Le vere origini della famiglia Agnelli riscoperte da Gustavo Mola di Nomaglio


di Gustavo Mola di Nomaglio
Giovanni Agnelli con il nipote Gianni nel 1940
Sino ad alcuni anni fa, la mancanza di studi sulle origini degli Agnelli e sull’esatta collocazione sociale del fondatore della Fiat ha consentito a vari storici di sbizzarrirsi nella formulazione di teorie contraddittorie e infondate. La stessa indisponibilità dell’archivio della celebre famiglia torinese (forse disperso dopo la morte del senatore, quando la palazzina che egli abitava a Torino, in Via Giacosa, fu trasformata in sede di uffici) ha agevolato i sostenitori delle tesi più fantasiose.
Circa i luoghi d’origine, alcuni autori hanno indicato – citando solo alcune delle ipotesi fatte- Venezia, altri Mantova, altri ancora Napoli. Qualcuno addirittura ha fatto rimbalzare la famiglia, nel corso dei secoli, tra tutte queste città, per poi farla risalire a Chieri e approdare, finalmente, in Val Chisone.
Con riferimento all’estrazione sociale e alla situazione economica di Giovanni Agnelli, anteriormente alla fondazione della Fiat, le opinioni sono più uniformi, ma non meno ingiustificate. Gli studiosi si sono rivelati perlopiù concordi nel considerarlo o definirlo come un parvenu o un “borghese avido di salire”.
Nel 1998, un saggio pubblicato dal Centro Studi Piemontesi, di cui alcuni periodici e quotidiani nazionali hanno discretamente pubblicizzato le risultanze (Gustavo Mola di Nomaglio, Gli Agnelli. Storia e genealogia di una grande famiglia piemontese dal XVI secolo al 1866, Torino, 1998), ha ricondotto nell’alveo della realtà storica il percorso genealogico e biografico della famiglia, risalendo nel tempo sino al secolo XVI.
I luoghi comuni sono però duri a morire. Conseguentemente le teorie di cui la ricerca d’archivio ha ormai da tempo dimostrato l’infondatezza hanno continuato ad essere ripetute su libri e giornali.
Gli Agnelli non sono originari né di Mantova, né di Venezia, né di Napoli, dove pur sono esistite famiglie omonime, ma hanno le proprie radici nel cuore del Piemonte. Li troviamo in Racconigi, verso la metà del Settecento, dove da breve tempo si è trasferito tal Carlo Antonio Agnello o Agnelli, figlio di Giovanni Lorenzo, originario di Priero, piccolo borgo non lontano da Ceva.
A Priero, del cognome Agnelli non si riscontra traccia, ma vi esisteva l’antica famiglia dei Nielli (ovvero de Niello, de Nielli), che portava un cognome forse riconducibile, alle sue origini, alla feudalità medievale del cebano e che, da generazioni e generazioni, faceva parte del notabilato locale, dando al paese amministratori comunali, sindaci, notai e sacerdoti. Fondate argomentazioni e l’esame esteso di un fitto intreccio di documenti d’archivio consentono di congetturare che proprio Niello fu il primigenio cognome di Carlo Antonio Agnelli, evolutosi, attraverso varie trascrizioni, nell’attuale forma, di cui si ha una delle prime attestazioni verso il 1740. Pur in mancanza di prove inequivocabili, occorre ammettere che gli indizi a favore di quest’ipotesi sono molto significativi. L’origine in Priero, dove come si è già accennato, non risulta essere esistita una famiglia cognominata “Agnelli”, mentre erano numerose quelle denominate de “Nielli” e “Niello”, è inconfutabilmente documentata. In Priero si riscontra l’esistenza di un Carlo Antonio Niello, figlio di un Giovanni Lorenzo, in anni compatibili proprio con quel Carlo Antonio Agnello o Agnelli, che, in Racconigi (dove il cognome Agnelli era già presente almeno dal XVI secolo), viene definito originario di Priero. I nomi di battesimo dei figli di quest’ultimo coincidono in buona parte con i nomi dei fratelli e del padre di Carlo Antonio Niello, in misura tale da non poter apparire puramente casuale.
