Auto, tesoro del Fisco

Senza scampo. Con la casa, l'automobile resta uno dei beni più bersagliati e spremuti dal Fisco italiano. Lo ha appena confermato l'Anfia, l'associazione nazionale della filiera italiana automobilistica, precisando che il carico fiscale complessivo gravante sulla motorizzazione del nostro Paese, nel 2016, ha raggiunto i 73 miliardi di euro, il valore più alto di sempre.
L'auto è tassata sempre e in ogni modo: al momento dell'acquisto, quando la si usa e anche quando si lascia ferma (il bollo, o tassa di possesso, si paga comunque e, l'anno scorso, ha portato nelle casse pubbliche 6,61 miliardi, il 9% in più rispetto al 2015); quando si fa rifornimento, quando si fa manutenzione, quando si viaggia in autostrada, quando si parcheggia e, fra l'altro, quando si viola il codice della strada.
Contravvenzioni e parcheggi hanno generato entrate erariali per 5,62 miliardi in soli 12 mesi. E c'è molto da dubitare che la metà delle multe incassate dagli enti locali venga utilizzato per migliorare la sicurezza della circolazioni, come pure prevede il Codice stradale, indicando che il 25% del ricavato deve essere investito nella manutenzione delle strade, il 12,5% nel loro controllo e il restante 12,5% nella segnaletica.
Inoltre, l'Anfia, presieduta da Aurelio Nervo, ha riferito che la voce d'imposta relativa ai pedaggi autostradali è ammontata a 2,03 miliardi, circa 1,5 miliardi in meno degli introiti derivanti dalle polizze assicurative Rc, furto e incendio (3,88 miliardi), uno dei pochissimi costi che sono diminuiti rispetto al 2015.
E' calato anche il gettito fiscale dato dai combustibili, a 34,82 miliardi, circa un miliardo in meno rispetto all'anno prima; ma solo in seguito ai ribassi dei consumi (-0,4%) e dei prezzi dei carburanti, perchè, invece, è ancora aumentato il peso della componente fiscale sul prezzo finale pagato dagli automobilisti.
Dopo i carburanti, è l'Iva su manutenzione, riparazioni, acquisti di pneumatici, ricambi e accessori che ha reso di più al Fisco: 10,2 miliardi, contro i 9,9 del 2015. Questa voce è risultata superiore anche a quella relativa all'acquisto delle vetture, la cui Iva è stata pari a 7,15 miliardi, compresi i diritti di motorizzazione (la sola Ipt ha fatto introitare l,69 miliardi, l'11,4% in più rispetto al 2015). L'incremento per gli acquisti di auto è risultato del 15,3% ed è dovuto all'aumento delle nuove immatricolazioni (le vendite sono cresciute del 18,5%), dei passaggi di proprietà (+4,1%) e del prezzo medio delle vetture pagato dai compratori (+3,4%).
Tirando le somme, l'Anfia ha calcolato che dei 73 miliardi che l'auto ha generato per il Fisco italiano, cifra pari al 16% delle entrate tributarie nazionali, il 78,8% (57,55 miliardi) deriva dall'uso dei veicoli, il 12,1% (8,84 miliardi) dal loro acquisto e il 9,1% (appunto 6,61 miliardi) dal loro possesso.

Un vero tesoro, un patrimonio dalle rendite altissime: ecco cos'è l'automobile per le Amministrazioni pubbliche.
Aurelio Nervo, presidente Anfia

Il rebus del risparmio

Sono passati poco più di cinque anni, ma il ricordo è ancora vivo e, ai risparmiatori, “brucia”. Allora, nell'ottobre del 2012, i Btp rendevano il 4,77%, i Cct il 3,98, i Bot l'1,30, le obbligazioni il 3,32, i pronti contro termine il 3,14, i depositi bancari vincolati l'1,27 e la liquidità sul conto corrente lo 0,54. Altri tempi, altri valori.
Nell'ottobre di quest'anno, come ha censito la stessa Abi, l'associazione italiana delle banche, per le famiglie e le società non finanziarie, il rendimento medio dei depositi bancari vincolati è stato dello 0,38% e dello 0,06 quello della liquidità sul conto corrente; i pronti contro termine hanno reso lo 0,97% e le obbligazioni il 2,66.
Quanto ai titoli di stato, in settembre, il tasso medio più alto l'hanno evidenziato i Btp con l'1,89% (risultato, però, delle diverse scadenze, comprese, quindi le più lunghe), a fronte dello 0,34% dei Cct. Segno meno, invece, per i Ctz e i mitici Bot: - 0,21% per i primi e -0,39% per i Bot.
Per i risparmiatori più prudenti è un periodo certamente non favorevole. Per loro, investire è diventato sempre più difficile. Sul breve termine non c'è più nulla che renda, le obbligazioni bancarie fanno ormai paura e quelle delle imprese (“corporate”) sono rarissime e spesso a tagli minimi non abbordabili. Inoltre, i Btp con un tasso decente sono soltanto quelli a lunga e lunghissima scadenza, che però, proprio per questo, comportano un rischio maggiore.
E la parola rischio evoca immediatamente un'alternativa: la Borsa. Diverse azioni quotate stanno evidenziando “performance” (guadagni) notevoli, persino superiori al 100% sua base annua; altre, però, denunciano perdite molto pesanti. La Borsa non è posto da investitori che non amano rischiare troppo. Soprattutto Piazza Affari, che dà l'impressione di essere particolarmente sensibile alle manovre degli speculatori.
A un risparmiatore normale resta difficile digerire variazioni di prezzo di un titolo addirittura del 20-30% e anche più, in pochi giorni,quando non in 24 ore; come restano incomprensibili andamente fortemente altalenanti, a breve termine, per una società i cui fondamentali sono immutati. Come si fa a non pensare male? A non sospettare?
E i fondi comuni? Una risposta sicura è che rendono certamente ai loro gestori, grazie alle commissioni che comportano; inoltre, non sono molti quelli che possono vantare rendimenti netti superiori a quelli dei titoli di Stato a parità di durata dell'investimento.
Insomma, per il piccolo risparmiatore, oggi, investire è un problema. Forse è vero che gli italiani erano abituati troppo bene prima con i Bot e poi con i Btp; mentre, per esempio, i tedeschi da tanto tempo convivono con titoli di Stato a rendimento intorno allo zero anche sui decennali; ma, fra l'altro, la Borsa di Francoforte non assomiglia neppure a quella di Milano.
In Piemonte, al 30 giugno scorso, la ricchezza finanziaria delle famiglie sfiorava i 170 miliardi di euro, somma dei 76,3 miliardi costituiti dal valore dei depositi bancari e poco meno di 93,6 miliardi da titoli di Stato italiani in custodia, quali Btp, Bot, Cct, obbligazioni bancarie e non solo, azioni e quote di Oicr (Organismi di investimento collettivo del risparmio), categoria formata, prevalentemente, da quote di fondi comuni.
A metà anno, le famiglie piemontesi avevano depositati sui conti correnti bancari 49,7 miliardi (+7,4% rispetto al 30 giugno 2016) e avevano 26,5 miliardi in depositi a risparmio, cioè vincolati a una durata prestabilita (-3,5%). Il totale dei risparmi depositati in banca è cresciuto del 3,3%, mentre in eguale misura è diminuito il valore dei titoli che le famiglie hanno dato in custodia agli istituti di credito.
In particolare, è diminuito di un quarto, rispetto al 30 giugno 2016, il valore delle obbligazioni bancarie affidate dalle famiglie (17,3 miliardi, il 25,3% in meno) e del 16,6% quello dei titoli di Stato italiani, risultato così pari a 16,7 miliardi. Inoltre, è calato a 8,15 miliardi (-7,2%) il valore delle altre obbligazioni date dalle famiglie alle banche, in custodia o in amministrazione.
Al contrario, è salito del 13,1%, a quasi 8,9 miliardi, il valore delle azioni che le famiglie hanno presso le banche attive in Piemonte e a oltre 42,3 miliardi (+15,2%) il valore delle loro quote di Oicr.
Situazione analoga in Liguria, dove la ricchezza finanziaria delle famiglie al 30 giugno 2017 è risultata pari a quasi 59 miliardi, 58,883 per la precisione. Dei 27,964 miliardi che costituiscono il totale dei depositi bancari (+1,4% rispetto alla stessa data dell'anno scorso), 18,45 miliardi si trovavano sui conti correnti (+5%) e 9,5 miliardi (-4,9%) erano rappresentati da depositi con durata prestabilita.
Quanto ai titoli a custodia semplice e amministrata, la somma è di 30,9 miliardi (-2,6% nei confronti del 30 giugno 2016), formata da 5,85 miliardi in titoli di Stato italiani (-16,4%) , 4,45 miliardi (-26,7%) da obbligazioni bancarie italiane e 2,4 miliardi (-7,5%) da altre obbligazioni.
Anche in Liguria, però, le famiglie hanno aumentato i loro investimenti in azioni, il cui valore è salito del 12,9% a 2,7 miliardi e, soprattutto, in quote di fondi comuni e altri strumenti finanziari, il cui valore complessivo ha superato 15,4 miliardi (+13,6%).

In Valle d'Aosta, al 30 giugno scorso, le famiglie consumatrici avevano, nelle banche attive in regione, depositi per 2,293 miliardi (+1,4% rispetto a un anno prima) e titoli in custodia per 1,788 miliardi (-3,2%). In particolare, il valore dei loro titoli di Stato affidati alle banche ammontava a 261 milioni (-16,4%), quello delle obbligazioni bancarie a 306 milioni (-26%), quello delle azioni a 116 milioni (+6,9%) e, infine, quello degli Oicr a 984 milioni (+11%).

