Banche, Piemonte in controtendenza

Spesso, essere i primi a incominciare comporta più difficoltà e magari un sacrificio maggiore: ma, almeno in alcuni casi, risulta un vantaggio. Una prova si trova in un freschissimo rapporto della Banca d'Italia sull'occupazione bancaria nel nostro Paese, argomento molto attuale e altrettanto doloroso, visti i continui annunci di drastici tagli ed esuberi, ultimi quelli delle banche venete passate a Intesa Sanpaolo.
Bene, Banca d'Italia ha rilevato che il Piemonte è l'unica regione italiana ad avere avuto un aumento dell'occupazione bancaria tra il 2010 e il 2016. Effetto del fatto che proprio il Piemonte ha segnato l'avvio della profonda e dolorosa ristrutturazione del sistema creditizio. Le altre regioni sono partite dopo. Ecco una ragione della crescita dei bancari in Piemonte, che sono 30.589 al 31 dicembre 2016, il 4,5% in più rispetto alla stessa data del 2010.
Tutte le altre regioni presentano confronti negativi: dal minimo del 3,5% della Lombardia (non casuale) al 25,2% dell'Abruzzo, quella che ha perso più dipendenti di banca di qualsiasi altro territorio. La diminuzione media italiana è stata dell'8,1%, tale da portare sotto il livello dei 300.000 il totale dei dipendenti di banca a fine 2016 (per la precisione: 299.696).
Superiore alla media nazionale è la perdita dell'occupazione bancaria in Liguria, scesa dell'11,8%, a 7.447 unità; mentre è stata contenuta nel 5,2%, sempre rispetto al 2010, quella della Valle d'Aosta, che a fine anno contava 494 bancari, dei quali 484 addetti allo sportelli. Qui, gli sportellisti sono addirittura aumentati del 3,5% negli ultimi sei anni, unico caso in tutto il Paese. In Piemonte, gli sportellisti sono calati del 9,2%, a 15.585 e in Liguria a 5.602 (-12,9%).
Che il Piemonte evidenzi un calo degli addetti allo sportello e, nello stesso periodo, un aumento del totale dell'occupazione bancaria, non è contraddittorio. Il fenomeno si può spiegare con la constatazione che il sistema creditizio piemontese è dotato di banche solide, competitive e più aggreganti che prede. Chi acquisisce o incorpora, normalmente taglia posti di lavoro negli istituti comprati ma li aumenta nelle proprie sedi direzionali, per far fronte alla crescita delle attività e dell'operatività.
Al 31 dicembre scorso, le banche con sede amministrativa in Piemonte erano 29 (18 spa, 9 bcc e 2 filiali di banche estere), in Liguria 4 (3 spa e 1 filiale di banca estera), mentre la Valle d'Aosta aveva un'unica bcc (banca di credito cooperativo). Nella stessa regione, però, operavano complessivamente 17 banche con 95 sportelli; mentre le banche in attività erano 79 in Piemonte con 2.364 sportelli e 51 in Liguria con 822 sportelli.

Aziende liguri tardano a pagare

Nel Nord Ovest, sono liguri le imprese meno puntuali nel pagare i fornitori. Il fenomeno emerge dall'ultima analisi specifica fatta da Cribis, società del gruppo Crif, leader nei sistemi di informazioni creditizie. Il censimento aggiornato a giugno 2017, infatti, evidenzia che le imprese liguri che pagano entro i termini pattuiti sono il 32,1%, mentre sono il 36,4% in Piemonte e il 37,4% in Valle d'Aosta. Fra l'altro, la media delle aziende liguri puntuali a saldare le fatture alla scadenza prestabilita è inferiore a quella nazionale, che è del 36,4%, identica a quella piemontese.
Le liguri hanno anche il primato negativo locale dei ritardi gravi, considerati tali i pagamenti effettuati dopo più di un mese dalla scadenza. Secondo Cribis-Crif, la quota delle aziende liguri in grave ritardo nel saldare le fatture è pari al 10,8%, contro il 9,7% delle valdostane e l'8,6% delle piemontesi. In tutte le tre regioni del Nord Ovest, comunque, la percentuali dei ritardi gravi è inferiore all'11,01% che rappresenta la media nazionale.
A livello italiano, nel secondo trimestre 2017, per la prima volta da sei anni, si è registrato un miglioramento della puntualità dei pagamenti dei fornitori da parte delle imprese committenti. La quota dei pagamenti nei termini pattuiti è aumentata del 2,8% rispetto al 2016. Altro fattore positivo: sta diminuendo, a ritmo sostenuto, (-16% nell'ultimo anno) la percentuale delle aziende che pagano con ritardi gravi.
Le tre regioni che possono vantare le quote più elevate di aziende puntuali nel saldare i fornitori sono il Veneto (46,1%), l'Emilia-Romagna (45,5%) e la Lombardia (45,2%). All'ultimo posto, invece, si trova la Sicilia con il 19,7%. E proprio quest'ultima è anche la regione che presenta il secondo tasso più elevato di imprese con ritardi gravi di pagamento (20,4%), preceduta di pochissimo dalla Campania (20,5%. Con il 19,4% è poi terza la Calabria.

