Imprese, dove crescono gli stranieri

Uno dei grandi mali della provincia di Imperia e di altre parti della Liguria è la debolezza dello spirito d'iniziativa indigeno. Nell'estremo ponente ligure, è scarsa la densità dei locali che diventano imprenditori, che avviano attività in proprio. Non stupisce, pertanto, che qui la quota di imprenditori stranieri sia salita al livello record del 14,8%, al 30 giugno appena passato. Come censito da Unioncamere, infatti, alla fine del primo semestre di quest'anno, sono diventate 3.822 le aziende di stranieri attive nella provincia di Imperia: 148 ogni mille.
In tutt'Italia, soltanto tre province hanno quote superiori di imprese che fanno capo a stranieri: Prato (27,7%), dominata dai cinesi; Trieste (15,9%) e Firenze (15,6%). Imperia è quarta a livello nazionale; ma prima assoluta nel Nord Ovest, dove, comunque, le imprese di stranieri hanno superato il livello di 63.000. A fine giugno, infatti, sono risultate esattamente 63.090, delle quali 42.192 in Piemonte, 20.213 in Liguria e 685 in Valle d'Aosta. Nel secondo trimestre, sono aumentate di 858, saldo tra le 1.834 nuove iscritte e le 976 cancellate dai registri camerali in seguito alla loro chiusura.
Nel Nord Ovest, dopo la provincia di Imperia, è quella di Genova a mostrare la quota più alta di imprese di stranieri: 12,8%, corrispondente a 10.965. Seguono, nell'ordine: Torino (11,2%, pari a 24.900 imprese), Novara (10,8% e 3.281), Savona (10,6% e 3.221) e Spezia (10,6% e 2.205), Asti (9,5% e 2.257), Vercelli (9,5% e 1.554), Alessandria (9,4% e 4.076), Verbania (7,8% e 1.019), Biella (5,9% e 1.079), Cuneo (5,8% e 4.035), Aosta (5,4% e 685).
E' stata proprio Aosta, però, nel Nord Ovest, a far segnare il maggior tasso di crescita di imprese appartenenti a stranieri nel secondo trimestre di quest'anno: qui sono aumentate del 2,54%, a fronte del 2,03% della provincia di Asti, dell'1,87% di quella di Imperia, dell'1,17% medio nazionale e dello 0,56% di Biella, minimo delle nostre tre regioni.
Al 30 giugno scorso, ammontavano a 580.303 le imprese di stranieri registrate alle Camere di commercio italiane, risultando così il 9,5% delle iscritte. Percentuale in progressiva crescita, da anni. Alla fine del secondo trimestre 2016, in Italia si contavano 93 imprese di stranieri ogni mille attive e 72 ogni mille cinque anni prima.
Il maggior numero di imprese di stranieri operanti nel nostro Paese fa capo a marocchini (68.482), i quali precedono i cinesi (51.546), i romeni (49.020) e gli albanesi (31.641). Il 31,8% di queste imprese sono artigiane. I loro principali settori d'attività sono il commercio (208.000 imprese), l'edilizia (122.000) e la ristorazione.


