MAURIZIO CROZZA
Come, in passato, il successo di un
giornale era spesso assicurato dalle sue “grandi firme” – basti
ricordare i casi di Indro Montanelli, Enzo Biagi e Giorgio Bocca –
adesso, il successo delle televisioni, espresso in share e
fatturati pubblicitari, è garantito da personaggi come Maurizio
Crozza, difficili da definire con precisione per la loro varietà di
attività, che sono artistiche, ma anche pubblicistiche e
imprenditoriali.
Maurizio
Crozza, genovese doc, classe 1959, sposato con l'attrice Carla
Signoris, due figli, diplomato alla Scuola di recitazione dello
Stabile di Genova, attore, comico, imitatore, conduttore televisivo,
“editorialista”, produttore e manager, ha contribuito non poco
all'affermazione de La 7 di Urbano Cairo e, quest'anno, ha fatto
scoprire a milioni di italiani il Nove, Canale del gruppo Discovery
Italia, filiale dell'omonimo colosso statunitense.
In
seguito all'arrivo di Maurizio Crozza e del suo programma, All Music,
la società che gestisce il Canale Nove ed è controllata appunto da
Discovery, potrebbe chiudere l'esercizio 2017 con un fatturato
superiore ai 40 milioni di euro, a fronte dei 31,5 del 2016 e, per la
prima volta dalla sua costituzione, conseguire un utile, dopo la
perdita di 1,3 milioni del 2016 e degli 8,1 milioni del 2015, nonché
del “rosso” di tutti i i bilanci precedenti, quando la gestione
era del gruppo che ora è Gedi-L'Espresso.
Per
merito soprattutto di Crozza, che si è portato dietro i suoi fans ed
estimatori, come era successo a Montanelli, Biagi e Bocca, lo share
medio del Nove continua a salire e quello di prima serata ha fatto
registrare un balzo del 73% rispetto al 2016. Certo, hanno aiutato
anche gli ingaggi di Roberto Saviano, Antonino Cannavacciuolo, Fabio
Volo, Max Giusti e Peter Gomez; ma, indubbiamente, il Nove deve molto
a Crozza, imperdibile per le “figure” che crea: da Antonio Razzi,
a Sergio Marchionne, Flavio Briatore, Luca di Montezemolo, Sergio
Mattarella, Roberto Formigoni, Matteo Salvini e, fra i più recenti,
il direttore Vittorio Feltri, il ministro Minniti e la ministra
Fedeli.
Maurizio Crozza |
GUIDO
GOBINO
Si
chiama “Tourinot n.10” la nuova creazione di Guido Gobino,
“maestro” torinese del gran cioccolato. Tourinot n.10, che evoca
un po' il famosissimo Chanel n.5, è il gianduiotto speciale, fatto,
con cioccolato fondente e gianduia, per celebrare i primi dieci anni
del negozio di via Lagrange 1, diventato una meta obbligata per gli
amanti del cioccolato artigianale più originale e innovativo, che
coniuga l'assoluta qualità delle materie prime, con soluzioni
d'avanguardia, grande passione ed esperienza, per assicurare piaceri
straordinari.
Guido
Gobino è figlio d'arte. Suo padre Giuseppe, nel 1980, diventa
titolare unico della fabbrica la titolarità della fabbrica di
cioccolato e caramelle (per conto terzi), nella quale lavorava dal
1964. Lo aiuta Guido che, alla fine degli anni 90, avvia il progetto
Laboratorio artigianale del Giandujotto, che adotta il metodo
produttivo dell'estrusione, tipo dell'antica tradizione cioccolatiera
torinese. E, nel 1996, nasce “Selezione Guido Gobino”, primo
marchio istituzionale.
Nel
2008, il cremino al sale e olio extravergine di oliva ottiene il
riconoscimento di “miglior pralina del mondo” da parte
dell'autorevole Academy of chocolate” di Londra, che, negli anni
successi, assegna a Guido Gobino altri premi, accentuando la sua fama
anche a livello internazionale. Con la reputazione e i continui premi
(fresco è l'International Chocolate Award, condiviso Guido Castagna
e la Domori, altri piemontesi) sono aumentate anche le botteghe di
Gobino (uno è a Milano, in corso Garibaldi), il fatturato e i
dipendenti, diventati una trentina.