Fondazioni e falsi mecenati

In queste settimane, si stanno celebrando i 25 anni di vita delle fondazioni di origine bancaria, quelle "strane" istituzioni nate con la Legge Amato. Un po' in tutta l'Italia, numerose fondazioni raccontano quanto hanno erogato in favore delle loro comunità di riferimento. Fra l'altro, è stato ricordato che le 88 fondazioni attive nel nostro Paese, insieme, hanno distribuito oltre 20 miliardi, dal 2000 al 2016. E, nell'occasione, qualcuno ha definito le fondazioni di origine bancaria "i nuovi mecenati".
Titolo appropriato per certi aspetti, cioè se riferito agli enti che promuovono e sostengono arte e cultura, istruzione e ricerca scientifica, salute pubblica e volontariato, sviluppo economico e diverse altre finalità sociali; ma che è del tutto fuori luogo quando viene riferito ai presidenti piuttosto che ai consiglieri e ai direttori o segretari generali delle fondazioni.
Gli amministratori delle fondazioni, a partire dai vertici, non sono i nuovi mecenati. E' vero che sono loro che deliberano gli stanziamenti, che finanziano progetti e iniziative, con cifre che vanno da poche centinaia di euro a milioni di euro. Ma i soldi che fanno uscire dalle casse sono soldi delle fondazioni e non loro, non escono dai portafogli personali. Li sborsassero loro, allora sì che potrebbero farsi ritenere e chiamare mecenati.
Alcuni presidenti e amministratori di fondazioni non evitano di farsi considerare mecenati e, in qualche caso, si comportano come se lo fossero davvero: tagliano nastri, intervengono da protagonisti, accettano riconoscimenti personali, organizzano manifestazioni autoreferenziali e autocelebrative, consentono che la persona sia identificata con l'ente gestito pro tempore. Sono falsi mecenati.
Naturalmente, una parte non va confusa con il tutto. Ci sono stati, e forse ci sono ancora, presidenti e consiglieri, che non soltanto hanno sempre rinunciato a incassare l'emolumento previsto, ordinandone l'intera devoluzione ad associazioni di beneficenza, ma hanno rinunciato a qualsiasi forma di promozione individuale e quando hanno voluto fare del mecenatismo lo hanno fatto con il denaro proprio, magari pretendendo l'anonimato.
Un grande avvocato, che è stato presidente di una grande fondazione nazionale, tra le maggiori in Europa, diceva due cose: "Le fondazioni vanno servite, mentre non ci si deve servire delle fondazioni, mai"; "Al vertice delle fondazioni non ci si candida; ma bisogna essere chiamati" (sottinteso: per capacità e doti).
Come è facile intuire, quel presidente ha fatto un unico mandato. Alla vigilia della scadenza, è stato convocato dal sindaco che lo aveva designato e gli è stato detto che era opportuno cambiare, ringiovanire (allora non si parlava ancora di rottamazione). Con eleganza, immediatamente, quel presidente si è ritirato, lasciando libero il campo, senza alcuna polemica.
I patrimoni delle fondazioni di origine bancaria sono delle fondazioni, di nessun altro soggetto: non degli enti locali e delle altre istituzioni, che ne designano i componenti degli organi statutari. Sono tesori che vanno gestiti con il massimo scrupolo e con la diligenza del buon padre di famiglia, con il maggiore senso di responsabilità possibile, con una cura superiore a quella che si dedica alle proprie risorse personali. Altro che mecenatismo.
Lo stesso dovrebbe valere per le imprese che hanno più soci, come per tanti amministratori pubblici e politici Troppo facile e comodo fare i generosi con i soldi di altri.

Curiosità

IL QUADRIFOGLIO DI BOLAFFI - Non soltanto in Italia, Bolaffi è quasi sinonimo di filatelia. Nata nel 1890, a Torino, Bolaffi oggi è un'impresa di riferimento nel panorama del collezionismo nazionale e internazionale. Con il tempo, alla filatelia ha affiancato la numismatica e poi tutti gli ambiti del collezionismo, compresi quelli di nicchia: manifesti, documenti antichi, dipinti, arredi, gioielli ...
Bolaffi, dunque, è molto conosciuto per la sua attività; ma, forse pochi sanno, che appartiene alla famiglia Bolaffi una tenuta, tra le più belle, che ospita un grande e prestigioso centro ippico dotato di tutte le infrastrutture necessarie per praticare, a ogni livello e con istruttori federali di primo piano, ogni disciplina equestre. Questa tenuta, 60 ettari sulle colline di Sciolze e Rivalba, a 20 chilometri da Torino, si chiama il Quadrifoglio e ospita, dal 1973, l'omonimo Riding & Country Club (presidente onorario è Nicoletta Bolaffi).
Qui, fra l'altro, si allevano cavalli vincenti e la scuola di equitazione, a partire dalla Pony, è tra le più prestigiose. Proprio all'inizio di luglio, un giovane torinese di 11 anni, Leopoldo Petrini, in sella a "Pioggi che va", ha vinto il campionato italiano Poni fino a 138. Leopoldo Petrini, che pochi giorni prima aveva conquistato la medaglia d'argento ai campionati piemontesi e che ha come istruttore Anita Calafiore, è un talento de L'Isola ce non c'è, l'associazione sportiva che gestisce la scuola di equitazione del Quadrifoglio. 

POLVERE D'OLIO - Un'altra creazione, innovativa e gustosa, da parte della Fratelli Carli. L'antica e rinomata Casa olearia imperiese, si appresta a lanciare "D'O Polvere d'olio by Davide Oldani", che - come si legge sul contenitore - è "una polvere preziosa, morbida e fragrante, che saprà trasformare i piatti in piccoli capolavori". Polvere realizzata naturalmente con l'olio extravergine d'oliva, cento per cento italiano, della Fratelli Carli, in collaborazione con lo chef Davide Oldani. 
La Polvere d'Olio è una nuova, inimitabile eccellenza, che nasce da un incontro al vertice del gusto, tra una centenaria esperienza nel saper fare un olio unico e una cucina stellata. Si presenta agli occhi bianca con riflessi verdi e dorati, tipici dell'olio extra vergine di oliva cento per cento italiano Carli. Appena aperta la confezione, si sente un profumo intenso di oliva, che conquista. Il nuovo prodotto ha una consistenza morbida e leggera e la sua aspersione impreziosisce persistentemente, con classe, ogni sapore. 
A credere molto nella nuova creazione è Claudia Carli, neo sposa, direttrice Comunicazione e Marketing dell'omonima società, che ha come neo direttore generale il fratello Carlo e come presidente e amministratore delegato il padre Gianfranco. La Fratelli Carli, attiva dal 1911, conta oltre 320 dipendenti e nel 2016 ha fatturato 155 milioni di euro.

