I commercialisti piangono Aldo Milanese

“Una grande perdita per il mondo dei commercialisti torinesi, ma anche per l'intera economia piemontese”: è il commento diffuso che si è raccolto oggi, sotto la Mole, dopo che è stata appresa la notizia della scomparsa di Aldo Milanese, che è stato presidente dell'Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Torino e provincia per sedici anni, fino al 2016, quando ha passato il testimone a Luca Asvisio.
Nato il 27 gennaio del 1944 a Mondovì, dove è mancato la notte scorsa, pochi mesi dopo sua moglie, Aldo Milanese è stato un attore di rilievo nel sistema economico e istituzionale del Piemonte. Professionista dal 1972, specializzato nel settore societario e tributario, con incarichi anche giudiziali, è stato membro del collegio sindacale o amministratore di numerose aziende, anche quotate, e di enti, quali l'Ordine subalpino degli avvocati, la Fondazione per l'Arte Moderna e contemporanea Crt, la Fondazione del Piemonte per l'oncologia, l'Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo e, fra l'altro, del Banco alimentare regionale. E' stato anche rappresentante unico degli azionisti di risparmio Fiat e assistente di Diritto commerciale alla Facoltà di Economia di Torino.
Il nome di Aldo Milanese, però, è legato indissolubilmente all'Ordine dei commercialisti, che, con la sua presidenza, è diventato uno dei più importanti d'Italia (3.700 iscritti) e un modello per il resto del Paese. Porta proprio la sua firma, infatti, quel “Modello Torino”, diventato esemplare, anche per gli altri Ordini professionali, per lo schema imperniato sulla collaborazione costruttiva con enti, istituzioni e Amministrazioni pubbliche, cooperazione perseguita con convenzioni, protocolli d'intesa, gruppi di lavoro misti con l'Agenzia delle Entrate, l'Inps, il Tribunale, gli Enti territoriali, l'Università, le associazioni di categoria. Sempre ai fini dello sviluppo.
Dopo aver lasciato la presidenza a Luca Asvisio, il quale ha manifestato la volontà di continuare a valorizzare il Modello Torino e l'eredità lasciata dal suo predecessore, Aldo Milanese aveva mantenuto la presidenza della Fondazione Piero Piccatti, l'ente dell'Ordi
ne dei commercialisti che, insieme con il dipartimento di Management dell'Università di Torino, organizza l'omonima Scuola professionale e prepara i neo laureati all'esame di abilitazione all'esercizio di commercialista ed esperto contabile.

Funerale di Aldo Milanese giovedì 11 gennaio alle ore 10 a Mondovì.
Aldo Milanese

Tassa rifiuti, i liguri pagano più di tutti

La stangata della Tari, in Liguria più “dolorosa”che in tutte le altre regioni d'Italia. Confartigianato ha appena pubblicato uno studio dal quale emerge che, negli ultimi cinque anni, il costo del servizio della raccolta dei rifiuti è aumentato del 13,6% nel nostro Paese, un tasso più che doppio della media europea (+6,4%), mentre la produzione dei rifiuti urbani è calata del 5,2%.
L'associazione nazionale degli artigiani, inoltre, evidenzia che il costo pro capite per la gestione del servizio di igiene urbana è di 167,74 euro all'anno, quasi completamente coperto (98,9%) dai proventi derivanti dalle relative tasse/tariffe fatte pagare ai cittadini (165,95 euro pro capite, all'anno).
In termini assoluti, a pagare di più il servizio di igiene urbana sono i liguri, con una media annuale di 216,80 euro per abitante, cifra superiore di oltre il 30% a quella nazionale. Poco meno dei liguri pagano, per la spazzatura, gli abitanti del Lazio (213,50 euro all'anno, pro capite) e della Toscana (208,05 euro).

Sono comunque dodici le regioni dove la tassa sui rifiuti è più cara della media nazionale e, fra queste, si trova il Piemonte, con 172,06 euro. Quanto alla Valle d'Aosta la cifra è di 167,40 euro, in linea con la media italiana. Le regioni con il servizio meno caro sono invece il Friuli-Venezia Giulia (124,16 euro pro capite), il Molise (125,98 euro) e il Trentino-Alto Adige (129,40 euro).

Borsa: i camion e trattori di Cnh Industrial hanno sorpassato la Ferrari dei bolidi rossi

Ferrari sorpassata da camion e trattori. E' successo in Piazza Affari, oggi 8 gennaio. Cnh Industrial, la società che ha tra i suoi marchi principali l'Iveco, produttore di veicoli industriali, è stata valutata dalla Borsa 20,990 miliardi di euro, a fronte dei 18,355 miliardi della Ferrari. Ancora alla fine di dicembre, l'impresa di Maranello capitalizzava quasi 2 miliardi più di Cnh Industrial, che fabbrica anche trattatori, macchine movimento terra, mietitrebbie, veicoli commerciali e speciali, motori marini (il gruppo conta 63.000 dipendenti e opera in 180 Paesi).
Oggi, l'azione Cnh Industrial ha chiuso a 11,92 euro (+2,05% rispetto a venerdì scorso), prezzo che rappresenta il nuovo record storico della controllata Exor. Il titolo della Ferrari, anch'essa controllata dalla holding della famiglia Agnelli-Elkann-Nasi, è salito dell'1,39% a 94,65 euro, valore però inferiore di oltre 10 euro ai 105,30 euro del 2 novembre, quando ha raggiunto il suo massimo dal giorno della prima quotazione.
Più della Ferrari e della Cnh Industrial, comunque, capitalizza Fca-Fiat Chrysler Automobiles, la cui azione oggi ha toccato la sua vetta più alta da sempre; l'ultima compravendita, infatti, è stata fatta a 18,11 euro (+1,06% rispetto alla seduta precedente). E' il nuovo record. Che assume un valore ancora maggiore se si considera che un anno fa l'azione Fca veniva scambiata a poco più di 8 euro (8,295 euro il 12 gennaio 2017), meno della metà di oggi. Un “miracolo” di Sergio Marchionne.
Forse inevitabilmente, a beneficiare delle performance delle sue quotate industriali è stata anche Exor, la capogruppo. L'ultimo prezzo di Exor è stato di 57,65 euro (+0,96%), suo nuovo primato storico e tale da far salire a a 13,894 la sua capitalizzazione borsistica, superiore di circa un miliardo e
 a quella di fine 2017.
La Ferrari  Superfast

Auto: nel 2017 venduti 100.000 suv in più

Suv, nuova passione irrefrenabile degli italiani. L'anno scorso, nel nostro Paese, ne sono stati venduti 584.195, circa centomila più che nel 2016. Ormai è costituito da Suv il 30% delle nuove immatricolazioni. Questa è una delle tante curiosità relative al mercato automobilistico nazionale del 2017 che emergono dall'analisi dei dati appena pubblicati dall'Anfia, l'associazione della filiera italiana dell'automotive.
Un'altra curiosità è che sono stati quelli dei modelli di lusso e delle vetture sportive i segmenti che hanno fatto registrare i più elevati incrementi percentuali di acquirenti: nel 2017, sono state 2.541 le auto di lusso comprate nel nostro Paese (+20,7% rispetto all'anno precedente) e 6.273 le sportive (+25,6%). Al contrario, di “medie” ne sono state immatricolate 66.390, il 7,7% in meno. Anche i monovolume hanno denunciato una perdita analoga (7,2%), avendo avuto 145.915 clienti.
Fra l'altro, l'Anfia ha comunicato che nel 2017 il mercato dell'usato è cresciuto del 6,4%: i passaggi di proprietà sono stati oltre 5,35 milioni, il 45% dei quali rappresentati dalle mini-volture (2.402.503) e 2.950.500 dai trasferimenti di proprietà netti.
Inoltre, dal primo giorno di gennaio all'ultimo di dicembre 2017, si sono contate 1.411.354 pratiche di radiazioni, a fronte di 1.970.962 nuove immatricolazioni, per cui il parco circolante dovrebbe evidenziare un nuovo incremento dell'1,5%. Aumento non da poco, considerando che l'Italia presenta già una densità automobilistica tra le più alte al mondo: 625 vetture ogni mille abitanti. Tante ma vecchie. L'età mediana delle auto in circolazione è di quasi 11 anni e oltre la metà delle iscritte al Pra ha più di 10 anni. Non solo: a fine 2017, solo 5 milioni di vetture, pari al 13% del parco circolante, sono Euro6.
Ancora un altro aspetto del mercato dell'anno scorso. Il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta sono le due regioni di gran lunga preferite dalle società di noleggio per le immatricolazioni delle loro vetture. In Trentino-Alto Adige è stato iscritto al Pra da imprese di noleggio il 92,3% delle nuove immatricolazioni e l'89,6% in Valle d'Aosta. Entrambe le regioni hanno un regime fiscale agevolato. A livello nazionale, gli acquisti di auto nuove sono stati fatti da imprese di noleggio per il 21,9% a fronte del 54,9% dei privati e del 23,2% da società.
Fiat 500X il crossover più venduto in Italia

