Protagonisti alla ribalta

MAURIZIO CROZZA
Come, in passato, il successo di un giornale era spesso assicurato dalle sue “grandi firme” – basti ricordare i casi di Indro Montanelli, Enzo Biagi e Giorgio Bocca – adesso, il successo delle televisioni, espresso in share e fatturati pubblicitari, è garantito da personaggi come Maurizio Crozza, difficili da definire con precisione per la loro varietà di attività, che sono artistiche, ma anche pubblicistiche e imprenditoriali.
Maurizio Crozza, genovese doc, classe 1959, sposato con l'attrice Carla Signoris, due figli, diplomato alla Scuola di recitazione dello Stabile di Genova, attore, comico, imitatore, conduttore televisivo, “editorialista”, produttore e manager, ha contribuito non poco all'affermazione de La 7 di Urbano Cairo e, quest'anno, ha fatto scoprire a milioni di italiani il Nove, Canale del gruppo Discovery Italia, filiale dell'omonimo colosso statunitense.
In seguito all'arrivo di Maurizio Crozza e del suo programma, All Music, la società che gestisce il Canale Nove ed è controllata appunto da Discovery, potrebbe chiudere l'esercizio 2017 con un fatturato superiore ai 40 milioni di euro, a fronte dei 31,5 del 2016 e, per la prima volta dalla sua costituzione, conseguire un utile, dopo la perdita di 1,3 milioni del 2016 e degli 8,1 milioni del 2015, nonché del “rosso” di tutti i i bilanci precedenti, quando la gestione era del gruppo che ora è Gedi-L'Espresso.
Per merito soprattutto di Crozza, che si è portato dietro i suoi fans ed estimatori, come era successo a Montanelli, Biagi e Bocca, lo share medio del Nove continua a salire e quello di prima serata ha fatto registrare un balzo del 73% rispetto al 2016. Certo, hanno aiutato anche gli ingaggi di Roberto Saviano, Antonino Cannavacciuolo, Fabio Volo, Max Giusti e Peter Gomez; ma, indubbiamente, il Nove deve molto a Crozza, imperdibile per le “figure” che crea: da Antonio Razzi, a Sergio Marchionne, Flavio Briatore, Luca di Montezemolo, Sergio Mattarella, Roberto Formigoni, Matteo Salvini e, fra i più recenti, il direttore Vittorio Feltri, il ministro Minniti e la ministra Fedeli.
Maurizio Crozza
GUIDO GOBINO
Si chiama “Tourinot n.10” la nuova creazione di Guido Gobino, “maestro” torinese del gran cioccolato. Tourinot n.10, che evoca un po' il famosissimo Chanel n.5, è il gianduiotto speciale, fatto, con cioccolato fondente e gianduia, per celebrare i primi dieci anni del negozio di via Lagrange 1, diventato una meta obbligata per gli amanti del cioccolato artigianale più originale e innovativo, che coniuga l'assoluta qualità delle materie prime, con soluzioni d'avanguardia, grande passione ed esperienza, per assicurare piaceri straordinari.
Guido Gobino è figlio d'arte. Suo padre Giuseppe, nel 1980, diventa titolare unico della fabbrica la titolarità della fabbrica di cioccolato e caramelle (per conto terzi), nella quale lavorava dal 1964. Lo aiuta Guido che, alla fine degli anni 90, avvia il progetto Laboratorio artigianale del Giandujotto, che adotta il metodo produttivo dell'estrusione, tipo dell'antica tradizione cioccolatiera torinese. E, nel 1996, nasce “Selezione Guido Gobino”, primo marchio istituzionale.
Nel 2008, il cremino al sale e olio extravergine di oliva ottiene il riconoscimento di “miglior pralina del mondo” da parte dell'autorevole Academy of chocolate” di Londra, che, negli anni successi, assegna a Guido Gobino altri premi, accentuando la sua fama anche a livello internazionale. Con la reputazione e i continui premi (fresco è l'International Chocolate Award, condiviso Guido Castagna e la Domori, altri piemontesi) sono aumentate anche le botteghe di Gobino (uno è a Milano, in corso Garibaldi), il fatturato e i dipendenti, diventati una trentina.
Guido Gobino
LUIGI ROSSI DI MONTELERA
Lunghi applausi a Luigi Rossi di Montelera, alcuni giorni fa, al Circolo Subalpino di Torino, club torinese molto esclusivo, per la sua relazione sulla storia del vermouth, prodotto tipico che ha avuto anche il riconoscimento e la tutela da parte dell'Unione Europea, con crescente diffusione all'estero, dove rappresenta un'immagine del nostro Paese.
Luigi Rossi di Montelera ha incominciato la sua esposizione ricordando, innanzi tutto, che vermouth è il nome tedesco delle Artemisie, che sono quelle famiglie di piante officinali curative e aromatiche necessarie alla sua produzione (ne fanno parte, fra gli altri, l'Assenzio Romano, l'Assenzio Gentile Pontico e l'Artemisia Genepì).
Per fisco e dogane, il vermouth è un “aperitivo a base di vino”, costituito per il 75% appunto da vino e per la parte restante da alcol vinico, zucchero ed erbe aromatiche, tra le 10 e le 15, in infusione o in distillazione, miscelate secondo ricette segrete, tramandate gelosamente.
L'origine di questo vino aromatizzato risale agli antichi romani, che lo fortificavano, con alcol ed erbe officinali, “per necessità”, cioè per bloccarne la rifermentazione” viste le difficoltà di conservazione. La ditta di vermouth più antica è la Carpano, nata nel 1786, mentre sono sorte tra il 1860 e il 1880, Cora, Gancia, Cinzano e la Martini&Rossi, costituita nel 1863 su una precedente impresa fondata nel 1847.
Nella Martini&Rossi, azienda controllata dalla famiglia prima di entrare a far parte del gruppo Bacardi, colosso mondiale del settore, Luigi Rossi di Montelera ha incominciato a lavorare nel 1970 come dirigente. E della Bacardi-Martini è stato presidente dal 1995 al 2008.
Nato a Torino nel 1946, sposato, tre figli, laure in Giurisprudenza, Luigi Rossi di Montelera è stato anche parlamentare, sottosegretario al ministero del Turismo e dello Spettacolo, presidente di Confindustria Piemonte, della Federalimentari e della Bre-Banca Regionale Europea.
Luigi Rossi di Montelera
DIEGO FACCHINO
Un altro intervento che ha riscosso molta attenzione e applausi convinti è stato quello del piemontese Diego Facchino, a Torino, in una cena al Quo Vadis dello chef Moreno, organizzata dal club Neoteri 77. Diego Facchino, 33 anni, guida l'azienda vinicola F.lli Facchino, fondata dal padre Carmine, all'inizio degli anni novanta (già il nonno, però, coltivava viti, limitandosi tuttavia a vendere sole le uve),
Al Quo Vadis, Diego Facchino ha presentato i vini che hanno accompagnato le originali prelibatezze preparate da Moreno, appositamente in funzione delle bevande che le avrebbero accompagnato i suoi piatti. Il vino che ha entusiasmato è stato l'Alba Rossa, ricavato da un vitigno poco conosciuto, creato alla fine degli anni trenta dal professor Giovanni Dalmasso,
L'Alba Rossa è un'eccellenza della Facchino, impresa familiare di Rocca Grimalda, borgo medievale a pochi passi da Ovada. I Facchino coltivano vigneti dislocati su trenta ettari (18 sono di proprietà, gli altri in affitto) e producono circa 80.000 bottiglie di vino all'anno, vendute esclusivamente a grandi ristoranti, enoteche e privati.
Diego Facchino
VINCENZA BELFIORE
Una delle poche private banker italiane che hanno in gestione patrimoni di clienti per un valore superiore ai cento milioni di euro è la torinese Vincenza Belfiore, Wealth manager di Azimut dal luglio del 2014. Lo ha rilevato il giornale Milano Finanza, precisando che è una delle cinque “advisor d'oro” del gruppo che si occupa di consulenza e gestione patrimoniale e la cui Holging è quotata in Borsa.
Sda alla Bocconi, poi ulteriore formazione specializzata, Vincenza Belfiore, che opera in Piemonte e in Lombardia, ha iniziato la propria carriera, nel 1996, in San Paolo Invest, società del gruppo Intesa Sanpaolo nella quale è rimasta fino al 2000. In quell'anno è passata a Citibank, dove è rimasta fino al 2006, quando è stata chiamata in Banca Generali, ultima tappa prima di Azimut, dove è entrata come director assumendo anche il ruolo di head of private insurance solution.
Vincenza Belfiore 


