L'Italia pubblica costa sempre più cara però le tasse aumentano più delle spese

L'Italia pubblica (Stato ed Enti territoriali) costa sempre più cara; ma, l'aumento delle sue spese è inferiore a quello delle sue entrate. Il gettito derivante da imposte, tasse, tributi e contributi a Inps e Inail è sempre più copioso, nonostante tutto. Lo dimostrano anche i dati di gennaio e febbraio. Nel primo bimestre di quest'anno, infatti, le entrate tributarie erariali sono ammontate a 66,8 miliardi, il 3,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2017. Inoltre, le entrate territoriali e degli enti locali sono cresciute del 5,8% a quasi 3,9 miliardi.
Come comunicato dal ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef), le imposte dirette sono risultate pari a 40,8 miliardi, con un incremento del 3,6% sul primo bimestre dell'anno scorso, come quello delle indirette salite a 26 miliardi. I giochi hanno fatto incassare allo Stato circa 2,5 miliardi (+6,9%) e la lotta all'evasione ha reso, sempre nel primo bimestre 2018, poco meno di 1,4 miliardi (+5,4%).
In particolare, le entrate conseguenti all'Irpef sui lavoratori dipendenti e sui pensionati sono aumentate di 880 milioni (+2,7% rispetto a gennaio-febbraio 2017) e di 554 milioni (+3,9%) quelle derivanti dall'Iva. Quanto alle entrate territoriali e degli enti locali – Regioni, Comuni, Province e Città Metropolitane – i primi due mesi 2018 hanno fatto registrare 950 milioni come addizionale regionale Irpef (+1,5%), 287 milioni come addizionale comunale Irpef (+3,2%), 2,315 miliardi come Irap (+4,6%), 307 milioni come Imu-Imis di pertinenza dei Comuni (+38,9%) e 15 milioni come Tasi (+7,1%).
A sua volta l'Istat, l'istituto nazionale di statistica, ha recentemente presentato il conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche relativamente agli anni 2013-2017. Dal prospetto emergono entrate complessive per 799,9 miliardi nel 2017 a fronte dei 772,5 del 2013 e uscite per 839,6 miliardi l'anno passato contro gli 819,4 miliardi del 2013.
Negli ultimi cinque anni, pertanto, l'insieme delle amministrazioni pubbliche italiane ha aumentato le uscite di poco più di 20 miliardi, ma di quasi 27,5 miliardi le entrate.

Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia e delle Finanze

Star della Borsa: hanno perso valore Reply Vittoria Assicurazioni e Tecnoinvestimenti

Corriere Torino, l'edizione locale del Corriere della Sera diretta da Umberto La Rocca, ha pubblicato oggi, 8 aprile, un'analisi delle quotazioni registrate negli ultimi trenta giorni dalle nove società piemontesi appartenenti al segmento Star della Borsa Italiana, dove si trovano le società che si impegnano a rispettare i requisiti di eccellenza in termini di liquidità (minimo 35% di azioni sul mercato), trasparenza informativa e di corporate governance, oltre ad avere una capitalizzazione tra i 40 milioni e il miliardo di euro (nessuna ligure presente).
Delle “stelle” piemontesi, sei hanno migliorato le loro performance nell'ultimo mese; tre, invece, hanno perso valore. “E nel terzetto che ha registrato ribassi delle rispettive azioni – si legge nell'articolo del Corriere Torino - spicca la “stella” più grande, Reply, che Piazza Affari ha valutato 1,673 miliardi venerdì scorso, 146,7 milioni in meno rispetto al 6 marzo, quando l'azione Reply ha chiuso a 48,640 euro contro i 44,72 di questo fine settimana”.
Il quotidiano torinese ha aggiunto che hanno perso anche Vittoria Assicurazioni e Tecnoinvestimenti, però molto meno in termini assoluti. “Negli ultimi trenta giorni, infatti, la Compagnia assicurativa controllata dalla famiglia torinese Acutis ha visto scendere il suo valore borsistico da 856,7 a 795,1 milioni (il titolo è passato da 12,720 a 11,80 euro) e Tecnoinvestimenti, presieduta da Enrico Salza, da 306,9 a 290,6 milioni (il prezzo dell'azione è sceso da 6,590 a 6,24 euro)”.
“Al contrario, sono aumentati i valori riconosciuti da Piazza Affari alla Cairo Communication (capitalizzazione di 489,3 milioni alla fine della seduta di venerdì scorso, 46,4 milioni in più, perché l'azione è salita a 3,64 euro dai 3,295 di trenta giorni prima), alla Dea Capital della De Agostini (famiglia Boroli-Drago), la cui capitalizzazione è cresciuta di 12 milioni a 453,2 euro; alla Prima Industrie presieduta da Gianfranco Carbonato (capitalizzazione di 403,6 milioni, 23,1 in più), alla Sogefi controllata dai fratelli De Benedetti (383 milioni, 15,1 in più) e anche alle due più piccole Star subalpine: la Centrale del Latte d'Italia (45,1 milioni, 300.000 euro più del 6 marzo) e la Fidia di cui Giuseppe Morfino è il fondatore e la guida (37,6 milioni, 1,8 in più)”.
Tutte insieme, le nove “star” piemontesi valevano, per il mercato, 4,7 miliardi il 6 marzo appena passato e poco più 4,570 miliardi alla chiusura borsistica di venerdì. Complessivamente, nell'ultimo mese, la loro capitalizzazione si è ridotta di quasi 130 milioni e del 2,75%.

Tatiana e Filippo Rizzante, al vertice di Reply

In Liguria solo il 32,5% delle imprese puntuale nel pagamento dei fornitori

Liguria fanalino di coda del Nord Ovest, anche nel primo trimestre 2018, per la puntualità nei pagamenti dei fornitori. La situazione emerge dalla recentissima rilevazione della Cribis, società del gruppo Crif specializzata nella business information. Le imprese puntuali nei pagamenti dei fornitori sono risultate il 32,5% in Liguria (37,2% la media nazionale), a fronte del 37,4% delle piemontesi e il 38,6% delle valdostane.
La Liguria evidenzia un altro dato peggiore delle altre due regioni del Nord Ovest e della media nazionale per quanto riguarda il saldo delle fatture con un ritardo superiore al mese rispetto alla data prevista nel contratto. La quota delle aziende liguri che pagano con più di 30 giorni di ritardo è del 10,8%, mentre è del 9% in Valle d'Aosta e dell'8,2% in Piemonte (10,7% la media italiana).
Comunque, anche nel Nord Ovest è in crescita costante il numero delle imprese puntuali nei pagamenti, a livello nazionale aumentate del 4,5% rispetto al primo trimestre dell'anno scorso; mentre è calato del 10,8% il numero di quelle con ritardi gravi dei pagamenti.
“L'Italia, però rimane un Paese dove le imprese pagano con una media di 82 giorni: quasi tre mesi per incassare una fattura, con punte di 127 giorni nella Sanità e di 102 nel settore delle costruzioni edili” ha detto Marco Preti, l'amministratore delegato di Cribis.
Le regioni con le aziende più puntuali nei pagamenti sono il Veneto (47,1%), l'Emilia-Romagna (47%) e la Lombardia (46,1%); mentre le regioni con i più bassi tassi di puntualità sono la Sicilia (19,3%), la Calabria e la Campania con il 22,3% entrambe.