Crediti al consumo per oltre 12 miliardi

Oltre 12 miliardi di euro. E' il valore del credito al consumo che risulta concesso a persone e famiglie del Nord Ovest al 30 settembre scorso. Lo riferisce la Banca d'Italia, precisando che il 74% della somma è stato erogato dalle banche (8,793 miliardi) e il restante 26% dalle finanziarie specializzate in questo tipo di finanziamento.
Come spiega la stessa Banca d'Italia, il credito al consumo è un prestito concesso a individui e famiglie per acquistare beni o servizi (dall'automobile, agli elettrodomestici, ai mobili, a un corso di lingue) oppure per affrontare situazioni in cui è necessario disporre di denaro liquido. “Il consumatore, infatti – precisa Banca d'Italia – è una persona che acquista per le sue esigenze private, non per quelle professionali”.
Il credito al consumo parte da 200 euro fino ad arrivare al massimo di 75.000 euro ed è concesso da una banca o da una società finanziaria autorizzata, anche attraverso un fornitore di beni o servizi, quale il negoziante o il concessionario automobilistico.
A fine settembre, in Piemonte, individui e famiglie avevano in essere debiti per prestiti al consumo per un totale di 8,913 miliardi, dei quali 6,991 nei confronti di banche e un po' più di 2 miliardi verso finanziarie. In Liguria, i crediti al consumo ammontavano, alla stessa data, a 2,949 miliardi (1,873 verso le banche); in Valle d'Aosta, invece, a 249 milioni, 189 dei quali erogati dalle banche.
Il credito al consumo è in espansione, come ha confermato recentemente anche l'Abi, l'associazione delle banche italiane. E molti considerano il fenomeno molto positivo. Il credito al consumo, infatti, incentiva gli acquisti e, perciò, spinge l'economia.
Però, molti ricorrono a questa leva senza un'adeguata consapevolezza dei rischi che comporta. Una serie di piccoli prestiti, per esempio, può generare un sovra indebitamento, che può diventare insostenibile quando sopraggiungano spese inderogabili e impreviste o vengano a mancare, inaspettatamente, risorse finanziarie, per esempio a causa della perdita del lavoro o del taglio della busta paga.
Il sovra indebitamento non raramente è l'anticamera dell'usura, perché quando le banche e le finanziarie non sono più disponibili a concedere prestiti e ci si trova nella necessità di avere subito la liquidità mancante, si presenta come soluzione il ricorso allo strozzino, il quale appare come l'unico possibile aiuto. E se si ricorre all'usura è l'inizio certo della fine.

In caso di sovra indebitamento, ci si può rivolgere alle fondazioni anti usura, che non mancano mai di invitare alla prudenza chi intende ricorrere al credito al consumo, finanziamento che, fra l'altro, ha tassi più alti, i cui effetti sono spesso sottovalutati. Un conto è indebitarsi per crearsi o accrescere il patrimonio, un altro per acquisti di beni di consumo.
Ignazio Visco, Governatore della Banca d'Italia

Borsa: nuovo record della Sias (Gavio)

Venerdì 5, Piazza Affari ha registrato i nuovi record storici di due quotate del Nord Ovest: Sias e Tecnoinvestimenti. L'azione della società tortonese controllata dalla famiglia Gavio e a capo delle loro imprese autostradali ha avuto come ultimo prezzo 16,46 euro (+2,21% rispetto alla precedente seduta di Borsa). Ha superato così il precedente primato di 15,83 euro, che aveva conquistato il 15 dicembre, dopo una lunga e continua corsa al rialzo. In seguito alla nuova prestazione, il valore attribuito dagli investitori alla Sias è salito a 3,636 miliardi, il 105,8% più di un anno fa.
Alla fine della settimana scorsa, ha migliorato il suo record anche il titolo Tecnoinvestimenti, che ha chiuso a 6,60 euro (+2% sulle 24 ore prima). La capitalizzazione della società con Enrico Salza presidente e Pier Andrea Chevallard amministratore delegato ha superato i 307 milioni, ancora 7 milioni in più rispetto al giorno precedente.
Venerdì 5 è risultata una buona giornata borsistica anche per la Bim-Banca Intermobiliare e per Prima Industrie. L'ultimo contratto di compravendita di azioni Bim è stato fatto al prezzo di 0,686 euro per azione, valore superiore del 13,2% a quello del giorno prima, confermando la tendenza positiva in atto dal 19 dicembre, quando era sprofondata a 0,440 euro. Circa il 70% del capitale dell'istituto torinese specializzato nel private banking è stato ceduto dai commissari straordinari che stanno liquidando Veneto Banca al fondo inglese

A sua volta, l'azione Prima Industrie ha fatto segnare un incremento del 10% quotando così 39,55 euro e riavvicinandosi al primato storico dei 46,73 euro ottenuto il 18 ottobre 2017. Comunque, la sua performance annuale supera abbondantemente il 140% e la capitalizzazione è di oltre 414 milioni di euro. La torinese Prima Industrie è presieduta dal subalpino Gianfranco Carbonato, che ne è stato cofondatore e ne resta anche azionista.
Beniamino Gavio

Un'altra mistificazione fiscale

La pressione fiscale è diminuita: lo ha comunicato l'Istat. C'è da crederci; è plausibile. Però, è mistificatorio interpretare questo dato come una riduzione delle tasse o un contenimento della spesa pubblica. E' vero che il rapporto tra l'insieme delle entrate erariali (imposte dirette, indirette e contributive, centrali e locali) e il Pil si è ridotto al 40,3% nel terzo trimestre 2017 (-0,4% rispetto al corrispondente periodo 2016); ma è altrettanto vero che il gettito fiscale dei primi dieci mesi dell'anno scorso è risultato di quasi 542 miliardi, 12,3 miliardi in più e il 2,3% in più rispetto al gennaio-ottobre precedente. In particolare, le entrate tributarie sono ammontate a 358,2 miliardi (+1,4%) e quelle contributive a 183,6 miliardi (+4,2%). Cifre del ministero dell'Economia e delle Finanze.
Non solo. Come ha riferito l'Istat, l'istituto nazionale di statistica, fonte ufficiale e obiettiva, se il totale delle entrate delle Amministrazioni pubbliche nel terzo trimestre 2017 è stato di circa 186,5 miliardi (+1,5% sullo stesso periodo 2016), il totale delle uscite è stato di 195,56 miliardi (+1,1%). Quindi, la macchina pubblica continua a spendere più di quanto incassa; così, naturalmente, continua a salire il debito pubblico, che, mese dopo mese, fa segnare un nuovo record. L'unico risparmio è proprio quello degli interessi pagati dallo Stato sul debito pubblico ai sottoscrittori dei suoi titoli. Nel terzo trimestre 2017 ha rimborsato 14,3 miliardi, l'8,4% in meno dei 15,7 miliardi precedenti, grazie alla Bce, la Banca centrale europea governata da Mario Draghi.
Il calo della pressione fiscale ha come motivazione principale la crescita del Pil, il prodotto interno lordo, cioè il valore complessivo dei beni e dei servizi generati dal Paese. Quest'ultima è finalmente una buona notizia, come sono positivi i conseguenti aumenti, sia pur minimi, del reddito disponibile delle famiglie consumatrici, del potere d'acquisto, della propensione al risparmio e degli investimenti fissi delle Amministrazioni pubbliche (9 miliardi tra l'inizio di luglio e la fine di settembre).

Ieri, dopo la pubblicazione dell'ultimo rapporto Istat, non pochi hanno commentato il dato relativo alla riduzione della pressione fiscale, che comunque resta tra le più elevate al mondo, come se si trattasse di un calo delle tasse. Non è così. E' una mistificazione. Le tasse non vengono tagliate, neppure da parte degli enti locali; come non viene ridotta la spesa pubblica; mentre il gettito fiscale cresce ininterrottamente.
Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio dei ministri

Liguria ultima nel Bio italiano

Liguria e Valle d'Aosta fanalini di coda nell'agricoltura biologica italiana. La scoperta è di Unioncamere, l'unione nazionale delle camere di commercio, la quale ha censito che, all'inizio del mese appena passato, la Valle d'Aosta aveva solo 48 imprese certificate Bio e la Liguria ne aveva 391. Tutte le altre regioni del nostro Paese ne contavano di più: dalle 9.444 della Sicilia (al primo posto nella graduatoria) alle 410 del Molise, terzultima. In Piemonte, all'inizio di dicembre 2017, erano 2.401, numero che vale la nona posizione.
In tutta l'Italia, a quella data, risultavano 59.461 le imprese con certificazione Bio, attestato che garantisce il rispetto di rigidi requisiti atti a evitare o ridurre la “contaminazione” da parte dell'uomo (l'agricoltura biologica sfrutta la fertilità naturale del suolo, ricorrendo a interventi limitati e, comunque, esclude l'uso di prodotti sintetici, come concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi e pestici in genere, oltre che di Ogm-organismi geneticamente modificati).
A livello nazionale, Unioncamere ha riscontrato la media d 635 imprese certificate Bio ogni diecimila attive in agricoltura e nella pesca, per un totale di 47.934, che rappresenta l'80,6% di tutte le imprese certificate Bio.
Sotto la media italiana di 98 imprese certificate Bio ogni diecimila, si trovano tutte e tre le regioni del Nord Ovest. Il tasso del Piemonte è di 55 ogni diecimila e di 38 quello della Valle d'Aosta. In Liguria, poi, la quota del Bio è di 24 ogni diecimila imprese, la più bassa in Italia.