Un miliardo in più per l'auto nuova

Ha tirato bene, il mercato dell'auto del Nord Ovest, nei primi dieci mesi di quest'anno. Molto più che nell'insieme dell'Italia. Rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, le vendite di vetture nuove nelle tre regioni nord-occidentali sono aumentate di quasi il 25%, a fronte di un incremento nazionale inferiore al 9%.
Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, insieme, hanno fatto registrare 274.371 nuove immatricolazioni dal primo giorno di gennaio all'ultimo di ottobre, il 16,2% del totale nazionale (1.692.432) e 53.359 in più rispetto ai primi dieci mesi del 2016. Nel Nord Ovest, dunque, sono state comprate oltre 900 auto nuove al giorno, 175 in più.
Il valore del mercato a quattro ruote, relativamente ai primi dieci mesi 2017, per l'intero Nord Ovest si piò stimare in oltre 5,5 miliardi, cifra superiore di un miliardo al giro d'affari automobilistico del corrispondente periodo dell'anno scorso.
Dal primo giorno di gennaio al 30 ottobre 2017, in Piemonte sono state immatricolate 193.401 vetture nuove, 43.141 più che nei primi dieci mesi 2016 (incremento del 28,7%); in Liguria 30.164 (+2,3%) e in Valle d'Aosta 50.806 (+20,2%). A proposito delle immatricolazioni in Valle d'Aosta, però, va ricordato che qui, come nelle province autonome di Trento e Bolzano, l'intestatario del veicolo paga un'imposta di trascrizione (Ipt) ridotta, agevolazione sfruttata da molti noleggiatori e che spiega l'elevato volume di targhe nuove nelle due regioni alpine.
Nel solo mese di ottobre, le auto nuove acquistate nel Nord Ovest sono state 28.490, circa 2.000 in più rispetto a settembre.

Salza migliora il record Tecnoinvestimenti

Nuovo “ruggito” di Enrico Salza, il leone torinese con la criniera bianca. Ieri, venerdì 24, la società che presiede, Tecnoinvestimenti, ha fatto segnare il suo nuovo record borsistico. Il titolo ha chiuso le contrattazioni a 6,10 euro, livello mai raggiunto prima. Il nuovo primato è stato conquistato per un centesimo. Il precedente risaliva al primo giorno del giugno scorso.
Da allora, Tecnoinvestimenti ha fatto ancora passi avanti. Fra l'altro, ha comprato, per poco meno di 34 milioni, il 70% di Warrant Group, società leader nella consulenza alle imprese finalizzata alle operazioni di finanza agevolata. Warrant Group, fondata e presieduta da Fiorenzo Bellelli, conta oltre 150 dipendenti e, dopo aver fatturato 21 milioni nel 2016, si appresta a chiudere il 2017 con ricavi superiori ai 30 milioni e un risultato lordo ancora maggiore dei 6,3 milioni conseguiti nell'esercizio passato.
Con l'acquisizione di Warrant Group, la più recente della serie, Tecnoinvestimenti ha ampliato la piattaforma di servizi integrati ad alto valore aggiunto e la base di clienti. Adesso può fare “cross selling” su oltre 12.000 Pmi, grazie anche alla formazione della nuova business unit “Finance & Marketing Services” formata dalle attività di Warrant Group e Co.Mark, comprata nel 2016. Il nuovo pilastro operativo di Tecnoinvestimenti si aggiunge a quelli rappresentati da Digital Trust e Credit Information & Management.
Dopo l'operazione Warrant Group, i dipendenti di Tecnoinvestimenti diventano più di mille e una decina le sedi delle 12 aziende controllate o partecipate. Torino ospita il quartiere generale della capogruppo, della quale Tecno Holding (Camere di Commercio) possiede la maggioranza assoluta (56,5% del capitale), mentre secondo maggior azionista è Quaestio Capital Management Sgr con circa il 10% e terzo Cedacri, salito al 5,6%. Il resto è frazionato sul mercato.
Nei primi nove mesi di quest'anno, Tecnoinvestimenti, il cui amministratore delegato è Pier Andrea Chevallard, ha avuto ricavi consolidati pari a 127,1 milioni (+23,3% rispetto allo stesso periodo del 2016) e un utile netto di 14,3 milioni, il 108,4% in più, grazie anche al provento straordinario di 6,2 milioni in seguito al risarcimento incassato da Ribes, in ottobre.
Al 30 settembre, l'indebitamento netto è sceso a 61,6 milioni dai 71,2 del 31 dicembre 2016.
Dopo la nuova impennata della sua azione, la capitalizzazione di Tecnoinvestimenti ha superato i 284 milioni. Un'altra bella soddisfazione per Chevallard e Salza-
Ottant'anni compiuti nel marzo appena passato, Enrico Salza, sposato con Novella, tre figlie, laurea honoris causa in Ingegneria gestionale attribuitagli dal Politecnico di Torino, è uno dei principali attori del sistema non solo economico del capoluogo piemontese. Ha un lunghissimo cursus honorum: fra l'altro, è stato presidente di Intesa Sanpaolo e, prima della storica fusione, di Sanpaolo Imi. E' stato anche presidente della Camera di Commercio, per tanti anni, oltre che vice presidente e amministratore delegato del Sole 24 Ore, allora in piena salute e con prestigio internazionale. E' stato artefice e primo presidente dei Giovani di Confindustria.
Enrico Salza, presidente Tecnoinvestimenti

Il crollo dei posti fissi, regione per regione

Profondo rosso per il lavoro a tempo indeterminato, nel bilancio dei primi nove mesi 2017 delle tre regioni del Nord Ovest: le assunzioni sono state 68.618; ma le cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato 99.451. Quindi, l'area ha perso 30.833 posti a tempo indeterminato. Però, ne ha guadagnati 90.146 a termine.
Infatti, dall'inizio di gennaio alla fine di settembre, le assunzioni con contratto a termine sono risultate 365.541, a fronte delle 275.395 cessazioni di rapporti dello stesso tipo. Positivo, inoltre, è il saldo del lavoro in apprendistato (24.153 nuovi contratti, contro i 13.027 terminati) e anche di quello stagionale (37.462 assunzioni, contro 33.278 cessazioni).
Come rilevato dall'Inps, nei primi nove mesi di quest'anno, le assunzioni a tempo indeterminato sono risultate 49.784 in Piemonte (erano state 50.143 nello stesso periodo 2016 e 74.832 nei primi nove mesi 2015); 17.289 in Liguria (18.894 da gennaio a settembre 2016 e 28.094 nel corrispondente periodo 2015) e 1.545 in Valle d'Aosta (1.504 e 2.459 nei rispettivi periodi precedenti).
Le cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato, registrate dal primo giorno di gennaio all'ultimo di settembre, sono state 72.022 in Piemonte (un paio di migliaia in più che nei primi nove mesi dell'anno scorso), 25.246 in Liguria (114 in meno ) e 2.183 in Valle d'Aosta (81 in meno).
Di conseguenza, il consuntivo relativo al lavoro a tempo indeterminato. nei primi nove mesi 2017, presenta un saldo negativo di 22.238 posti in Piemonte e ancora superiore in Liguria (-22.894), mentre è stata di 638 unità la perdita in Valle d'Aosta.
Quanto alle assunzioni a termine, sempre nei primi nove mesi di quest'anno, sono state 248.933 in Piemonte (+62.276 rispetto allo stesso periodo 2016 e + 70.024 sui primi nove mesi 2015), nonché 107.661 in Liguria (rispettivamente, +22.827 e +30.653) e 8.974 in Valle d'Aosta (+1.714 e + 3.029). Anche le cessazioni dei contratti a termine sono aumentate: a 183.096 dalle 140.176 dei primi nove mesi 2016 in Piemonte, a 83.693 dalle 66.828 precedenti in Liguria e a 8.606 dalle 6.926 del 2016 in Valle d'Aosta; pero, i saldi sono tutti positivi. In Piemonte si sono contati 65.837 rapporti a termine in più, in Liguria 23.968 e in Valle d'Aosta 341.
Apprendistato: dall'inizio dell'anno alla fine di settembre, le nuove assunzioni sono ammontate a 16.473 in Piemonte (8.335 le cessazioni), 6.910 in Liguria (4.132 le cessazioni) e 770 in Valle d'Aosta (560 cessazioni). Infine, le assunzioni stagionali: 16.972 in Piemonte (13.342 le cessazioni di questo tipo di rapporto contrattuale), 15.822 in Liguria (12.382 le cessazioni) e 4.668 in Valle d'Aosta, l'unica delle tre regioni a mostrare uno specifico segno meno, dato che qui le cessazioni dei rapporti stagionali sono state 7.456.
Concludendo, l'Inps ha precisato che, per quanto riguarda il lavoro a tempo indeterminato, nei primi nove mesi 2017, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, in Piemonte le nuove assunzioni sono diminuite dello 0,7% e dell'8,5% in Liguria, mentre sono aumentate del 2,7% in Valle d'Aosta. Non solo: nella regione alpina, le cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato sono calate del 3.6% nei confronti dei primi nove mesi 2016 e sono calate anche in Liguria, sia pure dello 0,4%; invece, in Piemonte sono aumentate del 2,4%.
Insomma, il mondo del lavoro continua a soffrire. Infatti, come è vero che l'aumento delle assunzioni nel loro complesso, cioè come totale delle diverse tipologie, nei primi nove mesi di quest'anno è risultato percentualmente superiore a quello del complesso delle cessazioni dei vari tipi di rapporto contrattuale, in tutte le tre regioni del Nord Ovest; così è vero continuato a scendere i posti di lavoro fissi, quelli a tempo indeterminato, che permettono di avere una maggiore fiducia nel futuro.