Collezionisti a rischio, Bolaffi li difende

Il disegno di legge n.2864, riguardante le “disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”, approvato dalla Camera dei deputati il 22 giugno scorso ed ora in Senato, sta preoccupando molto gli antiquari e i mercanti d'arte, ma, sempre di più, anche comuni detentori di opere quali dipinti, libri antichi, ceramiche d'epoca così come semplici collezionisti di rarità o vari oggetti raccolti per passione.
Tanto che non manca chi, come il senatore Giovanardi, si augura che “nella fase emendativa siano apportati numerosi e significativi mutamenti al contenuto del disegno di legge, al fine di delimitare l'ambito di applicazione dell'intervento sanzionatorio ai comportamenti scientemente posti in essere da soggetti dediti ad attività delittuose”.
A richiedere modifiche al disegno di legge, che si propone di stabilire un trattamento sanzionatorio improntato a una maggiore severità per chi commette delitti contro il patrimonio culturale, innanzi tutti è la Fima (Federazione italiana mercanti d'arte). Forti sono le sue osservazioni critiche e precisi i punti che suggerisce di emendare, spiegandone le ragioni.
Ancora più chiaro e incisivo, però, è il torinese Giulio Filippo Bolaffi, amministratore delegato dell'omonimo e ben noto gruppo che opera nell'ambito del collezionismo da più di 125 anni e oggi impiega circa 130 persone, con un fatturato annuo di 42 milioni di euro. Le principali attività del gruppo Bolaffi sono il commercio diretto di francobolli, monete e altri oggetti da collezione, nonché la loro intermediazione attraverso le aste.
Nella sua audizione in Senato, Giulio Guido Bolaffi ha detto, fra l'altro, che “alcune norme del disegno di legge, rappresentate nella forma attuale, renderebbero una società, come la Bolaffi, di svolgere la propria attività quotidiana; inoltre, si creerebbe un clima di terrore nei collezionisti e si metterebbe in discussione la loro passione”.
Bolaffi ha portato esempi precisi ed emblematici per dimostrare la validità delle sue affermazioni. Una prova concreta: la Bolaffi ha in magazzino ancora un centinaio di AQ, sorta di carta bollata normalmente usata nel 1700 nella Repubblica di Venezia per la corrispondenza amministrativa interna. Li ha comprati a una fiera del settore, pagandoli mille lire (0,52 euro) Di AQ, in passato, ne ha venduti a migliaia, per cui il lotto ancora in magazzino non rappresenta certo un unicum, per di più di particolare rilievo culturale. Però questo lotto, secondo l'attuale orientamento di diverse Soprintendenze, sarebbe di natura “demaniale” e, perciò, un bene culturale; per cui, in quanto tale, la sua detenzione e il suo commercio comporterebbero per i responsabili della Bolaffi, secondo il contestato disegno di legge, una pena di reclusione da 3 a 12 anni.
Altro esempio. Un vecchio libro, diventato “bene culturale” in seguito alla sua notifica allo Stato, fatta in funzione della sua vendita all'asta, torna a chi l'aveva ereditato perché invenduto. Poco dopo, a causa di un'infiltrazione dal tetto, il libro in questione si rovina. Conseguenza prevista dal disegno di legge: il detentore di quel libro può essere punti con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Giulio Guido Bolaffi ha citato poi altri casi, per arrivare a concludere che “la legge in esame comporterebbe pene spropositate rispetto alla gravità e alla buona fede di chi li ha commessi all'interno di una normale routine commerciale o collezionistica”. Chiede, perciò, che, prima di tutto, sia ben definita la distinzione della gravità dei reati contro pezzi unici del patrimonio culturale italiano “rispetto a quanto può accadere nello spiccio quotidiano di oggetti da collezione che nulla hanno a che vedere con i capolavori che costituiscono il nostro patrimonio culturale”.
“ A maggior ragione – ha concluso Giulio Guido Bolaffi, davanti ai componenti della Commissione del Senato – si invita a riflettere attentamente sulla vaghezza interpretativa del termine bene culturale, che, allo stato attuale, in mancanza di chiarimenti legislativi in materia, è totalmente attribuile, in modo soggettivo, dai singoli funzionari delle Soprintendenze. Per cui, si rischierebbe di infliggere pesantissime condanne, solo per l'interpretazione soggettiva del termine bene culturale e della sua attribuzione a un oggetto da collezione, da parte di un singolo”.
Giulio Filippo Bolaffi


Potpourri economico-finanziario

REALE FOUNDATION
Fiocco rosa in Reale Group. Il 24 ottobre, il gruppo torinese attivo nei settori assicurativo, bancario, immobiliare e dei servizi, ha comunicato la nascita di Reale Foundation, istituzione corporate destinata a “strutturare, in maniera più sistematica, la propria strategia di sostenibilità e le attività di community engagement”. Nella nuova fondazione, infatti, confluiranno, ogni anno, le erogazioni liberali deliberate dalle società del Gruppo – Reale Mutua di Assicurazioni, Banca Reale, Blue Assistance, Reale Immobili, Reale Seguros Generales e Reale Vida – al fine di sostenere iniziative a favore della collettività.
Reale Foundation si attiverà, concretamente, in particolare in tre aree a grande valenza sociale: prevenzione e gestione delle cronicità, inclusione e sviluppo socio-economico dei giovani, resilienza ai rischi connessi a eventi naturali. Un comitato operativo, un patronato e in comitato probiviri, composti da rappresentanti delle imprese del Gruppo, rispettivamente, avranno il ruolo di proporre e validare i programmi e i progetti in Reale Foundation, assicurando la coerenza delle sue attività ai principi etici e agli obiettivi di sostenibilità di Reale Group.
La nuova iniziativa è stata così commentata da Luca Filippone, direttore generale di Reale Mutua: “Reale Foundation è frutto dello spirito mutualistico che da 189 guida il modo di fare impresa di Reale Group”, la cui essenza è sintetizzata dallo slogan “Togetherness.
Luca Filippone, direttore generale Reale Mutua

ALPITOUR
Per il quarto anno consecutivo, Alpitour ha conquistato il primo posto nella classifica dei migliori tour operator, redatta dall'Istituto tedesco di Qualità e Finanza, leader internazionale nelle analisi di mercato. Ad Alpitour è stato riconosciuto il gradimento dell'87% (86,1% nel 2016), mentre la medaglia d'argento è andata alla “sorella” Francorosso, che ha totalizzato l'81,3% a fronte del 79,5% dell'anno scorso.
Alpitour ha vinto la medaglia d'oro 2017 anche nella sezione Villaggi, dove, con il suoi 85% di gradimento, ha sbaragliato i principali concorrenti del settore.
“Siamo molto orgogliosi di ricevere questo riconoscimento, che arriva dai clienti, i quali sono i nostri giudici più severi” ha detto Gabriele Burgio, presidente e amministratore delegato del gruppo Alpitour. “E vedere che, anno dopo anno, i clienti fanno crescere la nostra valutazione è una soddisfazione impagabile” ha aggiunto il numero 1 dell'impresa torinese, leader di mercato e, nel settore, unico gruppo italiano integrato.
Alpitour, rilevata nel 2012 dal gruppo Agnelli-Elkann-Nasi, è destinata a essere quotata in Borsa. Non molto tempo fa, è entrata nella compagine azionaria la Tip di Giovanni Tamburi, che, in seguito all'investimento di 120 milioni, possiede ora il 33% circa di Alpitour, la quale ha fra i soci suoi manager, a partire dallo stesso Burgio, e fondi d'investimento.
Gabriele Burgio, n.1 Alpitour

VITTORIA ASSICURAZIONI
Il quotidiano finanziario Mf ha rivelato che il gruppo Vittoria Assicurazioni, controllato dalla famiglia torinese Acutis, ha affidato ad alcuni operatori specializzati il mandato di accelerare le vendite di diversi suoi complessi residenziali al fine di valorizzare maggiormente il portafoglio degli investimenti immobiliari, valutati circa 625 milioni di euro alla fine del giugno scorso. Fra l'altro, le vendite riguardano le zone di Collegno (Torino), Genova, Roma, Firenze e Peschiera Borromeo.
La Vittoria Assicurazioni, quotata alla Borsa di Milano, ha come azionista di maggioranza assoluta, con quasi il 60% del capitale, la coppia formata dalle società Vittoria Capital e Yafa Holding, entrambe facenti capo alla famiglia di Carlo Acutis, presidente onorario (presidente operativo è il figlio Andrea, mentre la figlia Adriana è consigliere di amministrazione).
Nel primo semestre di quest'anno, il gruppo Vittoria Assicurazioni ha contabilizzato premi assicurativi per 646,6 milioni e ha conseguito un utile netto di 41 milioni. Al 30 giugno, il patrimonio netto è risultato di 766,8 milioni, il 2,8% in più rispetto al 31 dicembre 2016.
Carlo Acutis, presidente onorario Vittoria Assicurazioni
EATALY
Andrea Guerra, presidente esecutivo di Eataly, ha anticipato che il gruppo fondato da Oscar Farinetti, la cui famiglia ne possiede ancora poco meno del 58% del capitale attraverso la holding Eatinvest, chiuderà l'esercizio 2017 con un fatturato superiore ai 470 milioni, quindi aumentato rispetto ai 385 milioni del 2016. Inoltre, è trapelato che il 3 novembre sarà aperto il nuovo store di Los Angeles, mentre il 15 dello stesso mese sarà inaugurato il parco tematico Fico a Bologna. Altre aperture seguiranno nel 2018: in gennaio a Stoccolma, nei mesi seguenti a Parigi e Las Vegas.
Intanto, prosegue la marcia verso la Borsa, dove l'approdo di Eataly è previsto l'anno prossimo. Anche in funzione di questa meta, Eataly si è ricapitalizzata con 20 milioni. All'operazione hanno partecipato tutti i soci, fra i quali spicca Clubitaly, veicolo d'investimento promosso dalla Tip di Giovanni Tamburi, detentore della quota del 19,7%, la stessa della società di Luca Baffigo Filangeri.
Oscar Farinetti (Eataly)