E pensare che, come spiega Unioncamere, “i numeri del biologico nel Belpaese raccontano di un settore che si è fortemente trasformato e irrobustito negli ultimi anni, passando da tendenza rivolta a mercati di nicchia a vero e proprio stile di vita per milioni di consumatori italiani. Al tempo stesso, il biologico sta rivestendo un ruolo sempre più importante come opportunità di rilancio per molte aziende dell'agro-alimentare italiano. Così, mentre nell'agricoltura tradizionale, ogni anno numerose imprese chiudono, il settore del biologico sta andando in controtendenza”.  
Stefano Mai, assessore Agricoltura Regione Liguria

Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt stanziati 191 milioni nei primi 10 mesi '17

Come sancisce la loro legge costitutiva e vigente, le Fondazioni di origine bancaria “perseguono esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti”. I quali determinano, fra l'altro, “le modalità e i criteri che presiedono allo svolgimento dell'attività istituzionale, con particolare riferimento alle modalità di individuazione e di selezione dei progetti e delle iniziative da finanziare, allo scopo di assicurare la trasparenza dell'attività, la motivazione delle scelte e la più ampia possibilità di tutela degli interessi contemplati dagli statuti, nonché la migliore utilizzazione delle risorse e l'efficacia degli interventi”.
Questa premessa appare opportuna, perché rappresenta il comune denominatore dell'operatività di tutte le Fondazioni di origine bancaria, a prescindere dal valore dei rispettivi patrimoni, che vanno dai quasi sette miliardi della Cariplo ai 750.000 euro scarsi della Fondazione Cr Ferrara. Tutte, infatti, devono rispettare le stesse norme, pur agendo con modalità modalità e strumenti che possono essere diversi e, naturalmente, secondo le proprie disponibilità finanziarie.
Così, ci sono Fondazioni che erogano decine di milioni di euro all'anno (le due maggiori – Cariplo e Compagnia di San Paolo - superano anche i 150 milioni all'anno) e altre che, in Piemonte come nel resto dell'Italia, devono limitarsi alle centinaia di migliaia di euro, non avendo le risorse per fare di più. Però, anche le Fob meno dotate economicamente, spesso si rivelano persino essenziali per le loro comunità di riferimento. I loro contributi, infatti, sia pure di cifre contenute, consentono attività utili o opportune, altrimenti impossibili. Inoltre, non sono rari i casi in cui anche le Fob minori riescono comunque a essere potenti motori di sviluppo, sociale, culturale ed economico, ideando e promuovendo iniziative autonome o insieme con altri attori locali.
Naturalmente, a primeggiare sulla scena pubblica sono gli interventi delle Fondazioni che hanno valenze nazionali e, a volte, internazionali. Interventi dai grandi importi. Come, per esempio, quello della Fondazione Crt relativo alle Ogr (Officine Grandi Riparazioni), per la cui riconversione ha investito cento milioni di euro. Un progetto, quello delle Ogr, che ha trasformato un grande complesso industriale, dismesso e in abbandono da decenni, nel cuore urbanistico di Torino, in un “hub” internazionale della ricerca tecnologica e artistica, in un grande centro polifunzionale, caratterizzato da flessibilità e modularità degli spazi, massima fruibilità per tutto l'anno, sostenibilità ambientale e, fra l'altro, totale salvaguardia del valore storico e architettonico della struttura originale.
L'impegno nella maxi operazione Ogr, comunque, si è aggiunto ad altri due “cantieri” continui della Fondazione Crt: il recupero e la valorizzazione della Palazzina di Caccia di Stupinigi, residenza sabauda di straordinario valore storico, artistico e culturale (investimento di 20 milioni), di cui è stato riaperto al pubblico, dopo il restauro, l'Appartamento del Re; la ristrutturazione del Santuario della Consolata, la chiesa più amata dai torinesi, e del Convitto annesso. Per questi lavori, la Fondazione Crt ha già stanziato quasi cinque milioni. Non solo: ha varato una raccolta fondi con il meccanismo del matching grant e ha messo a disposizione un junior fundraiser, individuato fra i 50 partecipanti alla più recente del progetto formativo “Talenti per il Fundraising”.
Il progetto Talenti per il Fundraising, unico nel suo genere in Italia per gratuità e target, ha un duplice obiettivo: aumentare la capacità degli enti non profit di raccogliere fondi per la loro attività e creare nuove competenze dei giovani che possono così lavorare in un settore che ha un valore aggiunto di sei miliardi di euro all'anno e prospettive di fortissimo sviluppo.
Nei primi dieci mesi 2017, la Fondazione Crt ha deliberato oltre mille stanziamenti per un totale di circa 40 milioni di euro.
Da parte sua, la Compagnia di San Paolo, il 27 ottobre, ha inaugurato, nel centro di Torino, la nuova sede del Collegio Carlo Alberto, un'eccellenza nel mondo della ricerca economica, sociale e giuridica, oltre che uno snodo internazionale per la formazione di giovani talenti che vi approdano da ogni parte della Terra. Il Collegio Carlo Alberto (presidente Pietro Terna) è uno degli enti strumentali della Compagnia di San Paolo. La nuova sede, realizzata ristrutturando, in modo esemplare, l'edificio che ospitava la Facoltà di Economia e commercio e che era chiuso da lungo tempo, ha comportato un investimento superiore ai 21 milioni di euro.
La nuova sede del “Carlo Alberto” rappresenta l'ultimo tassello dell'ampio disegno della Compagnia di San Paolo relativo al centro storico di Torino. L'area interessata dagli interventi della Compagnia nel centro cittadino, infatti, parte da corso Palestro, con il restauro dei Quartieri militari juvarriani, dove si è insediato il Polo del '900 (investimento di 6,5 milioni) e comprende anche il recupero del Collegio degli Artigianelli (recupero da un milione), dove è stato inaugurato da poco il teatro Le Musichall diretto da Arturo Brachetti. Vanno poi aggiunti i restauri delle 13 chiese del Quadrilatero Romano (9,5 milioni).
Complessivamente, gli stanziamenti della Compagnia di San Paolo per il centro storico di Torino hanno superato i 38 milioni di euro, cifra che esclude gli importi relativi agli interventi sul patrimonio museale e monumentale nell'area.
Nei primi dieci mesi 2017, la Compagnia di San Paolo ha deliberato oltre 660 stanziamenti per un totale di circa 151 milioni. Fra l'altro, ha destinato altri due milioni per la Venaria Reale. E di poco inferiore è il suo impegno finanziario per il progetto M.O.I. - Migranti un'opportunità di inclusione, finalizzato a dare soluzione all'emergenza abitativa e lavorativa degli abitanti delle palazzine occupate dell'ex-Moi, per consentirne la graduale restituzione e verificarne i possibili utilizzi per la riqualificazione urbana e sociale.
Progetti della Compagnia di San Paolo fortemente innovativi sono anche l'Energy Center e Nesta Italia. L'Energy Center è una nuova struttura, realizzata con i contributi dell'Ente di corso Vittorio Emanuele (4 milioni), della Fondazione Crt (1 milione) e della Regione Piemonte. Gestito dal Politecnico, l'Energy Center è destinato a ospitare aziende, start up, enti pubblici attivi in campo energetico e l'Ec-Lab dello stesso Politecnico, favorendo la ricerca nel settore, promuovendo la condivisione di soluzioni innovative e attraendo finanziamenti pubblici e privati, nazionali ed europei.
Nesta Italia è la nuova fondazione costituita dalla Compagnia di San Paolo con la collaborazione di Nesta, soggetto filantropico di portata globale con sede a Londra. Nesta Italia ha la missione di promuovere l'innovazione nel sistema italiano del Terzo Settore, stimolando un processo che permetta la realizzazione di idee e progetti in grado di integrarsi con il sistema e modificarlo virtuosamente dall'interno. Nesta Italia promuoverà l'innovazione nell'istruzione, risposte adeguate all'integrazione sociale e contribuirà a risolvere le sfide della salute, a sostenere l'arte e il patrimonio culturale, applicando in questi settori i metodi originali già adottati da Nesta, con successo, nel Regno Unito.
Altre notizie sulle Fob piemontesi si possono leggere sul sito della loro Associazione: www.fondazionibancariepiemonte.it/news/
Francesco Profumo (Compagnia di San Paolo) 

Giovanni Quaglia (Fondazione Crt)

Fca vale due miliardi in più in sole 24 ore Record anche di Cnh e Tecnoinvestimenti

Due miliardi in un giorno. E' il guadagno, virtuale, realizzato oggi, 4 gennaio, dall'azionariato di Fca-Fiat Chrsyler Automobiles. Il titolo Fca, infatti, è balzato a 16,85 euro, l'8,36% in più rispetto ai 15,55 euro di ieri. Così la capitalizzazione del gruppo automobilistico italo-americano è arrivata a sfiorare i 26 miliardi di euro. Per la precisione, è ammontata a 25,903 miliardi, un paio di miliardi in più rispetto alla chiusura borsistica precedente. Fra l'altro, la quotazione odierna segna il nuovo record dell'azione Fca.
E la performance dell'impresa presieduta da John Elkann e guidata da Sergio Marchionne non è l'unico motivo di soddisfazione per i soci delle quotate che fanno capo alla grande famiglia torinese. Anche Cnh Industrial ha visto la sua azione chiudere oggi al suo massimo storico: 11,61 euro, ancora l'3,11% in più rispetto a ieri. Inoltre, il titolo Ferrari è salito del 4,17% a 92,50 euro e dello 0,52 quello della Juventus, tornato così a 0,771 euro.
Infine, Exor, la holding del gruppo controllato dalla famiglia Agnelli-Elkann-Nasi. L'ultimo prezzo dell'azione Exor è stato di 55,30 euro, superiore del 6,86% a quello fissato al termine della seduta di ieri. L'aumento, pur notevole, non è bastato, però, a superare il record di 56,70 euro, conquistato il 6 novembre 2017.
Oggi, la Borsa ha attribuito a un'altra quotata del Nord Ovest il valore più alto finora. Il riconoscimento è andato a Tecnoinvestimenti, società che ha al vertice la coppia Enrico Salza-Pier Andrea Chevallard. L'ultimo contratto di compravendita di azioni Tecnoinvestimenti è stato raggiunto al prezzo di 6,47 euro, che, appunto, rappresenta il nuovo record.
Tecnoinvestimenti, il cui capitale appartiene per poco meno del 57% a Tecno Holding (Camere di Commercio), per il 10% a Quaestio Capital Management Sgr e per quasi il 6% a Cedacri, è a capo di un gruppo formato da una dozzina di società, con una decina di sedi e circa 1.200 dipendenti. Il quartiere generale è sotto la Mole.

