Liguria, sia pure dello 0,4%; invece, in Piemonte sono aumentate del 2,4%.
Insomma, il mondo del lavoro continua a soffrire. Infatti, come è vero che l'aumento delle assunzioni nel loro complesso, cioè come totale delle diverse tipologie, nei primi nove mesi di quest'anno è risultato percentualmente superiore a quello del complesso delle cessazioni dei vari tipi di rapporto contrattuale, in tutte le tre regioni del Nord Ovest; così è vero continuato a scendere i posti di lavoro fissi, quelli a tempo indeterminato, che permettono di avere una maggiore fiducia nel futuro.

Socio arabo per la cuneese Santanchè

Socio arabo per la Visibilia di Daniela Garnero Santanchè. A investire nella società editoriale della “Pitonessa” cuneese è Bracknor Capital, che fa capo all'omonimo gruppo con sede a Dubai (Emirati Arabi Uniti) e presieduta da Aboudi Gassam. Ieri, Bracknord Capital ha chiesto a Visibilia Editore, quotata alla Borsa di Milano, nel segmento Aim, la conversione delle prime cinque delle 50 obbligazioni convertibili in azioni che Visibilia Editore si è impegnata a emettere a fronte delle obbligazioni.
In seguito alla richiesta di ieri, l'investitore arabo avrà intanto 294.118 azioni, pari allo 0,98% del capitale di Visibilia Editore, impresa della quale Daniela Garnero Santanchè possiede attualmente il 65,32% attraverso la sua Visibilia Editore Holding. Il 7,2% appartiene alla Alevi srl, mentre il 27,48% è frazionato sul mercato.
Visibilia Editore pubblica le testate Ville&Giardini, Ciak e Pc Professional. Nel 2016 ha fatturato 3,8 milioni e ha chiuso il bilancio con una perdita di 780.000 euro. In Borsa è valutata intorno ai 4 milioni.

Daniela Garnero Santanchè, laurea in Scienze politiche, imprenditrice e politica, molto nota, è presidente anche di altre due quotate a Piazza Affari: la torinese Ki Group e la milanese Bioera.
Daniela Garnero Santanchè presidente Visibilia

Protagonisti alla ribalta

FERRUCCIO LUPPI
Manager torinese di lungo corso, Ferruccio Luppi è stato chiamato da Guido Giubergia a condividere la tolda di comando di Ersel Investimenti, la holding a capo dell'omonimo gruppo di piazza Solferino, uno dei principali gestori di patrimoni in Italia. Ferruccio Luppi è stato nominato amministratore delegato, lo stesso incarico che mantiene Guido Giubergia, nipote del fondatore dell'Ersel, le cui origini risalgono a oltre ottant'anni fa.
Nato sotto la Mole, il 3 novembre del 1950, laureato in Economia e commercio, Ferruccio Luppi ha incominciato la carriera in Ifil, la finanziaria del gruppo Agnelli poi fusa in Exor. In Ifil ha lavorato dal 1973 al 1996, con responsabilità crescenti, diventando prima responsabile del controllo e delle partecipazioni, poi anche dello sviluppo. E' stato uno dei principali collaboratori di Umberto Agnelli e Gabriele Galateri, l'attuale presidente delle Generali. Nel 1997 è stato inviato nella controllata francese Worms dove è stato direttore generale.
In seguito ha fatto parte della squadra di Sergio Marchionne: fra l'altro, è stato consigliere di amministrazione di Comau, Magneti Marelli Ferrari, oltre che presidente di Fiat Avio Partecipazioni e Fiat Powertrain Technologies. Uscito dal colosso italo-statunitense presieduto da John Elkann, prima di approdare in Ersel, ha avuto il timone di Azimut-Benetti, il leader mondiale dei grandi yachts della famiglia Vitelli.
Ferruccio Luppi, nel consiglio di amministrazione di Ersel Investimenti (100% della famiglia Giubergi-Argentero) dove già si trovava prima della promozione a co-amministratore delegato, affianca il presidente Bruno Argentero, il vice presidente Antonio Scalvini e i consiglieri Mario Mauro, Daniela Argentero, Paola e Francesca Giubergia, oltre che Guido Giubergia, il numero uno del Gruppo che gestisce asset per oltre15 miliardi.
Ferruccio Luppi, ad Ersel Investimenti
LUCA COLOMBANO
Dal 20 novembre, Luca Colombano è il nuovo direttore commerciale delle società assicurative italiane Uniqa, le quali dal 16 maggio fanno parte di Reale Group, che le ha acquisite. Luca Colombano aggiunge il nuovo incarico a quelli che già svolge e cioè sia di direttore centrale Commerciale e Mercato di Italiana Assicurazioni sia di amministratore delegato di Italnext, entrambe controllate da Reale Mutua.
Luca Colombano ha il compito di collaborare con Michele Meneghetti, amministratore delegato di Uniqa Assicurazioni e Uniqa Previdenza, oltre che presidente del Consiglio di gestione di Uniqa Life, per favorire l'integrazione delle diverse culture aziendali e le migliori condizioni dell'ulteriore crescita delle società Uniqa.
Torinese, classe 1973, sposato, tre figli, laurea in Economia e Business administration sotto la Mole, poi specializzazioni a Colonia, Monaco di Baviera, Londra, Parigi e Milano, presso calibri quali Munich Re, Lloyd's e Partner Re, Luca Colombano è entrato in Reale Group nel 1998, assunto come impiegato alla Reale Assicurazioni. Grande atleta (triathlon, golf, running), ma anche fortemente impegnato nel sociale: fra l'altro, ha costituito la Fondazione Amici di Jean, onlus che ha la finalità di contribuire al miglioramento delle condizioni degli ammalati di cancro.