ASTI PRIMA PER DEBITI - E' Asti la provincia del Nord Ovest con la famiglia media più indebitata. Il primato emerge da uno studio della Cgia, l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre, che ha attribuito alla famiglia media astigiana un indebitamento di 21.844 euro al 31 dicembre 2016, superiore dell'1,9% rispetto alla stessa data dell'anno precedente e di circa 1.500 euro all'indebitamento della famiglia media italiana (20.341 euro).
Al secondo posto, nella graduatoria locale, si trova Novara con 21.352 euro (+1,3%) e al terzo Torino con 20.853 (+2,4%).
Seguono, nell'ordine: La Spezia con 18.414 (+2,3%), Verbania con 18.397 (+1,8%), Genova con 18.206 (+1,3%), Savona con 17.887 (+1,1%), Cuneo con 17.630 (+3%), Alessandria con 17.023 (+1,1%), Vercelli con 16.612 (-3%), Biella con 16.000 (+0,2%), Imperia con 15.288 (+1,6%), Aosta con 14.214 (+4,2%).
Dunque, le province di Aosta, Imperia e Biella sono quelle del Nord Ovest con le famiglie meno indebitate. E, comunque, tranne Asti, Novara e Torino, tutte le altre mostrano un indebitamento inferiore a quello medio nazionale. Tutte, inoltre, hanno fatto registrare un incremento percentuale rispetto al 2015, dal 4,2% di Aosta allo 0,2% di Biella, con l'eccezione di Vercelli, che, invece, ha evidenziato un calo del 3%.

L'AMBIENTE DI RE REBAUDENGO - Ha poco più di dieci anni ed è stato il primo museo in Europa dedicato esclusivamente ai beni ambientali. Si trova a Torino e si chiama Maca, acronimo di Museo A come Ambiente. Il 7 luglio, al suo vertice è stato confermato Agostino Re Rebaudengo, imprenditore leader nel settore delle energie rinnovabili. E' stato rieletto presidente all'unanimità. Nella sua attività al Maca, punto di riferimento per l'educazione ambientale e la divulgazione scientifica, non soltanto in Piemonte, Agostino Re Rebaudengo, sarà affiancato da un consiglio direttivo formato da Silvia Leto (assessore all'Urbanistica e ai Lavori pubblici del Comune di Cuorgnè), Alberto Unia (assessore all'Ambienete della Città di Torino), Carlo Enrico De Fornex (Reale Group), Paolo Romano (Smat) e dal direttore Paolo Legato.
Agostino Re Rebaudengo, nato sotto la Mole nel 1959, sposato con Patrizia Sandretto, due figli, laurea in Economia e commercio e, poi, corsi di perfezionamento alla Harvard University di Boston e alla Ucla di Los Angeles, guida un gruppo di imprese che producono sia energia verde da biogas, eolico e fotovoltaico sia sistemi di risparmio energetico. A capo di questo gruppo, che conta circa 180 dipendenti e ha fatturato 120 milioni, si trova Asja, società che ha fondato nel 1995 e di cui è presidente operativo. Inoltre, è presidente di Totem Energy, vice di Elettricità Futura, la neonata e più importante associazione delle aziende elettriche operanti in Italia, oltre che vice presidente della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, una delle più rilevanti dell'arte contemporanea. Fra l'altro, ha presieduto il teatro Stabile di Torino e la sezione piemontese e valdostana dell'Ucid, l'unione degli imprenditori e dirigenti cristiani. Fa parte di diversi circoli d'élite, quali il Whist e il Subalpino. 





Avanti, piemontesi!

L'economia piemontese è, da decenni, terra di conquiste. Statunitensi, francesi, tedeschi, brasiliani, inglesi, indiani, cinesi, svizzeri e, fra gli altri, turchi, hanno comprato e comprano imprese subalpine, in diversi settori. E, puntualmente, emerge un saldo negativo della bilancia dei pagamenti, perché sono molti meno i piemontesi che comprano aziende all'estero. Meno, però, non vuol dire nessuno. Recenti, per esempio, sono le acquisizioni della Ferrero (ammesso che la si voglia considerare ancora piemontese), della torinesissima Lavazza e dell'Itinera del Gruppo Gavio, alessandrina come la Guala Closures Group.

Guala Closures Group ha appena firmato l'accordo per rilevare il 100% della Axiom Propack, industria indiana che produce e commercializza chiusure di sicurezza per alcolici, attività avviata l'anno scorso ma che ha già fatturato 6 milioni di euro nel suo primo esercizio e presenta ottime prospettive. Il gruppo Guala, fondato nel 1954 a Spinetta Marengo dove è cresciuto fino a diventare una multinazionale (quartiere generale in Lussemburgo) leader a livello globale nel comparto delle chiusure in alluminio, prodotte in 26 stabilimenti e vendute in 14 miliardi di esemplari in un centinaio di Paesi, ha 5 centri di ricerca, circa 4.000 dipendenti e fattura oltre 500 milioni di euro.

A sua volta, il gruppo Gavio, giovedì 6 luglio, ha comunicato che la sua Itinera, che fa capo alla quotata Autostrada Torino Milano (Astm), ha acquisito il 50% e il controllo della statunitense Halmar International, che costruisce grandi infrastrutture di trasporto e comunicazione: strade, autostrade, metropolitane, ferrovie, aeroporti, ponti. Questa impresa è tra le cinque maggiori del settore operanti a New York. Ha un giro d'affari annuo di 250 milioni di dollari e un portafoglio ordini di oltre 500.
Itinera, già attiva in Medio Oriente, Africa, America Latina, oltre che in Europa, con l'acquisizione della Halmar entra nel mercato statunitense delle infrastrutture, che, secondo le previsioni, farà registrare investimenti per 2.000 miliardi di dollari entro il 2025.
Molto soddisfatto dell'operazione si è dichiarato Beniamino Gavio, il numero uno dell'omonimo Gruppo di Tortona. Nato ad Alessandria nell'ottobre del 1965, laurea in Economia alla Kensington University a Glendale (California), Beniamino Gavio è, fra l'altro, presidente di Aurelia, Argo Finanziaria, Primav Infraestrutura, Interstrade e Baglietto (cantieri navali), oltre che consigliere di amministrazione di Astm, Sias, Igli Pca e Ecorodovias Infraestrutura e logistica.
A proposito di Ecorodovias, società quotata alla borsa di San Paolo del Brasile e tra i principali player infrastrutturali del Paese, va ricordato che il gruppo Gavio, dopo esserne diventato co-controllore, risulta il quarto operatore autostradale al mondo con una rete in concessione di 3.320 chilometri, di cui 1.860 proprio in Brasile.