Guido Gobino |
LUIGI
ROSSI DI MONTELERA
Lunghi
applausi a Luigi Rossi di Montelera, alcuni giorni fa, al Circolo
Subalpino di Torino, club torinese molto esclusivo, per la sua
relazione sulla storia del vermouth, prodotto tipico che ha avuto
anche il riconoscimento e la tutela da parte dell'Unione Europea, con
crescente diffusione all'estero, dove rappresenta un'immagine del
nostro Paese.
Luigi
Rossi di Montelera ha incominciato la sua esposizione ricordando,
innanzi tutto, che vermouth è il nome tedesco delle Artemisie, che
sono quelle famiglie di piante officinali curative e aromatiche
necessarie alla sua produzione (ne fanno parte, fra gli altri,
l'Assenzio Romano, l'Assenzio Gentile Pontico e l'Artemisia Genepì).
Per
fisco e dogane, il vermouth è un “aperitivo a base di vino”,
costituito per il 75% appunto da vino e per la parte restante da
alcol vinico, zucchero ed erbe aromatiche, tra le 10 e le 15, in
infusione o in distillazione, miscelate secondo ricette segrete,
tramandate gelosamente.
L'origine
di questo vino aromatizzato risale agli antichi romani, che lo
fortificavano, con alcol ed erbe officinali, “per necessità”,
cioè per bloccarne la rifermentazione” viste le difficoltà di
conservazione. La ditta di vermouth più antica è la Carpano, nata
nel 1786, mentre sono sorte tra il 1860 e il 1880, Cora, Gancia,
Cinzano e la Martini&Rossi, costituita nel 1863 su una precedente
impresa fondata nel 1847.
Nella
Martini&Rossi, azienda controllata dalla famiglia prima di
entrare a far parte del gruppo Bacardi, colosso mondiale del settore,
Luigi Rossi di Montelera ha incominciato a lavorare nel 1970 come
dirigente. E della Bacardi-Martini è stato presidente dal 1995 al
2008.
Nato a
Torino nel 1946, sposato, tre figli, laure in Giurisprudenza, Luigi
Rossi di Montelera è stato anche parlamentare, sottosegretario al
ministero del Turismo e dello Spettacolo, presidente di Confindustria
Piemonte, della Federalimentari e della Bre-Banca Regionale Europea.
Luigi Rossi di Montelera |
DIEGO
FACCHINO
Un
altro intervento che ha riscosso molta attenzione e applausi convinti
è stato quello del piemontese Diego Facchino, a Torino, in una cena
al Quo Vadis dello chef Moreno, organizzata dal club Neoteri 77.
Diego Facchino, 33 anni, guida l'azienda vinicola F.lli Facchino,
fondata dal padre Carmine, all'inizio degli anni novanta (già il
nonno, però, coltivava viti, limitandosi tuttavia a vendere sole le
uve),
Al Quo
Vadis, Diego Facchino ha presentato i vini che hanno accompagnato le
originali prelibatezze preparate da Moreno, appositamente in funzione
delle bevande che le avrebbero accompagnato i suoi piatti. Il vino
che ha entusiasmato è stato l'Alba Rossa, ricavato da un vitigno
poco conosciuto, creato alla fine degli anni trenta dal professor
Giovanni Dalmasso,
L'Alba
Rossa è un'eccellenza della Facchino, impresa familiare di Rocca
Grimalda, borgo medievale a pochi passi da Ovada. I Facchino
coltivano vigneti dislocati su trenta ettari (18 sono di proprietà,
gli altri in affitto) e producono circa 80.000 bottiglie di vino
all'anno, vendute esclusivamente a grandi ristoranti, enoteche e
privati.
Diego Facchino |
VINCENZA
BELFIORE
Una
delle poche private banker italiane
che hanno in gestione patrimoni di clienti per un valore superiore ai
cento milioni di euro è la torinese Vincenza Belfiore, Wealth
manager di Azimut dal luglio del
2014. Lo ha rilevato il giornale Milano Finanza, precisando che è
una delle cinque “advisor d'oro” del gruppo che si occupa di
consulenza e gestione patrimoniale e la cui Holging è quotata in
Borsa.
Sda
alla Bocconi, poi ulteriore formazione specializzata, Vincenza
Belfiore, che opera in Piemonte e in Lombardia, ha iniziato la
propria carriera, nel 1996, in San Paolo Invest, società del gruppo
Intesa Sanpaolo nella quale è rimasta fino al 2000. In quell'anno è
passata a Citibank, dove è rimasta fino al 2006, quando è stata
chiamata in Banca Generali, ultima tappa prima di Azimut, dove è
entrata come director assumendo anche il ruolo di head of
private insurance solution.
Vincenza Belfiore |