Luca Colombano, direttore commerciale Uniqa
UMBERTO TOSONI
Un altro incarico, che rappresenta anche un'ulteriore promozione, per Umberto Tosoni, all'interno del gruppo Gavio, nel quale è entrato nel 2004 e da allora ha continuato ad avere sempre maggiori responsabilità. Umberto Tosoni, infatti, è stato cooptato nel Consiglio di amministrazione di Astm – Autostrada Torino Milano, società del Gruppo alessandrino presieduta da Gian Maria Gros-Pietro e quotata alla Borsa di Milano, come la Sias (tra l'altro, a quando la fusione tra le due?).
Proprio della Sias, la holding che detiene le partecipazioni del gruppo nel settore delle concessioni autostradali, dove l'impresa dei Gavio è il quarto maggior opetratore al mondo, Umberto Tosoni è il direttore generale da oltre due anni; mentre, dalla scorsa primavera, è amministratore delegato sia della Sitaf sia della Satap e, da ancora prima, della Sav e dell'Autostrada Asti-Cuneo. Fino all'aprile scorso, inoltre, è stato amministratore delegato dell'Autostrada dei Fiori e dell'Autostrada Torino-Savona, diventate ora un'unica società. Delle imprese operative targate Gavio, che non guida direttamente, comuque Umberto Tosini è consigliere. Fra l'altro, è presidente della Baglietto, società cantieristica ch è stata rilevata da Gavio e della quale è stato amministratore delegato.
Nato nel 1975 a Roma, dove si è laureato in Ingegneria gestionale con specializzazione nella Pianificazione dei trasporti, Umberto Tosoni è entrato nel gruppo Gavio dal 2004. Precedentemente ha lavorato, subito dopo essere uscito dall'Università, nell'attuale Eems, l'ex Texas Instruments, operante nel settore dei semiconduttori.
Umberto Tosoni (gruppo Gavio)
GIANNI ROLANDO
Il sanremese Gianni Rolando è il nuovo presidente della Federazione ligure degli ingegneri, organismo che conta 7.200 iscritti e i quattro ordini provinciali della regione, cioè quelli di Genova, Savona, La Spezia e Imperia. Gianni Rolando, 62 anni, è già stato presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, per tre anni e, per altri tre, vice presidente dello stesso. Precedentemente, dal 1994 al 2006, è stato presidente dell'Ordine di Imperia.
Gianni Rolando, nato a Genova e laureato in Ignegneria nel 1970, è un esponente di spicco della categoria alla quale appartiene, ma anche del sistema economico e istituzionale del Ponente Ligure. Fra l'altro, è stato al vertice dell'Amaie, municipalizzata operante nei settori dell'acqua e dell'energia.
Gianni Rolando, presidente Ingegneri liguri