IIT
Il 18 ottobre appena passato, Banca d'Italia ha comunicato che, nel 2016, è stato di 940 milioni il saldo positivo della bilancia dei pagamenti della tecnologia. E il segno più dell'anno scorso si è aggiunto a quelli dei quattro anni precedenti (invece, dal 2002 al 2011 i saldi annuali sono risultati sempre negativi).
Ai progressi della tecnologia nazionale sta contribuendo, in misura rilevante, l'Iit, l'Istituto Italiano di Tecnologia, straordinaria eccellenza guidata dall'infaticabile Roberto Cingolani, scienziato manager. Nel 2016, l'Iit, campione nazionale della ricerca e del trasferimento tecnologico, ha avuto un valore della produzione di 132,622 milioni di euro (129,075 nel 2015), a fronte di costi della produzione pari a 123,141 milioni (123,212), per cui ha chiuso l'esercizio con un avanzo netto di 9,9 milioni di euro, ancora 3,5 in più rispetto al 2015.
Al 31 dicembre scorso, il suo patrimonio netto è ammontato a 509,466 milioni, a fronte dei 504,604 alla stessa data precedente.
L'attività di ricerca scientifica condotta nel Laboratorio centrale di Genova e negli undici centri della rete nazionale Iit, ha portato dal 2006 alla fine dell'anno scorso, oltre 8.000 pubblicazioni e circa 25.000 citazioni nel solo 2016. Una conferma della qualità del suo livello scientifico è stata riconosciuta anche dalla prestigiosa rivista internazionale Nature, che ha inserito l'Iit, unico italiano, tra i 25 centri di ricerca che hanno conseguito il più alto impatto citazionale nel mondo.
Quanto all'attività di trasferimento tecnologico, al 31 dicembre l'Iit poteva vantare 481 fra domande di brevetto (277 in corso d'esame) e brevetti registrati; oltre che 16 spin.off già avviati e 19 in fase di studio, nei settori dei nuovi materiali, della salute e della robotica. Inoltre, nel corso dell'esercizio passato, ha contrattualizzato fondi esterni per 32 milioni di euro, provenienti da 19 progetti europei, più 28 finanziamenti da istituzioni nazionali e internazionali e 120 progetti industriali.
Presidente del Comitato esecutivo dell'Iit è il piemontese Gabriele Galateri, al vertice anche delle Generali.
Gabriele Galateri, presidente IIT

Grandi manovre nei giornali torinesi

In subbuglio il mondo giornalistico torinese. L'uscita dell'edizione locale del Corriere della Sera, il cui primo numero è previsto nelle edicole venerdì 24 novembre, sta agitando non poco le redazioni delle capoluogo piemontese, i loro vertici e persino le direzioni nazionali di Repubblica e La Stampa. Anche perché Umberto La Rocca, primo responsabile del Corriere della Sera torinese, ha già fatto alcuni “prelievi” dai concorrenti.
La Rocca ha preso Massimiliano Nerozzi (sport), Paolo Coccorese (cronaca) e Simona Lorenzetti (giudiziaria) da La Stampa, da dove dovrebbe arrivare anche Ilaria Dotta (cultura); Gabriele Guccione (politica) e Timothy Ormezzano (sport) da La Repubblica e Giovanni Falconieri dalla diffusissima Torino Cronaca (direttore Beppe Fossati).
La campagna acquisti da parte di Umberto La Rocca, già direttore del genovese Il Secolo XIX e vice direttore de La Stampa a Torino, dove vive con la sua famiglia, non è finita. La sua nuova squadra non è ancora completata. Però, le sue mosse e i progetti di Urbano Cairo, neo numero 1 e azionista di controllo  di Rcs-Corriere della Sera, preoccupano i responsabili dei tre quotidiani più diffusi nella provincia di Torino, che dovranno affrontare la sfida e l'attacco della corazzata milanese di via Solferino.
Naturalmente, sono incominciate le reazioni, per la controffensiva. Fra l'altro, si dice che la Stampa, diretta da Maurizio Molinari, si rafforzerà presto con la nomina di Andrea Malaguti a quarto vice direttore (dall'inizio dell'anno prossimo) e la missione specifica di coordinare proprio le pagine dedicate a Torino e provincia.
Quanto a Repubblica, la cui redazione locale è stata trasferita in via Lugaro, nella stessa sede della Stampa, si dice che riceverà man forte in particolare da Dario Cresto-Dina, attuale vice direttore nazionale del quotidiano guidato da Mario Calabresi, al quale è arrivato dopo la brillante carriera alla Stampa, oltre che dagli inviati Francesco Merlo e Brunella Giovara, firme di primo piano.
Umberto La Rocca (Corriere della Sera)
Maurizio Molinari, direttore La Stampa


Beppe Fossati, direttore Cronaca Qui
Mario Calabresi, direttore La Repubblica

Ferrari a 100 euro, no i titoli De Benedetti

Giornata storica, il 27 ottobre, per la Ferrari, controllata da Exor, la holding finanziaria della famiglia Agnelli-Elkann-Nasi. Per la prima volta, il valore del titolo della Casa di Maranello ha superato i 100 euro, alla Borsa di Milano, dove poi l'ultimo contratto è stato chiuso a 99,80 euro, l'1,37% in più rispetto a ieri. Con questo incremento, l'azione Ferrari ha fatto ha abbattuto il precedente record di 99,45 euro, registrato il 9 ottobre.
All'esordio in Piazza Affari, proprio nei primissimi giorni di quest'anno, il titolo Ferrari veniva scambiato intorno ai 44 euro. Da allora ha avuto uno sprint, invidiabile persino dai piloti delle sue monoposto di Formula 1, che non danno le stesse soddisfazioni della società, la quale, oggi, è stata
valutata 19,35 miliardi di euro, da parte del mercato.
La Ferrari è guidata da Sergio Marchionne, presidente e amministratore delegato. Vice presidenti non esecutivi sono John Elkann e Piero Ferrari, quest'ultimo titolare del 10% del capitale dell'impresa automobilistica più famosa al mondo, per i suoi gioielli a quattro ruote e per la lunghissima serie di vittorie nei Gran Premi.
Al contrario, quella odierna è stata una giornata nera per le quotate del gruppo De Benedetti. Hanno chiuso con il segno meno la Cofide (-2,38% rispetto a ieri) e le sue tre controllate presenti sul listino: la Cir (-2,81%), la Sogefi (-3,42%) e la Gedi (-1,05%). Segno più, invece, per la M&C, che fa capo personalmente a Carlo De Benedetti. L'ultimo prezzo della piccola M&C è stato di 0,169 euro (+1,93% rispetto a ieri).
La Cofide è controllata dalla Fratelli De Benedetti, società che fa capo ai tre figli di Carlo De Benedetti: Rodolfo, Marco ed Edoardo. A sua volta, la Cofide è l'azionista di controllo della Cir, al vertice dell'omonimo gruppo industriale attivo nei settori dei media con la Gedi (L'Espresso, Repubblica, La Stampa, il Secolo XIX e altri giornali, più aziende attive nella pubblicità e nell'emittenza radiofonica), della componentistica con la Sogefi e della sanità con la Kos.
Nei primi sette mesi di quest'anno, il gruppo Cofide, a livello consolidato, ha avuto ricavi per 2,056 miliardi di euro (+5,6% rispetto al corrispondente periodo del 2016), un ebitda di 215,5 milioni (+12,6%) e un risultato netto negativo per 14,9 milioni, a fronte dell'utile di 24,2 milioni conseguiti nei primi tre trimestri dell'anno scorso.
La perdita è conseguente all'onere fiscale straordinario di 160,1 milioni, sostenuto dalla Gedi per la definizione di un contenzioso con l'Agenzia delle Entrate per fatti risalenti al 1991. Escludendo gli effetti dell'onere straordinario, il risultato netto del gruppo Cofide nei primi nove mesi 2017 sarebbe stato positivo per 23,8 milioni.
La Ferrari Portofino

Start up, superata quota 600

Sono diventate più di 600 (per la precisione 602), al 23 ottobre scorso, le start up innovative iscritte nello specifico registro delle imprese tenuto dalle Camere di Commercio. Numero pari al 7,5% del totale nazionale, ammontato a 8.000. In particolare, il censimento camerale ha evidenziato che, a quella data, le start up innovative erano 436 in Piemonte (5,45%), 149 in Liguria (1,86%) e 17 in Valle d'Aosta (0,21%).
Per numero di start up innovative, il Piemonte risulta al sesto posto in Italia, preceduto da Lombardia (1.831 imprese registrate), Emilia-Romagna (859), Lazio (787), Veneto (711) e Campania (603). La Liguria è sedicesima e la Valle d'Aosta ultima.
Dallo stesso registro delle Camere di commercio emerge che, al 23 ottobre, in tutta l'Italia, le società iscritte alla sezione degli incubatori certificati erano 34, delle quali 3 in Piemonte (due nel comune di Torino e l'altra in quello di Novara), e una in Liguria, a Chiavari.
E' uno dei principali incubatori di imprese, a livello europeo, l'I3P del Politecnico di Torino, fondato nel 1999, oltre che dall'ateneo, dal Comune di Torino, dalla Città Metropolitana, dalla locale Camera di Commercio, da Finpiemonte e dalla Fondazione Torino Wireless. Presidente e amministratore delegato di I3P è Aldo Tommasin, il quale è anche direttore generale del Poli, dove è arrivato recentemente dall'Università di Venezia, città dove si è laureato in Filosofia con 110 e lode.
L'incubatore del Politecnico di Torino, destinato a promuovere e sostenere start up costituite da ricercatori università e imprenditori esterni, ha già favorito la creazione di 217 società, che hanno ottenuto capitale di rischio per circa 52 milioni di euro e generato circa 1.600 posti di lavoro oltre che un giro d'affari superiore ai 90 milioni nel 2016.
A proposito di innovazione, ricerca e Politecnico di Torino, va aggiunto che proprio pochi giorni fa è entrato ufficialmente in funzione l'Energy Center dell'ateneo di corso Duca degli Abruzzi, “struttura unica del suo genere in Italia” ha detto il rettore Marco Gilli, aggiungendo che il suo obiettivo è essere “punto di riferimento di tutte le iniziative locali legate all'energia”.