Erg sugli scudi di Borsa: azione a 20 euro la capitalizzazione raggiunge i 3 miliardi


Erg sugli scudi. Oggi, 6 aprile, il valore del titolo della società genovese ha superato, per la prima volta, i 20 euro, chiudendo precisamente a 20,04 euro, con un incremento dell'1,73%. In seguito a questo risultato, la capitalizzazione della Erg è andata oltre i tre miliardi di euro, come non era mai successo. Indubbiamente, la Borsa di Milano sta premiando l'impresa che fa capo alla famiglia Garrone-Mondini, impegnata direttamente anche nella gestione (Edoardo Garrone è presidente esecutivo mentre vice presidenti sono il fratello Alessandro, esecutivo anche lui, e Giovanni Mondini).
La brillante performance della Erg, della quale è amministratore delegato Luca Bettonte, trova ulteriori conferme nei confronti con i prezzi che l'azione ha fatto registrare un mese fa (17,46 euro) e, ancora di più, un anno fa: 11,97 euro. Dal 6 aprile 2017, il titolo erg ha avuto un rialzo di 8 euro e del 67,4%. Negli ultimi dodici mesi, pertanto, il valore riconosciuto da Piazza Affari all'intera società è aumentato di 1,213 miliardi.
Da segnalare, inoltre, il ritorno del prezzo dell'azione Italgas sopra i 5 euro, il valore più alto dall'inizio dell'anno; mentre sembra inarrestabile il ribasso di Gedi Gruppo Editoriale (Repubblica, La Stampa, il Secolo XIX e L'Espresso, solo per citare le principali testate dell'impresa controllata dalla Cir dei fratelli De Benedetti e partecipata dalla Exor di John Elkann). L'ultimo prezzo dell'azione Gedi Gruppo Editoriale è stato di 0,4195 euro, nuovo record negativo

Edoardo Garrone, presidente Erg 
Alessandro Garrone, vice presidente Erg

Tra i contribuenti del Nord Ovest e il fisco vale oltre un miliardo di euro la sfida 2017

La posta è un po' superiore al miliardo di euro. Per la precisione, è di 1,064 miliardi di euro il valore totale delle 6.242 controversie che si sono aperte presso le Commissioni tributarie provinciali (Ctp) del Nord Ovest, l'anno scorso, tra i contribuenti – persone fisiche e giuridiche - del Nord Ovest e gli enti impositori, a partire dall'Agenzia delle Entrate e dall'ex Equitalia per arrivare agli Enti territoriali.
Nel 2017, le Commissioni tributarie provinciali del Piemonte hanno ricevuto 3.577 nuovi ricorsi, con contestazioni complessive di 596,4 milioni di euro, mentre a quelle della Liguria ne sono stati presentati per 2.535, per un valore di 459,9 milioni. Allla Ctp di Aosta, infine, sono arrivati 135 ricorsi per circa 8 milioni di euro.
Circa un quinto delle liti con il fisco, inteso in senso generale, riguarda Irpef e Ire, il 14,5% tasse automobilistiche e tributi, il 12,8% l'Iva, poco meno Tarsu e Tia, il 9,8% l'Irap, il 6,7% Ici e Imu, il 6,5% le imposte di registro, il 4,4% Irpeg e Ires, il 3,6% i diritti camerali.
Quanto all'esito delle controversie, la statistica nazionale dice che nel 44,8% dei casi vince l'Ente impositore, mentre è favorevole al contribuente il 30,9% degli esiti. Parità per la quota restante. Quindi, si può stimare in circa 329 milioni la somma non dovuta dai contribuenti del Nord Ovest agli enti impositori, secondo le Commissioni tributarie provinciali, le quali invece hanno ritenuto corretta l'imposizione del pagamento di circa 477 milioni richiesti ai soggetti tassati.
Comunque, forse anche per i giudizi tradizionalmente favorevoli al fisco, i ricorsi alle Commissioni tributarie provinciali (primo grado) e a quelle regionali (appello) continuano a diminuire: nell'intero 2017, la somma dei ricorsi alle Ctp e degli appelli alle Commissioni tributarie regionali è diminuita dell'8,76% rispetto al 2016 (211.515 nuove controversie l'anno scorso contro le 231.815 l'anno precedente) e del 17,71% rispetto al 2015, quando ne sono state censite 257.036.
In particolare, nell'ultimo trimestre del 2017, le Commissioni provinciali tributarie hanno ricevuto, tra tutte, 1.017 nuovi ricorsi in Piemonte (121,6 milioni di euro il valore totale delle controversie), 705 in Liguria (per 110,5 milioni) e 39 in Valle d'Aosta (per 2,9 milioni).
Ecco, per ogni Ctp del Nord Ovest, il numero dei ricorsi pervenuti: Alessandria 123, Asti 47, Biella 47, Cuneo 101, Novara 68, Torino 584, Verbania 24, Vercelli 122; Genova 433, Imperia 78, La Spezia 76, Savona 118, Aosta 51.
Tutte le Ctp italiane hanno registrato, dall'inizio di ottobre alla fine di dicembre, 35.975 nuove controversie (-1,97% rispetto allo stesso periodo 2017) per un valore contestato di quasi 4,3 miliardi di euro; mentre ne hanno definite 50.750 con questi risultati: il 45% dei giudizi è stato a favore dell'ente impositore (per circa 2 miliardi di euro) e il 10,9% a favore del contribuente (per 856 milioni). Per il 12,1% restante è finita con un giudizio intermedio, cioè in “pareggio".

Rialzi in Borsa: Fca sul podio Ftse Mib Biancamano vince l'oro della giornata


Quotate del Nord Ovest sul podio di Piazza Affari, oggi 5 aprile. Medaglia d'oro alla Biancamano: l'azione della società dei fratelli savonesi Pizzimbone ha fatto registrare un rialzo del 21,17% rispetto a ieri, l'incremento maggiore della seduta. Il titolo Biancamano ha chiuso a 0,332 euro, il prezzo più elevato dal 24 gennaio e più che doppio rispetto allo stesso giorno di un anno fa (0,16 euro). Ancora lontano, però, dal record di o,4578 del 9 ottobre 2017.
Nella categoria Ftse Mib, quella più importante perché raggruppa le 40 principali società della Borsa di Milano, Fca-Fiat Chrysler Automobiles si è aggiudicata la medaglia d'argento in seguito al rialzo del 4,48% della sua azione, che ha chiuso le contrattazioni a 18,468 euro. Il titolo ha beneficiato dell'andamento positivo generale, ma anche e, soprattutto, dell'annuncio del prossimo spin-off della Magneti Marelli, sulla scia del fortunatissimo modello adottato per la quotazione della Ferrari, il cui prezzo odierno è stato di 99,20 euro (+2,50%).
Riflessi positivi della comunicazione fatta da Sergio Marchionne, il numero uno di Fca, li hanno avuti anche le azioni sia della holding del gruppo Agnelli-Elkann-Nasi, cioè la Exor (59,20 euro, il 4,04% in più di ieri) sia la controllata Cnh Industrial, la cui azione ha avuto un rialzo del 4,42% terminando così a 9,96 euro. Non ha recuperato, invece, la quinta quotata che fa capo a Exor, la Juventus, la cui azione ha subito ancora un ribasso (-0,64%), conseguente alla bruciante sconfitta da parte del Real Madrid.
Tra i titoli più rivalutati dell'indice Ftse Mib spicca quello di Buzzi Unicem, che ha avuto un rimbalzo del 4,5% a 19,965 euro.
Ancora due notizie relative ad altrettante quotate che fanno riferimento al Nord Ovest, la Gedi Gruppo Editoriale e la Visibilia Editore. La Gedi Gruppo Editoriale ha comunicato i nomi dei candidati alla formazione dei nuovi organi della società, il cui consiglio di amministrazione vedrà confermati, tra gli altri, i fratelli Marco e Rodolfo De Benedetti, Monica Mondardini, Carlo Perrone, la cuneese Silvia Merlo e John Elkann, presidente e amministratore delegato della Exor, la quale ha una partecipazione nella società controllata dalla Cir. L'azione della Gedi Gruppo Editoriale, comunque, ha continuato la sua discesa fino a 0,427 euro (-0,23%), che segna il suo nuovo primato negativo.
Quanto alla Visibilia Editore è stato comunicata la variazione del capitale sociale, in seguito alla conversione di un'altra tranche di obbligazioni da parte di Bracknor. La quota della Controllate Visibilia Holding, che fa capo alla cuneese Daniela Garnero Santanchè, è scesa al 54,70% del capitale, mentre quella del mercato è salita al 40,37% (il resto è della Alevi).