Socio arabo per la cuneese Santanchè

Socio arabo per la Visibilia di Daniela Garnero Santanchè. A investire nella società editoriale della “Pitonessa” cuneese è Bracknor Capital, che fa capo all'omonimo gruppo con sede a Dubai (Emirati Arabi Uniti) e presieduta da Aboudi Gassam. Ieri, Bracknord Capital ha chiesto a Visibilia Editore, quotata alla Borsa di Milano, nel segmento Aim, la conversione delle prime cinque delle 50 obbligazioni convertibili in azioni che Visibilia Editore si è impegnata a emettere a fronte delle obbligazioni.
In seguito alla richiesta di ieri, l'investitore arabo avrà intanto 294.118 azioni, pari allo 0,98% del capitale di Visibilia Editore, impresa della quale Daniela Garnero Santanchè possiede attualmente il 65,32% attraverso la sua Visibilia Editore Holding. Il 7,2% appartiene alla Alevi srl, mentre il 27,48% è frazionato sul mercato.
Visibilia Editore pubblica le testate Ville&Giardini, Ciak e Pc Professional. Nel 2016 ha fatturato 3,8 milioni e ha chiuso il bilancio con una perdita di 780.000 euro. In Borsa è valutata intorno ai 4 milioni.

Daniela Garnero Santanchè, laurea in Scienze politiche, imprenditrice e politica, molto nota, è presidente anche di altre due quotate a Piazza Affari: la torinese Ki Group e la milanese Bioera.
Daniela Garnero Santanchè presidente Visibilia

Protagonisti alla ribalta

FERRUCCIO LUPPI
Manager torinese di lungo corso, Ferruccio Luppi è stato chiamato da Guido Giubergia a condividere la tolda di comando di Ersel Investimenti, la holding a capo dell'omonimo gruppo di piazza Solferino, uno dei principali gestori di patrimoni in Italia. Ferruccio Luppi è stato nominato amministratore delegato, lo stesso incarico che mantiene Guido Giubergia, nipote del fondatore dell'Ersel, le cui origini risalgono a oltre ottant'anni fa.
Nato sotto la Mole, il 3 novembre del 1950, laureato in Economia e commercio, Ferruccio Luppi ha incominciato la carriera in Ifil, la finanziaria del gruppo Agnelli poi fusa in Exor. In Ifil ha lavorato dal 1973 al 1996, con responsabilità crescenti, diventando prima responsabile del controllo e delle partecipazioni, poi anche dello sviluppo. E' stato uno dei principali collaboratori di Umberto Agnelli e Gabriele Galateri, l'attuale presidente delle Generali. Nel 1997 è stato inviato nella controllata francese Worms dove è stato direttore generale.
In seguito ha fatto parte della squadra di Sergio Marchionne: fra l'altro, è stato consigliere di amministrazione di Comau, Magneti Marelli Ferrari, oltre che presidente di Fiat Avio Partecipazioni e Fiat Powertrain Technologies. Uscito dal colosso italo-statunitense presieduto da John Elkann, prima di approdare in Ersel, ha avuto il timone di Azimut-Benetti, il leader mondiale dei grandi yachts della famiglia Vitelli.
Ferruccio Luppi, nel consiglio di amministrazione di Ersel Investimenti (100% della famiglia Giubergi-Argentero) dove già si trovava prima della promozione a co-amministratore delegato, affianca il presidente Bruno Argentero, il vice presidente Antonio Scalvini e i consiglieri Mario Mauro, Daniela Argentero, Paola e Francesca Giubergia, oltre che Guido Giubergia, il numero uno del Gruppo che gestisce asset per oltre15 miliardi.
Ferruccio Luppi, ad Ersel Investimenti
LUCA COLOMBANO
Dal 20 novembre, Luca Colombano è il nuovo direttore commerciale delle società assicurative italiane Uniqa, le quali dal 16 maggio fanno parte di Reale Group, che le ha acquisite. Luca Colombano aggiunge il nuovo incarico a quelli che già svolge e cioè sia di direttore centrale Commerciale e Mercato di Italiana Assicurazioni sia di amministratore delegato di Italnext, entrambe controllate da Reale Mutua.
Luca Colombano ha il compito di collaborare con Michele Meneghetti, amministratore delegato di Uniqa Assicurazioni e Uniqa Previdenza, oltre che presidente del Consiglio di gestione di Uniqa Life, per favorire l'integrazione delle diverse culture aziendali e le migliori condizioni dell'ulteriore crescita delle società Uniqa.
Torinese, classe 1973, sposato, tre figli, laurea in Economia e Business administration sotto la Mole, poi specializzazioni a Colonia, Monaco di Baviera, Londra, Parigi e Milano, presso calibri quali Munich Re, Lloyd's e Partner Re, Luca Colombano è entrato in Reale Group nel 1998, assunto come impiegato alla Reale Assicurazioni. Grande atleta (triathlon, golf, running), ma anche fortemente impegnato nel sociale: fra l'altro, ha costituito la Fondazione Amici di Jean, onlus che ha la finalità di contribuire al miglioramento delle condizioni degli ammalati di cancro.

Luca Colombano, direttore commerciale Uniqa
UMBERTO TOSONI
Un altro incarico, che rappresenta anche un'ulteriore promozione, per Umberto Tosoni, all'interno del gruppo Gavio, nel quale è entrato nel 2004 e da allora ha continuato ad avere sempre maggiori responsabilità. Umberto Tosoni, infatti, è stato cooptato nel Consiglio di amministrazione di Astm – Autostrada Torino Milano, società del Gruppo alessandrino presieduta da Gian Maria Gros-Pietro e quotata alla Borsa di Milano, come la Sias (tra l'altro, a quando la fusione tra le due?).
Proprio della Sias, la holding che detiene le partecipazioni del gruppo nel settore delle concessioni autostradali, dove l'impresa dei Gavio è il quarto maggior opetratore al mondo, Umberto Tosoni è il direttore generale da oltre due anni; mentre, dalla scorsa primavera, è amministratore delegato sia della Sitaf sia della Satap e, da ancora prima, della Sav e dell'Autostrada Asti-Cuneo. Fino all'aprile scorso, inoltre, è stato amministratore delegato dell'Autostrada dei Fiori e dell'Autostrada Torino-Savona, diventate ora un'unica società. Delle imprese operative targate Gavio, che non guida direttamente, comuque Umberto Tosini è consigliere. Fra l'altro, è presidente della Baglietto, società cantieristica ch è stata rilevata da Gavio e della quale è stato amministratore delegato.
Nato nel 1975 a Roma, dove si è laureato in Ingegneria gestionale con specializzazione nella Pianificazione dei trasporti, Umberto Tosoni è entrato nel gruppo Gavio dal 2004. Precedentemente ha lavorato, subito dopo essere uscito dall'Università, nell'attuale Eems, l'ex Texas Instruments, operante nel settore dei semiconduttori.
Umberto Tosoni (gruppo Gavio)
GIANNI ROLANDO
Il sanremese Gianni Rolando è il nuovo presidente della Federazione ligure degli ingegneri, organismo che conta 7.200 iscritti e i quattro ordini provinciali della regione, cioè quelli di Genova, Savona, La Spezia e Imperia. Gianni Rolando, 62 anni, è già stato presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, per tre anni e, per altri tre, vice presidente dello stesso. Precedentemente, dal 1994 al 2006, è stato presidente dell'Ordine di Imperia.
Gianni Rolando, nato a Genova e laureato in Ignegneria nel 1970, è un esponente di spicco della categoria alla quale appartiene, ma anche del sistema economico e istituzionale del Ponente Ligure. Fra l'altro, è stato al vertice dell'Amaie, municipalizzata operante nei settori dell'acqua e dell'energia.
Gianni Rolando, presidente Ingegneri liguri