In seguito alla prestazione odierna, la capitalizzazione di Tecnoinvestimenti ha superato i 300 milioni di euro.
John Elkann, presidente Fca ed Exor

Enrico Salza, presidente Tecnoinvestimenti

Vendite auto: Torino ribattuta da Trento

Dicembre freddo per il mercato automobilistico del Nord Ovest. Nell'ultimo mese dell'anno appena terminato, infatti, sono state 19.003 le immatricolazioni di vetture nuove nell'area costituita da Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta. In novembre, invece, nelle tre regioni erano state vendute 21.758 vetture nuove e 25.389 in ottobre. La domanda ha frenato, come nel resto del Paese. Infatti, a livello nazionale sono state consegnate 121.100 targhe nuove, il 3,17% in meno del dicembre 2016. L'anno, comunque, si è chiuso positivamente per l'industria del settore, nel Nord Ovest come nell'intera Italia, dove sono state registrate 1.970.497 nuove immatricolazioni, mentre erano state 1.825.892 nel 2016. L'incremento è stato del 7,9%.
Tornando al Nord Ovest e al dicembre 2017, naturalmente è stata la provincia di Torino a contare il maggior numero di nuove immatricolazioni: 8.221, a fronte però delle 9.050 di novembre e delle 11.541 di ottobre. Fra l'altro, Torino così non è riuscita a riconquistare il primato nazionale delle vendite, supera anche nel mese scorso dalla provincia di Trento (8.489 nuove immatricolazioni), favorita dalla minore tassazione. Terzo maggior mercato provinciale del mese è risultato quello di Roma con 7.668 consegne di vetture fresche di fabbrica.
Ad Aosta, in dicembre, le nuove immatricolazioni sono state 4.492, che valgono il quarto posto nella graduatoria nazionale dei maggiori mercati autoveicolistici e il secondo in quella del Nord Ovest. Anche nella provincia di Aosta, come in tutte le altre del Nord Ovest, le nuove immatricolazioni sono state comunque inferiori a quelle dei due mesi precedenti.

Per quanto riguarda le altre province del Piemonte e della Liguria, ecco i dati delle consegne delle targhe per le auto nuove nel mese appena passato: Genova 1.238, Cuneo 1.212, Alessandria 810, Novara 721, Savona 459, La Spezia 349, Biella 338, Asti 334, Vercelli 301, Imperia 258, Verbania 250. Per una volta, Imperia non ha fatto il fanalino di coda.  

Nel Nord Ovest le banche "soffrono" di più per i debiti che le famiglie non onorano

Le famiglie del Nord Ovest fanno “soffrire” le banche più di quelle del resto d'Italia. A farlo constatare sono i nuovi dati della Banca d'Italia.
Alla fine del terzo trimestre dell'anno scorso, infatti, gli istituti di credito di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta hanno denunciato di avere in “sofferenza” prestiti concessi alle famiglie consumatrici per un valore complessivo di 1,721 miliardi di euro, pari al 12,66% del totale delle “sofferenze” delle tre regioni, ammontate a 13,594 miliardi.
A livello nazionale, invece, la quota delle “sofferenze” delle famiglie consumatrici, al 30 settembre 2017, era pari all'11,2% dei 170,9 miliardi costituenti la somma dei crediti "la cui riscossione totale non è certa perché i soggetti debitori si trovano in condizioni di in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili" (traduzione di "sofferenza").
Rispetto alla media nazionale, il tasso delle sofferenze bancarie imputate alle famiglie consumatrici del Nord Ovest è superiore di circa un punto e mezzo.
La maggior parte delle sofferenze generate dalle famiglie del Nord Ovest sono relative a mutui per l'acquisto di abitazioni (1,128 miliardi tra Piemonte e Valle d'Aosta, 394 milioni in Liguria), mentre il credito al consumo ha inciso per 153 milioni in Piemonte e Valle d'Aosta e per 46 milioni in Liguria.
Ben più delle famiglie consumatrici, però, a far “soffrire” le banche sono le società non finanziarie, le imprese: nei confronti di questa categoria di debitori, al 30 settembre scorso, gli istituti attivi in Piemonte e Valle d'Aosta avevano crediti considerati inesigibili del tutto o in parte, per poco più di 7 miliardi in Piemonte e Valle d'Aosta e per 2,2 miliardi in Liguria (circa 35,5 miliardi nell'intero Paese).
Tornando ai debiti delle famiglie consumatrici in sofferenza, Banca d'Italia ha anche rilevato che la somma delle “inadempienze probabili” a fine settembre 2017 era di 505 milioni in Piemonte e Valle d'Aosta e di 200 milioni esatti in Liguria. L'Istituto di Vigilanza, inoltre, ha riferito che allora ammontavano a 106 milioni i prestiti scaduti e non rimborsati da parte delle famiglie consumatrici di Piemonte e Valle d'Aosta e a 33 milioni quelli delle famiglie abitanti in Liguria.

La “sofferenza” creditizia non va identificata con un semplice ritardo del cliente nei pagamenti, perché il ritardo nei pagamenti non è una condizione sufficiente per la segnalazione come “sofferenza” alla Centrale dei rischi. La classificazione di un credito tra quelli in sofferenza è data dall'intermediario finanziario (principalmente la banca), dopo una specifica valutazione della situazione finanziaria del cliente che porti alla considerazione che il debitore si trova in uno stato di insolvenza.
Cristina Balbo, presidente Abi Piemonte

Borsa: riscossa Bim e record di Fidia

Doppia sorpresa da Piazza Affari, oggi 3 gennaio. Due quotate torinesi “minori” sono state protagoniste della giornata borsistica: l'azione della Bim-Banca Intermobiliare ha chiuso con un balzo del 25,6% rispetto a ieri e il titolo Fidia ha fatto registrare il suo valore più alto dall'aprile del 2015. L'ultimo scambio di Fidia, infatti, è avvenuto al prezzo di 7,62 euro, superiore del 3,89% al precedente. E' il nuovo record degli ultimi 32 mesi.
Certamente, una bella soddisfazioni e un buon inizio d'anno per Giuseppe Morfino, fondatore e azionista di maggioranza della Fidia, ma anche per gli altri società di questa impresa che figura tra i leader mondiali nel comparto dei sistemi integrati di fresatura ad alte prestazioni, destinati prevalentemente all'industria automotive (recente è un'importante commessa ricevuta dal gruppo Volkswagen, in seguito alla vittoria della specifica gara internazionale).
Quanto alla Bim-Banca Intermobiliare, l'ultimo prezzo della giornata è stato di 0,65 euro, oltre dieci centesimi più di ieri. In seguito alla straordinaria impennata, la capitalizzazione della Bim ha recuperato quota 100 milioni di euro, livello dal quale era precipitata negli ultimi due mesi dell'anno scorso, fino ai 72,981 milioni del 29 dicembre 2017.