Le casalinghe del Nord Ovest

L'Istat, l'istituto nazionale di statistica, ha comunicato che, nel nostro Paese, sono 7.338.000 le donne le quali si dichiarano casalinghe (518.000 meno di dieci anni fa). Il 40,9%, pari a 3 milioni, ha più di 65 anni; l'8,5% meno di 34 anni. Poco più della metà, nel corso della sua vita, non ha mai svolto attività lavorativa retribuita. Anche se non pagate, però, le casalinghe lavorano un sacco: mediamente, in dodici mesi, dedicano 2.539 ore, oltre 7 ore al giorno, per le attività domestiche e la cura di bambini, adulti e anziani della famiglia.
Tutte insieme, annualmente, le casalinghe fanno circa 20,5 miliardi di ore di lavoro non retribuito. Una buona parte degli oltre 71 miliardi di ore di lavoro non retribuito svolto in Italia per le attività domestiche e a favore dei familiari, per il 71% a carico, appunto, delle donne.
A proposito, la Fondazione Moressa ha poi calcolato che il lavoro delle donne in Italia, dove il tasso di occupazione femminile è salito al 48,8% in giugno (record) vale 614 miliardi di euro all'anno, pari al 41,6% del Pil. E la stessa Fondazione ha stimato che se i 4,3 milioni di casalinghe che potrebbero farlo, cioè con età compresa tra i 15 e i 60 anni, entrassero nel mondo del lavoro, il tasso d'occupazione femminile arriverebbe al 70,3% e il Pil, cioè la produzione nazionale di ricchezza, aumenterebbe di 268 miliardi all'anno (+18%).
Come pubblicato dal Sole 24 ore alla vigilia di Ferragosto, la Fondazione Moressa ha anche disaggregato i dati per regioni.
Così, emerge che se tutte le 213.000 casalinghe potenziali lavoratrici del Piemonte avessero un'occupazione retribuita il tasso d'occupazione femminile regionale salirebbe dal 58,2% al 73,7%, mentre in Liguria, che ha 85.000 casalinghe in età da lavoro, passerebbe dal 54,3% al 72,3% e in Valle d'Aosta (6.000 casalinghe tra i 15 e i 60 anni) dal 61,8% al 75,6%.
I benefici economici per il Nord Ovest sarebbero enormi. Si può intuire, già ricordando l'entità del Pil 2015 (ultimo dato ufficiale disponibile) delle nostre tre regioni: 127,443 miliardi di euro per il Piemonte (28.870 euro pro capite), 48,008 miliardi per la Liguria (30.438 euro a persona) e 4,384 miliardi per la Valle d'Aosta (34.301 euro per abitante).
Naturalmente, i benefici andrebbero a tutta l'Italia, dato che il Piemonte contribuisce alla formazione del 7,8% della ricchezza nazionale annuale, la Liguria per il 2,9% e la Valle d'Aosta per lo 0,3%.
E' impossibile che tutte le casalinghe potenziali lavoratrici, sia del Nord Ovest che del resto del Paese, decidano di cercare e trovino un'occupazione retribuita; però, se lo facesse anche una parte, il risultato economico sarebbe certamente molto positivo. Comunque, il tasso d'occupazione femminile in Italia è ancora in crescita, dopo che 2016 aveva già toccato il massimo del 48,1%, a fronte del 47,2% del 2015, il 46,8% del 2014 e il 46,5% dell'anno ancora precedente.


News di Ferragosto

Qualora fossero sfuggite, ecco alcune notizie di carattere nazionale, ma che, in quanto tale, riguardano anche il Nord Ovest.

EVASIONE - Nel 2016, la Guardia di Finanza ha scoperto altri 8.343 evasori totali o paratotali, portando così a poco meno di 131.000 il totale delle sue “prede” dal 2001. Che, però, diventano circa 550.000 se si aggiungono i lavoratori in nero o irregolari scovati dalle Fiamme Gialle, da allora (19.215 nel solo anno passato).
Un'attività, quella della Guardia di Finanza, che ha fatto emergere imponibili non dichiarati per un valore superiore ai 562 miliardi: in media 96,2 milioni al giorno negli ultimi 16 anni. Lo ha riferito la Cgia, l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre, ricordando che una cosa è l'imponibile accertato (cioè quanto si dovrebbe pagare al Fisco) e un'altra è la riscossione effettiva, ovvero quanto viene effettivamente incassato dall'Erario dopo i vari livelli di giudizio.
Comunque, da qualche tempo, l'incidenza della riscossione sull'accertato di competenza è in costante aumento e, nel 2016, ha raggiunto il picco del 20,5%, quota corrispondente a 13,2 miliardi di euro e che non include il gettito di 4,3 miliardi derivati, l'anno scorso, dalla voluntary disclosure.
Riportando questi dati, la Cgia ha ricordato che l'Istat stima in oltre 194 miliardi all'anno il valore aggiunto annuale dell'economia sommersa nel nostro Paese, pari al 12% del Pil. Di questi 194,4 miliardi, il 50,9% (99 miliardi) è ascrivibile a forme di sottodichiarazione dei redditi da parte degli operatori economici, il 39,7% (77,2 miliardi) al lavoro irregolare e il restante 9,4% (18,2 miliardi) ad altre forme di evase, come, per esempio, gli affitti in nero.