Liti con il fisco per altri 242 milioni


Oltre 242 milioni di euro: è il valore complessivo delle controversie che i contribuenti delle tre regioni del Nord Ovest hanno aperto nei confronti degli enti impositori, a partire dall'Agenzia delle Entrate e da Equitalia, nelle Commissioni Tributarie Provinciali (Ctp), nel secondo trimestre di quest'anno. In particolare, le Ctp del Piemonte hanno ricevuto 1.050 ricorsi, tra il primo giorno di aprile e l'ultimo di giugno, per un totale di 197,669 milioni; mentre alle Ctp della Liguria i ricosri pervenuti sono stati 753 (per 41,811 milioni) e a quella della Valle d'Aosta 55 per 3,1 milioni.
In tutta l'Italia, i ricorsi pervenuti alle Commissioni Tributarie Provinciali, nel secondo trimestre 2017, sono risultati 45.133 per un valore complessivo di 4,874 miliardi. Rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, le nuove controversie sono diminuite dell'8,9%. Comunque, aggiungendo le 41.030 del primo trimestre, la somma dall'inizio dell'anno al 30 giugno risulta di 86.163.
La disaggregazione per numero di ricorsi presentati alle rispettive Commissioni Tributarie Provinciali, nel secondo trimestre di quest'anno, mostra la seguente graduatoria: 508 a Torino, 425 a Genova, 159 ad Alessandria, 122 a La Spezia, 106 a Savona, 103 a Novara, 101 a Cuneo, 100 a Imperia, 56 a Biella, 55 ad Aosta, 52 a Vercelli, 41 ad Asti e 30 a Verbania.
Nello stesso trimestre, le Commissioni Tributarie Provinciali hanno definito 1.126 controversie in Piemonte, 834 in Liguria e 17 in Valle d'Aosta.
A livello nazionale, le controversie definite da tutte le Ctp sono state 54.652, il 15,78% in meno rispetto al corrispondente periodo del 2016. I giudizi sono stati per il 45% favorevoli all'ente impositore (di tasse, tributi e contributi), per un valore complessivo di 1,953 miliardi; mentre completamente favorevole al contribuente è stato il 31,6% dei giudizi, per la somma di 1,696 miliardi. Con una sentenza intermedia, infine, si è conclusa la quota restante delle cause.
Al 30 giugno 2017, i ricorsi pendenti presso le Commissioni Tributarie Provinciali ammontavano a 440.000 in tutto il Paese. Di questi, 5.234 riguardavano controversie in Piemonte, 3.818 la Liguria e 96 la Valle d'Aosta. Le Commissioni Tributarie Provinciali con il maggior numero di ricorsi pendenti a metà anno sono quelle di Torino (1.921, comunque meno delle 1.948 di fine marzo) e di Imperia (1.518 a fronte delle 1.545 della rilevazione precedente). Terza la provincia di Alessandria con 1.223, ancora 11 in più rispetto a tre mesi prima).  

Iren ora vale più di 3 miliardi

Doppio record borsistico di Iren, la multiutility controllata dalla Fsu, finanziaria posseduta per il 50% dal Comune di Torino e per il restante 50% dal Comune di Genova. Oggi, l'azione ordinaria Iren ha chiuso a 2,536 euro (+2,34% rispetto all'ultimo contratto di ieri), il valore più alto dall'inizio dell'anno e nuovo primato storico. Non solo: la capitalizzazione ha superato i tre miliardi di euro, come non era mai successo, con le sole ordinarie (per la precisione Piazza Affari ha valutato la società 3,032 miliardi). Dal minimo di 1,479 registrato il 31 gennaio, il titolo ha guadagnato il 71,5%.
Iren, che è presieduta da Paolo Peveraro e ha come amministratore delegato Massimiliano Bianco, è reduce da nove mesi molto positivi. Infatti, dall'inizio di gennaio alla fine di settembre, ha conseguito un utile netto di 179,5 milioni (+42,3% rispetti ai 126,2 milioni del corrispondente periodo dell'anno scorso), ricavi pari a 2,614 miliardi (+17,3%) e un margine operativo lordo (Ebitda) di 622,2 milioni (+11,3%). Incrementi tutti a due cifre.
Inoltre, dal 31 dicembre 2016, ha ridotto di 79 milioni l'indebitamento finanziario netto, facendolo così calare a 2,738 miliardi.
Fsu, la holding paritetica dei Comuni di Torino e di Genova, possiede il 35,54% del capitale ordinario di Iren, mentre il Comune di Reggio Emilia ha il 7,65% e quote minori fanno capo ai comuni di Parma e di Piacenza. Nella compagine si trova anche Kairos Partner con il 3,28%. Il Comune di Torino, attraverso la Fct, ha anche azioni di risparmio, pari al 6,31% dell'intero capitale.
Paolo Peveraro ha manifestato grande fiducia sul futuro di Iren, il cui amministratore delegato ha sottolineato l'intenzione del Gruppo “di giocare un ruolo da protagonista nel processo di aggregazione all'interno dei suoi territori di riferimeno”.
Paolo Peveraro, presidente Iren

Micillo e Molesini vincitori di tappa

Mauro Micillo e Paolo Molesini sono i vincitori di tappa nella gara di Intesa Sanpaolo per gli utili netti conseguiti nell'esercizio in corso. Mauro Micillo ha conquistato il primo posto nella classifica per valore assoluto, Paolo Molesini ha superato tutti per il maggior incremento del risultato.
Nei primi nove mesi di quest'anno, infatti, la divisione Corporate e Investment Banking del gruppo guidato da Carlo Messina, ha fatto registrare un utile netto di 1,148 miliardi di euro, somma superiore a quelle di tutte le altre divisioni. E il responsabile del Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo è, appunto, Mauro Miccillo.
Invece, Paolo Molesini, numero uno operativo della divisione Private Banking, è il direttore centrale che ha ottenuto il maggior incremento percentuale dell'utile netto rispetto ai primi nove mesi del 2016. Dal primo giorno di gennaio all'ultimo di settembrem infatti, l'utile netto del Private Banking è stato di 677 milioni, il 28% più che nel corrispondente periodo dell'anno scorso.
In entrambe le graduatorie, secondo si è classificato Stefano Barrese, massimo responsabile della divisione Banca dei Territori, che ha conseguito un utile netto di 1,055 miliardi, il 25,6% in più rispetto ai primi nove mesi 2016.
Ed ecco i risultati delle altre divisioni: Banche estere (responsabile Ignacio Jaquotot) utile netto di 677 milioni (+16,9%), Insurance (timoniere è Nicola Maria Fioravanti) 512 milioni (-8,6%), Asset Management (Tommaso Corcos) 352 milioni (+24,8%).
La divisione Corporate e Investment Banking, il cui utile netto è cresciuto dell'8,8%, ha la competenza sulle imprese che hanno un fatturato superiore ai 350 milioni, inoltre gestisce il portafoglio proprio del Gruppo e, fra l'altro, comprende Banca Imi, che si occupa di fusioni e acquisizioni, finanza strutturata, consulenza ad aziende ed enti.
Le società con fatturato inferiore ai 350 milioni, invece, costituiscono una delle tre principali aree di clientela della Banca dei Territori. Le altre due sono: la clientela retail, formata dai soggetti privati con attività finanziarie fino a 100.000 euro e con esigenze di bassa complessiva; la clientela personal, rappresentata da soggetti privati con attività finanziarie comprese tra i 100.000 euro e il milione di euro. Di questa divisione, fanno parte anche Banca 5, Banca Prossima (per gli operatori non profit) e il Mediocredito Italiano, che è il Polo della Finanza di Impresa.
La divisione Private Banking segue il segmento di clientela fi fascia alta, cioè più facoltosa, tramite Fideuram (presidente è il torinese Matteo Colafrancesco) e le controllate di quest'ultima.
La divisione Banche Estere presidia l'attività del Gruppo sui mercati stranieri attraverso le sue controllare e partecipate che fanno commercial banking, in particolare in Croazia, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Albaina, Romania, Slovenia, Slovacchia, Ungheria, Russia ed Egitto.
Quanto alla divisione Asset Management, fornisce soluzioni di gestione di attivi rivolte alla clientela del Gruppo, alle reti commerciali esterne e alla clientela istituzionale tramite Eurizon Capital, alla quale fanno capo diverse controllate e partecipate, fra le quali la cinese Yicai (wealth management), il cui capitale è condiviso con Fideuram e con la Capogruppo Intesa Sanpaolo.
Infine la divisione Insurance: sviluppa l'offerta dei prodotti assicurativi rivolti alla clientela del Gruppo e include le società Intesa Sanpaolo Vita (presidente è il piemontese Luigi Maranzana, già amministratore delegato di Sanpaolo Imi) e Fideuram Vita.
A livello consolidato, il gruppo Intesa Sanpaolo ha fatto segnare, nei primi nove mesi 2017, un utile netto di 5,888 miliardi, che comprende il contributo pubblico cash di 3,5 miliardi attribuito in compensazione degli impatti sui coefficienti patrimoniali derivanti dall'acquisizione dei rami di attività della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Comunque, senza il contributo pubblico e l'impatto delle acquisizioni, l'utile netrto è di 2,469 miliardi e di 3,108 se si escludono anche i tributi e gli altri oneri riguardanti il sistema bancario.
Il gruppo Intesa Sanpaolo, leader in Italia, dispone di poco meno di 6.000 sportelli (4.825 nel nostro Paese) e conta circa 96.500 dipendenti, 7.111 in più rispetto al 31 dicembre scorso.