Sergio Marchionne fa la spesa a Torino

News imprenditoriali subalpine


CAFFAREL A “ZERO EMISSION” CON ACEA PINEROLESE
Lo stabilimento della Caffarel, a Luserna San Giovanni (Torino), diventerà “zero emission”. Questo in seguito all'accordo con l'Acea Pinerolese Energia, che consentirà allo storico produttore di cioccolato d'alta qualità di far funzionare i propri impianti con biometano, ricavato da rifiuti organici, con un metodo innovativo di trattamento anaerobico. La Caffarel, diventata di proprietà della multinazionale svizzera Lindt & Sprungli, conta circa 400 dipendenti ed esporta le sue prelibatezze in una cinquantina di Paesi.
“Per un'impresa come Caffarel, da 192 anni sinonimo di cultura del cioccolato d'autore e dove il senso di appartenenza è ancora fortissimo, così come il legame con la Val Pellice, questo passo è un accordo molto importante per il futuro dell'azienda” ha detto l'amministratore delegato Marco Villa. Soddisfatto anche Francesco Carcioffo, amministratore unico di Acea Pinerolese Energia, per l'intesa che comporta lo sfruttamento dell'energia rinnovabile prodotta dal suo impianto d'avanguardia, con grandi benefici ambientali.

Marco Villa, ad Caffarel

SPINT-TO CONQUISTA ANCHE LA SPARCO
E' iniziato bene, con tre nuovi clienti rilevanti, il 2018, per Spin-To, l'agenzia di relazioni pubbliche nata a Torino nel 2009 e oggi con una ventina di addetti, impegnati tra la sede subalpina e quella di Milano. Uno dei nuovi beneficiari dei servizi di Spin-To è la piemontese Sparco, società di Volpiano specializzata nella produzione e distribuzione di componenti automobilistici e di abbigliamento tecnico utilizzati nelle competizioni delle quattroruote, dalla Formula 1 al campionato mondiale Rally. (La Sparco – presidente Aldino Bellazzini, amministratore delegato Claudio Pastoris - ha 5 stabilimenti, 800 dipendenti e un fatturato di 75 milioni di euro).
Spint-To, che punta a ricavi superiori al milione di euro – è presieduta da Ruben Abbatista, il quale ricorda anche le attività di media relations per il Museo Egizio e il Museo nazionale dell'Automobile, sempre sotto la Mole. Alessandro Bertin e Stefano Fassone, soci fondatori dell'agenzia, sono i direttori clienti.

Prodotti della Sparco

FARGOFILM ALLARGA IL CAMPO D'AZIONE
FargoFilm, casa torinese di produzione, ha ricevuto il premio per la miglior campagna pubblicitaria digitale del 2017, assegnato da Media Keyu, per lo spot “Missing parts Fiat 500”. A ritirarlo sono stati i soci Massimo Ceratto e Valter Buccino, i quali puntano a fornire i servizi della loro società, nata nel 1977 come gruppo Cooper e diventata FargoFilm nel 1997, anche alle piccole e medie imprese che vogliono raccontarsi con mini spot realizzati su misura, approfittando delle nuove tecnologie digitali.
Fargo Film, una decina di addetti e un fatturato di 7 milioni, ha già firmato spot per grandi gruppi come, appunto, Fca-Fiat Chrysler Automobiles, Bmw, Eni, Intesa Sanpaolo, Enel, Coca Cola, Infostrada. Inoltre, nel campo cinematografico, ha prodotto diversi cortometraggi, fra i quali Santa Maradona, Andata e ritorno, Tutta colpa di Giuda, La luna su TorinO.
“Continuiamo a operare nella grande pubblicità e nei lungometraggi – ha detto Massimo Ceratto, direttore generale di FargoFilm a Christian Benna, giornalista del Corriere Torino – ma oggi, ai tempi del digitale e dei social, cerchiamo di cogliere l'opportunità di fare spot anche per le piccole imprese che vogliono farsi conoscere sui mercati esteri”.

Valter Buccino

UNA NUOVA SCUOLA CULLA DI IMPRENDITORI
La Sei-School of Entrepeneurship and Innovation di Torino, sede nello storico edificio della Fondazione Agnelli (direttore Andrea Gavosto), che già ospita il Talent Garden e spazi per il co-working, ha l'obiettivo di coinvolgere 1.600 giovani, scelti tra i migliori allievi dei politecnici di Torino e di Milano e dell'Università subalpina. Giovani dotati delle potenzialità per diventare imprenditori o grandi manager.
La nuova Scuola è realizzata dal College des Ingenieurs Italia, in collaborazione con Unicredit, Club degli Investitori, Camera di commercio di Torino e Gruppo Giovani Imprenditori dell'Unione industriale di Torino. Quattro i tipi di corso previsti, che consentono, fra l'altro, di ottenere crediti nelle università di provenienza.

Andrea Gavosto, direttore Fondazione Agnelli

Genova e Torino i capoluoghi di regione coi maggiori ribassi dei prezzi delle case


Genova e Torino in testa alla classifica dei capoluoghi regionali che hanno fatto registrare i maggiori ribassi dei prezzi delle abitazioni in vendita nel primo trimestre di quest'anno. Soltanto Campobasso ha evidenziato una perdita del valore medio delle case superiore a quella delle due metropoli del Nord Ovest.
Alla fine di marzo, il prezzo medio delle abitazioni in compravendita nel capoluogo del Molise è stato di 1.114 euro a metro quadrato, l'1,9% in meno rispetto alla fine di dicembre; mentre, nello stesso periodo, il calo è stato dell'1,1% a Genova (1.735 euro a metro quadrato) e dell'1% a Torino (1.691 euro a metro quadrato).
La perdita di valore delle abitazioni offerte sul mercato, negli ultimi dodici mesi, è risultata del 4,7% a Genova (record negativo a livello nazionale) e del 3,1% a Torino. E' stata invece dell',1,5% ad Aosta, dove, però, il prezzo medio è aumentato dello 0,7% (2.070 euro), tra la fine del dicembre scorso e quella del mese appena passato.
Come rilevato dall'Osservatorio di Immobiliare.it, “in un quadro di compravendite in costante amento e di un ritrovato senso di fiducia verso il mattone, i prezzi degli immobili residenziali non sembrano ancora giovare di questo trend e le oscillazioni rimangono in territorio negativo”.
La media italiana del valore delle abitazioni in vendita è risultata di 1.895 euro a metro quadrato, lo 0,2% in meno rispetto alla fine di dicembre e dello 0,6% in meno rispetto al 31 marzo 2017.
I capoluoghi di regione in controtendenza sono Venezia (2.861 euro a metro quadrato, l'1,7% in più rispetto al 31 dicembre scorso), Firenze (3.580 euro, +1,6%), Bologna (2.697 euro, + 1,5%).
A Roma il prezzo medio è risultato di 3.224 euro (-0,2% rispetto a fine dicembre 2017) e di 3.256 euro (+0,6%) a Milano.
Carlo Giordano, amministratore delegato di Immobiliare.it ha commentato: “E' vero che si respira un clima di rinnovata fiducia nei confronti del mattone; ma è anche vero che gli italiani sono diventati più esigenti e selettivi in fatto di casa. La ragione principale risiede nella motivazione più frequente che spinge all'acquisto: il mercato italiano di oggi è un mercato di sostituzione. Questo porta gli acquirenti a cercare immobili migliori di quelli che possiedono, quindi con una classe energetica più alta, in una zona più appetibile e con caratteristiche che rispondano perfettamente ai loro bisogni. Tutte esigenze che faticano a trovare un riscontro nella maggior parte degli immobili disponibili sul mercato, data e energivori”.


Una panoramica di Genova

Juventus silurata anche da Piazza Affari


Uno-due alla Juventus. Ha preso tre gol dal Real Madrid e un ribasso del 5,66% in Borsa. Dopo Ronaldo, l'ha silurata Piazza Affari. Il giorno successivo alla bruciante sconfitta inflitta alla sua squadra da parte dell'undici spagnolo, in casa propria, la società bianconera ha visto la sua azione chiudere le contrattazioni a 0,6245 euro, il valore più basso degli ultimi otto mesi e con un calo che è risultato l'ottavo maggiore di tutto il listino.
Oltre alla Juventus, oggi, 4 aprile, Piazza Affari ha penalizzato, sia pure in misura minore, le altre quattro quotate che fanno capo alla famiglia Agnelli-Elkann-Nasi, a partire dalla holding Exor (-2,27%), per proseguire con Ferrari (-1,55%), Fca-Fiat Chrysler Automobiles (-0,54%) e Cnh Industrial (-3,44%, il ribasso più forte tra i titoli che compongono il paniere Ftse Mib, quello formato dalle 40 principali società in Piazza Affari).
Per quanto riguarda le maggiori variazioni di prezzo delle azioni che fanno riferimento al Nord Ovest va evidenziato almeno l'incremento del 5,31% della Pininfarina (ha chiuso a 2,18 euro), il quinto rialzo più forte della giornata.