CANONE RAI – Ancora a proposito di evasione, il Corriere della Sera del 13 agosto ha pubblicato
che, come riferito dall'Agenzia delle Entrate, il nuovo sistema di pagamento del canone Rai, attraverso la bolletta elettrica, nel 2016, ha fatto pagare il canone a 5,6 milioni di soggetti, i quali non l'avevano fatto prima. Così gli utenti in regola sono saliti a 22,2 milioni, il 34% in più rispetto al 2015, e la Rai ha incassato mezzo miliardo di euro in più.
In seguito alla soluzione anti-evasione della bolletta elettrica, il numero dei contribuenti che hanno versato il canone Rai è aumentato di quasi il 50% nelle Isole e addirittura del 68% in Campania, la quale ha fatto segnare il record nazionale (in un anno, si sono avuti 736.000 abbonati in più). In Calabria, l'incremento è stato del 57,3%, pari a 666.000 canoni in più.
L'evasione del canone Rai, però, era diffusa anche nell'Italia del Nord, dove, nel 2016, sono usciti fuori 2,5 milioni di nuovi abbonati, aumentati perciò del 30,5%, quota superiore a quella delle regioni del Centro (+26,8%); fra l'altro, in Lombardia e in Piemonte non pagava un utente su tre. Unica eccezione virtuosa s'è rivelata la provincia di Bolzano: qui, il canone in bolletta non ha cambiato la situazione; il numero degli abbonati 2016 è risultato quasi identico a quello dell'anno prima (2.000 canoni in più).

FISCO LOCALE – L'anno scorso, per il contribuente tipo abitante nei capoluoghi di regione, le imposte e addizionali locali sono state un po' meno pesanti rispetto al 2015. Infatti, mediamente, ha pagato 4.482 euro, a fronte dei 4.891 dell'anno prima. Però, ha versato 846 euro più che nel 2011, quando l'esborso è stato inferiore del 23,3% e, quindi, di 846 euro.
A rivelarlo è stata la Confcommercio, dopo uno studio basato su dati del ministero dell'Economia e delle Finanze e dell'Agenzia delle Entrate.
Fra l'altro, nello studio si trova che il contribuente tipo, 2016, ha pagato addizionali e imposte locali per 4.577 euro a Genova, 4.366 euro a Torino e 3.731 euro ad Aosta. Il capoluogo valdostano, tuttavia, ha evidenziato il maggior incremento percentuale tra quelli del Nord Ovest, facendo segnare un +46,5% rispetto al 2011 (2.547 euro), mentre sotto la Mole l'aumento è stato del 29,3% (3.377 euro) e del 22,1% all'ombra della Lanterna (3.750 euro).

FRODI CREDITIZIE – Sono stati 26.100 i casi di frode creditizia o emissione di cambiali e assegni a nome altrui perpetrati, nell'anno passato, mediante furto di identità. Lo ha denunciato il Crif – gruppo italiano indipendente, specializzato in sistemi di informazioni creditizie e leader europeo nel setre - aggiungendo che questo fenomeno è in crescita (23.500 i casi del 2015) e ha comportato una perdita economica di 152 milioni di euro nel solo 2016.
Nonostante questo, secondo il Crif, le frodi creditizie, effettuate utilizzando illecitamente i dati personali e finanziari rubati, al fine di ottenere credito o acquisire beni con l'intenzione premeditata di non rimborsare il finanziamento e non pagare il bene, sono generalmente considerate meno delle rapine ai danni delle banche, “crimine per il quale l'allarme sociale appare ben più elevato, malgrado una casistica ben più contenuta, oltre che in sensibile contrazione” (le rapine sono state circa 300, il 28% meno che nel 2015).
Il 64,3% delle frodi creditizie riguarda il prestito agevolato, il 18,5% le carte di credito.