Mauro Micillo
Paolo Molesini

Quel microcredito targato Torino

Il contatore del suo sito web segna che, da quando è nata, nel 2007, a Torino, fino ad oggi, 20 novembre, sono 17.242 i crediti erogati da PerMicro, per un totale di 120,869 milioni di euro. In particolare, la società subalpina, che proprio in questi giorni festeggia i primi dieci anni di attività, ha finanziato finora 14.587 famiglie e 2.655 micro imprese, tutti soggetti “non bancabili”.
Già, perchè PerMicro, ha come clienti quei soggetti, individui e titolari di mini ditte, che non riescono ad accedere al credito ordinario, a causa di mancanza di garanzie reali oppure “per insufficiente storico creditizio”. Soggetti deboli e a rischio di emarginazione; ma che, in seguito all'ottenimento di microcredito, superano difficoltà e ostacoli, migliorando le loro condizioni e prospettive. Nel caso di PerMicro, hanno addirittura creato quasi 5.000 posti di lavoro.
Intermediario finanziario un po' speciale, PerMicro dispone di 14 filiali, dislocate nelle principali città italiane e ha una sessantina di dipendenti. Nel solo 2016, ha erogato poco meno di 24 milioni, in parte a circa 2.500 famiglie e a 450 microimprese. Ricavandone anche un utile netto: 16.499 euro. Cifra che assume un significato maggiore se si considera che il bilancio 2015 era stato chiuso con una perdita di 76.745 euro, dopo i 398.780 persi nell'esercizio 2014.
Un buon anno, dunque, quello appena passato, anche perchè ha evidenziato un uletriore accelerazione dell'operatività, confermata dai 46,168 milioni di crediti verso clientela emersi al 31 dicembre, oltre 6 milioni in più rispetto alla stessa data del 2015. E il patrimonio netto è salito a 3,266 milioni.
Quindi, doppia soddisfazione - per i risultati economici e sociali - per i soci di PerMicro, fra i quali si trovano Bnl (20,4% del capitale), Fondazione Sviluppo e Crescita Crt (9,7%), Compagnia di San Paolo (7,8%), Finde, la fondazione di Gustavo Denegri (10,8%), Banca Alpi Marittime, la Fondazione Paideia della famiglia Giubergia (10,1%), promotrice di PerMicro insieme con Oltre Venture.
Il presidente Corrado Ferretti ha anticipato che ammonterà a 26 milioni il valore delle erogazioni dell'intero2017, “somma destinata per un terzo a microimprese, start up o esistenti, e per i restanti due terzi a famiglie con bisogni finanziari di inclusione sociale, come quelli per la salute, la formazione, le spese per la casa, l'aiuto ai parenti che vivono nei Paesi d'origine”. Ha aggiunto che l'80% dei crediti a famiglie va a stranieri con regolare residenza in Italia.
Corrado Ferretti, classe 1952, laurea in Economia e commercio a Torino e un Master alla Luiss di Roma, ha una vasta e variegata esperienza professionale: commercialista, consulente, formatore, imprenditore, amministratore di società- Fra l'altro, è stato fondatore e amministratore delegato di GF Italia (credito al consumo), presidente della Banca della Valle d'Aosta e delle Funivie del Monte Bianco. E' al vertice anche della Fondazione Saussurea, onlus che gestisce il più alto giardino botanico d'Europa, a Courmayeur.
Corrado Ferretti, presidente PerMicro

In Piemonte ripresa dell'agricoltura

E' stato un buon anno, quello appena passato, per l'occupazione agricola in Piemonte. Qui c'è stato il maggior incremento percentuale di operai dipendenti di aziende del settore e qui si trova il numero più alto di lavoratori agricoli autonomi. Sono oltre 50.000 (33.132 maschi e 17.079 femmine). Quantità superiore a quella di qualsiasi altra regione italiana. Secondo è il Veneto con 48.391, terza l'Emilia-Romagna con 45.291, quarta la Lombardia con 44.420.
A fornire questi dati, pochi giorni fa, è stato l'Inps, che definisce “lavoratore agricolo autonomo” l'imprenditore che esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, o alla silvicoltura o, ancora, all'allevamento di animali, piuttosto che alle relative attività connesse.
In tutto il Paese, a fine 2016, i lavoratori agricoli autonomi sono risultati 453.949, dei quali l'11,06% attivi in Piemonte, dove, alla stessa data, sono stati contati 38.317 operai agricoli dipendenti, il 3,9% in più rispetto all'anno precedente. Nessuna altra regione ha fatto registrare un incremento maggiore. In Valle d'Aosta, l'aumento è stato del 3,8% e del 3,7% in Veneto. La media nazionale è stata dello 0,1%, dato che di operai agricoli dipendenti ne sono stati censiti 1.035.654, quindi 1.129 più che nel 2015, ma meno che nel solo Piemonte (1.433).
D'altra parte, a fronte della crescita piemontese si trovano i segni meno di diverse regioni: Toscana, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna. Comunque, sono le regioni del Sud che continuano a presentare il maggior numero di operai agricoli dipendenti; in particolare, la Puglia ne conta 185,481, pari al 17,9% degli attivi in Italia, la Sicilia 151.066 (14,6%) e la Calabria 115.516 (11,2%).
All'Inps, risultano 353.774 aziende agricole autonome operanti in Italia (+0,35% rispetto al 2015). Quelle in Piemonte sono 35.150 (+0,6%), delle quali 7.557 hanno operai dipendenti.
Dalle tabelle dell'Istituto sembra emergere che, negli ultimi tre anni, l'imprenditoria agricola piemontese abbia cessato di contrarsi e, anzi, mostri un'inversione di rotta. Tanti giovani hanno riscoperto l'agricoltura, decidendo di dedicarsi chi alla viticoltura, chi all'allevamento, chi alla frutticoltura, chi alle coltivazioni bio; però, sempre con metodi moderni, innovativi, a volte d'avanguardia.
Varie aree, non solo le Langhe e il Monferrato, e diversi comparti, stanno vivendo una nuova fase di sviluppo dell'imprenditoria agricola locale, che comporta benefici economici e anche occupazionali.
Quanto alla Liguria, l'Inps ha rilevato che, nel 2016, le aziende agricole autonome era 7.444, ancora 98 meno che nel 2015, a conferma di un calo progressivo che dura almeno dal 2011, quando ne risultavano attive 8.352. Però, anche in Liguria, l'anno scorso, è aumentato il numero di operai agricoli, ritornati sopra quota 6.000 (6.022 per la precisione), il 2,5% in più rispetto al 2015.
Giorgio Ferrero, assessore all'Agricoltura Regione Piemonte

Liti con le banche, liguri vice campioni

Al “mugugno”, per il quale sono indiscussi campioni italiani, i liguri hanno deciso di far seguire i fatti. Così, la loro regione è salita al secondo posto nella graduatoria nazionale per ricorsi all'Arbitro Bancario Finanziario (Abf), sistema di risoluzione alternatica delle controversie tra i clienti da una parte, le banche e gli altri intermediari finanziari dall'altra, relative a operazioni e servizi. Ideato e sostenuto dalla Banca d'Italia, l'Abf ha un successo crescente, anche perchè offre un'opportunità di giustizia rapida,molto semplice (si svlolge in forma scritta e non serve l'avvocato) e molto economica, caratteristica particoralmente apprezzata sotto la Lanterna, oltre che nel suo Ponente e nel suo Levante.
Dunque, nel 2016, la Liguria ha fatto registrare 963 ricorsi di consumatori all'Arbitro Bancario Finanziario, 613 per milione di abitanti. Rapporto che risulta inferiore soltanto a quello della Campania, che è risultato di 655 ricorsi per milione di abitanti; mentre è superiore anche a quello della Calabria, terza con 560.
All'elevata densità ligure delle controversie nel 2016 ha contribuito, in modo particolare, proprio il capoluogo, che ha presentato un rapporto di ben 775 ricorsi ogni milione di abitanti, tra i più alti nel Paese. In termini assoluti, i genovesi hanno avanzato 662 ricorsi all'Abf, gli spezzini 113 (rapporto 551), gli imperiesi 94 (rapporto 437), come i 94 dei savonesi, i liguri percentualmente meno litigiosi con le banche (rapporto 335).
Nel Nord Ovest, la provincia che ha evidenziato la più bassa percentuale di controversie tra gli intermediari finanziari, a partire dalle banche, e i loro clienti, l'anno scorso, è stata quella di Cuneo, con il rapporto di 152 ricorsi ogni milione di abitanti (in termini assoluti, le nuove controversie sono state 90). Nel Cuneese, i rapporti tra consumatori e istituti finanziari è risultato migliore anche che nel Verbano-Cusio-Ossola (169 ricorsi per milione di abitanti), nell'Astigiano (170) e in Valle d'Aosta (173), dove i ricorsi sono stati 22.
Dall'intero Piemonte, nel 2016, l'Arbitro Bancario Finanziario ha ricevuto 1.259 ricorsi di consumatori, equivalenti al rapporto di 286 per milione di abitanti. In particolare, dalla provincia di Torino ne sono arrivati 686, pari a 301 per milione di abitanti.
In tutta l'Italia, i ricorsi presentati all'Abf sono stati 21.652, quasi il 60% in più rispetto ai 13.587 del 2015. In media, ogni mese, 1.800 clienti di banche e finanziarie hanno scritto al nuovo giudice, al quale si ricorre con un semplice modulo e pagando solo 20 euro, che vengono restituiti in caso di vittoria. Rispetto all'anno precedente, ci sono state 700 istanze in più al mese.
Ben oltre la metà dei ricorsi, per la precisione 12.896, hanno riguardato le banche (7.547 l'anno prima), 1.070 le Poste italiane. E poco meno di 21.000, cioè il 96%, sono stati avanzati dai consumatori. Principale oggetto del contendere? La cessione del quinto (prestito a favore del dipendente o del pensionato), che ha riguardato il 71% dei ricorsi. Al secondo posto, bancomat e altre carte di debito con il 6%, al terzo i conti correnti con il 5% e al quarto i mutui con il 4%.
Delle istanze presentate l'anno scorso, 6.812 sono state accolte e 3.502 respinte. Quanto alle sentenze, sono state 13.770, per tre quarti favorevoli al cliente, totalmente o parzialmente. Così, i clienti hanno ottenuto 13 milioni di euro.
Dei ricorsi ricevuti nel 2016 dall'Arbitro Bancario Finanziario, 2.866 hanno coinvolto Prestitalia (primato nazionale), 2.667 Barclays, 2.008 Santander Consumer, 1.443 Ibl, 1.266 Unicredit, 1.070 Poste Italiane. Le contestazioni nei confronti di Intesa Sanpaolo sono state 560.
Tutti questi dati si trovano nella relazione dell'Abf, presentata a Roma. Fra l'altro, nello stesso rapporto, si può leggere che sono già stati 10.028 i ricorsi presentati nel primo quadrimestre di quest'anno, ancora il 54% in più rispetto al corrispondente periodo del 2016. Il 10% dei ricorsi del primo quadrimestre di quest'anno sono stati presentati al Collegio torinese dell'Abf, costituito nel dicembre scorso, come quelli di Bologna, Bari e Palermo, che si sono aggiunti ai preesistenti di Milano, Roma e Napoli. Il nuovo Collegio Abf di Torino, presieduto da Emanuele Cesare Lucchini Guastalla, ha la competenza territoriale di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta.
Luigi Capra, direttore della sede torinese di Banca d'Italia