Specializzata nel private banking, la Bim, che negli ultimi anni è appartenuta a Veneto Banca, in seguito alla vendita di circa il 70% del suo capitale da parte degli azionisti fondatori, recentemente è stata ceduta dai commissari straordinari di Veneto Banca al fondo inglese Attestor.
Giuseppe Morfino, n.1 Fidia

Nelle fondazioni bancarie piccole e medie la leva creatività se le risorse non bastano

Spesso, nelle organizzazioni migliori, quando le risorse sono scarse, i buoni risultati si ottengono con la creatività. Succede anche nelle Fondazioni di origine bancaria. Le prove non mancano, in particolare in Piemonte. Un esempio lo fornisce la Fondazione CRS-Cassa di Risparmio di Savigliano, la più piccola delle piemontesi per patrimonio (35,488 milioni di euro al 31 dicembre 2016).
La Fondazione Crs, che nei primi dieci mesi 2017 ha deliberato un centinaio di interventi per un totale di quasi 400.000 euro, non limitandosi a finanziare iniziative di altri enti non profit; ma realizzando anche progetti propri originali, con ricadute positive per la comunità locale.
Fra l'altro, il suo progetto “Occupiamoci”, che favorisce l'avvio al lavoro di giovani del territorio con borse, tirocini e stage, è stato finanziato, fino alla passata edizione, con gli emolumenti ai quali anno rinunciato i Consiglieri di amministrazione delle Fondazione. La quale può vantare anche progetti propri come “Pedala in città” (donazioni di biciclette ad associazioni ed enti pubblici in occasioni di eventi e manifestazioni locali), “Visit Savigliano” (dono di un nuovo portale turistico, realizzato con tecnologia Google, ad alcuni Comuni locali) e “Solidali” (una piattaforma informatica che consente a tutti gli operatori locali del welfare di beneficiare delle informazioni che consentono di migliorare l'efficacia delle loro azioni, creando sinergie ed evitando sovrapposizioni).
Nella categoria delle Fondazioni piccole, secondo la classificazione dell'Acri, si trova anche la Fondazione CRF-Cassa di Risparmio di Fossano (patrimonio di 53,221 milioni a fine 2016), la quale, dall'inizio dell'anno alla fine di ottobre 2017, ha deliberato quasi 160 nuovi stanziamenti, per complessivi 1,150 milioni. Anche la Fondazione CRF evidenzia operazioni significative e innovative, quali quelle condivise con l'Oba-Osservatorio Barriere Architettone, per abbattere le barriere comunicative dei bambini con difficoltà, ai fini di consentirne l'inclusione sociale.
Innovativo è anche il progetto abitativo della Fondazione CRF “La Nova Corte”, finalizzato alla coabitazione, inclusione, reciprocità internazionale, condivisione e accoglienza. Uno dei due palazzi, i cui condomini si impegnano a svolgere una serie di azioni sociali, è già stato costruito e i suoi 31 appartamenti sono stati assegnati a nuclei familiari con basso reddito, ma privi dei requisiti indispensabili per ottenere un alloggio popolare. I canoni di affitto oscillano tra i 300 e i 450 euro al mese.
Appartenente invece alla categoria delle medio-piccole, è la Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo (patrimonio di 59,944 milioni al 31 dicembre scorso). Dall'inizio di gennaio 2017 alla fine di ottobre dello stesso anno, ha deliberato oltre 250 nuovi stanziamenti, per un valore complessivo di poco inferiore agli 850.000 euro. Tra gli interventi più recenti spicca quello a cavallo dei settori sviluppo locale e volontariato-filantropia, a favore della cooperativa sociale Il Casolare di Piasco, attiva da 35 anni.
Impiegando diverse persone svantaggiate, la cooperativa Il Casolare ha una produzione agricola, frutticola e zootecnica con conseguente commercializzazione anche di latte e carne (bovini di razza piemontese), fa manutenzione e cura del verde per privati ed enti pubblici, gestisce nel centro di Piasco un negozio dove sono in vendita i suo prodotti, fra i quali i formaggi creati nel suo piccolo caseificio.
Grazie anche al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo, la cooperativa Il Casolare ha potuto avviare la produzione di propri formaggi biologici, ottenendo la relativa certificazione, conseguente alla constatazione della totale naturalezza dell'intero processo, a partire dal foraggio ricavato da prati dove non sono mai stati utilizzati fertilizzanti e trattamenti chimici.
La Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli (patrimonio di 115,570 milioni a fine 2016) è l'unica piemontese inserita nella fascia Acri delle Fondazioni medie, quelle con un patrimonio tra i 100 milioni e i poco più di 200. Nei primi sei mesi 2017, la Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli ha erogato contributi per 2,226 milioni a favore di circa 120 soggetti, un terzo dei quali operanti nel settore Arte, attività e beni culturali.
Il secondo principale campo di interventi della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli è stato quello dell'Educazione, istruzione e formazione, all'interno del quale si colloca la convenzione con l'Università del Piemonte Orientale per i corsi di laurea in Biologia e Informatica. E' un progetto quinquennale, rilevante anche per l'impegno economico (la Fondazione vi ha già dedicato un milione di euro). Notevole il risultato: i due corsi di laurea sostenuti dalla Fondazione hanno una media di 300 matricole.

Le 10 meno valutate da Piazza Affari

Quotate in Borsa, ma poco apprezzate dagli investitori. Sono le dieci società che costituiscono la coda delle 40 del Nord Ovest trattate a Piazza Affari. Secondo il mercato, tra tutte valgono 328 milioni di euro. A tanto, infatti, ammonta la somma delle loro capitalizzazioni a fine dicembre 2017.
Cenerentola assoluta è Visibilia Editore, la società controllata e guidata personalmente dalla cuneese Daniela Garnero Santanchè: la sua capitalizzazione al 29 dicembre scorso, ultimo giorno di scambi nell'anno appena terminato, era di 4,775 milioni. Nel 2017, l'azione Visibilia Editore ha toccato il suo massimo (0,473 euro) il 14 giugno e il suio minimo (0,068 euro) il 2 novembre. Oggi, 2 gennaio 2018, ha chiuso a 0,150 euro (-2,78% rispetto alla seduta precedente).
Un po' più era valutata Biancamano, holding di partecipazioni nel campo dell'igiene ambientale, che opera con le società Aimeri Ambiente e Ponticelli ed è pilotata dal savonese Giovanni Battista Pizzimbone, che ne è anche il principale azionista. La capitalizzazione di Biancamano, 2.200 addetti e 3.000 automezzi (ultimi due bilanci in perdita) era di 10,350 milioni. L'anno scorso, il suo titolo ha raggiunto la sua vetta (0,485 euro) il 9 ottobre e il suo limite più basso (0,133 euro) il 2 marzo. Il suo ultimo prezzo odierno è stato di 0,319 euro (-2,94%).
Terzultima del Nord Ovest per capitalizzazione a fine 2017 è risultata Cdr Advance Capital (11,803 milioni), società biellese operante nel segmento delle operazioni “special situation” (procedure concorsuali, fallimenti, amministrazioni straordinarie) ha al suo vertice il commercialista Mauro Girardi, presidente e amministratore delegato. Nell'anno passato, l'azione Cdr Advance Capital ha fatto segnare il suo record positivo (1,185 euro) il 6 novembre e quello negativo (0,618 euro) il 27 gennaio.
Prima delle dieci che formano la coda delle quotate del Nord Ovest è la Bim-Banca Intermobiliare, torinese specializzata nel private banking, venduta recentemente dai commissari straordinari di Veneto Banca, che ne possedeva oltre il 70% del capitale. Al 29 dicembre scorso, Bim capitalizzava 72,981 milioni. Il 10 gennaio la sua azione era stata trattata a 1,58 euro, il 19 dicembre a 0,440 euro. Oggi ha avuto un balzo del 9,71%, arrivando così a 0,517 euro.
Subito dietro la Bim, per capitalizzazione, si trovava M&C (58,654 milioni), società con sede sotto la Mole e facente capo direttamente a Carlo De Benedetti. Nel 2017, il titolo M&C ha toccato il suo massimo (0,187 euro) il 7 aprile e il suo fondo (0,1078 euro) il 13 dicembre).
Un valore ancora minore è stato attribuito dagli investitori alla Centrale del Latte d'Italia, terzo maggior operatore italiano nel settore. A fine 2017, la capitalizzazione della Centrale del Latte d'Italia, sede a Torino, il cui Comune ne possiede una quota, era di 49,199 milioni. L'azione Centrale del Latte d'Italia ha avuto il top della quotazione (4,448 euro) il 4 ottobre e il minimo (2,70 euro) il 13 aprile.
Inferiore di pochi milioni è risultata la capitalizzazione di Cover 50 (45.760 milioni), impresa torinese produttrice di pantaloni alto di gamma (marchio PT), la cui maggioranza fa capo alla famiglia Fassino, che ne esprime anche il vertice operativo. Cover 50 ha avuto la quotazione più alta (13,70 euro per azione) il 26 maggio e la più bassa (8 euro netti) il 10 marzo.
A sua volta, Fidia, industria di San Mauro Torinese tra i leader mondiali nel comparto dei sistemi integrati di fresatura ad alte prestazioni, destinati prevalentemente ai costruttori automotive, ha chiuso il 2017 capitalizzando 35,075 milioni. Nell'anno, la società fondata e guidata da Giuseppe Morfino, ha visto la sua azione toccare i 7,57 euro l'8 marzo e i 5,18 l'1 dicembre. Oggi il titolo ha avuto un'impennata, segnando 7,335 euro (+6% rispetto alla precedente giornata borsistica).
Le altre due quotate del Nord Ovest che completano il gruppetto delle ultime per capitalizzazione sono Italia Independent e Ki Group. Creatura di Lapo Elkann, che la presiede, Italia Independent al 29 dicembre scorso era valutata dalla Borsa italiana 25,879 milioni. Nel 2017, il suo titolo ha oscillato fra i 6,43 euro del 2 gennaio e i 3,802 euro del 21 febbraio.