LA FONTE TURISTICA – Secondo la nuova indagine specifica della Banca d'Italia, nel 2016, la spesa dei viaggiatori stranieri nel nostro Paese è stata di 36,4 miliardi di euro, con un incremento del 2,3% sul 2015, tasso leggermente superiore a quello delle entrate mondiali dal turismo e tale da migliorare leggermente la nostra quota di mercato. Le vacanze nelle città d'arte si sono confermate le più richieste dagli stranieri, i quali, come seconda meta principale hanno avuto il mare.
Quanto, ai turisti italiani hanno speso 22,5 miliardi per i loro viaggi all'estero, il 2,4% più che nel 2015. Quindi, il saldo della bilancia turistica dei pagamenti è risultata positiva per quasi 14 miliardi, pari allo 0,8% del Pil, a prezzi correnti, e il più alto degli ultimi dieci anni.
L'analisi di Banca d'Italia ha evidenziato che, a livello mondiale, i turisti stranieri sono stati 1,235 miliardi (+3,9% rispetto al 2015) e hanno fatto registrare entrate per 1.089 miliardi (+2%).
Per quantità di entrare da viaggi internazionali, l'Italia si è piazzata al sesto posto nella graduatoria mondiale, con una quota pari al 3,3% del mercato turistico globale. In testa alla classifica si sono confermati gli Usa (entrate per 186,9 miliardi e quota del 17,2%), seguiti, nell'0rdine, da Spagna (54,6 miliardi e 5%), Thailandia (45,1 miliardi e 4,1%), Cina (40,2 miliardi e 3,7%) e Francia (38,5 miliardi e 3,5%). L'Italia ha preceduto, fra gli altri, Regno Unito (35,8 miliardi e 3,3%), Germania (33,8 miliardi e 3,1%), Hong Kong (29,6 miliardi e 2,7%) e Australia (29,8 miliardi e 2,7%).
Nella top ten mondiale per numero di turisti stranieri, l'Italia figura in quinta posizione con 52,5 milioni. La medaglia d'oro è andata alla Francia con 81,1 milioni (-4% rispetto al 2015, per effetto degli attacchi terroristici), l'argento agli Usa (75,7 milioni e -2,3%) e il bronzo alla Spagna (75,6 milioni e +10,4%). Il quarto posto è stato attribuito alla Cina, per i suoi 59,3 milioni (+4,2%). Sesti, a pari merito con 35,6 milioni ciascuno, sono finiti il Regno Unito (+3,4%) e la Germania (+1,7%).



Quattroruote, Liguria pecora nera

Liguria pecora nera del mercato automobilistico del Nord Ovest. Il Piemonte, invece, è la regione italiana che ha fatto registrare il maggior incremento percentuale di immatricolazioni di vetture nuove nei primi sette mesi di quest'anno. In Liguria, dall'inizio di gennaio alla fine di luglio, sono state consegnate 22.646 targhe nuove, il 2,3% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso; mentre, in Piemonte, le nuove immatricolazioni sono state 145.576, il 34,9% in più. Una crescita, quella della regione subalpina, che vale il primato nazionale. Il secondo maggior incremento (20,1%) è stato fatto segnare dalla Valle d'Aosta, grazie alle sue 39.928 nuove immatricolazioni.
L'aumento medio italiano è stato dell'8,6% (1.282.563 le auto nuove acquistate nei primi sette mesi 2017). Dato che attribuisce ai tassi delle tre regioni del Nord Ovest significati ancora maggiori, positivamente e negativamente. Anche perché le vendite di auto rappresentano un indicatore rilevante dell'andamento della domanda interna e, perciò, dell'economia nel suo complesso.
Per il Piemonte, quindi, il boom automobilistico manifesta un miglioramento congiunturale e una ripresa della fiducia; mentre lo stesso non si può certo dire per la Liguria (la Valle d'Aosta è un caso a parte, perché qui vengono a immatricolare anche da fuori regione, per via del miglior trattamento fiscale, come in Alto Adige).
Comunque, insieme, le tre regioni del Nord Ovest - Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta - ha registrato 208.150 immatricolazioni di vetture nuove nei primi sette mesi di quest'anno, 44.842 e il 27,5%  più che nel corrispondente periodo 2016.