La nuova struttura ha comportato un investimento di 20 milioni: 15 sono arrivati da fondi europei stanziati dalla Regione Piemonte, quattro dalla Compagnia di San Paolo e uno dalla Fondazione Crt. Vi lavoreranno specialisti del Politecnico, ma anche di enti di ricerca, pubbliche amministrazioni e imprese private. A fianco, presto, avrà un acceleratore di imprese, laboratori sui big data e altri spazi dedicati alla ricerca, il tutto ricavato in un'ala delle Ogr (Officine Grandi Riparazioni), il grande complesso polifunzionale ristrutturato dalla Fondazione Crt (presidente Giovanni Quaglia, Segretario generale Massimo Lapucci) con un investimento di cento milioni di euro.  
Aldo Tommasin, presidente e ad I3P

"Reale Mutua non lascerà mai Torino"

“Mai Reale Mutua si muoverà da Torino. Noi non lasceremo mai Torino”. Lo ha detto e ripetuto Iti Mihalich, il presidente della storica compagnia assicurativa subalpina, ieri, nel capoluogo piemontese, durante l'inaugurazione del “Boschetto e di Pietre Preziose”, titolo del progetto costituito dal recupero e dalla riqualificazione di un'area verde dei Giardini Reali, che si trovano nel grande complesso dominato dall'antica sede dei Savoia; riqualificazione che ha comportato anche l'inserimento di 18.000 nuove piante, a cura di Paolo Pejrone, e l'installazione dell'opera di Giulio Paolini, realizzata con frammenti di lesene e architravi in marmo nero di Frabosa, recuperati tra i resti del drammatico rogo che, nel 1997, rovinò la vicina Cappella della Sindone del Guarini, ormai prossima al suo completo restauro.
Per Torino, due ottime notizie. Con l'iniziativa “Pietre Preziose nei Giardini Reali”, resa possibile dagli interventi del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, dai Musei Reali di Torino, dalla Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino e, appunto da Reale Group, il capoluogo piemontese si è arricchito di un'altra straordinaria risorsa a beneficio dei suoi cittadini e dei turisti (la città si trova tra le 52 al mondo che il New York Times ha posto nell'elenco di quelle da visitare almeno una volta).
La seconda buona notizia per Torino è l'affermazione assoluta di Iti Mihalich che la Reale Mutua, a capo dell'omonimo gruppo, resterà sempre nella città dove è nata 189 anni fa. Dichiarazione molto apprezzata non soltanto dalla sindaca Chiara Appendino, che ha partecipato alla manifestazione e al taglio del nastro con Enrica Pagella (direttore dei Musei Reali), Adriana Acutis (presidente della Consulta di Torino) e lo stesso Mihalich; ma anche dai numerosi esponenti del sistema economico locale, i quali hanno applaudito, con convinzione e scambiandosi sguardi significativi, interpretabili come inevitabili rievocazioni delle tante imprese che hanno abbandonato Torino o hanno trasferito altrove attività piuttosto che il quartier generale o la sede sociale.
Il Gruppo Reale Mutua, le cui origini risalgono al 31 dicembre del 1828, è formato da 18 imprese, alcune delle quali operanti in Spagna e una in Cile (è attivo, oltre che nel campo assicurativo, nei settori bancario, immobiliare e dei servizi), Ha 3.200 dipendenti, oltre 3,8 milioni di assicurati e più di mille agenzie. Nel 2016 ha raccolto premi per 3.848 miliardi di euro, ha conseguito un utile netto di 131 milioni e, a fine anno, contabilizzava un patrimonio netto di 2,432 miliardi e investimenti per 12,488 miliardi. Direttore generale è Luca Filippone. 
Reale Group è anche una delle 32 imprese socie della Consulta di Torino, che proprio quest'anno compie i suoi primi trent'anni di vita. La Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino finora ha compiuto 67 interventi, investendo 30 milioni di euro. E' un'eccellenza nazionale e un esempio che, per il suo valore, altre città cercano di imitare.

La Consulta di Torino è presieduta, dall'aprile del 2016, da Adriana Acutis (Vittoria Assicurazioni), mentre la segreteria generale è affidata ad Angela Griseri. Del comitato direttivo fanno parte Lodovico Passerin d'Entreves (Exor-Fca), Matteo Colafrancesco (Banca Fideuram), Carlo Ilotte (2A), Alessandro Gilardi (Costruzioni Generali Gilardi) e Marco Tadolini (Megadyne). Le ultime tre imprese diventate socie della Consulta di Torino sono Arriva, Banca del Piemonte e Banca Passadore).  
Iti Mihalich, presidente Reale Mutua

Lavoro per i giovani, Verbania in testa

Sono del Nord Ovest due delle dieci province italiane che, in questo mese, presentano le quote più alte di giovani destinati a essere assunti. Si tratta di Verbania e di Aosta. Lo ha comunicato, oggi, Unioncamere, l'unione nazionale delle Camere di commercio.
Secondo Unioncamere, che si basa sui dati del sistema informativo Excelsior, il 43,3% dei posti di lavoro offerti in ottobre dalle imprese operanti nel Verbano-Cusio-Ossola è previsto per giovani con meno di trent'anni (under 30). In tutto il Paese, soltanto la provincia di Sondrio evidenzia una quota più alta (45%) per gli under 30. Verbania, seconda a livello nazionale, precede anche Lecco (42,4%), Lodi (42,2%) e Belluno (42,2%).
L'altra provincia fra le top ten d'Italia è Aosta. Al sesto posto per le maggiori opportunità di lavoro, in termini percentuali, per i giovani è appunto Aosta con il tasso del 42,1%, più alto, quindi, anche di quelli delle province di Napoli (41,3%), Milano (41,2%), Como (40,9%) e Treviso (40,8%).
Unioncamere ha riferito che delle 338.000 assunzioni programmate per ottobre, in tutta l'Italia, dalle imprese industriali e dei servizi, quasi 124.000, pari al 37%, sono riservate agli under 30. Non è detto, però, che, a consuntivo, si troveranno gli stessi numeri. Fra l'altro, come aggiunto da Unioncamere, il 29% delle entrate programmate per i giovani è complicato dall'insufficienza dei loro profili professionali rispetto alle richieste dalle aziende.

In particolare, le maggiori difficoltà di reperimento di under 30 con i requisiti attesi emergono per gli specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche (64%), per gli operai specializzati nelle industrie del legno e della carta (57%) e per i conduttori di impianti nei settori tessile, abbigliamento e calzature.
Stefano Costa, presidente Provincia Vco

Aeroporti: Torino e Genova su, Cuneo giù

Prende sempre più quota, l'aeroporto di Torino. L'ascesa progressiva dello scalo subalpino è confermata dai dati di Assaeroporti relativi a settembre e appena resi noti. Nel mese passato, infatti, l'aeroporto di Torino ha registrato 4.319 voli (+4,8% rispetto allo stesso mese del 2016) e 371.428 passeggeri (+6,1%). Per lo scalo del capoluogo piemontese, con quello di settembre sono diventati 45 i mesi di crescita consecutiva.
Controllata da 2i Aeroporti (gruppo Cdp-Cassa Depositi e Prestiti), che ne possiede il 75,28%, a fronte del 10% di Fct Holding del Comune di Torino (quota destinata a essere venduta), il 6,76% di Tecno Holding (Camere di commercio) e il 5% della Città Metropolitana di Torino (il resto è costituito da azioni proprie), la Sagat è guidata dall'amministratore delegato Roberto Barbieri, il quale è stato nominato, recentemente, presidente della Sogeaal, che gestisce l'aeroporto di Alghero.
Anche per l'Aeroporto di Genova, settembre si è rivelato positivo: i voli in partenza o in arrivo sono stati 1.995 (+3,4% rispetto al corrispondente mese dell'anno scorso) e i passeggeri 134.342 (+2,5%). L'incremento di settembre assume un valore ancora maggiore considerando che lo scalo genovese in agosto aveva avuto un calo dello 0,8% e dell'1,4% in giugno. Il controllo dell'Aeroporto di Genova fa capo a enti pubblici (il 60% appartiene alla locale Autorità Portuale e il 25% alla Camera di commercio), mentre il 15% appartiene alla Adr-Aeroporti di Roma.
Infine, il terzo aeroporto del Nord Ovest, quello di Cuneo-Levaldigi, gestito dalla Geac. Questo scalo, al contrario degli altri due, ha chiuso settembre nuovamente in rosso. I movimenti, cioè partenze e arrivi, sono stati 426 (-11,8% rispetto a settembre 2016) e i passeggeri 12.351 (-10,6%). Anche nei tre mesi precedenti, l'aeroporto cuneese aveva evidenziato perdite rispetto ai corrispondenti mesi del 2016.