Anche Diasorin, già con diverse aziende straniere, si appresta a una nuova campagna di acquisti all'estero. Lo ha lasciato intuire l'amministratore delegato Carlo Rosa, in occasione della presentazione del piano industriale al 2019, quando i ricavi del gruppo di Saluggia, di cui è il secondo maggiore azionista, dovrebbero arrivare intorno ai 735 milioni di euro (569 nel 2016), l'utile netto tra i 155 e 160 milioni (113 nel 2016) e il free cash flow cumulato tra i 445 e i 455 milioni.
"A seguito dell'importante generazione di cassa prevista nell'arco del piano, Diasorin - è stato comunicato - conferma il proprio interesse verso opportunità di crescita per linee esterne, con particolare attenzione verso realtà che consentano al Gruppo di espandere la propria base clienti, la presenza in aree geografiche ritenute rilevanti, nonché di ampliare il menù dei propri test".
Diasorin è leader mondiale della diagnostica in vitro. Presiedente e principale azionista è il torinese Gustavo Denegri, mentre Caro Rosa possiede la seconda quota maggiore del capitale della capogruppo, quotata in Borsa, dove capitalizza oltre 3,7 miliardi.

Un'altra società piemontese quotata in Borsa ha da poco fatto un investimento importante negli Usa per l'acquisto della nuova sede della sua filiale locale, a Detroit. Si tratta della Fidia, leader nella tecnologia del controllo numerico e dei sistemi di fresatura ad alta velocità. la Fidia, guidata da Giuseppe Morfino, fondatore (nel 1974), presidente e amministratore delegato, oltre che socio di controllo con il 55,9% del capitale, al termine del primo trimestre di quest'anno aveva un portafoglio ordini pari a 20,9 milioni di euro (+43% rispetto alla stessa data 2016. Nell'esercizio passato ha fatturato 58,8 milioni e ha avuto un utile netto di 2,4 milioni.

In un nuovo mercato straniero è appena entrato anche Reale Group. L'antica compagnia assicurativa torinese, infatti, ha annunciato che nei giorni scorsi è stata inaugurata Reale Chile Seguros Generales, che segna l'esordio del Gruppo presieduto da Iti Mihalich nel mercato latino americano. Partita con 70 dipendenti, Reale Chile punta ad averne 340 entro dieci anni, quando la sua raccolta premi dovrebbe arrivare a circa 240 milioni di euro, che collocherebbero la nuova compagnia fra le prime cinque del Paese.
Il Cile è il secondo mercato estero di Reale Group. Segue quello spagnolo, dove operano già due compagnie del gruppo, che nel 2016 ha raccolto premi per 3,8 miliardi e ha conseguito un utile netto di 131 milioni. Reale Group, che ha come direttore generale Luca Filippone e condirettore Massimo Luvié, conta 3.200 dipendenti e 3,8 milioni di assicurati. Il suo patrimonio netto supera i 2,4 miliardi e il suo indice di solvibilità è del 241%, tra i più alti del sistema.

Numeri italiani 2

SPESA SANITARIA - Nel 2016, in Italia, la spesa sanitaria corrente è stata di 149,5 miliardi di euro, l'1% in più rispetto al 2015 (148 miliardi); nel 2014 era stata di 146,1 miliardi e di 143,6 nell'anno precedente. Per il 75%, la spesa sanitaria del 2016, pari all'8,9% del Pil, è stata sostenuta dal settore pubblico; mentre i privati hanno speso per la loro salute 37,3 miliardi, il 2% in più rispetto al 2015 (33,8 miliardi) e per il 90% direttamente come famiglie. Nel 2014 la spesa sanitaria dei privati era stata di 32,3 miliardi e di 31,2 nel 2013.
Questi dati sono dell'Istat, l'istituto nazionale di statistica, il quale ha anche calcolato che mediamente la spesa sanitaria 2016 pro capite è stata di 2.466 euro e che 82 miliardi sono serviti per l'assistenza sanitaria e per cure riabilitative e 31,1 miliardi per prodotti farmaceutici e apparecchi terapeutici. Ulteriore disaggregazione: il 45,5% della spesa totale si deve agli ospedali, principali erogatori di assistenza; mentre il 22,4% ai servizi sanitari ambulatoriali.

USCITE FAMILIARI - Ancora l'Istat ha rilevato che, l'anno scorso, in Italia, la spesa media mensile delle famiglie è stata di 2.524, 38 euro, superiore dell'1% a quella del 2015 e del 2,2% a quella del 2013. Però, è stata ancora inferiore ai 2.639,89 del 2011, a conferma della continuità della crisi economica iniziata a cavallo della fine del 2007. Per i generi alimentari, la famiglia italiana ha speso mensilmente 447,96 euro, a fronte dei 2.076 per beni e servizi non alimentari.
Naturalmente, sono emerse differenze tra regione e regione. In particolare, la spesa mensile familiare è risultata di 2.862,42 euro in Valle d'Aosta, 2.607,58 euro in Piemonte e 2.289,46 euro in Liguria.

SITUAZIONE PATRIMONIALE - Al 31 dicembre scorso, le famiglie residenti in Italia avevano depositi bancari per 1.143,7 miliardi, titoli obbligazionari per 362,3 miliardi, azioni e partecipazioni per 916,8 miliardi e assicurazioni, fondi pensione e tfr per 953 miliardi; per cui, il totale delle loro attività era pari a 4.168 miliardi.
Quanto alle loro passività, erano rappresentate per 54,2 miliardi da debiti a breve termine, di cui 53,1 nei confronti delle banche, e 643,7 miliardi da debiti a medio e lungo termine (571,1 con le banche). Aggiungendo i 230,4 miliardi costituiti da debiti commerciali, fondi di quiescenza e altre partite minori si arriva a passività totali per 928,2 miliardi.
A fine 2016, il saldo patrimoniale delle famiglie italiane è risultato positivo per 3.239,8 miliardi.

PERDE COLPI LA LOTTA ALL'EVASIONE - Nei primi cinque mesi 2017, le entrate derivanti dall'attività di accertamento e controllo, riferite solo ai ruoli dei tributi erariali, sono risultate pari a 3,491 miliardi, inferiori dello 0,9% rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso. Difficile che la riduzione sia motivata dalla maggiore onestà, più facile, invece, che si debba a una minore efficacia della lotta all'evasione.
Comunque, dal primo giorno di gennaio all'ultimo di maggio, le entrate tributarie sono ammontate a 159,4 miliardi, facendo segnare un incremento dell'1,9% e quindi di poco meno di 3 miliardi sull'analogo periodo 2016. In particolare, le imposte dirette sono cresciute dell'1,4% a 80,7 miliardi e le indirette del 2,4% a 78,7 miliardi (l'Iva ha reso da sola quasi 46,8 miliardi, il 4,3% in più).
Pressoché invariate le entrate dai giochi: poco meno di 5,9 miliardi, che confermano l'inarrestabile propensione del Paese a sfidare la fortuna, illudendosi di vincere e con il risultato di arricchire lo Stato e gli operatori del settore.