Andrea Agnelli, presidente Juventus

Banche private: nell'esercizio 2017 aumentati profitti, attività e solidità


A Roma, Francoforte e non solo, c'è chi vorrebbe che in Italia le banche minori (“Lsi - less significant institution” nel gergo del settore) sparissero e prova a fare il possibile perché questo avvenga; anche se persino negli Usa, dove tutto è grande, sono alcune migliaia, generalmente in salute e svolgono una funzione strategica per l'economia, come riconosciuto dalla stessa Banca Federale.
Nell'area euro, a fine 2016, le Lsi erano 3.267, il 53% delle quali in Germania, il 16% in Austria e il 15% nel nostro Paese, quota destinata a ridursi drasticamente in seguito al consolidamento del sistema del credito cooperativo che accorperà centinaia di Bcc in tre gruppi, così che scenderà considerevolmente il numero delle banche attive in Italia (538 al 31 dicembre scorso).
Le Bcc costituiscono la parte preponderante del sistema italiane delle Lsi, che comprende, però, diverse banche private, alcune delle quali con sede nel Nord Ovest. Banche che stanno bene, nonostante che nelle capitali della finanza, dei regolatori e dell'advisory, molti pensino che la competitività, la redditività e lo sviluppo dipendano dalle dimensioni e, perciò, propugnano aggregazioni, fusioni e incorporazioni. Dimenticando, o facendo finta di dimenticare, che a contare sono le capacità e le qualità dei gestori, da sempre e in ogni attività. 
Le prove di questa situazione non mancano, neppure, appunto, nel sistema creditizio e finanziario, italiano e del Nord Ovest in particolare. Lo confermano, fra l'altro, i risultati 2017 che emergono da qualche giorno, dopo le approvazioni dei bilanci. Gli esempi più recenti sono quelli del Gruppo Sella, di Banca Passadore e di Banca del Piemonte, tutti soggetti privati, solidi, forti, concorrenziali, profittevoli e in crescita.
Il gruppo Sella ha dichiarato un utile netto consolidato di oltre 52 milioni e di oltre 14 la sola Banca Sella, che presenta un Cet1 del 15,1%, indice elevato di solidità.
Ancora più alto è il Cet1 della Banca del Piemonte: 16,3%, valore tra i maggiori a livello europeo. La Banca del Piemonte, guidata dal 1983 da CamilloVenesio, erede del fondatore, ha chiuso l'esercizio passato con un utile netto di 7,2 milioni (+30% rispetto al 2016), attività finanziarie della clientela per 3,8 miliardi (+5%) e crediti alla clientela per 1,1 miliardi (+4,5%), riducendo i deteriorati al 4,5%.
Interamente posseduta dalla famiglia Venesio, attiva direttamente con esponenti della terza e quarta generazione, la Banca del Piemonte dispone di 50 filiali, tutte in Piemonte tranne quella di Milano, e conta 438 dipendenti.
Un utile netto ancora superiore l'ha evidenziato la Banca Passadore, controllata dall'omonima famiglia genovese e partecipata anche da soggetti piemontesi, compresi i torinesi Acutis e i cuneesi Azzoaglio, azionisti di maggioranza dell'omonima banca di Ceva. L'utile netto della Passadore è stato di 16,4 milioni, superiore dell'8,2% al precedente e il più alto conseguito dall'inizio dell'attività (nel 2018 ricorre il centotrentesimo anniversario della fondazione).
Al 31 dicembre scorso, la Banca, che ha al vertice Augusto e Francesco Passadore, rispettivamente presidente e amministratore delegato (direttore generale è Edoardo Fantino), aveva una raccolta diretta pari a 2,57 miliardi (+5,4% rispetto alla stessa data 2016), prestiti alla clientela pari a 1,694 miliardi (+4,1%) con sofferenze nette pari allo 0,82% dei crediti netti, senza avere mai fatto cessioni di deteriorati, e un Cet 1 del 13,38%.
La Banca Passadore ha anche annunciato l'apertura di uno sportello a Portofino, che porta il totale a 24, distribuiti in 17 città di sette regioni: Genova, Imperia, Chiavari, Albenga, Bordighera, La Spezia, Torino, Alba, Novi Ligure, Alessandria, Aosta, Milano, Roma, Firenze, Parma, Brescia.
Quanto al Banco Azzoaglio, in capo all'omonima famiglia da quando è nato (1879) e partecipato dalla Banca Passadore, in attesa della comunicazione dei dati dell'intero 2017, si possono ricordare quelli relativi al primo semestre: raccolta globale da clientela pari a 1,570 miliardi, impieghi economici per circa 509 milioni con sofferenze nette pari al 2,53%, Cet1 del 12,44% e un utile di 1,361 milioni, superiore del 10,6% rispetto al primo semestre 2016.

Camillo Venesio, ad e dg Banca del Piemonte
Francesco Passadore

Borsa, aprile incomincia con Fca a razzo La Erg fa segnare il nuovo record storico


Il mese borsistico di aprile è incominciato con tre quotate piemontesi partite a razzo e con il nuovo record storico della ligure Erg. Oggi, 3 aprile, l'azione Fca-Fiat Chrysler Automobiles ha chiuso a 17,71 euro, il 7,3% in più rispetto all'ultima seduta di marzo. Nessun altro titolo appartenente al paniere Ftse Mib ha avuto un incremento così alto, giustificato soprattutto con gli ottimi risultati di vendita conseguiti negli Usa, il mese scorso, dal gruppo guidato da Sergio Marchionne, che, invece, in Italia ha subito un calo del 12,86% delle sue immatricolazioni rispetto al marzo 2017.
Le altre due piemontesi tra le top ten dei rialzi in Piazza Affari sono la Borgosesia e la Bim-Banca Intermobiliare. L'ultimo prezzo odierno dell'azione ordinaria Borgosesia è stato di 0,65 euro (+8,83%) e di 0,586 euro (+6,93%) quello della Bim, il cui controllo sarà presto del fondo inglese Attestor Capital. Al contrario, tra i dieci maggiori ribassi figura soltanto Visibilia Editore (Daniela Garnero Santanchè), avendo chiuso le contrattazioni a 0,0874 euro, in calo del 6,62%.
Oltre al “botto” di Fca, comunque, merita rilievo il nuovo primato della Erg. La società genovese controllata dalla famiglia Garrone-Mondini ha visto la sua azione scalare la vetta dei 19,75 euro, la più alta raggiunta finora. E' stata conquistata grazie all'ulteriore aumento dell'1,91% odierno. Il precedente record di 19,55 euro era stato fissato il 15 marzo.
Esattamente un anno fa, Erg valeva in Borsa 13,82 euro per azione, 5,93 euro in meno di oggi. Da Allora il suo valore è cresciuto del 42,9%: una performance che non può non rendere soddisfatti tutti i suoi azionisti.

Jeep, il marchio che sta dando grandi soddisfazioni a Sergio Marchionne

Indiscrezioni e indovinelli fuori norma 2


UN REBUS GENOVESE
Una domanda facile facile e una no. La prima: chi è l'amministratore delegato di una storica banca ligure che si comporta come se l'istituto da lui guidato, pro tempore, fosse una public company, cioè una società senza un azionista di riferimento; mentre continua a esserci un socio di maggioranza relativa ed è lo stesso che pure lo ha scelto e nominato? Quell'amministratore delegato si crede plenipotenziario solo perché le Autorità di Vigilanza lo sostengono e lo indirizzano, di fatto impedendo al principale azionista di esercitare i diritti che pure gli dovrebbero derivare anche dal fatto che ha investito nella banca oltre 260 milioni di euro?
Seconda domanda, quella difficile: fino a quando potrà durare questa situazione?