Complessivamente, i 38 aeroporti attivi in Italia, in settembre hanno registrato 150.574 voli (+4,1% sullo stesso mese dell'anno scorso) e 17.570.643 passeggeri (+7,3%).

Borsa: record di Astm, crollo della Bim

Tre notizie di oggi, 25 ottobre, relative ad altrettante società del Nord Ovest quotate in Borsa: Astm- Autostrada Torino Milano, Orsero, Bim-Banca Intermobiliare.

ASTM. Il titolo della società torinese controllata dalla famiglia Gavio e presieduta da Gian Maria Gros-Pietro, presidente anche di Intesa Sanpaolo, ha chiuso le contrattazioni odierne a 23,75 euro (+2,37% rispetto a ieri): è il nuovo record storico, essendo stati superati i 23,40 euro fatti registrare il 16 di questo mese. La capitalizzazione di Astm è salita così a 2,351 miliardi di euro.
Un paio di giorni fa, nel consiglio di amministrazione di Astm, che ha come vice presidenti Daniela Gavio e Marcello Gavio e tra i suoi componenti anche Beniamino Gavio, il numero 1 del Gruppo, Caterina Bima e Marco Weigmann, è stato cooptato Umberto Tosoni, amministratore delegato di diverse società del gruppo piemontese di Tortona, che ha in Borsa anche la Sias, della quale Tosoni è direttore generale.

ORSERO. Oggi, l'impresa ligure di Albenga, fondata oltre 50 anni fa ed entrata nel listino di Piazza Affari nel febbraio di quest'anno (segmento Aim) ha comunicato che Praude Asset Management Ltd, attraverso due suo fondi, ha superato la quota del 5%, arrivando al 5,272% del capitale, che vale il terzo posto nella graduatoria dei maggiori azionisti (al primo si trova la Fif Holding con il 31.6% e al secondo, da poco, il gruppo spagnolo Fernandez, con il 5,65%; sopra il 5%, seppure di pochissimo, è Wilmington Capital, quarto).
Leader nell'Europa mediterranea per l'importazione e la distribuzione di prodotti ortofrutticoli – ogni anno commercializza oltre 500.000 tonnellate di frutta – il gruppo Orsero nel 2016 ha avuto un fatturato consolidato di 685 milioni di euro. Conta oltre mille dipendenti.Vice presidente e amministratore delegato è Raffaella Orsero.

BIM-BANCA INTERMOBILIARE. Il titolo della banca private torinese, controllata da Veneto Banca ora in liquidazione coatta amministrativa, è crollato a 0,571 euro, il 41,5% in meno rispetto a ieri. Mai era sceso così in basso. A farlo precipitare è stato non tanto l'annuncio della cessione a Trinity, società di investimento di diritto irlandese e gestita da Attestor Capital, come era previsto; quanto, piuttosto, il prezzo della vendita da parte dei commissari di Veneto Banca. Il 71,4% della Bim, infatti, passerà di mano al prezzo iniziale di 0,224 euro per azione. Ed è stato detto che tale sarà anche il prezzo dell'Opa che Attestor Capital sarà costretta a lanciare per rilevare le azioni restanti.

Inevitabile il tonfo, dopo varie sospensioni del titolo che non riusciva a fare il prezzo. Secondo maggiore azionista della Bim risulta Pietro D'Aguì, che per anni ha condiviso il controllo della Banca Intermobiliare e il comando della stessa. A D'Aguì è attribuita la quota del 9%, con la precisazione che è “in pegno a favore di Veneto Banca Lca”, cioè in liquidazione coatta amministrativa.   

Un poker d'assi femminile

MICHELA MALERBA
Avvocato da primati storici. Michela Malerba è appena stata eletta, all'unanimità, presidente dell'Ordine degli Avvocati di Torino (circa 6.200 iscritti). E' la prima donna a presiedere l'Ordine subalpino e la prima al vertice anche di un grande Ordine a livello nazionale. Non solo: è la presidente più giovane che l'Ordine torinese abbia mai avuto, battendo così il record del suo immediato predecessore, Mario Napoli, che è stato il suo più convinto e fervente sostenitore. Mario Napoli, infatti, ha una grandissima stima di Michela Malerba, la quale, prima di diventare presidente, è stata la validissima segretaria dell'Ordine.
Nata a San Maurizio Canavese, 55 anni fa, Michela Malerba è un'apprezzata penalista. Alle elezioni per il nuovo Consiglio dell'Ordine, che poi le ha affidato il massimo incarico, ha ottenuto ben 1055 delle preferenze espresse da parte dei 2.964 votanti. Nessun altro candidato ha raccolto più consensi di lei, che era a capo del gruppo “L'avvocato al centro”, al quale sono spettati 15 nuovi consiglieri su 25.
L'elezione di Michela Malerba ha fatto ricordare la storia di Lidia Poet, originaria del Pinerolese, la prima donna in Italia a essere iscritta a un Ordine degli Avvocati, naturalmente quello di Torino. Era il 1883. Il suo ingresso fu accolto a maggioranza, ma suscitò non poche polemiche. Il procuratore generale fece denuncia alla Corte d'Appello di Torino, sostenendo il divieto dell'iscrizione di una donna all'Ordine. La Corte d'Appello diede ragione al procuratore generale e la Corte di Cassazione confermò la decisione, rigettando il ricorso della Poet. La quale, comunque, collaborò con il fratello avvocato, soprattutto nella difesa dei diritti dei minori, degli emarginati e delle donne. Sostenne la causa del suffragio femminile. Non si sposò e non ebbe figli.
Nel 1920, però, in seguito alla legge Sacchi, Lidia Poet poté finalmente iscriversi all'Ordine degli Avvocati e, a 65 anni, indossare la toga ed esercitare la professione ambita fin da ragazza.
Michela Malerba

CRISTINA DI BARI
Tra i nuovi quattro consiglieri d'indirizzo della Fondazione Crt spicca Cristina di Bari, designata dalla Camera di commercio di Torino (gli altri tre sono Francesco Galietti, analista indipendente, classe 1982; Riccardo Piaggio, aostano, giornalista, autore e produttore di film, curatore; e Giampiero Leo, nota personalità politica piemontese).
Cristina di Bari, torinese, classe 1963, è amministratore unico della Trasma, azienda leader nel mercato nazionale ed europeo per produzione industriale di fili di rame trafilati per conduttori elettrici, della quale è socia fondatrice. E' anche vice presidente vicario e tesoriere di Api Torino, associazione delle piccole e medie imprese, consigliere di Unionchimica Torino e di Adip Imprenditorialità Donna. Inoltre, fa parte del consiglio di amministrazione di Corep, consorzio per la formazione specialistica di alto livello.
Fra l'altro, Cristina di Bari è vice presidente della Fondazione Giovanni e Annamaria Cottino, che opera nei settori dell'educazione e formazione, ricerca scientifica e innovazione, solidarietà sociale, anche sostenendo finanziariamente giovani scienziati e start up impegnate nel trasferimento tecncologico. Presidente e fondatore della Fondazione è Giovanni Cottino, 90 anni, industriale che ha costituito diverse imprese arrivando ad avere1.200 dipendenti e un fatturato annuo di 250 milioni di euro, prima della cessione alla multinazionale Emerson. Poi, nel 1994, con la nipote Cristina di Bari, Cottino ha fondato la Trasma, della quale resta azionista e presidente onorario.
In passato, Cristina di Bari, è stata membro di Giunta della Camera di commercio e del suo Comitato per l'imprenditorialità femminile, oltre che del Comitato Torino Finanza. In più, dal 1987 al 1998, è stata amministratore unico e socia dell'azienda paterna, attiva nel settore del commercio e della distribuzione di vini e liquori. Prima di prendere la guida dell'impresa del padre, ha lavorato nell'amministrazione del Gruppo Trasporti Torinese, che l'aveva assunta quando aveva 24 anni, appena terminati gli studi.
Cristina di Bari
GABRIELLA FANTOLINO
Un'altra imprenditrice impegnata nel sociale è Gabriella Fantolino, che, fra l'altro, ha recentemente collaborato con la Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro, presieduta da Allegra Agnelli, favorendone la raccolta di donazione con un'iniziativa originale.
Gabriella Fantolino è titolare dell'omonima azienda agricola di Fiano Torinese, che produce e commercializza circa 200.000 uova al giorno, tutte di galline allevate esclusivamente a terra, all'aperto e da agricoltura biologica; perché “le uova più buone sono quelle delle galline serene, gioiose, libere di muoversi e trattate al meglio”. Tra la sessantina di collaboratori, Gabriella Fantolino, ha persino un esperto che – come dicono nell'azienda fondata dal padre nel 1970 - “sussurra alle galline”. Il suo marchio è leader riconosciuto non solo nel Nord Ovest, tanto che, quest'estate, la Fantolino ha avviato una selezione di uova firmate dallo chef milanese Davide Oldani, entrando a far parte dei prodotti Foo'd.
Due figlie (Anna e Gaia), il marito Dario Bellezza, direttore dello stabilimento della Fast-Ovo, Gabriella Fantolino ha la laurea in Economia e commercio conseguita a Torino e può vantare la partecipazione alla Board Academy Deloitte. Fa parte del Comitato Agribusiness di Intesa Sanpaolo e di quello della Camera di Commerio di Torino per l'imprenditoria femminile; è consigliere di Confagricoltura Torino, vice presidente di “Made in rete, del Consorzio avicolo piemontese e della sezione regionale Allevamenti avicoli di Confagricoltura. Ha ricevuto i premi Bojanen e De@Terra.