LA BILANCIA DELLE RIMESSE - Banca d'Italia ha rilevato che nel 2016 le rimesse dall'Italia verso l'estero, cioè le somme di denaro inviate dagli emigrati nel nostro Paese a loro connazionali, tutti o quasi parenti, sono state pari a 5,073 miliardi, la cifra più bassa degli ultimi dieci anni almeno e inferiore di oltre 2,3 miliardi al picco del 2011. Il progressivo calo delle rimesse dall'Italia verso l'estero è causato da diversi fattori, non ultimo l'abbandono del nostro Paese da parte di numerosi immigrati, per le difficoltà economiche.
Al contrario, negli ultimi due anni, sono aumentate le rimesse degli italiani dall'estero verso casa: nel 2016, sono state pari a 645,6 milioni, cifra praticamente uguale a quella del 2015 e superiore a tutte le precedenti, a partire dal 2008, quando era stata di 426,3 milioni.
Se, però, alle rimesse dall'estero verso l'Italia si aggiungono i redditi conseguiti nello stesso anno dai frontalieri italiani, il totale delle risorse trasferite in Italia dai nostri connazionali che lavorano all'estero sale a 7,2 miliardi, mentre erano state di 2,3 miliardi nel 2011.

RAPPORTI DI LAVORO - Nei primi quattro mesi del 2017, nel nostro Paese, il settore privato ha fatto registrare un saldo positivo di 550.000 posti di lavoro tra assunzioni e cessazioni, superiore ai 390.000 dello stesso periodo 2016 e ai 499.000 al primo quadrimestre 2015. Annualizzato, cioè considerando gli ultimi dodici mesi, il saldo risultato a fine aprile 2017 è positivo per 490.000 contratti di lavoro, dei quali 415.000 a tempo determinato, 29.000 a tempo indeterminato e 47.000 di apprendistato.
Sempre riferite ai soli datori di lavoro privati, le assunzioni dall'inizio di gennaio alla fine di aprile sono state 2.129.000 (+17,5% rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso). In particolare, quelle a tempo indeterminato sono aumentate del 30,6%; al contrario, sono diminuite del 4,5% quelle a tempo indeterminato.
Le cessazioni del rapporto di lavoro, nel complesso, sono ammontate a 1.570.000 (+10,5% rispetto al primo quadrimestre 2016): i licenziamenti sono stati 189.000 (-0,6%) e le dimissioni sono aumentate dello 0,4%.

LE CIFRE DELL'UNRAE - L'Unrae, l'associazione delle Case automobilistiche estere operanti in Italia nella distribuzione e commercializzazione di veicoli, a fine 2016 conta 43 aziende iscritte, che insieme fatturano circa 50 miliardi e occupano circa 160.000 persone, impegnate in 3.100 concessionarie, 11.000 officine autorizzate e nelle Case madri presenti nel nostro Paese, dove le Case estere investono circa 10 miliardi per acquisti di componentistica e, attraverso le loro filiali italiane di ricerca, sviluppo e design, 10,5 miliardi per beni e servizi.
Nell'anno passato, le associate Unrae hanno immatricolato in Italia 1.291.369 vetture, pari al 70,7% dell'intero mercato nazionale.



Damiani nel mirino dei Pir

Nel prossimo novembre, Damiani compirà i suoi primi dieci anni di quotazione alla Borsa di Milano. Nonostante questo, non riceve grande attenzione da parte delle cronache finanziarie e degli investitori, anche se con l'avvento dei Pir (Piani individuali di risparmio), la situazione dovrebbe cambiare, perché i nuovi strumenti finanziari sono destinati a canalizzare i risparmi sulle piccole e medie imprese presenti sul listino di Piazza Affari, incrementandone la capitalizzazione e le possibilità di sviluppo.
Attualmente, la Damiani capitalizza in Borsa poco più di 97 milioni. Eppure è un gruppo che ha chiuso l'esercizio terminato il 31 marzo 2017 con un fatturato consolidato di 161,7 milioni di euro (+4,1% rispetto al precedente) e un patrimonio netto di 63,1 milioni. Il suo ebitda (utile prima degli interessi, delle imposte, degli ammortamenti e delle svalutazioni) è stato di 4,3 milioni, se depurato delle componenti non ricorrenti e migliore di 5,9 milioni. Il risultato netto consolidato è stato negativo per 5,5 milioni; ma la crescita della redditività, l'apporto di nuove risorse finanziarie e l'arrivo di nuovi manager fanno ritenere che l'esercizio appena incominciato sarà ben migliore.
Produttore e distributore di gioielleria e orologeria di alto livello, con marchi che sono punte di diamante del lusso made in Italy (Salvini, Bliss, Calderoni, Rocca 1974 e, naturalmente, Damiani), il gruppo fondato nel 1924 a Valenza, dove ha sede (la città alessandrina è una capitale nazionale dell'oreficeria) opera un po' in tutto il mondo con numerose società, la più recente delle quali è stata costituita a Dubai, nel gennaio di quest'anno, con la partecipazione di un operatore locale. Nel passato esercizio, inoltre, sono state inaugurate le boutique Damiani a Parigi e a Kuala Lumpur.
Recente è anche l'acquisizione del controllo di Venini, la più famosa e blasonata vetreria artistica al mondo, nata nel 1921 a Venezia. L'acquisto della Venini, nel 2016, ha segnato anche l'avvio della diversificazione della Damiani, la cui azione negli ultimi sei mesi ha comunque fatto registrare un aumento del 22% del suo valore borsistico. 
Il Gruppo, che ha oltre 60 punti vendita gestiti direttamente, conta 620 dipendenti, per il 72% donne. Capofila è la Damiani spa, le cui azioni sono possedute per il 58,8% dalla Leading Jewels sa, riconducibile ai fratelli Guido, Giorgio e Silvia Grassi Damiani, che rappresentano la terza generazione proprietaria e alla guida dell'azienda nata per iniziativa di Enrico Grassi Damiani. Gli stessi tre fratelli, entrati nell'impresa di famiglia agli inizi degli anni 90, posseggono singolarmente quote della società: il 6,1%  ciascuno, il presidente Guido (classe 1968) e il vice presidente e amministratore delegato Giorgio (1971) e il 5,3% la vice presidente Silvia, con delega alle Relazioni esterne e all'Immagine del Gruppo). Presidente onorario è la madre Gabriella.
Per le sue creazioni, Damiani ha ricevuto e continua a ricevere premi internazionali.