La sede centrale di Banca  Carige

IL BANCHIERE NIPOTE DELL'”AVVOCATO”
E' un nipote di Gianni Agnelli (l'Avvocato era suo zio), ma di lui si parla poco, molto poco; forse anche perché rispetta la regola della massima discrezione, secondo la tradizione dei banchieri di una volta. Già. Perché Sebastien Egon von Furstenberg, classe 1950, figlio di Clara Agnelli, sorella del “mitico” Avvocato, è un banchiere. E' l'azionista di maggioranza assoluta e il presidente di Banca Ifis, l'istituto che ha fondato, a Genova, nel 1983.
Specializzata in acquisizioni, cessioni e gestione di Npl, i famigerati crediti bancari deteriorati, ma attiva anche altri comparti finanziari (fra l'altro, è entrata nel settore della cessione del quinto e ha da poco acquisito Credifarma), Banca Ifis dispone di 27 filiali, ha quasi 1.500 dipendenti e conta oltre 80.000 aziende clienti.
Sede e direzione a Mestre, amministratore delegato Giovanni Bossi, Banca Ifis ha chiuso l'esercizio 2017 con un utile netto di 180,7 milioni, tale da consentire la distribuzione di un dividendo di un euro per azione (+21,95% rispetto all'anno scorso), per un totale di poco inferiore ai 54 milioni. Ha un patrimonio netto di 1,369 miliardi e in Borsa, dove è quotata da tanto tempo, è valutata circa 2 miliardi.

Sebastien Egon von Furstenberg, presidente Banca Ifis

IN RITARDO NELLA CORSA AL BUSINESS NPL
A proposito di Npl, una società subalpina, che gestisce miliardi di euro di enti istituzionali, sta pubblicizzando più il lancio di un suo prodotto che il prodotto stesso. Arrivata in ritardo rispetto al boom del mercato e da neofita, non ha raggiunto gli obiettivi e non ha rispettato i tempi che si era data. Da qui il ricorso ai media per la promozione dell'iniziativa, per la quale l'amministratore delegato si sta esponendo quanto mai in passato e collegandovi strettamente la sua immagine, probabilmente spinto a questo dal suo vice, speranzoso di prendergli il posto.
Comunque, tra gli investitori e gli azionisti della Sgr comincia a serpeggiare qualche dubbio, nonostante l'alto rendimento previsto dal nuovo prodotto. Anche a causa della reputazione calante della società. La quale si vanta della sua eticità, ma intanto è costretta a registrare dimissioni per giusta causa, in seguito all'accusa di atteggiamenti oppressivi, vessatori e condotte personali illecite.


GAVIO RIPORTA IN ROTTA LA BAGLIETTO
Abituato ai successi di tutte le sue aziende, a partire dalle quotate in Borsa e da Itinera, Beniamino Gavio, numero uno dell'omonimo gruppo alessandrino, uno dei principali italiani, sta seguendo con attenzione e passione la rotta della storica Baglietto, rilevata nel 2012 e prossima ad approdare all'utile o, quanto meno, al pareggio. Un risultato positivo che, Michele Gavino, l'amministratore delegato del cantiere ligure nato nel 1854 a Varazze e famoso in tutto il mondo per i suoi yacht con il marchio del Gabbiano, conta di raggiungere quest'anno.
Michele Gavino ha ricordato che dal 2012 la Baglietto targata Gavio ha fatto investimenti per oltre 22 milioni in strutture e tre in ricerca e sviluppo. Sede a La Spezia, il cantiere, che ha una cinquantina di dipendenti più un folto indotto, sta costruendo cinque superyacht.
Beniamino Gavio, classe 1965, ha detto: “Non sono solo un costruttore di barche, ma anche e soprattutto un armatore con una grande passione per il mare. Ed è questa passione che mi ha portato a rilevare questo marchio che, sin dai suoi esordi, rappresenta un'icona della nautica italiana”.

Beniamino "Mino" Gavio, presidente Baglietto 


PIEMONTE: DUE MESI SENZA NUOVE STARTUP
Piemonte culla di imprese innovative, incubatore di giovani con grande spirito d'iniziativa? Mah. Negli ultimi due mesi la regione subalpina non ha registrato la nascita di neppure una startup: al 5 febbraio scorso, le startup censite erano 472 e 472 risultano al 2 aprile; mentre nello stesso periodo, persino la piccola Valle d'Aosta ha avuto un fiocco rosa e la Liguria è passata da 159 a 165. In tutta l'Italia, le startup iscritte allo specifico registro nazionale sono salite a 8.895 dalle 8.330 del 5 febbraio, facendo segnare così un incremento del 4,3%.
Le 655 startup attive nelle tre regioni del Nord Ovest rappresentano meno del 7,4% del totale del Paese, che vede sul podio la Lombardia con 2.132 iscritte al relativo registro camerale, al secondo posto il Lazio con 911 e al terzo l'Emilia-Romagna con 884. Il Piemonte è sesto, preceduto anche dal Veneto (822) e dalla Campania (657). La top ten delle startup è chiusa dal Trentino-Alto-Adige (230), che segue, nell'ordine, Sicilia (460), Toscana (392) e Puglia (337).

NB: IL NUMERO PRECEDENTE E' STATO PUBBLICATO IL 20 MARZO 2018

Banche: dall'emorragia dei posti di lavoro si salva unicamente la provincia di Torino

“Un cero a San Matteo, patrono dei bancari e dei banchieri. Sotto la Mole, devono averlo acceso molti, l'anno scorso. Comunque, un mezzo miracolo c'è stato. La provincia di Torino, infatti, è tra le pochissime, in Italia, ad avere registrato un aumento di dipendenti del settore in termini assoluti e, fra l'altro, è stata quella con il maggior incremento percentuale”. Lo ha scritto Andrea Rinaldi sul Corriere Torino, precisando che “Al 31 dicembre scorso, i dipendenti delle banche e delle istituzioni finanziarie attive nella provincia di Torino sono risultati 21.964, mentre erano 18.894 alla stessa data del 2016. In un anno, quindi, sono aumentati di 3.070 e del 16,2%, in netta controtendenza rispetto all'Italia intera”. Complessivamente, infatti, nel nostro Paese, i dipendenti delle banche e delle istituzioni finanziarie operanti nella Penisola sono scesi nel 2017 da 299.699 a 286.220, confermano una tendenza in atto da anni. Erano ancora più di 330.000 nel 2009, quando si contavano oltre 34.000 sportelli e 788 banche. Alla fine dell'anno appena passato, invece, la Banca d'Italia ha censito 27.358 sportelli aperti e 538 istituti di credito, numeri destinati a diminuire ulteriormente nel breve-medio termine. Tanto che, secondo Antonio Patuelli, presidente dell'Abi, l'associazione nazionale delle banche, resteranno poco più di cento gli istituti creditizi indipendenti. A fine 2017 le banche con sede in provincia di Torino sono risultate dieci, una in meno rispetto a dodici mesi prima (la Bcc di Rivarolo Canavese è stata assorbita dalla Banca d'Alba). Gli sportelli sono scesi a 903 dai 957 del 31 dicembre 2016, facendo calare a 40 la loro densità ogni 100.000 abitanti e a 161 il numero dei Comuni serviti da almeno una banca. Grazie al “miracolo” torinese,comunque, ha chiuso con il segno più anche il bilancio occupazionale piemontese dell'industria bancaria e finanziaria: 32.559 i posti di lavoro al 31 dicembre 2017 a fonte dei 30.153 di un anno prima. Nonostante la perdita di una banca (28 contro 29) e di oltre cento sportelli, diminuiti da 2.364 a 2.251. Restando al Piemonte, la disaggregazione dei dati di Banca d'Italia mostra i seguenti numeri di dipendenti per provincia: Biella 2.454 (2.639 a fine 2016), Cuneo 3.129 (3.172), Alessandria 1.494), Asti 1.140 (1.171), Vercelli 584 (629), Novara 1.260 (1.301), Verbania 535 (752). In Valle d'Aosta i bancari e i dipendenti delle altre istituzioni finanziarie sono calati a 468 dai 494 del 31 dicembre 2016. Quanto alla Liguria, il totale è passato da 7.379 a 7.072. Ed ecco i dati delle quattro province: Genova 4.692 (4.931 a fine 2016), Imperia 634 (685), Savona 952 (955) e La Spezia 795 (808). Il progressivo dimagrimento del sistema bancario è un fenomeno non solo italiano e si deve a diversi fattori, dei quali soltanto pochi sono esclusivamente del nostro Paese. L'intero settore è cambiato e sta cambiando radicalmente, in seguito ai cambiamenti dei comportamenti della clientela (i giovani non entrano più in banca), all'eccezionale evoluzione tecnologica, alla concorrenza di soggetti appartenenti ad altri settori, alla necessità di essere più efficienti e più redditizi e, fra l'altro, ai crescenti vincoli normativi dei regolatori, i quali spingono verso aggregazioni degli istituti con fusioni e incorporazioni.