Gabriella Fantolino
CARLOTTA SCOZZARI
Dopo l'approvazione della conversione obbligatoria di sue obbligazioni subordinate in obbligazioni senior, per 510 milioni di euro, il vertice operativo di Banca Carige ha avviato un road show europeo per illustrare il prossimo aumento di capitale, la situazione dell'istituto genovese e le sue prospettive. Contemporaneamente, in diverse parti d'Italia, la giornalista ligure Carlotta Scozzari (è nata a Finale Ligure, nel 1979) presenta il suo fresco libro “Banche in sofferenza. La vera storia della Carige di Genova”, che sta avendo un notevole successo.
Laureata con lode in Economia politica alla Bocconi di Milano, Carlotta Scozzari da qualche tempo fa parte della redazione di Business Insider Italia, versione nazionale del sito americano di riferimento per le notizie di finanza, mercati, tecnologia e management. Diverse sono le testate per le quali ha lavorato precedentemente: Finanza&Mercati e Borsa&Mercati, Repubblica, Dagospia, Il Fatto Quotidiano, il Secolo XIX, il Messaggero.
Molto attiva, preparata, scrupolosa, sempre a caccia di scoop, Carlotta Scozzari è una fonte inesauribile di notizie, spesso esclusive. Fra l'altro, ha un suo blog - Economica-mente – ed è orgogliosa di essere una juventina sfegatata.
Carlotta Scozzari

Meno 27.000 posti fissi in otto mesi

Mercato del lavoro double face, nel Nord Ovest. Nei primi otto mesi di quest'anno, sono aumentate, considerevolmente, le assunzioni a termine, in apprendistato e quelle stagionali; ma sono diminuite le assunzioni a tempo indeterminato, tranne che in Valle d'Aosta. Nella regione alpina, infatti, dal primo giorno di gennaio all'ultimo di agosto, l'Inps ha censito 1.381 nuove assunzioni a tempo indeterminato, il 3,1% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Invece, in Piemonte le assunzioni a tempo indeterminato sono state 42.894 (-1,9%) e in Liguria 15.162 (-10%). Il calo percentuale della Liguria è il secondo più alto in Italia: maggiore è stato soltanto il 10,7% del Lazio.
Complessivamente, nel Nord Ovest, le assunzioni a tempo indeterminato sono risultate 59.427, a fronte, però, di 86.366 cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Pertanto, i nuovi assunti a tempo indeterminato sono stati quasi 27.000 meno dei dipendenti che hanno lasciato il posto fisso nei primi otto mesi 2017, prevalentemente per pensionamento ma 16.433 perché il loro rapporto a tempo indeterminato è diventato a termine.
Queste trasformazioni di contratto sono state 12.123 in Piemonte, 4.050 in Liguria e 260 in Valle d'Aosta. Qui, nel periodo gennaio-agosto, sono cessati 1.885 rapporti di lavoro a tempo indeterminato, in Piemonte 62.579 e in Liguria 21.902.
Al contrario, le nuove assunzioni a termine, in apprendistato o stagionali, nel Nord Ovest, sono state 102.933 più delle cessazioni di contratti di queste categorie. In particolare, nei primi otto mesi 2017, in Piemonte sono state registrate 212.188 assunzioni con contratti a tempo non indeterminato (a fronte di 152.316 cessazioni), in Liguria 116.059 (73.936 le cessazioni dei contratti a termine, o in apprendistato o stagionali) e in Valle d'Aosta 7.976 (7.038).
Considerando tutte le forme contrattuali, sono risultate 430.235 le assunzioni fatte nel Nord Ovest dall'inizio di gennaio alla fine di agosto, oltre 80.000 in più rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso. In Piemonte sono state 284.460 (+24,6% nei confronti dei primi otto mesi 2016), in Liguria 131.221 (+20%) e in Valle d'Aosta 14.554 (+23%).
Il totale delle cessazioni dei vari rapporti di lavoro, poi, sono state 343.472, delle quali 232.600 in Piemonte (+19,3%), 95.838 in Liguria (+16,7%) e 15.034 in Valle d'Aosta (+19,7%).
Infine, per l'intera Italia, l'Inps ha rilevato che le assunzioni a tempo indeterminato sono state 792.769 nei primi otto mesi 2017, evidenziando così una diminuzione del 3,5% rispetto allo stesso periodo 2016, mentre è aumentato del 19,2% il complesso delle assunzioni, comprese quindi quelle a termine, in apprendistato e stagionali.
Quanto alle cessazioni, dal censimento Inps ne sono emerse 1.094.562 a tempo indeterminato, lo 0,3% in più rispetto ai primi 8 mesi 2016, mentre è cresciuto del 15,9% il complesso delle assunzioni costituito da tutte le forme contrattuali. 
Giovanni Berrino, assessore Lavoro Liguria
Giovanna Pentenero, assessore Lavoro Piemonte


Focus sulle partecipate pubbliche

Si trova nel Nord Ovest un po' più dell'11% delle imprese partecipate dal settore pubblico. Lo ha appena rivelato l'Istat, l'istituto nazionale di statistiche, che ha fatto un censimento specifico al 31 dicembre 2015. A quella data, il Piemonte ne contava 448 (6,5% del totale nazionale) la Liguria 243 (3,5%) e la Valle d'Aosta 77 (1,1%). In tutto, quindi, 768 (11,1%). Allora, i loro addetti erano 56.846 in Piemonte (6,7%), 16.641 in Liguria (2%) e 3.379 in Valle d'Aosta (0,4%). Complessivamente, 76.866 (9,1%).
Il Piemonte è la regione che ha il terzo maggior numero di occupati da imprese partecipate da enti pubblici. Ne hanno di più soltanto il Lazio (406.658) e la Lombardia (87.838). La regione subalpina, comunque, precede anche la Toscana (54.738), il Veneto (38.920), la Campania (27.660) e la Sicilia (25.560).
Dalla rilevazione dell'Istat è emerso, fra l'altro, che le imprese in attività a controllo pubblico nel nostro Paese, cioè con uno o più enti pubblici al comando, a fine 2015, erano 4.249, avevano 621.926 addetti e generavano valore aggiunto per quasi 54 miliardi di euro, al netto delle attività finanziarie e assicurative.
Sorprende, forse non poco, un altro dato: il 76,5% delle controllate pubbliche ha chiuso l'esercizio 2015 con un utile, a fronte del 23,5% che ha denunciato una perdita (quota, quest'ultima, diminuita rispetto al 27,4% dell'anno precedente). Il totale degli utili dichiarati nel bilancio 2015 dalle imprese a controllo pubblico è stato di 10,6 miliardi (-107 milioni rispetto al 2014), mentre la somma delle perdite è stata di 3,8 miliardi (-738 milioni nei confronti dell'esercizio precedente).
Il bilancio “consolidato” 2015 delle imprese a controllo pubblico, perciò, si è chiuso con un saldo positivo per circa 6,8 miliardi.
Nella foto, Giuseppina De Santis, assessore della Regione Piemonte alle Attività produttive, Energia, Innovazione, Ricerca e, fra l'altro, Rapporti con le società partecipate dall'Ente.
Giuseppina De Santis, assessore Regione Piemonte



Nuovo record dell'azione Italgas

Per 12 centesimi, oggi, l'azione Italgas ha fatto segnare il suo nuovo record borsistico. L'ultimo prezzo della società torinese, infatti, è stato di 4,934 euro, il 2,15% in più rispetto alla chiusura di venerdì e a fronte dei 4,922 euro dell'1 giugno, che rappresentava il primato precedente. Al termine della seduta odierna, il valore attribuito all'Italgas dal mercato (capitalizzazione) ha sfiorato i quattro miliardi di euro (per la precisione, è risultato di 3,992 miliardi). La performance del titolo è stata del 21% negli ultimi sei mesi.
A far rialzare l'azione Italgas ha contribuito la diffusione dei dati relativi ai primi nove mesi di quest'anno: a livello consolidato, i ricavi netti sono ammontati a 835 milioni(+7,2%), l'utile operativo è salito a 306,7 milioni (+14,7%) e quello netto a 213,3 milioni (+27,8%). Gli investimenti tecnici sono cresciuti del 39,8% a 346,5 milioni, per cui al 31 dicembre il loro totale supererà il mezzo miliardo.