Entro ottobre 87.500 nuove assunzioni

Unioncamere, l'unione nazionale delle Camere di commercio, ha comunicato che le imprese private dell'industria e dei servizi hanno previsto 875.570 nuove assunzioni,  nel periodo agosto-ottobre 2017, in tutta l'Italia e che il 10% di queste riguardano il Nord Ovest (precisamente 87.480). Secondo l'indagine Excelsior, nel trimestre considerato, le nuove entrate nel mondo del lavoro privato dovrebbero essere 65.130 in Piemonte (70,7% nel vasto settore dei servizi e e il 29,3% nell'industria), 19.880 in Liguria (quore rispettivamente del 73,1 e 26,9%) e 2.470 in Valle d'Aosta (80,4% nei servizi).
Che le previsioni vengano rispettate non è detto; anche perché, come precisato dalla stessa Unioncamere, vanno considerate le difficoltà di reperimento del personale ricercato. Il tasso di difficoltà è del 26,7% in Piemonte, del 25,8% in Liguria e del 19,5% in Valle d'Aosta (24,2% è la media nazionale).
Dall'analisi Excelsior, fra l'altro, emerge che, nel nostro Paese, tra agosto e la fine di ottobre, il 15,4% delle ricerche pianificate si rivolgerò prevalentemente alle donne, il 28,8% agli uomini e il 55,8% a entrambi i generi, indifferentemente; quanto all'età, per il 34,2% saranno preferiti i giovani.
Inoltre, due assunzioni su tre sono nei piani delle imprese con meno di 50 dipendenti, mentre il 22% delle ricerche di personale sarà avviato da aziende che hanno dai 50 ai 250 dipendenti.

Venchi prima cuneese in Borsa?

Il quotidiano finanziario Mf, una decina di giorni fa, ha scritto che Daniele Ferrero, il numero uno della rinata Venchi, sta pensando seriamente di quotare in Borsa la società di Castelletto Stura (Cuneo). “E' una possibilità concreta” ha dichiarato Daniele Ferrero, aggiungendo che lo sbarco a Piazza Affari potrebbe avvenire nel 2019. Molto prima di quanto pensasse fino a poco tempo fa. Cosa è cambiato da allora? L'arrivo e il boom dei Pir-Piani individuali di risparmio, i nuovi strumenti finanziari che agevolano, fiscalmente, la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso le piccole e medie imprese italiane quotate.
La Venchi, che produce un'ampia gamma di golosità a base di cioccolato (fra l'altro, gianduiotti, praline e gelati) è in forte sviluppo. Per quest'anno, ha l'obiettivo di fatturare 80 milioni, a fronte dei 63 del 2016, i 54,3 del 2015, i 46,5 del 2014e i 30 di dieci anni fa. Inoltre, conta di avere un margine operativo lordo di 20 milioni, 4 in più rispetto al 2016, quando ha conseguito un utile netto di 6,5 milioni (4,9 nel 2015 e 4,2 nell'esercizio precedente).
E' prevista anche l'assunzione di altre cento persone, “la metà delle quali all'estero” ha riferito Daniele Ferrero a Giuseppe Bottero de La Stampa, nel marzo scorso, aggiungendo che la Venchi conta già 590 dipendenti e oltre 60 “botteghe” sparse per il mondo, secondo un modello che si ispira alla belga Godiva. Gli investimenti si aggirano sui 5 milioni all'anno.
Costituita nel 1878 da Silviano Venchi, a Torino, l'omonima azienda è stata rifondata nel 1998 da Daniele Ferrero, allora trentenne, proveniente dalla McKinsey, nella quale era entrato dotato anche di un Mba Insead e della formazione all'Università di Cambridge e della Scuola internazionale di Ginevra.
Daniele Ferrero possiede il 27% della Venchi, della quale è presidente e amministratore delegato; il 24% fa capo al vice presidente Nicolò Cangioli, il 12% a Giovanni Battista Montelli, direttore commerciale. Azionisti, con il 12% ciascuno, sono pure Pietro Boroli (gruppo De Agostini), Marcello Comoli e Luca Baffigo Filangieri.
Attualmente, il listino della Borsa di Milano non presenta alcuna società cuneese. E anche in passato è stato così. Non si ricordano quotate cuneesi. Nonostante che la Provincia Granda possa vantare imprese, grandi e medie, con tutte le caratteristiche opportune per essere trattate in Piazza Affari: adeguatezza dei volumi d'affari, di redditività, piani di sviluppo, posizioni di mercato, corporate governance, management.