Borsa: in arrivo un "fiume" di dividendi Intesa Sanpaolo distribuirà 3,4 miliardi


“Un fiume di soldi sta per riversarsi sugli azionisti delle quotate “piemontesi”, a partire dalle otto del paniere Ftse Mib che si apprestano a distribuire dividendi per oltre 4,35 miliardi di euro, avendo conseguito, nel 2017, utili netti per un valore complessivo superiore a 11,6 miliardi”. Lo ha pubblicato oggi, 1 aprile, Corriere Torino,l'edizione locale del Corriere della Sera, aggiungendo subito che “Più generosa di tutte è Intesa Sanpaolo: ai suoi investitori erogherà complessivamente 3,4 miliardi, nella misura di 0,214 euro per ogni azione di risparmio (+13,2% rispetto all'anno scorso) e 0,203 euro per ogni ordinaria (+14%)”.
Continuando con le piemontesi dell'indice Fste Mib, il Corriere Torino sottolinea che “L'eccezione è rappresentata da Fca-Fiat Chrysler Automobiles, i cui azionisti non riceveranno neppure un euro, nonostante che il gruppo guidato da Sergio Marchionne abbia chiuso il passato esercizio con un utile netto di 3,510 miliardi (1,760 nel 2016)”. E avranno “solo” 82 milioni i soci Exor (0,35 euro per azione, come nel 2017), la holding della famiglia Agnelli-Elkann-Nasi che controlla anche Cnh Industrial e la Ferrari.
Cnh Industrial, invece, remunererà i soci con 191 milioni (0,14 euro per azione, il 27,3% in più dell'anno scorso) e la Ferrari con circa 134 milioni (0,71 euro per azione, l'11,8% in più).
Le altre tre società piemontesi che fanno parte delle 40 componenti il paniere 'Ftse Mib sono Buzzi Unicem, Italgas e Ubi, la banca della quale è maggiore azionista la Fondazione Crc di Cuneo.
Buzzi Unicem distribuirà oltre 28 milioni (0,204 euro per ogni azione di risparmio e 0,12 euro per ogni ordinaria, a fronte dei 10 centesimi dell'anno scorso); Italgas 168,3 milioni (0,208 euro il dividendo unitario, superiore del 4% al precedente) e Ubi Banca 125,9 milioni (0,11 euro per azione, come nel 2017).
A dare più dividendi, quest'anno, sono quasi tutte le quotate del Nord Ovest di media capitalizzazione.
Erogheranno il 33,3% in più Vittoria Assicurazioni (0,28 euro per azione, per un totale di 18,9 milioni) e Prima Industrie (0,40 euro, per complessivi 4,2 milioni). I soci di Diasorin riceveranno 2,65 euro per azione (+231%), per il totale 148,3 milioni e quelli della Cairo Communication 10 centesimi per titolo, il doppio dell'anno scorso, per complessivi 13,4 milioni. Iren erogherà 0,07 euro per azione (+12%), in tutto 83,7 milioni; mentre si spartiranno 126 milioni i soci della Sias (0,35 euro per azione, il 9,4% in più) e della Astm (0,469 euro per azione, il 4,2% in più), le due quotate controllate dalla famiglia Gavio.
Il monte dividendi della Erg (Garrone-Mondini) sarà di 172,9 milioni, in ragione di 1,15 euro per azione (+130% rispetto all'anno scorso) e di 13,1 milioni quello della Reply (0,35 euro per azione).
Comunque, anche società appartenenti al segmento Aim, quello delle pmi a elevato potenziale di crescita, distribuiranno dividendi maggiori rispetto al 2017. Lo farà, fra le altre, la Orsero di Albenga (0,12 euro per azione, il doppio dell'anno scorso).
Ed ecco l'elenco delle quotate del Nord Ovest che hanno preannunciato una remunerazione del capitale pari a quella del 2017: Cofide (0,014 euro per azione), Cir (0,038), Dea Capital (0,12), Basicnet (0,06). Nessun dividendo, invece, da parte di Rcs MediaGroup, Carige, Bim-Banca Intermobiliare, Pininfarina, Centrale del Latte d'Italia, Fidia, Gedi Gruppo Editoriale, Italia Independent.

Carlo Messina, amministratore delegato Intesa Sanpaolo

I NUOVI VIZI DEI TOP MANAGER


Nell'ottobre del 2005, Henry Marchi, pseudonimo di un giornalista economico torinese di lungo corso, ha pubblicato “I nuovi bramini dell'economia/La casta dei top manager”, un pamphlet che, fra l'altro, ha evidenziato tanti vizi della categoria, oltre ad anticipare problematiche destinate a esplodere più avanti, quali quelle delle remunerazioni spropositate, delle super-liquidazioni, dei danni provocati alle aziende amministrate, a volte gravissimi quando non fatali.
Prima di riportare qualche stralcio di quel libretto, a suo tempo scandaloso, è opportuno segnalare che, nel frattempo, la casta dei top manager, sempre più ampia, ha ampliato la gamma dei suoi peccati e dei suoi scempi.
Tra le nuove abitudini dei gestori apicali di aziende ed enti emergono, infatti, quelle di ricorrere continuamente a consulenti esterni, sempre ben pagati e spesso amici o collusi per la divisione della posta, a periti, per evitare di assumersi la responsabilità di scelte che potrebbero essere contestate; ma anche quelle di far analizzare tutte le decisioni dei predecessori (“due diligence”) per attribuire a loro ogni colpa e verificare l'opportunità di chiedere risarcimenti, a prescindere dalle possibilità reali; piuttosto che di utilizzare le risorse della società o dell'ente impropriamente, cioè senza la cura e gli scrupoli che meritano i soldi gestiti per conto di un altro soggetto.
Tutto questo appare ancora più grave quando gli autori dei misfatti sono amministratori di società che vantano la loro eticità, come una Sgr subalpina che gestisce miliardi di istituzioni di diritto privato, oppure di enti che dovrebbero essere esempi di buon governo, di diligenza attenta e minuziosa del patrimonio, delle spese e degli investimenti.
Tornando al pamphlet, le prime righe dell'introduzione presentavano così i top manager: “c'è chi li considera maghi aziendali, eroi del capitalismo post-industriale, miti della globalizzazione e chi, invece, nuovi capitani di ventura, adepti cinici e sopravvalutati della gestione societaria, spregiudicati porporati dell'economia moderna. Insomma, per dirla in modo forse un po' sacrilego, se alcuni arrivano a beatificarli o quasi, altri li dipingono come veri e propri diavoli in gessato piuttosto che in tailleur firmato Armani ...”.
Quanto ai vizi, “Tra i più gravi – scriveva Henry Marchi – spiccano il cinismo, l'immoralità, la slealtà, l'avidità, l'ipocrisia, l'arroganza e la presunzione, la sopraffazione, la vanità, la convinzkione dell'invulnerabilità e dell'onnipotenza, il disprezzo dei subalterni, il sadismo. Il toèp manger dannoso assume amici, servi solo a lui fedeli, i raccomandati dai potenti, privilegia i faccendieri e quanti possono aiutarlo. Si circonda di gente che gli dice soltanto quello che lui ama sentirsi dire, mentre è infastidito e penalizza i critici, anche se costruttivi. E' quasi sempre maleducato. Tende a non decidere, convinto che molti problemi si risolvono da soli, con il tempo; oppure decide quando non può più evitare di farlo, a causa dell'inderogabilità della scadenza, dell'impellenza della necessità”.
Sempre a proposito del manager dannoso, Henry Marchi aggiungeva: “Chiede molto e dà pochissimo. E' irriconoscente. Agisce senza trasparenza, evita il confronto, propugna l'opportunità e la necessità di fare squadra, ma è il primo a non farla. Ha un comportamento ambiguo. Diffida molto, pur cercando di dimostrare il contrario. E' ostile e si presenta amichevole. Risponde con tanti sì, ma non è altrettanto conseguente. Propende all'obbiezione, a smontare ogni proposta, a ridimensionare il progetto ambizioso quando non lo sabota; a smorzare l'entusiasmo, a vanificare le speranze. Ricorre a furbizie come le convocazioni all'ultimo minuto, l'intempestività della risposta, l'occultamento di cifre e di fatti determinanti, l'interruzione dell'incontro prima del momento decisivo, cioè prima che l'interlocutore possa conseguire un vantaggio strappando un consenso oppure una promessa. Rimanda, con scuse diverse, l'appuntamento fino all'esaurimento della pazienza del richiedente”.
L'amministratore rovina-aziende “quando parla a lungo, lo fa per non dire, per nascondere, per confondere. Afferma di essere occupatissimo; però trova sempre il tempo per la “prima” che fa status, per l'inaugurazione dove c'è il ministro che conta, per il convegno nella bella località turistica, per la missione di una settimana all'estero”.
“Nell'azienda dominata dal top manager dannoso, il merito e le capacità non hanno alcuna importanza o ne hanno poco, perché il detentore del potere distrugge quanto ha fatto il suo predecessore per minarne il credito e caccia via i più valenti dirigenti per collocare al loro posto i suoi alleati e i suoi servi fedeli. D'altronde a lui importa creare posti per i propri affiliati, parenti, amici, fratelli, mogli e amanti”.
Infine, Henry Marchi ricordava alcune caratteristiche tipiche del top manager sottolineate dallo psichiatra Vittorino Andreoli, secondo il quale il super-amministratore di norma ha una segretaria-vestale che gli fa da mamma e senza la quale è un uomo “morto”, ha un permanente bruciore di stomaco, è sempre indisponibile se non per gli intimi, non ha mai tempo, ha un'eccezionale percezione di sé, considerandosi un faraone, cioè uomo ma allo stesso tempo divinità e, naturalmente, eterno. Un faraone che, però, in famiglia, è giudicato un minus habens, così che lui preferisce stare sempre fuori, come i bramini veri che non mangiano mai in compagnia delle mogli.