L'Italgas, tornata in Borsa il 7 novembre scorso, dopo 13 anni di assenza, ha come principale azionista la Cdp Reti, società Cassa Depositi e Prestiti, con il 26,05%, mentre la Snam, della quale è stata uno spin off, possiede il 13,5% del capitale dell'impresa guidata dall'amministratore delegato Paolo Gallo. Terzo maggior socio è Minozzi con il 5%. Gli investitoti istituzionali hanno, insieme, una quota del 47,4%. Nella compagine azionaria si trova anche la Banca d'Italia, con lo 0,46%.

Quelle scommesse straniere contro l'Italia

Sono passate sotto silenzio due notizie, pubblicate pochi giorni fa, entrambe da Il Sole 24 Ore, a distanza di 48 ore l'una dall'altra, relative agli attacchi di due grandi hedge fund (fondi d'investimento speculativi), che hanno scommesso cifre rilevanti sul ribasso delle quotazioni borsistiche di diverse società italiane, operanti in campi diversi.
Sono state prese di mira, fra le altre, Enel, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Generali, Saipem, Luxottica e anche l'Eni. Il solo fondo Bridgewater, il più ricco al mondo (gestisce 160 miliardi di dollari), ha puntato poco meno di 1,2 miliardi di euro sulla perdita di valore di alcune delle principali azioni di Piazza Affari, a breve termine. Una bella somma, comunque inferiore agli oltre 2,2 miliardi puntati al ribasso da parte di Aqr Capital Management, altro hedge fund statunitense.
Sono non pochi, però, i fondi avvoltoi che si sono ributtati recentemente su società italiane, tanto che è stato stimato in 8,5 miliardi di euro il valore delle loro scommesse ribassiste sulla nostra Borsa. E considerando che, normalmente, questi speculatori vincono, grazie anche alla grandi capacità di manovra, che hanno in funzione delle somme di cui dispongono e delle loro relazioni, il nuovo assalto non può non preoccupare.
Fra l'altro, la Borsa italiana è piccola, neppure lontanamente paragonabile alle maggiori d'Europa e del resto del mondo. In quanto tale, Piazza Affari e le sue azioni sono molto più influenzabili dalle manovre degli speculatori, che, perciò vi sguazzano.
Una situazione che spiega, da una parte, la giustificata diffidenza di tanti nei confronti della Borsa e, dall'altra, le forti variazioni del prezzo di un'azione, persino nell'arco di una sola seduta, senza una motivazione valida, cioè a parità di condizioni. L'impresa è sempre la stessa, come sono invariati i suoi fondamentali; eppure, il titolo crolla. E' un effetto di speculatori, quasi sempre i fondi avvoltoi.
Uno degli strumenti più utilizzati dagli edge fund è, appunto, la vendita allo scoperto, detta anche posizione corta (short selling). In parole povere: il fondo vende, a un intermediario finanziario (banca, broker ...) azioni che non possiede, impegnandosi a consegnarle all'intermediario entro una data prestabilita (normalmente tre mesi o sei), nella convinzione che il prezzo dell'azione nel giorno della consegna delle azioni sarà inferiore al prezzo del giorno della vendita a suo tempo effettuata allo scoperto.
Un esempio. Un giorno, si vende all'intermediario un'azione che non si possiede e che allora è trattata a dieci euro, concordando, con la controparte, che la consegna dell'azione avverrà a tre mesi data (il contratto ha un costo, ma marginale). Per cui, se, come prevede il ribassista, entro il termine stabilito, il valore del titolo in Borsa scende un giorno sotto i dieci euro, supponiamo a otto euro, lo compra agli otto euro di quel giorno e lo consegna alla controparte, guadagnandone così due, cioè il 20 per cento (meno la commissione dovuta alla controparte) e rispettando l'impegno a suo tempo assunto.
Naturalmente, le cifre in ballo sono di ben altra entità. A volte, gli hedge fund guadagnano milioni e milioni su un'unica operazione. A scapito delle società prese di mira e dei loro azionisti.
A questo punto, però, per la verità, va anche aggiunto che sono moltissimi i fondi d'investimento "normali" che comprano azioni di società italiane con la convinzione che il loro valore aumenterà. Tant'è vero che supera i 278 miliardi di euro il valore dei titoli quotati alla Borsa di Milano nei portafogli degli investitori istituzionali stranieri, cifra pari al 45% della capitalizzazione di Piazza Affari e maggiore di 94 miliardi a quella di un anno fa.

Gruppi all'offensiva

FERRERO
Nei suoi primi 69 anni di attività, la Ferrero, fondata ad Alba nel 1946, è sempre cresciuta per linee interne, cioè senza mai fare acquisizioni di altre industrie. Si è sempre sviluppata lanciando nuovi prodotti e nuovi marchi propri, entrando in nuovi mercati, costruendo stabilimenti anche in altri Paesi, modificandosi in casa i macchinari e impianti, senza neppure brevettarli, così che restassero inimitabili da terzi. Una strategia che ha pagato, moltissimo e che, perciò, sembrava destinata a continuare.
Invece, sorprendendo molti, Giovanni Ferrero, l'ultimo figlio dell'indimenticabile Michele, appena preso il comando del colosso dolciario nato ad Alba, ha cambiato rotta. Ha incominciato a comprare altre imprese, ad ampliare la diversificazione della gamma d'offerta e, recentemente, ha persino fatto un accordo con Unilever, multinazionale anglo-olandese, finalizzato alla vendita di gelati con marchio Kinder, a partire dall'anno prossimo.
Fra l'altro, non si è ancora spenta l'eco dell'acquisizione della statunitense Ferrara Candy (caramelle e dolcetti, giro d'affari di un miliardo di dollari all'anno, due stabilimenti nell'Illinois e due in Messico, oltre 3.200 dipendenti), che si è sparsa la voce dell'imminente acquisto di un'altra grande industria dolciaria americana. Indiscrezione neppure commentata dalla Ferrero, il cui numero 1, però, ha ribadito la volontà di crescere ancora negli Usa, finora quinto maggiore mercato della Casa della Nutella, dei Tic Tac, dei Rocher, del Pocket Coffee, dei Mon Chéri ..
Anche nella storia ufficiale, la prima acquisizione viene considerata quella della britannica Thorntons, storia industria dolciaria con circa 3.500 dipendenti e un fatturato annuo di 300 milioni di euro) avvenuta nell'agosto 2015, sei mesi dopo la scomparsa di Michele Ferrero e un anno dopo che era stato rilevata l'azienda turca Oltan, leader nella produzione di nocciole, con ricavi superiori ai 500 milioni di dollari. Dopo la Thorntons è stata la volta dell'olandese Delacre e poi della statunitense Fannie May, produttore di cioccolato “premium”.
Tutte acquisizioni senza problemi, perché il gruppo Ferrero, che nell'ultimo esercizio ha fatturato 10,3 miliardi di euro, ha una notevole liquidità e continua a conseguire utili altrettanto notevoli. Dotato di oltre 30.000 dipendenti, Ferrero vende i suoi prodotti in 170 Paesi. Proprio quest'anno è risultato il primo gruppo al mondo per reputazione nel settore alimentare e primo italiano nella classifica globale.
Giovanni Ferrero, presidente Ferrero
ITALGAS
La campagna acquisti è partita anche per l'Italgas, il più grande distributore di gas naturale in Italia e il terzo a livello europeo. L'impresa fondata 180 anni fa a Torino e ritornata in borsa, dopo alcuni anni di assenza, ha comunicato di avere rilevato il 100% della Enerco Distribuzione, società di Padova che distribuisce gas naturale nella sua provincia e in quella di Vicenza (ha una rete di condotte lunga 800 chilometri e serve 30.000 utenze). Per questa operazione ha stanziato poco più di 50 milioni di euro. E si prevede che ne impegnerà altri 200-250, entro fine 2018, per iniziative analoghe.
D'altra parte, il piano industriale 2017-2013 dell'Italgas, prevede investimenti per cinque miliardi di euro (500 milioni nel primo anno), finalizzati anche ampliamento della sua rete, ad acquisizioni e a portare al 40% la quota del mercato nazionale, con un incremento di alcuni punti. Obiettivo, quest'ultimo, certamente possibile anche perché l'Italia conta ancora un paio di centinaia di operatori del settore (erano 730 nel 2000), che si spartiscono un giro d'affari superiore ai quattro miliardi di euro all'anno.
A guidare la carica della nuova Italgas (la Cdp Reti ne possiede il 26% del capitale, la Snam il 13,5 e Lazard il 5%) è Paolo Gallo, amministratore delegato. Nato a Torino, nel 1961, laurea in Ingegneria aeronautica e poi un master in Business administration, Paolo Gallo ha iniziato la carriera manageriale nel 1988, in Fiat Avio. Fra l'altro, è stato al vertice operativo di Edipower, Acea e, infine, di Grandi Stazioni, di cui ha portato a termine la privatizzazione.
Italgas dovrebbe chiudere il 2017 con un fatturato di 1,1 miliardi e una redditività del 7%. Dispone di una rete di circa 65.000 chilometri, quasi 1.600 concessionari e oltre 3.500 dipendenti.
Paolo Gallo, amministratore delegato Italgas