Paola Ferrari & la Santanchè

All'inizio di questa settimana, diversi mezzi di comunicazione hanno riportato la notizia che la nota e sinuosa conduttrice televisiva Paola Ferrari, sposata da vent'anni con Marco De Benedetti, imprenditore e manager, al quale ha dato due figli (Alessandro e Virginia),  ha comprato il 5,76% delle azioni della Lucisano Media Group, società quotata nel segmento Aim della Borsa di Milano e a capo di un gruppo di produzione e distribuzione nel settore audiovisivo e gestione multiplex. L'acquisizione, per circa 3 milioni di euro, è avvenuta attraverso la Alevi srl e comporterà, fra l'altro, l'ingresso di Paola Ferrari, nuora di Carlo De Benedetti, nel consiglio di amministrazione della Lucisano, con responsabilità anche operative.
Non è stato fatto rilevare, però, che la Alevi srl, appartenente a Paola Ferrari, figura già nella compagine societaria della Visibilia Editore Holding, con una quota del 7,2%, come riportato in un recente comunicato stampa. E Visibilia Editore Holding è controllata da Daniela Garnero Santanchè, una delle cuneesi più note: è imprenditrice, parlamentare, personaggio frequentemente in televisione e sulle pagine di mondanità.

Imperia prima per imprese straniere

Due province liguri tra le prime dieci italiane con la maggiore densità di imprese straniere. Lo rivela l'ultima indagine di Unioncamere, dalla quale risulta che, al 31 marzo scorso, il 14,6% delle aziende registrate alla Camera di commercio hanno come titolare uno straniero, a fronte del 9,5% che costituisce la media nazionale. Soltanto tre province presentano un tasso superiore a quello di Imperia e sono: Prato con il 27,6% (primato nazionale), Trieste con il 15,8% e Firenze con il 15,5%. L'altro provincia ligure nella top ten è quella di Genova, al nono posto con il 12,7%, corrispondente a 10.833 aziende, mentre sono 3.751 le straniere attive in provincia di Imperia.
Le altre province del Nord Ovest evidenziano, a fine marzo 2017, le seguenti quote di imprese con titolare straniero sul totale delle iscritte alle Camere di commercio: Torino 11,1% (24.538), Novara 10,8% (3-285), Savona 10,5% (3.172), Vercelli 9,4% (1.534), Asti 9,3% (2.208) come Alessandria (4.041), Verbania 7,6% (1.000), La Spezia 7,3% (2.179), Biella 5,9% (1.064), Cuneo 5,8% (4.001) e Aosta 5,3% (668).
Proprio Aosta è una delle poche province italiane a mostrare un saldo negativo di imprese straniere nel primo trimestre di quest'anno, avendo registrato un numero di nuove iscritte inferiore a quello delle cancellate dal registro camerale nel periodo. La differenza è negativa per 7 aziende, mentre è stata di 2 per la provincia di Biella, l'unica altra del Nord Ovest con il segno meno.
In tutt'Italia, dal primo giorno di gennaio all'ultimo di marzo, sono state 17.052 le nuove imprese estere che si sono iscritte alle Camere di commercio, a fronte delle 13.378 che sono state cancellate. Il saldo è risultato positivo per 3.674 unità, così che è salito a 574.253 il totale delle imprese con titolare straniero attive nel nostro Paese alla fine del primo trimestre di quest'anno ed è salita al 9,5% la loro quota, livello mai raggiunto prima (cinque anni fa, le imprese straniere erano ancora il 7,5% del totale nazionale).
E se è vero che il saldo del primo trimestre 2017 è inferiore a quello dello stesso periodo dell'anno scorso, quando sono state censite 5.342 imprese straniere in più; è altrettanto vero che la crescita della loro incidenza è dovuta anche al fatto che sono diminuite notevolmente le imprese italiane, tanto che il saldo complessivo, cioè delle italiane più le straniere, è negativo per 19.579 unità.
Per quanto riguarda il Nord Ovest, le disaggregazioni di Unioncamere mostrano che al 31 marzo le imprese straniere registrate sono 41.671 in Piemonte (1.548 le nuove iscritte nel trimestre e 1.227 le cancellate), 19.936 in Liguria (rispettivamente 572 e 477) e 668 in Valle d'Aosta (20 e 27). In quest'ultima regione il totale delle imprese iscritte è diminuito di 299 unità, mentre la perdita trimestrale è stata di 2.619 imprese in Piemonte e di 723 in Liguria.
A livello di Paese, dove un'impresa straniera su tre è artigiana, emerge che sono nati in Marocco i titolari di 68.459 aziende attive in Italia, in Cina 51.077, in Romania 48.570, in Albania 31.329 e in Bangladesh 30.672. Queste sono le cinque comunità estere con più imprese attive nella Penisola, dove i settori le maggiori presenze straniere sono il commercio (207.000) e le costruzioni (131.000).