Nord Ovest: perse 1.675 imprese artigiane Alessandria è stata la cenerentola del 2017


Alessandria cenerentola dell'artigianato del Nord Ovest. L'anno scorso, a fronte delle 692 imprese artigiane nate in provincia di Alessandria, sono state 938 quelle che hanno chiuso i battenti. Il settore, perciò, ne ha perse 246, evidenziando un dimagrimento del 2,14%, il tasso più negativo dell'area formata da Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e tra i peggiori d'Italia, la cui decrescita media è stata dello 0,85% (92.265 le imprese che hanno cessato l'attività nel 2017, contro le 80.836 che l'hanno avviata).
Poco peggio è andata alla provincia di Biella, con il calo dell'1,96%, conseguente all'iscrizione di 299 nuove imprese artigiane iscritte alla locale Camera di commercio mentre sono state 404 quelle che sono state cancellate dal registro delle attive.
Tassi negativi superiori alla media nazionale sono emersi dal censimento di Unioncamere, l'unione nazionale delle Camere di commercio, anche dalle province di Vercelli (-1,45%), Savona (-1,44%), Torino (-1,04%), Verbania (-0,99%), La Spezia (-0,94%) e Cuneo (-0,88%). Nel 2017, la provincia Granda ha perso 158 imprese artigiane, La Spezia 50, Verbania 43, Torino 650, Savona 132 e Vercelli 69.
Meno peggio, invece, è andata alle province di Asti (-0,66%), Genova (-0,61%), Novara (-0,25%), Imperia (-0,17%) e Aosta (-0,11). Il sistema artigiano ha perso 41 imprese nella provincia di Asti, 141 in quella di Genova e 24 in quella di Novara. Nell'Imperiese il calo è stato di 12 imprese (492 le nate e 504 le chiuse), in Valle d'Aosta soltanto di 4, differenza tra le 279 cessazione e le 175 nuove iscrizioni alla Camera di commercio.
Nell'anno appena passato, il sistema imprenditoriale dell'artigianato ha registrato nel Nord Ovest 11.102 nascite e 12.777 chiusure. Al 31 dicembre scorso , pertanto, le imprese artigiane attive nelle tre regioni sono risultate 167.688, perciò 1.675 meno rispetto alla stessa data del 2016. In particolare, le imprese artigiane in attività a fine 2017 erano 119.809 in Piemonte (-1.336), 44.207 in Liguria (-335 in Liguria) e 3.672 in Valle d'Aosta (-4). In tutta l'Italia 1.327.180 (-11.429).
Il calo nazionale del 2017, comunque, è il più basso degli ultimi sei anni. Nel 2013, il sistema dell'artigiana aveva subito una perdita record di 27.893; però, da allora il fenomeno negativo è progressivamente diminuito. L'ultimo anno di crescita è stato il 2008.

Spesi 1,3 miliardi di euro nei primi 2 mesi per comprare auto nuove nel Nord Ovest


Quasi un miliardo e 300 milioni. E' il prezzo delle 56.665 auto nuove immatricolate nelle tre regioni del Nord Ovest dall'inizio di gennaio alla fine di febbraio: 35.769 in Piemonte (-2,2% rispetto al primo bimestre 2017), 5.955 in Liguria (-7,8%) e 14.941 in Valle d'Aosta (+4,5%). Il numero della Valle d'Aosta non deve stupire, perché nella regione alpina, come nelle province autonome di Bolzano e Trento, vengono immatricolate le flotte di diverse società, a partire da quelle di autonoleggio, per il vantaggio derivante dalle minore aliquote di Ipt, l'imposta provinciale di trascrizione.
Proprio per questa ragione, il costo delle auto nuove immatricolate nel Nord Ovest non corrisponde perfettamente con gli incassi dei concessionari che le hanno vendute. Almeno per quanto riguarda la Valle d'Aosta. Mentre si può stimare in circa 780 milioni la spesa fatta dagli acquirenti di vetture nuove in Piemonte nei primi due mesi 2018 e in circa 130 milioni quella complessiva di chi le ha comprate in Liguria.
Nel solo mese di febbraio, le nuove immatricolazioni sono state 16.926 in Piemonte (-9,8% rispetto allo stesso mese del 2017), 7.959 in Valle d'Aosta (+4,4%) e 2.872 in Liguria (-11,3%). Lo ha comunicato l'Anfia, l'associazione dell'industria nazionale dell'automotive presieduta da Aurelio Nervo, ricordando che nell'intero 2017 sono state consegnate 219.779 targhe nuove in Piemonte (178.359 nel 2016), 59.959 in Valle d'Aosta (49.813) e 35.607 in Liguria (35.090).