Liti con il fisco per altri 242 milioni


Oltre 242 milioni di euro: è il valore complessivo delle controversie che i contribuenti delle tre regioni del Nord Ovest hanno aperto nei confronti degli enti impositori, a partire dall'Agenzia delle Entrate e da Equitalia, nelle Commissioni Tributarie Provinciali (Ctp), nel secondo trimestre di quest'anno. In particolare, le Ctp del Piemonte hanno ricevuto 1.050 ricorsi, tra il primo giorno di aprile e l'ultimo di giugno, per un totale di 197,669 milioni; mentre alle Ctp della Liguria i ricosri pervenuti sono stati 753 (per 41,811 milioni) e a quella della Valle d'Aosta 55 per 3,1 milioni.
In tutta l'Italia, i ricorsi pervenuti alle Commissioni Tributarie Provinciali, nel secondo trimestre 2017, sono risultati 45.133 per un valore complessivo di 4,874 miliardi. Rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, le nuove controversie sono diminuite dell'8,9%. Comunque, aggiungendo le 41.030 del primo trimestre, la somma dall'inizio dell'anno al 30 giugno risulta di 86.163.
La disaggregazione per numero di ricorsi presentati alle rispettive Commissioni Tributarie Provinciali, nel secondo trimestre di quest'anno, mostra la seguente graduatoria: 508 a Torino, 425 a Genova, 159 ad Alessandria, 122 a La Spezia, 106 a Savona, 103 a Novara, 101 a Cuneo, 100 a Imperia, 56 a Biella, 55 ad Aosta, 52 a Vercelli, 41 ad Asti e 30 a Verbania.
Nello stesso trimestre, le Commissioni Tributarie Provinciali hanno definito 1.126 controversie in Piemonte, 834 in Liguria e 17 in Valle d'Aosta.
A livello nazionale, le controversie definite da tutte le Ctp sono state 54.652, il 15,78% in meno rispetto al corrispondente periodo del 2016. I giudizi sono stati per il 45% favorevoli all'ente impositore (di tasse, tributi e contributi), per un valore complessivo di 1,953 miliardi; mentre completamente favorevole al contribuente è stato il 31,6% dei giudizi, per la somma di 1,696 miliardi. Con una sentenza intermedia, infine, si è conclusa la quota restante delle cause.
Al 30 giugno 2017, i ricorsi pendenti presso le Commissioni Tributarie Provinciali ammontavano a 440.000 in tutto il Paese. Di questi, 5.234 riguardavano controversie in Piemonte, 3.818 la Liguria e 96 la Valle d'Aosta. Le Commissioni Tributarie Provinciali con il maggior numero di ricorsi pendenti a metà anno sono quelle di Torino (1.921, comunque meno delle 1.948 di fine marzo) e di Imperia (1.518 a fronte delle 1.545 della rilevazione precedente). Terza la provincia di Alessandria con 1.223, ancora 11 in più rispetto a tre mesi prima).  

Iren ora vale più di 3 miliardi

Doppio record borsistico di Iren, la multiutility controllata dalla Fsu, finanziaria posseduta per il 50% dal Comune di Torino e per il restante 50% dal Comune di Genova. Oggi, l'azione ordinaria Iren ha chiuso a 2,536 euro (+2,34% rispetto all'ultimo contratto di ieri), il valore più alto dall'inizio dell'anno e nuovo primato storico. Non solo: la capitalizzazione ha superato i tre miliardi di euro, come non era mai successo, con le sole ordinarie (per la precisione Piazza Affari ha valutato la società 3,032 miliardi). Dal minimo di 1,479 registrato il 31 gennaio, il titolo ha guadagnato il 71,5%.
Iren, che è presieduta da Paolo Peveraro e ha come amministratore delegato Massimiliano Bianco, è reduce da nove mesi molto positivi. Infatti, dall'inizio di gennaio alla fine di settembre, ha conseguito un utile netto di 179,5 milioni (+42,3% rispetti ai 126,2 milioni del corrispondente periodo dell'anno scorso), ricavi pari a 2,614 miliardi (+17,3%) e un margine operativo lordo (Ebitda) di 622,2 milioni (+11,3%). Incrementi tutti a due cifre.
Inoltre, dal 31 dicembre 2016, ha ridotto di 79 milioni l'indebitamento finanziario netto, facendolo così calare a 2,738 miliardi.
Fsu, la holding paritetica dei Comuni di Torino e di Genova, possiede il 35,54% del capitale ordinario di Iren, mentre il Comune di Reggio Emilia ha il 7,65% e quote minori fanno capo ai comuni di Parma e di Piacenza. Nella compagine si trova anche Kairos Partner con il 3,28%. Il Comune di Torino, attraverso la Fct, ha anche azioni di risparmio, pari al 6,31% dell'intero capitale.
Paolo Peveraro ha manifestato grande fiducia sul futuro di Iren, il cui amministratore delegato ha sottolineato l'intenzione del Gruppo “di giocare un ruolo da protagonista nel processo di aggregazione all'interno dei suoi territori di riferimeno”.
Paolo Peveraro, presidente Iren