Tre neoeletti e ...tre confermate

Tra i più recenti eletti del Nord Ovest a incarichi di rilievo, un posto d'onore spetta certamente ad Alberto Dal Poz, giovane imprenditore torinese acclamato al vertice nazionale di Federmeccanica. Alberto Dal Poz, nato nel 1972 sotto la Mole, dove si è laureato in Ingegneria gestionale, sposato, tre figli, aggiunge la nuova responsabilità a diverse altre, fra le quali spicca la presidenza di Fondaco Sgr, la società subalpina che gestisce oltre 6 miliardi di euro per conto di alcune delle principali fondazioni di origine bancaria, a partire dalla Compagnia di San Paolo, che l'ha fondata e che ne è l'azionista di riferimento. Dal Poz è amministratore delegato e socio di maggioranza della Comec e della sua controllata Usa (componentistica meccanica di precisione in lamiera stampata), oltre che azionista della Electro Power System. Fra l'altro è consigliere di I3P, incubatore del Politecnico ed è stato presidente dell'Amma e vice dell'Unione Industriale di Torino.
Torinese è anche Giorgio Marsiaj, appena eletto presidente di Skillab, il laboratorio di competenze dell'Unione industriale di Torino e dell'Amma, l'associazione delle imprese metalmeccaniche locali. Skillab ha la missione di contribuire al miglioramento delle performance delle aziende, facendone crescere le competenze dei manager e degli specialisti. Giorgio Marsiaj, classe 1947, tre figli, laurea in Scienze Politiche, è un imprenditore di lungo corso e ampio raggio. Plenipotenziario italiano della statunitense Trw Automotive, gruppo industriale che in Italia ha sei stabilimenti con un paio di migliaia di dipendenti, Giorgio Marsiaj è a capo o condivide il vertice di varie società, prime fra tutte quelle di famiglia, come la M. Marsiaj & C., holding di partecipazioni fondata dal padre Michele nel 1947. Già saggio di Confindustria, Marsiaj è anche presidente dell'Amma, consigliere di amministrazione della Vittoria Assicurazioni e di Fenera Holding, di cui è socio come del fondo Charme. E' socio pure dello Yacht Club di Genova, dove lo si può vedere al timone dell'ammirato Swan 70 Flyng Dragon.
Restando nell'ambito dell'Unione Industriale di Torino, va riferito che Giovanni Fracasso, imprenditore di prima generazione, è stato eletto presidente della Piccola Industria, organo di rappresentanza delle Pmi, per il quadriennio 2017-2021. Giovanni Francasso è co-fondatore e presidente di Dooh.it, innovativa azienda operante nel campo della comunicazione digitale. Il nuovo impegno si aggiunge a quello di numero uno del Seti, il settore che rappresenta le associate attive nel settore dei servizi e del terziario innovativo, nonché a quelli nazionali in Confindustria.
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Essere confermati con lo stesso, altissimo, numero di preferenze dell'elezione precedente, è un risultato molto significativo e certo non capita a tutti quelli che si ricandidano.E' successo, però, a Annamaria Furlan, rieletta segretaria generale della Cisl nazionale con 194 voti, identico numero ottenuto la prima volta, tre anni fa, quando i votanti erano 200, mentre sabato 1 luglio erano 203. Una prova dell'apprezzamento della sua attività al vertice del sindacato di ispirazione cattolica, organizzazione alla quale si è iscritta quando aveva 23 anni e alla quale è rimasta sempre fedele, preferendola anche alla candidatura a presidente della Provincia di Genova che le avevano proposto.
Annamaria Furlan, nata nell'aprile del 1958 nella città della Lanterna, sposata, un figlio, ha incominciato a lavorare alle Poste di Sestri Levante, prendendo subito la tessera della Cisl, dove ha fatto presto a distinguersi per le sue capacità e qualità. Nel 2000 è stata eletta segretaria della Cisl ligure, prima donna ad assumere questo ruolo in regione. Fra l'altro, è stata segretaria confederale per il settore terziario e servizi, poi segretario generale aggiunto, a fianco di Bonanni, suo grande sostenitore.
Un'altra ligure confermata è Federica Maggiani, rieletta presidente della Cna de La Spezia, confederazione dell'artigianato della provincia. Imprenditrice della nautica, dove La Spezia vanta la maggior concentrazione di imprese del settore, Federica Maggiani, classe 1969, una figlia, è dirigente di Motorvela, l'azienda di famiglia. Nel 2014 era stata eletta anche vice presidente della locale Camera di commercio. L'assemblea che l'ha eletta al vertice dell'organizzazione artigiana per i prossimi quattro anni e alla quale hanno partecipato, fra gli altri, il presidente nazionale della Cna, Daniele Vaccarino, e il ministro della Giustizia, Andrea Orlano, ha chiamato a far parte del gruppo di presidenza Davide Mazzola, vice presidente vicario, più Rosalia Brancaleone, Gianluca Lombardi, Pierluca Mainoldi, Paolo Panzatis e Matteo Tiberi.
Il 29 giugno, l'assemblea di Visibilia Editore, società quotata all'Aim della Borsa di Milano, oltre ad approvare il bilancio 2016, chiuso con una perdita di 780.000 euro (1,2 milioni nel 2015), ha rieletto presidente Daniela Garnero Santanchè, imprenditrice e politica, molto nota. Con lei sono stati eletti consiglieri di amministrazione Davide Mantegazza, Dimitri d'Asburgo Lorena e Canio Giovanni Mazzaro. I soci hanno anche deliberato l'azione di responsabilità nei confronti di alcuni amministratori precedenti. Il giorno dopo l'assemblea, è stato comunicato che Visibilia Editore Holding ha ridotto la sua partecipazione in Visibilia Editore sotto la soglia di rilevanza del 75%, portandola al 74,8%. Secondo maggior azionista è la srl Alevi con il 7,2% mentre il restante 18% è frazionato sul mercato.


Dicono che ... 3

COMBINATA ROI-BUCCI - Dicono che nei palazzi genovesi del potere sia serpeggiata preoccupazione, dopo che Maurizio Roi, sovrintendente del Teatro Carlo Felice nominato nel 2014 dall'allora primo cittadino Marco Doria, ha dichiarato che metteva a disposizione il suo mandato, in seguito all'elezione di Marco Bucci a nuovo sindaco di Genova. Roi ha dichiarato che la sua decisione era motivata dal "rispetto istituzionale". Gesto encomiabile e degno di una personalità di rilievo, molto apprezzato anche dal nuovo sindaco, fra l'altro espressione del centro destra e quindi in netta discontinuità rispetto agli ultimi decenni di governo del centro sinistra.
Però, l'atto di Roi è risultato indigesto agli occupanti di diverse poltrone e poltronissime, che dipendono dall'Amministrazione cittadina. Qualcuno ha incominciato a tremare, anche perché, da buon manager, Bucci ha anticipato che valuterà l'operato di ogni designato dal Comune per poi confermarlo nell'incarico o meno. Proposito giudicato molto favorevolmente da chi non vede l'ora non tanto di cambiamenti per motivi politici, quanto della fine di un sistema finalizzato a premiare l'appartenenza o meriti partitici a scapito della meritocrazia. Sotto la Lanterna, le prime mosse di Bucci piacciono e alimentano un po' di speranza.