Aurelio Nervo, presidente Anfia

Bilanci '17, utile e dividendo per Cover 50 "rosso" per Visibilia e Italia Independent


Brindisi a metà, per la cuneese Daniela Garnero Santanché. Nell'ultima seduta borsistica di marzo, Visibilia Editore, la quotata della quale la Santanché è l'azionista di maggioranza assoluta (ne possiede il 56,7% del capitale con la sua Visibilia Editore Holding), oltre che presidente e amministratore delegato, ha fatto registrare il maggior rialzo percentuale di tutta Piazza Affari. Il prezzo finale dell'azione della Visibilia Editore, infatti, è stato di 0,0936 euro, superiore del 9,60% rispetto al precedente. Nessun altro titolo ha avuto una performance maggiore.
Nella stessa giornata del primato, però, Visibila Editore ha presentato il bilancio 2017, chiuso con la perdita di 455.465 euro, sia pure inferiore ai 779.924 euro del 2016. Il margine operativo lordo dell'esercizio comunque è stato positivo per 188.419 euro, mentre era stato negativo per 114.236 euro nel 2016 e per 705.337 nel 2015. E' migliorato, si pure di poco, l'indebitamento netto, calato a 2,302 milioni dai 2,485 del 31 dicembre 2016. Infine, il patrimonio netto è ammontato a737.679 euro. Visibilia Editore, che nel passato esercizio ha avuto un valore della produzione pari a 3,652 milioni (3,832 milioni nel 2016), è valutata dalla Borsa circa 2,8 milioni, cifra che la rende la cenerentola delle quotate del Nord Ovest.
Altre due società piemontesi presenti nel listino Aim di Piazza Affari, quello dedicato alle piccole e medie imprese, hanno comunicato i loro risultati 2017 oggi, 29 marzo. Si tratta di Italia Independent e di Cover 50.
Italia Independent, controllata e presieduta da Lapo Elkann e partecipata dal fratello John, ha avuto un fatturato di 22,1 milioni (-9,1% rispetto al 2016) e un margine operativo negativo di 238.000 euro, comunque nettamente migliorato rispetto a quello precedente, che era risultato negativo per 6,2 milioni. E' diminuita anche la perdita netta, scesa a 9,8 milioni dai 12,3 milioni dell'esercizio 2016. Invece, è ancora aumentato l'indebitamento netto, da 18,3 a 24,6 milioni di fine 2017.
Il Consiglio di amministrazione di Italia Independent, società che ha siglato un accordo di licenza, pochi giorni fa, con la Walt Disney per la produzione di occhiali con il famoso marchio, ha deliberato un aumento di capitale di 4,9 milioni.
Cover 50, impresa torinese fondata e controllata dalla famiglia Fassino, produttrice dei pantaloni con marchio Pt, nel 2017 ha avuto ricavi per 27,5 milioni (24,8 nel 2016), un margine operativo lordo di 5,4 milioni (5,3) e un utile netto di 3,2 milioni (3,1). Al 31 dicembre scorso, la sua posizione finanziaria netta era positiva per 9,7 milioni.
Il Consiglio di amministrazione di Cover 50, al cui comando si trovano Pierangelo Fassino (presidente e amministratore delegato) e il figlio Alberto Edoardo (consigliere e amministratore delegato) ha deciso di proporre ai soci un dividendo di 0,50 euro per azione (pay out del 69,1%). L'ultimo prezzo odierno dell'azione Cover 50 è stato di 10 euro esatti (+1,63%).

Daniela Garnero Santanché

Il boom dell'utile e il dividendo più alto non salvano le Buzzi Unicem dall'Orso


Misteri della Borsa italiana, alla quale è sempre più difficile credere, almeno da parte di chi non trova giustificazioni plausibili e convincenti su certe improvvise e forti variazioni di prezzi, se non quelle delle manovre di grandi speculatori.
A rafforzare la convinzione che Piazza Affari non sia un mercato credibile, dove le quotazioni dovrebbero essere certo il risultato della domanda e dell'offerta ma anche dei valori sostanziali e potenziali dei beni trattati, cioè della società emittente delle azioni a listino, oggi è il “caso” Buzzi Unicem.
Nella stessa giornata in cui il gruppo cementiero di Casale Monferrato, che fa capo alla famiglia Buzzi, ha annunciato i brillanti risultati conseguiti nel 2017, i suoi titoli hanno registrato deprezzamenti: l'azione ordinaria ha chiuso a 19,085 euro (-2,45%) e quella di risparmio a 11,24 euro (-3,10%).
Il ribasso dell'ordinaria Buzzi Unicem è risultato il secondo maggiore tra le azioni che compongono il paniere dell'Ftse Mib, cioè delle principali 40 società della Borsa di Milano; peggio ha fatto soltanto Stmicroelectronics, per di più in un una seduta terminata con l'aumento dello 0,55% dell' Ftse Mib.
Nel 2017 Buzzi Unicem ha ottenuto un utile netto di 395 milioni, rispetto ai 149 milioni del 2016; ha avuto un margine operativo lordo di 576 milioni (+4,7%) e ha diminuito di ulteriori 79 milioni l'indebitamento netto, facendolo scendere a 863 milioni, nonostante gli investimenti per 218 milioni nell'esercizio, di cui 29 per progetti industriali e 113 per l'acquisizione della veneta CementiZillo.
Fra l'altro, ha incrementato del 5,1% il fatturato consolidato, ammontato così a 2,806 miliardi.
Il Consiglio di amministrazione di Buzzi Unicem, che ha come membri esecutivi tre esponenti della famiglia – Enrico, Pietro e Michele Buzzi – e, tra i non esecutivi, anche Elsa Fornero e Maurizio Sella, ha deciso di proporre ai soci un dividendo di 0,12 euro per ogni azione ordinaria e 0,204 per ogni azione di risparmio, entrambe maggiorate di dieci centesimi rispetto all'anno scorso.
Nonostante tutto questo, appunto, la penalizzazione di quella stessa Borsa che ancora alla fine di gennaio di quest'anno valutava 24,40 euro l'azione ordinaria, dopo averle fatto segnare il record storico di 24,87 euro il 5 maggio del 2017.

Il vertice della Buzzi Unicem

I RIBASSI DI DAMIANI, GEDI GRUPPO EDITORIALE E REPLY
Ancora in merito alla seduta odierna sono da segnalare i notevoli ribassi delle azioni Damiani, Gedi Gruppo Editoriale e Reply. L'ultimo prezzo della Damiani è stato di 0,92 euro, inferiore del 3,77% al precedente e il più basso degli ultimi tre anni. Quanto a Gedi Gruppo Editoriale, ha continuato la sua discesa fino a toccare 0,427 euro (-2,73), che rappresenta il suo nuovo record storico negativo. Sorprendente, infine, il ribasso di Reply, la cui azione è calata del 5,17% a 44,42 euro.

Liguria, Piemonte e Valle d'Aosta in testa per il maggior peso di tasse, tariffe, debito


Un altro primato non invidiabile per la popolazione del Nord Ovest: gli abitanti della Liguria, del Piemonte e della Valle d'Aosta sono quelli che, in Italia, sopportano il peso pro capite più oneroso di tasse, tributi, tariffe e debito finanziario. A rilevarlo, in seguito a uno studio appena pubblicato, è il Crif, gruppo specializzato in sistemi di informazioni creditizie e di business infromation , servizi di outsourcing, processing e soluzioni per il credito (fondato a Bologna trent'anni fa, opera in quattro continenti con 70 società e nella sua clientela si trovano oltre 6.300 istituti finanziari e 55.000 imprese).
Dalla ricerca fatta sulla situazione economico-finanziaria dei circa 8.000 Comuni italiani, in funzione della valutazione dei loro rischi, fra l'altro è emerso che i cittadini più penalizzati per il pagamento di tasse e tributi, per la pressione tariffaria fiscale e per la maggiore porzione di debito pubblico sono, appunto, in ordine, i liguri, i piemontesi e i valdostani. Sono loro ad avere i tre indici peggiori nella graduatoria nazionale, pagando il doppio di Sardegna, Sicilia e Puglia, le tre regioni con le condizioni migliori.
Questa situazione è conseguente anche al fatto che il Nord Ovest presenta una forte capacità degli enti locali di riscuotere tasse, tributi e tariffe. Nella relativa classifica, la Liguria è terza, preceduta di un soffio solo dal Friuli-Venezia Giulia e dal Trentino-Alto Adige. La Valle d'Aosta è quarta e il Piemonte ottavo, comunque, con soli tre punti di distacco dalla regione più efficiente. In coda, invece, Campania, Calabria e Sicilia.
La terza area presa in esame dal Crif per i suoi futuri rating sulle condizioni economico-finanziarie dei Comuni è quella alle capacità di finanziamento delle Amministrazioni locali, misurata sul rapporto del debito finanziario e delle anticipazioni di tesoreria rispetto alle loro entrate correnti. In parole più semplici, la loro capacità di sostenere le spese per i servizi erogati alle rispettive comunità di competenza.
Anche in questo caso il Nord Ovest si piazza nella parte più alta del ranking. La Valle d'Aosta è al secondo posto, preceduta dalla Sardegna e seguita dal Trentino-Alto Adige; mentre la Liguria è quarta e il Piemonte quinto.