Crt per l'arte, esempio virtuoso

Ad Artissima 24, la più recente edizione della fiera internazionale dell'arte contemporanea che si svolge a Torino, la Fondazione per l'Arte Moderna e Conteporanea Crt, presieduta da Fulvio Gianaria, ha acquistato nove nuove opere, costate complessivamente oltre 300.000 euro. Opere che arricchiscono la grande collesione dell'ente subalpino creato, nel 2000, dalla Fondazione Crt per sviluppare e valorizzare il patrimonio artistico e culturale di Torino e del Piemonte. Tutte le opere comprate dalla Fondazione Crt per l'arte, infatti, sono messe a servizio della Galleria d'Arte Moderna di Torino (Gam) e del Museo d'Arte Contemporanea del Castello di Rivoli, ai quali vengono concesse in comodato gratuito.
Da quando ha incominciato a operare a oggi, la Fondazione per l'Arte Moderna e Contemporanea Crt, che si è assunta anche l'impegno di promuovere l'arte contemporanea come fattore di innovazione e di sviluppo sociale, ha comprato oltre 800 opere con un investimento superiore ai 38 milioni di euro.
Con la sua specifica attività, l'ente presieduto da Fulvio Gianaria, dimostra che una fondazione non profit può generare importanti benefici socio-economici per la sua comunità di riferimento, senza impoverire il suo patrimonio, anzi incrementandolo. Infatti, come è vero che le opere d'arte acquistate dalla Fondazione arricchiscono l'offerta dei musei ai quali vengono affidate per la loro valorizzazione, contribuendo così al loro sviluppo, alla crescita economica generata dai visitatori e, fra l'altro, alla diffusione della cultura; è altrettanto vero che gli esporsi per gli acquisti non sono spese a fondo perduto, ma investimenti.
Le opere comprate, infatti, restano della Fondazione e il loro valore va conteggiato nel patrimonio della Fondazione. I soldi che escono in un modo rientrano in un altro, spesso con gli interessi, come succede per i buoni investimenti.
Analoga considerazione si può fare per le fondazioni che costruiscono o comprano immobili per destinarli a finalità sociali, quali l'ospitalità temporanea di famiglie in difficoltà, di ragazze madri o di senza tetto, piuttosto che il comodato gratuito ad associazioni non profit per le loro attività benefiche. Quegli immobili, che pure hanno comportato una spesa, fanno parte, però, del patrimonio, che è sinonimo di solidità, di sicurezza e di garanzia per il futuro.
Fulvio Gianaria presiede la Fondazione per l'Arte Moderna e Contemporanea Crt dal 2009. Al vertice di questo ente strumentale della Fondazione Crt è stato chiamato anche in funzione delle sue competenze, esperienze e della sua passione per l'arte contemporanea, tanto che, nel 1995, ha cofondato l'associazioen culturale Arte Giovane.

Nato settant'anni fa a Torino, dove si è laureato in Giurisprudenza, Fulvio Gianaria è un illustre penalista, professione che svolge, con successo, dal 1971. Ma è conosciuto anche come scrittore, non sltanto di saggi e di articoli per prestigiosi quotidiani e riviste, ma anche di gialli e di noir, con il collega Alberto Mittone.  
Fulvio Gianaria, presidente Fondazione per l'Arte Crt

Premi & riconoscimenti

DANIELE FERRERO (Venchi)
Pochi giorni fa, a Milano, il prestigioso premio EY L'Imprenditore dell'anno, per la sezione Food&Beverage, è stato assegnato a Daniele Ferrero, presidente e amministratore delegato della Venchi, azienda dolciaria fondata a Torino nel lontano 1878. Il riconoscimento a Daniele Ferrero è stato attribuito in considerazione di quanto ha fatto per rilanciare e sviluppare la Venchi, che ora vende i suoi prodotti – cioccolato e gelati luxury – in una settantina di Paesi e che nel 2018, quando celebrerarà i suoi 140 anni di attività, avrà cento negozi monomarca (la metà all'estero) e un fatturato superiore agli 80 milioni.
La Venchi era fallita, dopo che agli inizi degli anni 60, era arrivata ad avere 5.000 dipendenti. Quando, nel 1998, con un gruppo di soci, l'ha rilevata Daniele Ferrero, allora ventottenne, la Venchi era poca cosa. Nel primo esercizio del nuovo corso, aveva fatturato un milione e mezzo e avea tutto da ricostruire. Adesso dispone di uno stabilimento d'avanguardia a Castelletto Stura, nel Cuneese, dove ha sede, conta oltre 700 dipendenti e gestisce già una novantina di negozi monomarca, alcuni dei quali in metropoli come New York, Hong Kong, Dubai.
Daniele Ferrero, nato a Milano nel 1970, si è laureato in Economia, con lode, al Trinity College dell'inglese Cambridge University, poi ha conseguito un Mba alla business school Insead di Fointainebleau. Ha iniziato la sua carriera alla McKinsey nell'ufficio di Londra e l'ha proseguita in quelli di Zurigo e Ginevra. Fino alla decisione di diventare imprenditore e di rilevare la Venchi, diventato un marchio “premium” riconosciuto ovunque.
Daniele Ferrero, numero uno Venchi
CARLA VENESIO (Banca del Piemonte)
Spicca tra le tre finaliste candidate al Private Banking Award, categoria donne, premio di Bluerating che verrà consegnato il 22 prossimo nel capoluogo lombardo. Il soggetto è la giovanissima Carla Venesio, responsabile del Coordinamento delle aree Wealth management e Private banking della Banca del Piemonte, della quale è anche consigliere di amministrazione, come il fratello Matteo, anche lui con un rilevante incarico operativo nell'impresa ultracentenaria guidata dal padre Camillo, amministratore delegato e direttore generale dal 1983.
Torinese, laureata in Economia alla Bocconi, con lode, master in Political economy alla London School of Economics, studi anche alla University British Columbia di Vancouver, Carla Venesio ha fatto esperienze professionali in Pictet&Cie, importante istituto svizzero specializzato nella gestione di patrimoni, nelle sedi di Ginevra, Londra e Milano, prima di accettare l'invito del padre, nipote del fondatore, a entrare a lavorare nella Banca del Piemonte, che appartiene interamente alla famiglia ed ha nella totale indipendenza, uno dei suoi principali valori, alla pari della grande solidità, l'efficienza, la propensione all'innovazione e alla costante vicinanza al cliente.
Carla Venesio (Banca del Piemonte)
GUGLIELMO GIORDANENGO
Un altro torinese di serie A, l'avvocato Guglielmo Giordanengo, figura tra i nove professionisti finalisti dei Top Legal Awards, primo premio a essere dedicato al comparto legale in Italia e giunto quest'anno all'undicesima edizione, nella categoria “Penale finanziario”. Questo premio sarà attribuito lunedì 20 novembre, proprio il giorno in cui Guglielmo Giordanengo compie 43 anni. Festeggerà comunque, sia per il compleanno, sia per essere stato candidato sia perchè, quest'anno, ha già vinto il premio internazionale “Le Fonti 2017” per la “Boutique di eccellenza dell'anno – Diritto penale tributario”.
Titolare dell'omonimo studio, figlio d'arte, Guglielmo Giordanengo, laureatosi nel 1998 con 110 lode e menzione, dopo la pratica presso l'illustre penalista Cesare Zaccone, ha superato l'esame di abilitazione nel distretto della Corte d'Appello di Torino come primo classificato (300/300 all'orale). Ed è risultato primo anche per il dottorato di ricerca in diritto penale italiano. Specializzato in diritto penale societario e fallimentare, igiene e sicurezza del lavoro, reatri tributari e finanziari, recentemente ha ottenuto l'assoluzione di Andrea Magnoni nel processo Sopaf. Fra l'altro ha difeso l'Exor e la Giovanni Agnelli & C nel clamoroso processo che vedeva imputati Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Virgilio Marrone, tutti assolti. E in Exor, come nella Juventus e nella Cnh Industrial è componente dell'Organismo di vigilanza.
Assistito in studio dalla moglie Carlotta, Guglielmo Giordanengo può vantare numerose docenze, pubblicazioni, collaborazioni con vari organismi professionali anche internazionali. E' anche socio attivo dell'esclusivo Circolo Subalpino, del quale è un'istituzione lo stesso Cesare Zaccone, il quale, pochi giorni fa, ha ottenuto dalla Corte d'Appello di Torino che venissero restituiti 121 milioni di euro, con tante scuse, al suo assistito, il geometra Giovanni Perona, uno degli uomini più ricchi di Torino, oggi ultranovantenne. Non è stato un evasore né un soggetto “a pericolosità sociale”.
Guglielmo Giordanengo
COMMERCIALISTI TORINESI SENIORES
Alle Ogr-Officine Grandi Riparazioni di Torino, nuovo centro polifunzionale e all'avanguardia ricavato da uno storico complesso industriale cittadino riconvertito dalla Fondazione Crt con un investimento di cento milioni, giovedì 23, Luca Asvisio, neo presidente dell'Ordine dei commercialisti e degli Esperti contabili di Torino e provincia, premierà oltre 70 suoi colleghi che hanno tagliato il traguardo dei 60 anni di professione (Margherita Crescimone e Corrado Drammi), dei 50 anni (Adriano Canavera), Giovanni Battista Cavicchioli, Alberto Donnet e Giancarlo Garau) e dei 30 anni (elenco che parte da Antonio Aimasso e finisce con Luigi Vico). L'Ordine subalpino dei Commercialisti e degli Esperti contabili conta più di 3.700 iscritti e ha come direttore Lorella Testa.
Luca Asvisio, nato sotto la Mole nel 1965, tre figli, laurea in Economia e commercio, socio dello studio Dondona dal 1992, è stato eletto presidente nel novembre scorso, con quasi 1.200 voti. Dell'Ordine, al quale è iscritto da oltre 25 anni, è stato anche segretario (dal 1997 al 2012, prima di assumere la presidenza della Fondazione Piero Piccatti, nel 2013. Fra l'altro, fa parte del collegio 
sindacale di diverse società e di enti.
Luca Asvisio, presidente Commercialisti torinesi
STEFANO GIROLA (Poderi Girola)
Nella sua rubrica “In cantina”, pubblicata da La Stampa all'inizio di questo mese, Paolo Massobrio, uno dei principali critici enogastronomici italiani, ha elogiato i vini della Poderi Girola, l'azienda vitinicola del Monferrato astigiano, che il giovanissimo Stefano Girola (22 anni) conduce insieme con i cugini Alberto, Cristiano e Camilla, a Cagliano. Impresa artigiana – produce 10-12.000 bottiglie all'anno, giovane come i suoi gestori, ma già affermata, per la qualità e l'originalità delle sue creazioni. Lo stesso Massobrio ha evidenziato i valori del grignolino “il San Pietro”, della barbera “la Sossala”, dello chardonnay “il Manseco”e del monferrato rosso “il Colonnello”, riserva speciale della Casa.
Stefano Girola è figlio di Paolo, ex caporedattore Rai al Tg3 Piemonte. A sua volta Paolo, è fratello sia di Edoardo, già caporedattore responsabile della redazione piemontese dell'Ansa, sia di Pier Michele, anche lui giornalista che ha avuto incarichi di rilievo in diverse testate, da Famiglia Cristiana a Il Sole 24 Ore del Lunedì. Anche da una famiglia di giornalisti possono nascere degli ottimi vini.
I cugini Stefano (a sinistra) e Alberto Girola