CAMERE DI COMMERCIO - A proposito di premi, ancora a Genova, si sente dire che alcuni consiglieri della Camera di Commercio presieduta da Paolo Cesare Odone hanno mugugnato, sommessamente e in luoghi ben sicuri per la loro discrezione, quando hanno saputo che Maurizio Caviglia, il potentissimo e temuto segretario generale, in carica dal 2007, considerato il Mazarino della Superba, nel 2016 ha avuto un emolumento ancora maggiore di quello dell'anno precedente: 218.322 euro (lordi), 38.031 dei quali come retribuzione di risultato, voce superiore di circa 5.300 euro a quella del 2015.
I critici di Caviglia, forse anche perché un po' invidiosi o comunque indispettiti dalle sue azioni, hanno fatto notare che i conti della Camera di Commercio e la sua gestione economica non sono così brillanti: l'ente ha chiuso il bilancio 2016 con una perdita di 1,3 milioni, che segue quella di 1,1 milioni denunciata per il 2015. Per di più, mentre l'ammontare degli interventi economici, cioè delle azioni a favore del sistema produttivo locale, sono calati a 2,3 milioni dai 3,2 milioni dell'esercizio precedente.
E a chi faceva notare che il segretario della Camera di Commercio di Torino, Guido Bolatto, in carica dal 2001, ha guadagnato di più (240.000 euro gli emolumenti complessivi percepiti nel 2016, come nel 2015, a carico della finanza pubblica), è stato risposto che la Camera torinese, validamente presieduta dall'imprenditore Vincenzo Ilotte, nel 2016 ha avuto un avanzo di quasi 1,3 milioni, mentre aveva perso 182.261 euro nel 2015 e 394.597 nel 2014. E i suoi interventi sono stati pari a 4,5 milioni, equivalenti all'11% degli oneri correnti, la stessa quota dell'anno precedente-

ELKANN - AGNELLI - Dicono che l'esteso articolo, pubblicato da Milano Finanza del 24 giugno e intitolato "Un impero con pochi Agnelli", sia stato piuttosto sgradito nella nota e grande famiglia torinese, anche per l'occhiello, che recitava: "John Elkann è il monarca assoluto del clan discendente dal fondatore della Fiat. Ma dietro di lui solo due parenti, Alessandro Nasi e Andrea Agnelli, hanno incarichi realmente operativi. Gli altri? Rentier o con attività fuori dal perimetro". Sotto la Mole, da sempre, si preferisce l'understatement, il profilo basso, la discrezione.
E' indiscutibile, però, che l'impero che fa capo alla ormai olandese Giovanni Agnelli Bv, sia guidato da John Elkann, prescelto dal nonno, l'Avvocato, dopo la prematura scomparsa di Giovanni Alberto, primogenito di Umberto Agnelli, avvenuta vent'anni fa. John Elkann è presidente non soltanto della Giovanni Agnelli Bv, ma anche della sua controllante, l'accomandita Dicembre Eredi di Giovanni Agnelli, inventata da Franzo Grande Stevens (l'Avvocato dell'Avvocato), oltre che della Fca (Fiat Chrysler Automobiles) e della Exor, holding alla quale fanno capo, fra l'altro, le partecipazioni in Cnh (26,9%), Ferrari (22,9%), Partner Re (100%), Banca Leonardo (16,5%) e Juventus (63,7%).
Comunque, anche gli altrettanto giovani Alessandro Nasi e Andrea Agnelli, hanno diversi incarichi rilevanti nel Gruppo, a partire dalla Giovanni Agnelli Bv, della quale sono consiglieri di amministrazione, come Tiberto Brandolini d'Adda, Luca Ferrero Ventimiglia ed Eduardo Teodorani-Fabbri, pure loro esponenti della famiglia.

DE AGOSTINI - La Fondazione De Agostini, costituita per volontà delle famiglie novaresi Boroli e Drago, azioniste dell'omonimo gruppo nato per la pubblicazione delle carte geografiche, quest'anno compie i suoi primi dieci anni di attività. Da allora ha sostenuto oltre 100 progetti e ha erogato circa 12 milioni di euro, a beneficio di un'ottantina di enti non profit impegnati nella solidarietà, in particolare nei confronti delle popolazioni colpite dalle calamità naturali e dei soggetti svantaggiati. Presidente della Fondazione De Agostini è Roberto Drago, il quale - dicono - è orgoglioso soprattutto del progetto "Sartoria Emmaus", realizzato insieme con la Fondazione comunitaria del Novarese (sostenuta anche dalla Fondazione Cariplo) e dalla Fondazione Banca Popolare di Novara.
Il progetto Sartoria Emmaus, avviato nel 2014, ha la finalità della formazione imprenditoriale per donne che vivono situazioni di disagio. "Il successo è stato tale - ha raccontato Roberto Drago - che la sartoria ha iniziato a lavorare anche per grandi firme della moda italiana e l'attività si espansa così tanto da richiedere l'ampliamento della struttura che la ospita".

UN SALOTTO TORINESE - Dicono che abbiano ricevuto un dividendo complessivo di 925.000 euro i soci di Fenera Holding, finanziaria subalpina guidata da Lucio Zanon di Valgiurata, che ne è anche uno degli azionisti, come le famiglie Lavazza, Marsiaj, Garosci e le emiliane Maramotti e Seragnoli. Nell'esercizio passato, Fenera Holdin ha aumentato gli investimenti in portafoglio a 63,7 milioni dai 51,2 milioni precedenti. Le attività consolidate sono salite a 67,2 milioni e il patrimonio netto è risultato di 45,9 milioni.
Fra l'altro, Fenera possiede lo 0,8% di Credemholdin, di cui Lucio Zanon di Valgiurata è vice presidente, il 18% di Tosetti Value Sim, il 12% di Alkims Sgr e lo 0,6% del gruppo dolciario Elah-Dufour-Novi, guidato brillantemente da Flavio Repetto (presidente) con il figlio Guido (amministratore delegato).