Quanto alla torinese Ki Group, anch'essa presieduta da Daniela Santanchè, alla fine dell'anno scorso presentava una capitalizzazione di 13,451 milioni. A capo di alcune aziende attive nel mercato dei prodotti biologici e naturali (una è Almaverde Bio), Ki Group ha avuto il massimo della quotazione (3,488 euro) il 23 giugno e il minimo (2,35 euro) il 6 ottobre.  
Giovanni Battista Pizzimbone (Biancamano)
Lapo Elkann (Italia Independent)

Borsa 2017: Juve campione, Carige ko

Juventus al primo posto a fine 2017. Non è un errore. E' vero che la squadra bianconera ha finito l'anno in seconda posizione nel campionato italiano di calcio, preceduta dal Napoli per un punto; ma è altrettanto vero che la società torinese presieduta da Andrea Agnelli è quella che, al 31 dicembre, ha evidenziato la migliore performance annuale di Borsa. Rispetto all'ultimo giorno 2016, l'azione Juventus ha presentato un valore superiore del 153,06%, il maggiore incremento percentuale fra le quotate del Nord Ovest e non solo.
Dietro la Juve, nel “campionato” 2017 giocato in Piazza Affari dalle 40 imprese che fanno capo, per diverse ragioni, a persone fisiche o giuridiche di Piemonte e Liguria, si sono piazzate Astm-Autostrada Torino Milano (+132,08% come performance annuale) e Biancamano, la holding della famiglia savonese Pizzimbone (+130,01%). Biancamano ha conquistato il podio, grazie a un punto percentuale in più rispetto alla Visibilia Editore, controllata e guidata dalla cuneese Daniela Garnero Santanchè (+129,91%).
A poter vantare una performance annuale superiore al 100%, c'è un'altra sola quotata del Nord Ovest: la torinese Prima Industrie, che ha al vertice Gianfranco Carbonato. Rispetto al 30 dicembre 2016, il prezzo dell'azione Prima Industrie è cresciuto del 115,97%.
Performance inferiori al 100%, ma superiori al 50% sono state attribuite da Borsa Italiana a Sias, società del gruppo Gavio come Astm (+90,55%), Fca-Fiat Chrysler Automobiles (+71,6%), alla Sogefi dei De Benedetti (+69.92%), alla biellese Cdr Advance Capital (+67,21%), a Iren (+62,34%), alla Ferrari (+56,58%), alla subalpina Reply della famiglia Rizzante (+54,8%), alla Cofide, holding dei De Benedetti (+53,46%), alla Pininfarina (+53,14%) e alla genovese Erg dei Garrone-Mondini (+50,68%).
Performance inferiori al 50% ma superiori al 20% sono stati ottenuti da Rcs MediaGroup controllata dall'alessandrino Urbano Cairo (+45,3%), Cnh Industrial, controllata Exor (+35,31%), Tecnoinvestimenti, guidata dalla coppia piemontese Enrico Salza-Pier Andrea Chevallard (+33,23%), Diasorin della famiglia torinese Denegri (+31,67%), Fidia, torinese che fa capo alla famiglia Morfino (+24,59%), Exor, holding della famiglia Agnelli-Elkann-Nasi (+24,09%), Dea Capital, della famiglia novarese Boroli-Drago (+20,78%).
Hanno chiuso il 2017 con prestazioni contrassegnate dal segno più, infine, Vittoria Assicurazioni della famiglia torinese Acutis (+19,44%), Cover50 della famiglia torinese Fassino (+16,85%), Cir, capogruppo industriale dei De Benedetti (+14,78%), Intesa Sanpaolo (+13,9%), la valenzana Damiani che fa capo ai fratelli Grassi Damiani (+12,23%), la torinese Basicnet dei Boglione (+12,2%), Boero Bartolomeo dell'omonima famiglia genovese (+6,3%) e la subalpina Centrale del Latte d'Italia (+4,34%).
La quotata del Nord Ovest che nel 2017 ha perso più di tutte le altre società dell'area è stata Banca Carige (-70,5% rispetto al 30 dicembre 2016). Un po' meno peggiore è stato il risultato della torinese Bim-Banca Intermobiliare (-66,02%). Con loro hanno chiuso negativamente il confronto annuale M&C, controllata di Carlo De Benedetti (-25,21%), Italia Independent di Lapo Elkann (-14,42%), la torinese Ki Group presieduta da Daniela Santanchè (-12,13%), Gedi Gruppo Editoriale, controllata dai De Benedetti e partecipata da Exor (-5,71%), Cairo Communication (-2,01%), Orsero di Albenga (-1,45%) e la casalese Buzzi Unicem (-0,75% l'azione ordinaria).
Andrea Agnelli, presidente Juventus

Vittorio Malacalza, vice presidente Carige




Buzzi sorpassa Italgas e Diasorin

Gran sorpasso di Buzzi Unicem. Grazie all'accelerazione in dicembre, il gruppo cementiero di Casale Monferrato, è passato davanti a Italgas e Diasorin, chiudendo così il 2017 al sesto posto nella classifica delle quotate del Nord Ovest per capitalizzazione, cioè per valore riconosciuto dal mercato attraverso la Borsa.
Alla fine del 2017, la capitalizzazione di Buzzi Unicem è risultata di 4,320 miliardi di euro, a fronte dei 4,175 miliardi della Diasorin, settima e dei 4,137 miliardi dell'Italgas, ottava. Nell'anno, Buzzi Unicem ha fatto segnare il suo prezzo più alto l'8 maggio (25,22 euro per azione ordinaria) e il più basso il 29 agosto (19 euro esatti).
Il titolo Diasorin ha toccato il suo massimo (82,10 euro) l'8 dicembre e il suo minimo (53,70 euro) il 24 gennaio. Italgas, nata a Torino 180 anni fa e tornata in Borsa nel novembre 2016 dopo 13 anni, ha avuto il suo picco (5,40 euro) il 29 ottobre e il suo fondo (3,47 euro) il 30 gennaio. Italgas, guidata dal subalpino Paolo Gallo, è controllata dalla Cdp-Cassa Depositi e Prestiti, che ne possiede il 26% del capitale-
Leader indiscussa del Nord Ovest si è confermata Intesa Sanpaolo con la capitalizzazione di 44,406 miliardi. L'azione dell'impresa presieduta da Gian Maria Gros-Pietro e guidata da Carlo Messina, ha toccato il top (3,008 euro) il 28 settembre e il suo minimo (2,064 euro) il 24 febbraio. Medaglia d'argento 2017 a Fca-Fiat Chrysler Automobiles, la cui capitalizzazione al 29 dicembre era di 23,516 miliardi. Il prezzo più alto dell'azione Fca nell'anno (15,82 euro) è stato registrato il 3 novembre, il più basso (8,295 euro) il 12 gennaio. Fra l'altro, Fca è quella che ha fatto segnare la maggiore performance annuale del paniere Ftse-Mib, l'indice nazionale più importante.
Il bronzo, invece, l'ha conquistato la Ferrari, controllata Exor che ha chiuso l'anno con la capitalizzazione di 23,516 miliardi. Il prezzo più alto dell'azione Ferrari è stato di 105,30 euro, segnato il 2 novembre, mentre il più basso, 54,40 euro, il 12 gennaio.
In quarta posizione ha terminato Cnh Industrial, altra controllata Exor, avendo chiuso l'anno con la capitalizzazione di 15,416 miliardi. Produttore di veicoli industriali, macchine movimento terra, trattori e componentistica automotive, Cnh Industrial ha visto la sua azione raggiungere gli 11,54 euro il primo giorno di novembre e dal minimo di 8,05 euro del primo giorno di febbraio.
Al quinto posto per capitalizzazione a fine 2017 si trova Exor, la holding del gruppo che fa capo alla grande famiglia Agnelli-Elkann-Nasi (12,388 miliardi). Il record annuale dell'azione Exor sono stati i 56,70 euro del 6 novembre, mentre il valore più basso è rappresentato dai 38,24 euro del 12 gennaio.
Completano la top ten 2017, la Sias e Iren. La Sias, a capo del gruppo delle società autostradali della famiglia Gavio di Tortona, alla fine dell'anno appena passato ha presentato una capitalizzazione di 3,565 miliardi, dopo che la sua azione ha toccato il massimo della quotazione (15,83 euro) il 15 dicembre e il livello più basso (7,345 euro) l'8 febbraio.
Quanto a Iren, multiutility che ha come maggiori soci il Comune di Torino e quello di Genova, ha chiuso capitalizzando 2,999 miliardi. Il prezzo massimo della sua azione è stato di 2,65 euro il 18 dicembre, mentre è stato di 1,479 il minimo dell'anno, toccato il 31 gennaio.