Reply alla tappa dei 6.500 dipendenti

Stupefacente lo sviluppo di Reply, l'impresa torinese specializzata in consulenza, system integration e digital services, attiva nell'ideazione, progettazione e implementazione di soluzioni basate sui novi canali di comunicazione e i media digitali. Progressivamente, aumenta fatturato, redditività, liquidità e organico. Al 30 settembre, i dipendenti del gruppo Reply, costituito da oltre 100 società in rete fra loro, sono risultati 6.438, di cui 338 dirigenti; mentre, alla stessa data del 2016 erano 5.928. In 12 mesi sono diventati 318 in più.
D'altra parte, nei primi nove mesi di quest'anno, il fatturato consolidato è stato di 651,3 milioni (+14% rispetto al corrispondente periodo precedente) e di 89,8 milioni (+19,3%) il margine lordo. L'utile ante imposte è ammontato a 78,7 milioni (+14,2%) e la posizione finanziaria netta è risultata positiva per 66 milioni, a fronte dei 28,7 milioni emersi al 31 dicembre scorso.
Logico, perciò, il commento di Mario Rizzante, che di Reply è fondatore, presidente e amministratore delegato, incarico, quest'ultimo, che condivide con la figlia Tatiana, laurea in Ingegneria informatica al Politecnico di Torino, bravissima e definita "la Signora del software".
“In questi primi nove mesi – ha dichiarato Mario Rizzante – Reply ha conseguito risultati estremamente positivi, sia in termini di fatturato che di presenza sul mercato. Il 2017 ha rappresentato l'anno del definitivo affermarsi della rivoluzione digitale e Reply, mettendo a frutto gli investimenti fatti negli anni precedenti, ha lavorato bene, posizionandosi, rapidamente, tra gli attori principali di questa trasformazione, con un'offerta completa e allineata alle nuove esigenze delle aziende, sempre più impegnate nella digitalizzazione di ogni servizio o bene fisico”.
Inoltre, dato che l'innovazione digitale comporta sempre di più la fusione fra business e tecnologia non inquadrabile nei modelli tradizionali, “il nostro obiettivo – ha aggiunto Mario Rizzante – è portare Reply a essere un punto di riferimento, tecnologico e consulenziale, per le aziende che considerano innovazione e nuovi modelli di business leve strategiche per competere sui mercati”.
Reply, costituita nel 1996, nel suo primo esercizio aveva fatturato meno di 6 milioni. L'anno scorso è arrivata a 780 milioni. Controllata dalla famiglia, che ne possiede oltre il 50% del capitale, Reply attualmente ha un valore borsistico di 1,755 miliardi. Del Consiglio di amministrazione fa parte anche Filippo Rizzante. Il fratello di Tatiana è anche Chief Technology Officer dell'impresa di famiglia, che è un motivo d'orgoglio subalpino e nazionale.
Mario Rizzante, presidente e ad Reply

Risale il debito anche di Comuni e Regioni

E' durata un mese l'illusione che il debito pubblico italiano avesse incominciato a calare, dopo tanto tempo di crescita quasi ininterrotta. L'illusione l'aveva data agosto, quando il debito era risultato di 2.279,2 miliardi, 21,3 miliardi meno che in luglio. Ma, settembre ha fatto segnare un nuovo aumento, l'ennesimo. Infatti, la Banca d'Italia ha comunicato che il debito pubblico è risalito a 2.283,667 miliardi, 70 in più rispetto a un anno fa e oltre 32 in più dall'inizio del 2017.
E poi c'è chi si lamenta se dall'estero chiedono al governo italiano di prendere provvedimenti e di cambiare rotta. Perché è probabilmente vero che il nostro debito resta sostenibile, come ripete Pier Carlo Padona, il ministro dell'Economia e delle Finanze, e come confermano i sottoscrittori dei titoli di Stato (basta vedere la raccolta dell'ultimo Btp Italia); ma non può non preoccupare l'inarrestabilità della crescita di un debito che, fra l'altro, è tra i più elevati al mondo.
Comunque, se può consolare, continua invece a calare il debito delle Amministrazioni locali, cioè Regioni e Province autonome, Province ordinarie e città metropolitane, Comuni e altri enti pubblici territoriali come le Comunità montane. Banca d'Italia, ha rilevato che le Amministrazioni locali presentavano un debito di 88,229 miliardi a settembre, inferiore a quello di agosto (88,286) e dei mesi precedenti: nel settembre del 2016 ammontava ancora a 91,670 miliardi e a 96,254 miliardi a ottobre del 2015.

Però, a rivelarsi virtuose anche in settembre sono state soltanto le Province e le Città metropolitane (7,364 miliardi il loro debito) e gli “altri enti” (10,142 miliardi), non le Regioni e le Province autonome (debito di 30,445 miliardi a fronte dei 30,277 di agosto e i 30,165 di luglio), né i Comuni (debito di 40,277 miliardi contro i 40,199 di agosto i 40,254 di luglio).  
Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio

Ecco quanto vale il Nord Ovest in Borsa

Oltre 71 miliardi di euro (per la precisione, 71,252 al 31 ottobre appena passato): è il valore attribuito dalla Borsa italiana alle imprese del gruppo Agnelli-Elkann-Nasi quotate a Pizza Affari, Una somma che pone la famiglia torinese nettamente in testa alla classifica basata sulla capitalizzazione delle società facenti capo, in qualche modo, a soggetti del Nord Ovest. Le quotate controllate dalla famiglia che fa riferimento a John Elkann sono Fca-Fiat Chrysler Automobiles (22,826 miliardi la sua capitalizzazione alla fine del mese scorso), Ferrari (19,794 miliardi), Cnh Industrial (14,712 miliardi), Exor (13,177) e Juventus (745,5 milioni).
In questa particolare graduatoria, al secondo posto si trova Intesa Sanpaolo, il colosso bancario che ha come maggiore azionista la Compagnia di San Paolo, presieduta dal savonese-torinese Francesco Profumo, con poco più del 9% del capitale, quota destinata a calare notevolmente a causa del protocollo d'intesa sottoscritto dal Mef e dalle fondazioni di origine bancaria, tutte tranne un paio (una è la Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano). Al 31 ottobre, il mercato valutava Intesa Sanpaolo circa 48,277 miliardi.
Sul podio del Nord Ovest c'è poi la famiglia Gavio di Tortona, con la capitalizzazione di 5,666 miliardi, derivanti dai 3,317 miliardi della Sias e dai 2,349 miliardi della Astm-Autostrada Torino Milano. Gavio è il quarto maggior operatore autostradale al mondo.
Al quarto posto si trova Buzzi Unicem, il gruppo cementiero di Casale Monferrato, attivo anche negli Usa, in Messico e in Russia. Buzzi Unicem, controllato e gestito saldamente dalla famiglia Buzzi, è valutato, da Piazza Affari, 4,449 miliardi, quindi 128 milioni in più della Diasorin, impresa di Saluggia (Vercelli) leader mondiale nel mercato della diagnostica in vitro e con il torinese Gustavo Denegri principale azionista. Diasorin, guidata da Carlo Rosa, amministratore delegato e secondo maggior socio, a fine ottobre capitalizzava 4,371 miliardi.
In sesta posizione figura Italgas con 5,064 miliardi. La società nata 180 anni fa nel capoluogo subalpino, prima in Italia per la distribuzione di gas e tornata in Borsa, con successo, dopo 13 anni di assenza, è controllata dalla Cdp-Cassa Depositi e Prestiti, ma resta torinese a tutti gli effetti e, fra l'altro, è torinese il suo amministratore delegato, Paolo Gallo.
E può essere considerata torinese, almeno in parte e non secondaria, Iren, la multiutility presieduta dal piemontese Paolo Peveraro. Iren, al cui controllo partecipa il Comune con la Mole, è stata valutata da Piazza Affari poco meno di 2,829 miliardi, cifra che comporta il settimo posto nella classifica di fine ottobre.
A questo punto, cioè all'ottavo posto, si è piazzata la famiglia De Benedetti, che controlla ben sei società nella Borsa di Milano, le quali hanno, complessivamente, una capitalizzazione che sfiora i 2,416 miliardi: Cir (1 miliardo), Sogefi (506 milioni), Cofide (439 milioni), Gedi (un po' più di 391 milioni), M&C (poco più di 79 milioni). Quest'ultima è controllata personalmente da Carlo De Benedetti.
A ruota della famiglia De Benedetti, distanziata di 252 milioni, è risultata la famiglia genovese Garrone-Mondini, la cui Erg, a fine ottobre, capitalizzava 2,164 miliardi, tanti da precedere la Replay della famiglia subalpina Rizzante, decima con poco meno di 1,729 miliardi.
Ad aprire la seconda parte della graduatoria, quella della seconda decina, è Urbano Cairo, patron del Toro, oltre che numero 1, come azionista e come amministratore, della Cairo Communication (capitalizzazione superiore ai 582 milioni) e della Rcs-Rizzoli Corriere della Sera (667 milioni). Totale delle due sue quotate: quasi 1,250 miliardi e undicesima posizione nella classifica del Nord Ovest, dove Cairo precede, nell'ordine, la Vittoria Assicurazioni della famiglia subalpina Acutis (capitalizzazione di 806,3 milioni al 31 ottobre), dodicesima; Prima Industrie, presieduta da Gianfranco Carbonato (poco meno di 438 milioni) tredicesima e Dea Capital (405 milioni) della famiglia novarese Boroli-Drago, a capo del gruppo De Agostini, il quale possiede, fra l'altro, la maggioranza assoluta di Igt, impresa che ha registrato ricavi per 4,675 miliardi di euro nel 2016 ed è quotata alla Borsa di New York. Negli asset di Igt spicca Lottomatica, a capo del consorzio che gestisce il gioco del Lotto nel nostro Paese.
In quindicesima posizione, con la capitalizzazione di 257,4 milioni ecco Tecnoinvestimenti, la società con Enrico Salza presidente e Pier Andrea Chevallard amministratore delegato (ne primi nove mesi 2017 ha registrato ricavi per 127,1 milioni e un utile netto di 14,3, superiore del 108,4% a quello del corrispondente periodo precedente).
Tecnoinvestimenti è seguita dalla Basicnet di Marco Boglione (marchi Robe di Kappa, Jesus Jeans, Kappa, Superga, Ki-Way, Sebago) valutata dalla Borsa circa 214 milioni, che la rendono sedicesima, davanti alla Orsero di Albenga, la cui capitalizzazione a fine ottobre è risultata pari a 185,1 milioni. A quella data, Orsero, leader per l'importazione e la distribuzione di prodotti ortofrutticoli, per Piazza Affari, valeva 37,2 milioni di Banca Carige (176,7 milioni), lo storico istituto genovese in gravi difficoltà, dopo essere stato il sesto maggiore in Italia.
Sopra i cento milioni erano valutate, allora, anche la Pininfarina (capitalizzazione di 119,3 milioni) e la Bim-Banca Intermobiliare (105,6 milioni), che chiude l'elenco delle prime 20 società del Nord Ovest più capitalizzate.
Il terzo gruppo, si apre con Casa Damiani (oreficeria-gioielleria), quotata controllata dall'omonima famiglia alessandrina di Valenza Po. Ammonta a 93,5 milioni il valore attribuito alla Damiani dal mercato, che, al 31 ottobre, valutava 85,1 milioni la Boero Bartolomeo, storica impresa genovese di vernici, appartenente all'omonima famiglia che ha già comunicato la volontà di uscire dal listino.
Dopo la Boero, nella graduatoria di fine ottobre, si trovano la Centrale del Latte d'Italia (capitalizzazione di 52,1 milioni), la Cover 50 (pantaloni PT) con 50,3 milioni, la biellese Cdr Advance, che ha acquisito la Borgosesia (36,6 milioni fra tutte e due), la Fidia (macchine utensili) con 31,7 milioni; l'Italia Independent di Lapo Elkann, con 27 milioni.

All'ultimo posto si trova la cuneese Daniela Garnero Santanché, numero uno sia di Ki Group (capitalizzazione di 15,1 milioni) sia di Visibilia (5,2 milioni). 
John Elkann (71,2 miliardi)

Francesco Profumo (48,3 miliardi)

Boom di partite Iva in Val d'Aosta

Boom di aperture di partite Iva, in Valle d'Aosta, nel settembre appena passato. Lo ha riferito il ministero dell'Economia e delle Finanze, precisando che la Valle d'Aosta ha fatto registrare un incremento del 43,3% di nuove partite Iva rispetto allo stesso mese del 2016. In nessuna altra regione si è avuto un aumento così consistente. Gli altri aumenti maggiori sono stati rilevati in Sicilia (+21,1%) e nelle Marche (+11,6%). A livello nazionale, la crescita è risultata dell'1,7%, ammontando a 40.715 le nuove partite Iva aperte in settembre.
Il boom valdostano può essere interpretato in due modi diversi: positivamente o negativamente. La forte crescita di persone che avviano un'attività in proprio (sono, mediamente, tre quarti delle partite Iva), infatti, può essere una conseguenza delle difficoltà a trovare un lavoro subordinato, a ottenere un'assunzione. In questo caso, sarebbe un'ulteriore prova della gravità della crisi economica e occupazionale. Crisi certamente patita anche dalla Valle d'Aosta.
Però, quel forte incremento di lavoratori autonomi, può anche significare che c'è stata un'accelerazione dello spirito d'iniziativa personale, della propensione all'imprenditorialità, intesa in senso ampio, comprendendo, perciò, il piccolo commercio, l'artigianato, la libera professione, l'attività in proprio nell'universo dei servizi, alla persona piuttosto che alle imprese. Sarebbe un fenomeno decisamente positivo, perché comporta valore aggiunto e riduce la disoccupazione.
Comunque, la ripresa della natalità delle partite Iva, emersa in settembre, in Valle d'Aosta e nell'insieme dell'Italia, è in controtendenza. Infatti, come aveva evidenziato la Cgia di Mestre, associazione locale degli artigiani e delle piccole imprese, dal 2008 al 30 giugno scorso, i lavoratori autonomi sono diminuiti di circa 62.000 unità nel Nord Ovest e di 297.500 in tutto il Paese. In particolare, alla fine del primo semestre di quest'anno, ne sono stati censiti 415.800 in Piemonte e Valle d'Aosta insieme (erano poco meno di 460.000 nel 2008) e 152.500 in Liguria (erano 170.300). Nell'intera Italia, le partite Iva correlate agli autonomi sono calate a 5,124 milioni dai 5,421 milioni del 2008.
Tornando ai dati di settembre, il Dipartimento delle Finanze, ha rilevato che il 72,5% delle nuove aperture di partite Iva è avvenuto da parte di persone fisiche, il 22,9% da società di capitali e il 3,9% da società di persone. Quanto al settore produttivo, è il commercio a mostrare il maggior numero di nuove partite Iva (20,8% delle aperture), seguito dalle attività professionali (14,2%) e dall'agricoltura (9,6%).
Ancora un paio di dati: il 46,3% degli avviamenti è attribuibile a giovani fino a 35 anni ed è nato all'estero il 18,1% delle persone che hanno aperto una partita Iva in settembre.
Laurent Viérin, presidente Valle d'Aosta

"Croce Rossa" Chiamparino

E' solo un esempio, tra i più recenti, che conferma una delle tante “stranezze” degli amministratori pubblici. Gtt, l'azienda dei trasporti torinesi controllata dal Comune, è in gravi difficoltà. Idem la Fondazione per il Libro. Ed ecco che Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, dice: noi siamo pronti a darvi una mano. Basta chiederla. Pronti ad aprire il portafoglio. Sembra quasi incredibile, dato che gli stessi amministratori piangono continuamente miseria, sostenendo che non hanno soldi e perciò non possono fare interventi, che pure sarebbero necessari, se non indispensabili e improrogabili o, quanto meno, opportuni.
Ed ecco, invece, che i soldi si possono trovare, escono quasi miracolosamente, Com'è? Allora, una domanda diventa lecita: c'è la consapevolezza che le risorse pubbliche sono della comunità, non dei loro gestori pro tempore e vanno gestite con la diligenza del buon padre di famiglia?
Sergio Chiamparino, presidente Regione Piemonte