Micillo e Molesini vincitori di tappa

Mauro Micillo e Paolo Molesini sono i vincitori di tappa nella gara di Intesa Sanpaolo per gli utili netti conseguiti nell'esercizio in corso. Mauro Micillo ha conquistato il primo posto nella classifica per valore assoluto, Paolo Molesini ha superato tutti per il maggior incremento del risultato.
Nei primi nove mesi di quest'anno, infatti, la divisione Corporate e Investment Banking del gruppo guidato da Carlo Messina, ha fatto registrare un utile netto di 1,148 miliardi di euro, somma superiore a quelle di tutte le altre divisioni. E il responsabile del Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo è, appunto, Mauro Miccillo.
Invece, Paolo Molesini, numero uno operativo della divisione Private Banking, è il direttore centrale che ha ottenuto il maggior incremento percentuale dell'utile netto rispetto ai primi nove mesi del 2016. Dal primo giorno di gennaio all'ultimo di settembrem infatti, l'utile netto del Private Banking è stato di 677 milioni, il 28% più che nel corrispondente periodo dell'anno scorso.
In entrambe le graduatorie, secondo si è classificato Stefano Barrese, massimo responsabile della divisione Banca dei Territori, che ha conseguito un utile netto di 1,055 miliardi, il 25,6% in più rispetto ai primi nove mesi 2016.
Ed ecco i risultati delle altre divisioni: Banche estere (responsabile Ignacio Jaquotot) utile netto di 677 milioni (+16,9%), Insurance (timoniere è Nicola Maria Fioravanti) 512 milioni (-8,6%), Asset Management (Tommaso Corcos) 352 milioni (+24,8%).
La divisione Corporate e Investment Banking, il cui utile netto è cresciuto dell'8,8%, ha la competenza sulle imprese che hanno un fatturato superiore ai 350 milioni, inoltre gestisce il portafoglio proprio del Gruppo e, fra l'altro, comprende Banca Imi, che si occupa di fusioni e acquisizioni, finanza strutturata, consulenza ad aziende ed enti.
Le società con fatturato inferiore ai 350 milioni, invece, costituiscono una delle tre principali aree di clientela della Banca dei Territori. Le altre due sono: la clientela retail, formata dai soggetti privati con attività finanziarie fino a 100.000 euro e con esigenze di bassa complessiva; la clientela personal, rappresentata da soggetti privati con attività finanziarie comprese tra i 100.000 euro e il milione di euro. Di questa divisione, fanno parte anche Banca 5, Banca Prossima (per gli operatori non profit) e il Mediocredito Italiano, che è il Polo della Finanza di Impresa.
La divisione Private Banking segue il segmento di clientela fi fascia alta, cioè più facoltosa, tramite Fideuram (presidente è il torinese Matteo Colafrancesco) e le controllate di quest'ultima.
La divisione Banche Estere presidia l'attività del Gruppo sui mercati stranieri attraverso le sue controllare e partecipate che fanno commercial banking, in particolare in Croazia, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Albaina, Romania, Slovenia, Slovacchia, Ungheria, Russia ed Egitto.
Quanto alla divisione Asset Management, fornisce soluzioni di gestione di attivi rivolte alla clientela del Gruppo, alle reti commerciali esterne e alla clientela istituzionale tramite Eurizon Capital, alla quale fanno capo diverse controllate e partecipate, fra le quali la cinese Yicai (wealth management), il cui capitale è condiviso con Fideuram e con la Capogruppo Intesa Sanpaolo.
Infine la divisione Insurance: sviluppa l'offerta dei prodotti assicurativi rivolti alla clientela del Gruppo e include le società Intesa Sanpaolo Vita (presidente è il piemontese Luigi Maranzana, già amministratore delegato di Sanpaolo Imi) e Fideuram Vita.
A livello consolidato, il gruppo Intesa Sanpaolo ha fatto segnare, nei primi nove mesi 2017, un utile netto di 5,888 miliardi, che comprende il contributo pubblico cash di 3,5 miliardi attribuito in compensazione degli impatti sui coefficienti patrimoniali derivanti dall'acquisizione dei rami di attività della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Comunque, senza il contributo pubblico e l'impatto delle acquisizioni, l'utile netrto è di 2,469 miliardi e di 3,108 se si escludono anche i tributi e gli altri oneri riguardanti il sistema bancario.
Il gruppo Intesa Sanpaolo, leader in Italia, dispone di poco meno di 6.000 sportelli (4.825 nel nostro Paese) e conta circa 96.500 dipendenti, 7.111 in più rispetto al 31 dicembre scorso.




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