Fisco locale: Torino e Genova tartassano

Due città del Nord Ovest sono tra le sette italiane con gli abitanti che subiscono il maggior carico fiscale locale. Si tratta di Torino e Genova, che formano il gruppo nazionale dei capoluoghi di regione più tartassati con Roma, Napoli, Bologna, Ancona e Campobasso. Lo ha rilevato il Centro studi di Unimpresa, unione nazionale delle imprese, che ha preso in considerazione le aliquote di Irap, Imu, Tasi e addizionali Irpef.
A Torino si paga il 4,13% di addizionali Irpef, l'1,06% di Imu e lo 0,33% di Tasi. In particolare, per quanto riguarda le addizionali Irpef, il capoluogo piemontese con la sua quota complessiva (3,33% per la Regione più 0,80% per il Comune) si colloca al secondo posto nella graduatoria nazionale dei più onerosi, preceduto soltanto da Roma, dove l'aliquota totale è del 4,23% (3,33% per la Regione Lazio e 0,90% per la Capitale).
Genova è quarta, con la quota complessiva di addizionali Irpef pari al 3,13%, dovuta per il 2,33% dalla Regione Liguria e per lo 0,80% da Palazzo Tursi). In questa classifica, Genova, si trova alla pari con Bologna e Potenza, tutte e tre precedute da Campobasso (3,43% in totale). Inoltre, nel capoluogo con la Lanterna l'Imu è all'1,06% e la Tasi allo 0,33%, come a Bologna.
Torino e Genova si trovano nella compagine dei capoluoghi che hanno i livelli più alti di almeno tre delle quattro imposte locali sulle imprese, sulle famiglie, sui capannoni industriali e sulle case.
Invece, Aosta figura nel gruppo dove unicamente un'imposta locale è tra le più salate e si tratta dell'Imu, per l'aliquota all'1,06%, come a Milano, altra città appartenente alla stessa categoria, insieme con Cagliari, l'Aquila, Trento e Bolzano.
Il trattamento fiscale locale meno penalizzante lo vanta Venezia, unico capoluogo dove il prelievo è sempre sotto le soglie più elevate. A Venezia, infatti, l'Irap è al 3,90%, l'Imu allo 0,81%, la Tasi allo 0,29% e le addizionali Irpef ammontano al 2,03% tra regionale e comunale.
Chiara Appendino, sindaco di Torino

Marco Bucci, sindaco di Genova





A chi vanno i nuovi fondi Mef anti usura

Nuove risorse per contrastare l'usura, piaga sociale sempre più diffusa. Il ministero dell'Economia e delle Finanze ha appena comunicato di aver messo a disposizione, per il prossimo anno, 27 milioni di euro in favore di imprese e famiglie a rischio di usura. Somma che andrà, per il 70% (18,904 milioni) a 112 Confidi e per il restante 30% (8,102 milioni) a 36 tra associazioni e fondazioni del Terzo settore, che potranno così fornire garanzie per nuovi prestiti a piccole aziende e famiglie in gravi difficoltà economiche e, quindi, possibili prede degli strozzini.
Le garanzie fornite dalle associazioni e fondazioni anti usura, infatti, servono a favorire la concessione di finanziamenti bancari a soggetti che non potrebbero ottenerli diversamente e che altrimenti potrebbero rivolgersi ai canali illegali. I nuovi prestiti, a tassi molto agevolati, sono concessi dalle banche convenzionate, grazie alle garanzie delle associazioni e fondazioni anti usura, garanzie finanziate con le erogazioni dello Stato ma, soprattutto, con contributi di persone fisiche e giuridiche private.
I nuovi prestiti, comunque, vengono concessi a chi è nelle condizioni di poterli restituire, grazie alle rate sostenibili anche per la più lunga durata del finanziamento, oltre che per la partecipazione di componenti della famiglia. Va rilevato, inoltre, che i volontari delle associazioni e fondazioni anti usura, normalmente pensionati che hanno lavorato in banca, nel settore fidi, a vari livelli, spesso riescono ad aiutare i soggetti a rischio di usura intervenendo per ridurre considerevolmente i debiti pregressi proponendo saldi a stralcio.
Nel Nord Ovest operano cinque fondazioni anti usura, che, complessivamente hanno ottenuto dal ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef), per il prossimo anno, quasi 850.000 euro. Infatti, il ministero guidato da Pier Carlo Padoan ha deciso di erogare 285.737 euro alla Fondazione anti usura Santa Maria del Soccorso Onlus (Genova), 282.064 euro alla Fondazione San Matteo – Insieme contro l'usura (Torino), 254.708 euro alla Scialuppa CRT Onlus – Fondazione anti usura (Torino, presidente Ernesto Ramojno), 100.000 euro alla Fondazione San Martino anti usura Onlus (Alessandria), 181.708 euro alla Fondazione Antonio e Caterina Bruzzone (Cuneo).
Come negli anni scorsi, i contributi sono stati ripartiti dal Mef sulla base di una combinazione di indicatori che tengono conto sia dell'indice di rischio usura presente nell'ambito territoriale dove opera l'ente assegnatario, sia dell'efficienza nella capacità di utilizzo dei fondi riscontrata in passato.
L'ammontare del Fondo di prevenzione dell'usura varia di anno in anno, in quanto si alimenta in prevalenza con le sanzioni amministrative antiriciclaggio e valutarie.
Tramite questo Fondo, il Dipartimento del Tesoro del Mef ha erogato, dal 1998 a oggi, circa 600 milioni di euro, finalizzati alla concessione di garanzie per 81.000 finanziamenti, equivalenti a un importo totale di oltre 1,9 miliardi di euro.
L'usura è un illecito penale, classificato dal nostro Codice come un delitto. E il prestito si configura come usura quando l'interesse supera la soglia legale (fissata ogni tre mesi dal Mef), oppure quando l'interesse è tale da rendere impossibile o estremamente difficile il suo pagamento al creditore.
Secondo stime dell'Eurispes, il business dell'usura in in Italia ammontava, nel 2015, a circa 82 miliardi di euro: 37 erano i miliardi prestati dagli usurai (30 miliardi a persone fisiche, 5 alle impese commerciali e dei servizi, 2 alle imprese agricole), mentre sfiorava i 45 miliardi la somma degli interessi incassati nell'anno sui capitali prestati dagli strozzini.

Proprio la La Scialuppa CRT Onlus – Fondazione anti usura ha pubblicato, pochi mesi fa, un manuale anti usura intitolato “Per un uso responsabile del denaro”, libretto scaricabile anche da Internet.  
Ernesto Ramojno, presidente La Scialuppa CRT Onlus

Dalle Fondazioni piemontesi 298 milioni

Operano da venticinque anni, in molteplici settori che interessano l'intera collettività – arte, cultura, istruzione, formazione, ricerca, sviluppo, sanità, alla cultura, all'arte, sanità, welfare, volontariato, per citare i principali ambiti di intervento – ma le Fondazioni di origine bancaria (Fob), sono generalmente ancora poco riconosciute per quello che realmente sono e fanno.
Molti le confondono ancora con le banche, dalle quali hanno tratto origine; pochi sanno quali soggetti possono beneficiare dei loro contributi, da dove ricavano le loro risorse, come agiscono e a quali norme fanno riferimento.
In Piemonte, però, le Fondazioni di origine bancaria sono ben più conosciute e apprezzate che altrove. D'altra parte, qui si trovano 12 delle 88 Fob italiane. E tre di loro – Compagnia di San Paolo, Fondazione Crt (Torino) e Fondazione Crc (Cuneo) – spiccano nel gruppo delle otto più grandi, in Italia, per l'entità del patrimonio.
Insieme, le 12 Fob del Piemonte potevano vantare, al 31 dicembre 2016, un patrimonio netto di poco inferiore agli 11,4 miliardi di euro (11.393.474.879 per la precisione), equivalente al 28,7% della somma dei patrimoni di tutte le Fondazioni di origine bancaria del nostro Paese.
Ancora maggiore è risultata la quota delle erogazioni delle Fob piemontesi: l'anno scorso, il loro valore complessivo è ammontato a 298 milioni di euro, il 29% del totale nazionale di 1,03 miliardi.
Nei primi dieci mesi di quest'anno, le due maggiori Fob piemontesi (Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt) hanno deliberato oltre 1.700 nuovi stanziamenti, per un valore complessivo di circa 191 milioni di euro, per progetti sia propri (diretti o dei loro enti strumentali) sia di terzi, cioè di soggetti non profit beneficiari dei contributi.
Naturalmente, nello stesso periodo, anche tutte le altre Fob piemontesi hanno perseguito gli scopi istituzionali, come dimostra la loro l'attività, intensa e significativa. Non per tutte le nuove iniziative, però, sono stati ancora ufficializzati numeri e importi, per cui anche il pre-consuntivo al 31 ottobre è provvisorio. Inoltre, a oggi, appare prematuro ipotizzare i dati del bilancio “consolidato” delle Fob piemontesi, anche perché nuovi stanziamenti sono stati deliberati dopo il 31 ottobre.
Proprio la quantità e la qualità delle azioni promosse e sostenute, tutte generatrici di effetti positivi, a volte persino provvidenziali, nelle rispettive comunità di riferimento, spiegano perché, in Piemonte, le Fondazioni di origine bancaria, a prescindere dalla loro dimensione, godano di una maggiore reputazione e figurino tra i principali interlocutori delle Amministrazioni pubbliche locali, delle organizzazioni di volontariato, degli enti culturali, delle università e degli istituti scolastici, di Curie e parrocchie, di società sportive dilettantistiche, di cooperative e imprese sociali, di fondazioni non bancarie e, fra l'altro, di aziende sanitarie e ospedaliere pubbliche.
Francesco Profumo, presidente Csp 