Sanremo promuove "Lady Amer"

Normalmente, la Liguria è avara anche di riconoscimenti ai suoi migliori abitanti. Propensi più a invidiare che ad ambire, più a criticare che a fare, i liguri tendono a sminuire i meriti, soprattutto dei propri concittadini, piuttosto che a valorizzarli. Per questo, appaiono degne di particolare considerazione iniziative come quella tradizionale della Famija Sanremasca, che, ogni anno, attribuisce l'onorificenza di “Console del mare” a due esponenti della comunità locale che si sono particolarmente distinti. Una manifestazione che, fra l'altro, contribuisce a far conoscere, o a diffondere la conoscenza di talenti ed eccellenze.
E' il caso di Barbara Amerio, uno dei due “Consoli del mare” 2017 (l'altro è Ivo Ballestrieri). Barbara Amerio, dirige, con il fratello Rodolfo, la Permare, impresa fondata dal padre Fernando, negli anni 70, a Sanremo, dove è meno nota che a livello internazionale. Permare, infatti, produce e commercializza, un po' ovunque, super yacht con il marchio Amer (gamma da 86 a 116 piedi), molto apprezzati, come confermano anche i premi ricevuti e ognuno diverso dagli altri, perché personalizzato. 
Proprio per il valore delle “creazioni” della Permare (fra l'altro, all'ultimo Cannes Yachting Festival, l'Amer Cento Quad ha ricevuto il premio quale “Yacht più innovativo dell'anno”) e per le sue qualità personali, Barbara Amerio è stata scelta come “Ambasciatore del design italiano”, in occasione della manifestazione organizzata, in Kuwait,dal ministero dello Sviluppo economico e dall'Istituto per il commercio estero (Ice), per promuovere “il bello e ben fatto” del nostro Paese.
Diplomata alla Uk Maritime training Academy, Barbara Amerio, che alcuni chiamano “Lady Amer”, poliglotta (parla inglese, francese, tedesco e russo), è presidente del settore super yachts dell'Ucina e della sezione nautica di Confindustria Imperia, oltre che consigliere di Assonautica e della stessa Ucina.
In una intervista a “Gente di Mare”, l'anno scorso, Barbara Amerio ha riferito che sono già più di 80 le imbarcazioni varate da Permare e che il l'impresa ha un fatturato medio di otto milioni all'anno. Permare fa anche rimessaggio e manutenzione, attività svolte nel Cantiere Sanremo Ship a Portosole e nel nuovo Cantiere del Mediterraneo a Bussana.



Erg da record in Borsa

Erg da record in Borsa. Dopo la diffusione dei risultati conseguiti nel primo semestre di quest'anno e delle buone previsioni relative all'intero esercizio, Erg ha chiuso la settimana da star di Piazza Affari. L'ultimo contratto di venerdì 11 ha fissato a 12,79 euro il prezzo dell'azione del gruppo genovese dei Garrone-Mondini, con un incremento dell'1,9% sul giorno precedente. Ma il titolo è stato scambiato anche a 12,82 euro, solo un paio di centesimi in meno rispetto al record storico di due anni fa e, comunque, ben superiore a 9,95 euro dei primi di gennaio.
Così, ora, la capitalizzazione della Erg, che può vantare una performance annuale del 25%, al listino milanese supera quota 1,9 miliardi.
Certamente le ultime quotazioni sono conseguenti alla conferma che il bilancio 2017 dovrebbe riportare un margine operativo lordo di circa 430 milioni (258 nel primo semestre) e un indebitamento netto di 1,450 miliardi, perciò inferiore di un centinaio di milioni a quello di fine 2016, pur tenendo conto dei 140 milioni destinati agli investimenti, prevalentemente per l'ulteriore crescita nell'eolico. Intanto, al 30 giugno, l'indebitamento netto consolidato è già calato di 43 milioni a 1,514 miliardi.
E l'utile netto ottenuto dall'inizio di gennaio alla fine di giugno, quando sono stati registrati ricavi totali per 543 milioni, è stato di 87 milioni, il 17% in più rispetto ai 74 milioni del corrispondente periodo dell'anno scorso.
Proprio il 2016, comunque, è storico per la grande impresa genovese. Infatti, l'anno scorso, è giunto a termine il profondo processo di trasformazione del gruppo Erg, passato da primario operatore petrolifero privato italiano a primario attore indipendente nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia programmabili (termoelettrica e idroelettrica) sia non programmabili (eolica), espandendosi anche all'estero.
Oggi, il gruppo Erg ha la leadership nazionale e un posizionamento di primo piano in Europa, nel mercato eolico; è tra i maggiori produttori di energia idroelettrica nel Paese e, fra l'altro, è un attore nella produzione termoelettrica a basso impatto ambientale. Il suo sviluppo è in accelerazione, tendenza che il vertice dell'impresa intende mantenere, come lasciano intuire anche la recente nomina di Sergio Chieroni a nuovo responsabile dello sviluppo business del Gruppo e il debutto nel mercato obbligazionario con l'emissione da 100 milioni di euro per gli investitori istituzionali, iniziative entrambe di luglio.
Presidente della Erg è Edoardo Garrone, 56 anni il prossimo 30 dicembre, 5 figli, numero uno anche degli Consiglio di sorveglianza della San Quirico, la holding finanziaria delle famiglie Garrone e Mondini, che possiede il 55,6% della Erg (Unicredit ha il 4%). Erg nel cui portafoglio si trova anche il 51% della TotalErg. Numerosi i suoi incarichi attuali e in passato. Fra l'altro, è stato presidente della Sampdoria, dei Giovani Imprenditori di Confindustria, vice dell'Associazione Industriali di Genova, membro del di consiglio di amministrazione di diverse società, tra le quali Il Sole 24 Ore e la Pininfarina, e di enti quali il Gaslini.
Vice presidente esecutivo della Erg e presidente del comitato strategico della stessa, è il fratello Alessandro, classe 1963, tre figli. Oltre a varie responsabilità nel Gruppo, Alessandro Garrone è membro di Giunta dell'Unione Petrolifera, del Consiglio generale di Confindustria Emergia, consigliere della Banca Passadore, console onorario del Messico a Genova e, fra l'altro, presidente della Fondazione Edoardo Garrone.
Il vertice della Erg è formato anche dal vice presidente Giovanni Mondini e dall'amministratore delegato Luca Bettonte.