GUALA CLOSURES
Acquisizioni a raffica da parte di Guala Closures, leader mondiale nel mercato delle chiusure in alluminio anti-adulterazione destinate prevalentemente alle industrie di superalcolici, vini, oli, aceti, acque e altre bevande, oltre che a quella farmaceutica (nel 2016 ha venduto 14 miliardi di chiusure, in oltre 100 Paesi, con un fatturato di circa mezzo miliardo di euro; sede a Spinetta Marengo, ha 26 stabilimenti, cinque centri di ricerca e circa 4.000 dipendenti).
Guala Closures, infatti, ha appena annunciato di avere comprato le attività della cilena Icsa relative alle chiusure a vite. E questo dopo aver rilevato, poco prima, la messicana Limat, produttrice di sovratappi in legno. Recentissima, inoltre, è la finalizzazione dell'acquisto del 100% della Axiom Propack, società indiana di chiusure di sicurezza per alcolici. A sua, volta, preceduta, nel giugno appena passato, dall'acquisizione del 70% della francese Capmetal.
Marco Giovannini, presidente e amministratore di Guala Closures, è un instancabile cacciatore di prede, in qualunque parte del mondo si trovino. Il rafforzamento della leadership globale è certo, anche grazie al grande impegno per la ricerca e lo sviluppo, come conferma la prossima apertura di Gcl Technologies, il nuovo centro di ricerche in Lussemburgo.
All'appuntamento con i futuri grandi azionisti, la Guala Closures si presenterà più attiva che mai.
Marco Giovannini, n.1 Guala Closures

EBANO
La novarese Ebano, holding dell'omonimo gruppo fondato nella città piemontese alla fine degli anni ottanta, da Carlo Robiglio, che ne è il presidente, l'amministratore delegato e l'azionista, è entrata a far parte di Elite, il programma internazionale della Borsa italiana dedicato alle aziende ad alto potenziale di crescita, con un solido modello di business e una chiara strategia di sviluppo.
Principali attività del gruppo Ebano, che ha partecipate in altre aree della regione e in Lombardia, sono l'editoria libraria, l'editoria per la formazione professionale innovativa, con corsi in modalità Fad-Formazione a distanza e piattaforme e-learning. Altre società del gruppo operano in ambito comunicazione, direct marketing e in iniziative legate a start up innovative rivolte alla sharing economy con particolare attenzione al digital marketing.
Costantemente impegnato a investire in ricerca e innovazione, oltre che nella formazione continua, il gruppo Ebano conto più di 200 tra dipendenti e collaboratori diretti, il 42% in più rispetto al 2012. Il fatturato supera i 18 milioni di euro.
Classe 1963, laurea in Giurisprudenza alla Cattolica di Milano, Carlo Robiglio, Cavaliere dell'Ordine al Merito, Novarese dell'anno 2013, ha ricoperto e ricopre diverse cariche nell'ambito di Confindustria. Fra l'altro, è vice presidente de Il Sole 24 Ore, direttore de L'Imprenditore, rivista nazionale della Piccola Industria, membro del Consiglio generale di Confindustria e presidente del Comitato regionale della Piccola Industria di Confindustria Piemonte. Nel luglio scorso lo hanno candidato alla presidenza nazionale della Piccola Industria.  
Carlo Robiglio, presidente e ad Ebano

Cig: Liguria al top, Aosta quasi indenne

Settembre nerissimo, in Liguria, per il mondo del lavoro. La regione riviera è quella che, nel mese passato, ha fatto registrare il maggior incremento nazionale di ore di cassa integrazione. Come emerge dai freschi tabulati dell'Inps, infatti, in settembre sono state 270.900 le ore autorizzate per trattamenti di integrazione salariale in Liguria, il 124,4% in più rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. L'aumento ligure è superiore anche a quelli della Basilicata (+119,3%) e dell'Abruzzo (+103,9%) e fa ancora più effetto considerando che nell'intera Italia il totale delle ore di cassa integrazione autorizzate in settembre è diminuito del 49,8%: a 20,387 milioni di ore dai 40,614 milioni del settembre 2016.
Le ore autorizzate per trattamenti di integrazione salariale sono diminuite del 75,2% in Piemonte (da 4.858.171 a 1.202.945), mentre sono passate da 14.993 a 15.207 (+1,4%) In Valle d'Aosta, la regione che ne ha utilizzate meno di tutte le altre del nostro Paese, sia in settembre sia dall'inizio dell'anno. Infatti, dal primo giorno di gennaio all'ultimo di settembre, l'Inps ha erogato 318.921 ore di cassa integrazione (-66,8% rispetto al corrispondente periodo 2016), totale ben inferiore anche a quello del Molise (1.264.022), la seconda regione con meno cassa integrazione.
E' in Lombardia che si è fatto il maggior ricorso alla cassa integrazione nei primi nove mesi di quest'anno: 40.994.627 ore (-53,6%b rispetto al gennaio-settembre 2016). La Lombardia ha preceduto la Puglia, che ne ha fatte registrare 30.696.602 (+30,5%) e il Piemonte, che ne ha contate 26.813.961 (-57,5%). In Liguria, le ore di cig sono state 6.048.932, il 7,6% meno che nei primi nove mesi 2016, un tasso però meno positivo della media nazionale risultata del 42,1%.
Alla Liguria l'Inps ha attribuito un altro primato nazionale negativo: il maggior aumento percentuale di ore di cassa integrazione in deroga autorizzate in settembre. L'incremento ligure, infatti, è stato del 349,6% (20.853 ore a fronte delle 4.638 di settembre 2016). E' andata peggio anche della Calabria, che ha avuto 10.128 ore (+153,2%). E quasi tutte le altre regioni hanno evidenziato cali, tali da far risultare dell'80,9% la diminuzione media nazionale (1.044.450 le ore di cig in deroga, contro i 5.481.830 di settembre 2016). In Piemonte il calo è stato del 96% (da 235.000 a 9.520 ore), mentre nessun ricorso è stato fatto in Valle d'Aosta, dove sono state 3.985 le ore autorizzate dall'inizio dall'inizio dell'anno (-76,5% rispetto ai primi nove mesi 2016).
In Piemonte le ore di cig in deroga autorizzate da gennaio a settembre sono state 425.567 (-74,8% rispetto allo stesso periodo 2016) e 419.037 (+9,3%) in Liguria, ancora in controtendenza, dato che a livello nazionale è emerso un calo del 44,9%.
Ed eccoci alla categoria più significativa e conosciuta, quella della cassa integrazione straordinaria, che viene richiesta per ristrutturazione, riorganizzazione e riconversione aziendale, per crisi d'impresa di particolare rilevanza sociale, oltre che in caso di procedure concorsuali, quali fallimento e liquidazione coatta amministrativa.
In settembre, le ore di cassa integrazione straordinaria autorizzate in tutta l'Italia sono state 11.938.414 (-53,7% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso); in particolare, in Piemonte 648.819 (- 77,9%), in Liguria 67.250 (+8%) e zero in Valle d'Aosta. Qui, nella regione alpina, sono ammontate a 3.454 nei primi nove mesi (-98,6%); in Piemonte a 16.968.218 (-64,5%) e a 4.432.082 (-6,6%) in Liguria.
Il Piemonte, che era al secondo posto nella graduatoria delle regioni con più ore di cassa integrazione straordinaria nei primi nove mesi del 2016 (47.751.291), subito dopo la Lombardia (52.176.549), ha migliorato la sua posizione scendendo al terzo, avendo davanti ancora la Lombardia (20.081.895 ore nel gennaio-settembre 2017) e la Puglia, che ha fatto registrare 23.168.499 ore, il 36,8% in più rispetto ai primi nove mesi 2016.
Insomma, il quadro che emerge dagli ultimi dati Inps appare chiaro: il mondo del lavoro ligure è in forte sofferenza, mentre in Piemonte le condizioni sono molto migliorate e la Valle d'Aosta resta l'isola con minori difficoltà.

Giornalisti: i nuovi vertici regionali

Con quello della Valle d'Aosta, appena eletto, sono stati completati i vertici degli Ordini dei Giornalisti del Nord Ovest, destinati a restare in carica nel periodo 2017-2020.
Presidente dell'Ordine valdostano è stato confermato Tiziano Trevisan, responsabile della Comunicazione del Dipartimento di emergenza dell'Usl regionale. Il nuovo Consiglio direttivo locale, inoltre, ha eletto Bruno Fracasso vice presidente, Pier Paolo Civelli segretario e Simonetta Paladino tesoriere. Il resto del Consiglio direttivo è formato da Sonia Charles, Denis Falconieri, Fabrizio Perosillo, Thierry Pronesti e Laura Zarfati.
Quanto all'Ordine della Liguria, il Consiglio direttivo ha rieletto presidente Filippo Paganini, vice Lorenza Rapini, segretaria Licia Casali e tesoriere Emanuele Rossi. Completano il direttivo: Nadia Campini, Fabrizio Cerignale, Stefano Picasso, Michela De Leo e Franco Po.

Ordine del Piemonte. Terzo mandato da presidente per l'ottimo Alberto Sinigaglia, che ha come vice nuovamente Ezio Ercole, segretario Andrea Caglieris e nuovo tesoriere Mario Bosonetto, Gli altri componenti del direttivo sono Giorgio Levi (presidente del Centro Pestelli), Franca Giusti, Franco Lenotti, Maria Teresa Martinengo e Chiara Priante.
Tiziano Trevisan, presidente giornalisti valdostani