Giovanni Quaglia, presidente Fondazione Crt

Damiani brilla all'estero, non nei conti

Non brilla la semestrale chiusa dalla Damiani il 30 settembre 2017. Nella prima parte dell'esercizio in corso, infatti, la Casa di Valenza Po, leader nel mercato italiano della produzione e della commercializzazione di gioielli e di orologi di alta gamma, i ricavi sono stati pari a 69,940 milioni, pressoché uguali a quelli del periodo aprile-settembre 2016 (69,801 milioni), mentre il risultato netto è peggiorato, essendo stato negativo per 4,9 milioni, a fronte della precedente perdita di 0,8 milioni. Inoltre, è aumentato l'indebitamento netto a 59,8 milioni dai 53,1 milioni del 31 marzo appena passato.
Però, nella parte iniziale dell'esercizio che terminerà il 31 marzo prossimo il gruppo alessandrino, controllato dalla famiglia Grassi Damiani con la holding Leading Jewels Sa, ha fatto ulteriori passi avanti. Fra l'altro, ha aumentato il numero dei punti vendita, diventati 66, di cui 50 monomarca Damiani (nuove le aperture a Tokio, Sganghai, Dubai, Singapore e nella Corea del Sud, tutte in strutture di lusso, strategiche). E sono ancora cresciute di oltre il 15% le esportazioni, a conferma della vocazione internazionale della Damiani, che ha anche i marchi Salvini, Bliss, Calderoni 1840 e Alfieri & St. John.
Il Gruppo, che possiede pure la catena Rocca 1794, conta 620 dipendenti, per quasi tre quarti donne. Le sue origini risalgono al 1924. La capogruppo Damiani, quotata in Borsa da dieci anni, ha al suo vertice i tre fratelli Guido, Giorgio e Silvia Grassi Damiani, terza generazione dell'impresa di famiglia. Guido, classe 1968, è il presidente, Giorgio (classe 1971) vice presidente e amministratore delegato, Silvia vice presidente, con la delega alle Relazioni esterne e all'Immagine.
Oggi, 29 dicembre, il prezzo finale del titolo Damiani è stato di 1,084 euro (-0,91% rispetto a ieri). La capitalizzazione è di circa 90 milioni.ù
Giorgio Grassi Damiani, vice presidente e ad Damiani

La mistificazione delle pensioni e dell'Inps

Casa, auto e pensionati. Tre fonti di reddito che, da tempo, i legislatori e il fisco hanno preso di mira e sulle quali continuano ad accanirsi inesorabilmente. La seconda rata di Imu-Tasi è appena stata pagata, la tassa di circolazione è in scadenza (l'Anfia ha da poco ricordato che le quattroruote portano nelle casse delle Amministrazioni pubbliche ben 73 miliardi nel 2016) ed ecco altre due novità relative all'Inps, il cui presidente, l'economista Tito Boeri, un “duro”, non smette di richiedere tagli degli assegni e assoluta inflessibilità.
Una delle due novità è che nei primi dieci mesi di quest'anno, l'Inps ha incassato quasi 170 miliardi (per la precisione 169,692) come contributi. L'aumento è del 4,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Una crescita rilevante, conseguente al miglioramento della situazione occupazionale e che assume un valore ancora maggiore considerando che il totale delle entrate tributarie dei primi dieci mesi 2017 è stato di 358,221 miliardi, l'1,4% in più dei 353,312 miliardi di gennaio-ottobre 2016.
Nessuna fonte fiscale ha avuto un tasso d'incremento come quella dei contributi all'Inps, neppure lontanamente. La più vicina, l'Iva, ha fatto registrare un aumento del 2,4%, avendo generato entrate per 96,237 miliardi, 2,257 più che nei primi dieci mesi dell'anno scorso. E neppure nel gruppo delle entrate tributarie degli enti locali si trova una crescita percentuale uguale o superiore a quella dei contributi Inps. Infatti, la stessa Irap ha fatto incassare agli enti territoriali 15,455 miliardi, il 3,7% in più del gennaio-ottobre precedente.
Seconda notizia di pochi giorni fa riguardante l'Inps. Il numero dei pensionati continua a diminuire: al 31 dicembre 2016 sono risultati 16,1 milioni, 115.000 meno che alla stessa data del 2015 e 715.000 meno che a fine 2008. Lo ha certificato l'Istat, l'istituto nazionale di statistica, aggiungendo che l'importo complessivo lordo delle pensioni, non solo dell'Inps, l'anno scorso è stato di 282,415 miliardi, con una media di 17.580 euro per pensione. Somme sulle quali, comunque, si pagano le tasse. Fra l'altro, 436.000 percettori di pensione hanno un'occupazione, per cui versano ancora contributi.
In ogni caso, il totale delle entrate contributive dei primi dieci mesi 2017 è ammontato a 183,617 miliardi (+4,2% rispetto al corrispondente periodo del 2016); infatti, ai circa 170 miliardi dell'Inps bisogna aggiungere i 6,544 miliardi dell'Inail e i 7,831 miliardi degli enti previdenziali privatizzati. 
Ancora in merito all'Inps e ai sui conti, va precisato che il rosso del bilancio è determinato non dalla differenza negativa tra il valore dei contributi versati e quello delle prestazioni erogate, ma da altri costi che nulla hanno a vedere con le pensioni vere e proprie, cioè agli assegni ottenuti in seguito ai versamenti fatti durante la vita lavorativa.

Il riferimento è alle pensioni sociali (elargizione dello Stato agli anziani più bisognosi), alle indennità di accompagnamento, alle pensioni di invalidità e, fra l'altro, alla cassa integrazione guadagni. Tutti oneri che dovrebbero gravare sulla fiscalità generale e non sul sistema previdenziale, facendo sostenere ai pensionati, che hanno versato i contributi, il costo dell'incapacità dello Stato di far fronte alle sue responsabilità, per di più cercando di mascherarla e facendo sentire in colpa i pensionati.  
Tito Boeri, presidente Inps

Da Intesa Sanpaolo a Visibilia Editore, ecco tutte le valutazioni a fine novembre

Quasi 45 miliardi di euro. E' la differenza di valore di Borsa tra la società in testa e quella in coda al gruppo delle 40 quotate in Piazza Affari riconducibili al Nord Ovest, perché vi hanno sede o perché ne sono originarie le persone giuridiche o fisiche che le controllano.
Prima è Intesa Sanpaolo, alla quale il mercato, alla fine del mese scorso, ha attribuito il valore di 44,961 miliardi, il doppio di Fca-Fiat Chrysler Automobiles (22,219 miliardi), al secondo posto nella graduatoria del Nord Ovest per capitalizzazione. La famiglia Agnelli-Elkann-Nasi, però, può vantare il terzo, il quarto e il quinto posto, rispettivamente con Ferrari (17,753 miliardi), Cnh Industrial (14,793 miliardi) ed Exor, la holding del Gruppo (12,339 miliardi).
Sesta, sempre al 30 novembre, è risultata la Diasorin di Saluggia, controllata dalla famiglia del torinese Gustavo Denegri, con 4,318 miliardi; settima Italgas, fondata e rimasta sotto la Mole, con 4,288 miliardi, ottava Buzzi Unicem di Casale Monferrato, come la famiglia Buzzi alla quale fa capo il grande gruppo cementiero (4,224 miliardi). Nona la Sias (famiglia Gavio di Tortona), con 3,353 miliardi e decima Iren, che ha come principali azionisti i Comuni di Torino e di Genova, con 3,081 miliardi.
A guidare il gruppo a ruota delle top ten si trova la genovese Erg della locale famiglia Garrone-Mondini, con 2,401 miliardi. Erg “tira” Astm-Autostrada Torino Milano, altra quotata del gruppo Gavio, con 2,354 miliardi. Tredicesima è la torinese Reply (famiglia Rizzante) con 1,792 miliardi, quattordicesima la Cir (gruppo De Benedetti) con 898,4 milioni, quindicesima la Vittoria Assicurazioni (famiglia Acutis, di Torino) con 821,4 milioni.
Seguono la Juventus (Exor) con 707,8 milioni, Rcs MediaGroup controllata dall'alessandrino Urbano Cairo (capitalizzazione di 643,2 milioni) come la Cairo Comunication (534,7 milioni). Le ultime due di questo gruppetto sono entrambe del gruppo De Benedetti: Sogefi, diciannovesima con 523,1 milioni e la sua controllante Cofide, ventesima con 413 milioni.
Ventunesima è Dea Capital (famiglia Boroli-Drago, di Novara) con 402,8 milioni, a ruota della quale si trovano Gedi Gruppo Editoriale (gruppi De Benedetti ed Exor) con 350,9 milioni, la torinese Prima Industrie con 345,5 milioni, Tecnoinvestimenti (quartier generale sotto la Mole e presidente Enrico Salza) con 287,5 milioni, la torinese Basicnet (famiglia Boglione) con 219 milioni, Orsero di Albenga, come l'omonima famiglia del fondatore, con 177,8 milioni; la torinese Pininfarina con 104,6 milioni. Ventottesima è la Damiani dell'omonima famiglia di Valenza Po, con 86,4 milioni; ventinovesima la genovese Boero Bartolomeo, ancora della famiglia del fondatore; trentesima la Bim-Banca Intermobiliare, con 74,3 milioni.
Il gruppetto finale è formato dalla subalpina M&C (Carlo De Benedetti), con 64,9 milioni; dalla Centrale del Latte d'Italia (capitalizzazione di 47,7 milioni), torinese come Cover50, che fa capo alla famiglia Fassino, che però non ha alcuna parentela con l'ex sindaco ed esponente del Pd (47,2 milioni) e come la Fidia della famiglia locale Morfino (27,5 milioni).

Trentacinquesima è Italia Independent di Lapo Elkann, con 24,3 milioni. Precede la torinese Ki Group, presieduta dalla cuneese Daniela Garnero Santanché (14,1 milioni), la biellese Cdr Advance Capital (12,2 milioni) e Biancamano della famiglia savonese Pizzimbone. Chiudono la graduatoria Banca Carige (10,1 milioni il suo valore al 30 novembre, secondo la Borsa di quel giorno) e Visibila, controllata da Daniela Garnero Santanché, la quale ne è anche presidente e amministratore delegato.
Carlo Messina, ad Intesa Sanpaolo 

Daniela Santanchè, n.1 Visibilia