Alimenti estivi, bronzo a Torino

La provincia di Torino al terzo posto, in Italia, per il maggior numero di imprese artigiane produttrici di cibi di qualità, genuini e“salva linea”, destinati prevalentemente al consumo estivo: gelati, pizza, street food e da asporto, olio d'oliva, birra. Per il Nord Ovest, è l'unica notizia positiva che se trova nel comunicato della Confartigianato nazionale relativo a una ricerca specifica, dalla quale, fra l'altro, è emerso che per questi alimenti si spendono, nel nostro Paese, 9,7 miliardi all'anno e che sono 46.566 le relative aziende artigiane produttrici, dotate di 90.900 addetti.
Alla provincia di Torino sono state attribuite 1.892 aziende produttrici in questo particolare comparto del settore alimentare, a fronte delle 2.053 della provincia di Milano, al secondo posto, e le 2.982 di Roma, in testa. Torino, però, precede anche Napoli (1.766) e Bari (1.013).
Ancora meno positiva, per il Nord Ovest, la classifica su base regionale: Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta non figurano nelle prime sette posizioni, occupate, invece, da Lombardia (6.837 imprese artigiane produttrici di cibi estivi all'italiana), Emilia-Romagna (4.455), Sicilia (4.255), Lazio (4.096), Veneto (3.895) e Campania (3.863).
Secondo lo studio della Confartigianato, il mercato degli alimenti di qualità, destinati soprattutto al consumo estivo, è formato innanzi tutto dall'olio d'oliva, per il quale è stata stimata una spesa nazionale di 3,048 miliardi (118 euro per famiglia), mentre per la pizza si sborsano 2,983 miliardi (115 euro a famiglia), oltre un miliardo più che per i gelati (1,849 miliardi, con una media familiare di 72 euro). Quanto alla birra, se ne beve per 1,828 miliardi (71 euro a famiglia).
Grazie anche a questi prodotti, l'Italia è il Paese che presenta la minore quota di obesi (9,8% della popolazione adulta) tra quelli che si affacciano sul Mediterraneo e si piazza al terzo posto tra gli Stati dell'Ocse, la cui media è invece del 19,5%. Il record della popolazione più snella è stato assegnato al Giappone e la medaglia d'argento alla Corea del Sud.


Under 35: prima Imperia, ultima Biella

In aumento i giovani che provano a diventare imprenditori. Sarà perché non trovano un lavoro soddisfacente, o perché la paga proposta è indecente, o perché non hanno alternative valide, o perché sperano che un'attività in proprio sia più proficua e gratificante, o, magari, perché c'è un risveglio dello spirito d'iniziativa personale; sta di fatto che, nel primo semestre di quest'anno, il Nord Ovest ha registrato la crescita di 3.546 aziende di under 35 a fronte delle 36.965 censite da Unioncamere nell'intera Italia.
Al 30 giugno, pertanto, sono risultate 53.492 le imprese di giovani con meno di 35 anni iscritte alle Camere di commercio dell'area formata da Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e 566.268 in tutto il Paese, dove sono arrivate a rappresentare il 9,3% del sistema.
Nella prima parte di quest'anno, quando il 30,4% delle nuove imprese entrate nei registri camerali era di aziende di under 35 (quasi una su tre), il tasso di crescita di è stato del 6,1% a livello nazionale. In particolare, la media piemontese è stata sostanzialmente identica, mentre in Liguria è stata del 6,5% e addirittura del 7,3% in Valle d'Aosta.
In Piemonte, nel semestre, le imprese giovanili sono aumentate di 2.555 unità, diventando, a fine giugno, 39.268 (9% delle aziende iscritte alle Camere di commercio); in Liguria la crescita è stata di 905, portando il totale a 13.110 (8,1%) e in Valle d'Aosta il saldo tra nuove iscritte e cancellate è risultato positivo per 86, così che al 30 giugno sono ammontate a 1.114, pari all'8,8% dell'insieme delle attive.
Aosta, con il suo 7,2%, è finita seconda nella graduatoria delle province del Nord Ovest che hanno evidenziato i maggiori tassi di crescita delle imprese giovanili dall'inizio di gennaio alla fine di giugno. A fare meglio è stata soltanto la provincia di Imperia, in testa grazie al suo 7,7% (2.153 le aziende under 35 iscritte e saldo positivo per 175). Terza la Spezia con il 6,9% (1.898 iscritte al 30 giugno e + 139 di saldo).
Seguono, nell'ordine: Asti con il 6,9% (2.075 iscritte e + 131), Savona con il 6,6% (2.557 e +182), Torino con il 6,4% (20.759 e +1.430), Verbania con il 6,3% (1.119 e +76), Vercelli con il 6,2% (1.491 e +99), Genova con il 5,9% (6.502 e+409), Alessandria con il 5,8% (3.313 e+208), Cuneo con il 5,6% (6.260 e +378), Novara con il 4,8% (2.999 e +156) e, ultima, Biella con il 4% (1.312 e +57).
Inferiori alla media nazionale, pertanto, sono stati i tassi di crescita delle province di Genova, Alessandria, Cuneo, Novara e Biella.


Entrate dai giochi, primo calo

Primo calo dell'incasso erariale dai giochi. La notizia, sorprendente, è contenuta nel freschissimo comunicato del ministero dell'Economia e delle Finanze. Nella nota diramata il 7 agosto, relativa alle entrate tributarie di gennaio-giugno 2017, il Mef ha riportato che le entrate derivanti dai giochi sono state pari a 7 miliardi,80 milioni in meno rispetto al primo semestre del 2016. Non si ricorda un precedente del genere. Questa fonte fiscale è sempre stata copiosa e crescente, nonostante le promesse di contenimento e la marea di proteste per i danni, non soltanto economici, che i vari giochi d'azzardo legalizzati – lotterie, gratta e vinci, slot machines, video poker e così via - provocano a individui, famiglie e alla società. Un male con milioni di vittime.
Tornando ai tributi. Dal primo giorno di gennaio all'ultimo di giugno 2017, le entrate erariali sono ammontate a 205,168 miliardi, con l'ennesimo incremento, che questa volta è dell'1,5% rispetto al corrispondente periodo 2016.
Le imposte dirette sono state pari a 110,6 miliardi, dei quali 88,7 dovuti all'Irpef, il cui gettito è aumentato del 2,7% “per effetto dell'andamento positivo delle ritenute da lavoro dipendente e da pensioni” (+1,2 miliardi). Le imposte indirette sono state di 94,5 miliardi (+3%), somma alla quale l'Iva ha contribuito per 56,1 miliardi (+4,6%).

Da segnalare, inoltre, che sono cresciute del 7% le imposte sulle transazioni immobiliari, mentre sono diminuite dell'1,1%, a 4,2 miliardi, le entrate da accertamenti e controlli (la lotta all'evasione continua a vedere il fisco in difficoltà).