Infine, la stessa assonanza dei lemmi Niello e Agnello, non soltanto da un punto di vista fonetico, non è di rilevanza trascurabile: ad esempio, il cognome de Nielli nella forma latina poteva essere scritto “a Niellis”; lo stesso toponimo Niella veniva talora tradotto, sia in lingua piemontese, sia francese, con la voce “Agnel”, creando assonanze che trovano riscontro pure in altri casi, come accade per l’erba chiamata in italiano “Niella”, che in piemontese diviene “Aniela” o “Agnela”.
Carlo Antonio Agnello, che sin dal suo arrivo in Racconigi, attorno al 1743, dimostrava di possedere discrete disponibilità finanziarie, effettuò qualche acquisto di terre e iniziò, probabilmente, a interessarsi alla speculazione del baco da seta, ampiamente diffusa nel Racconigese. Sono degni di nota, in particolare, quattro dei suoi otto figli: Carlo Francesco diede origine a una linea di piccoli imprenditori nel campo delle produzioni seriche, Giuseppe Antonio divenne proprietario di un filatoio piuttosto importante, Giovanni Bartolomeo costruì in Torino, con l’attività di fondachiere (commerciante all’ingrosso) un ingente patrimonio, che lasciò in eredità, nel 1819, ai dodici figli avuti da due matrimoni.
Di questi meritano di essere ricordati in particolare Carlo e Marcellino. Il primo si laureò in medicina e, pur in mancanza di specifiche ricerche idonee a confermarlo in modo indubitabile, è molto probabile che si debba identificare con quel Carlo Agnelli fondatore, nel 1847, congiuntamente a Clemente Michel, Carlo Re ed Eligio Baudino, della “Distilleria nazionale di spirito di vino all’uso di Francia Michel, Re, Agnelli e Baudino”, dalla quale derivò, col modificarsi dell’assetto societario e dei soci, un’azienda celebre nel mondo, la Martini & Rossi.
Marcellino si laureò, invece, in giurisprudenza, divenendo, nella prima metà del secolo XIX, uno dei principali avvocati di Torino, membro del “Collegio dei dottori di legge” dell’Università, “Avvocato Liquidatore presso il Real Senato di Piemonte” e socio, a fianco di tanti esponenti dell’alta società torinese, dell’Accademia Filarmonica.
Basterebbero questi personaggi per affermare che, già nel primo Ottocento (epoca in cui affondano anche le radici delle tradizioni militari, che saranno sempre care agli Agnelli), la famiglia appartiene al notabilato; ma il compito di gettare le basi per raggiungere mete ancora più ambiziose toccò al secondogenito di Carlo Antonio, Giovanni Lorenzo. Questi fu padre di quindici figli, il dodicesimo dei quali fu Giuseppe Francesco, nato a Racconigi il 25 giugno 1789, che fu, secondo una tradizione familiare, ufficiale al seguito di Napoleone, nelle campagne di guerra attraverso l’Europa, distinguendosi per atti di valore.
Ma a Giuseppe Francesco, che è poi il nonno del fondatore della Fiat, spetta anche il ruolo di iniziatore di una sempre più evidente ascesa degli Agnelli. Poco dopo la Restaurazione egli, residente ormai nella capitale del Regno di Sardegna, figura tra i banchieri torinesi (occorre precisare che a Torino col termine “banchiere” erano chiamati certamente coloro che si dedicavano essenzialmente alle operazioni e negoziazioni di cambio, ma soprattutto quanti si occupavano della negoziazione delle sete gregge, spesso finanziando il lavoro dei filatori e occupandosi poi di smerciare il prodotto, tanto grezzo quanto lavorato, sia all’interno dello Stato sabaudo, sia sul mercato estero).
Giuseppe Francesco importa e vende spezie all’ingrosso, ricavandone ampi guadagni, che reinveste comprando tenute e terreni agricoli e fondando, a Carignano, una moderna raffineria di zucchero (la “Agnelli, Pelisseri e Compagnia, Raffinatori”), con alta capacità produttiva, già presente con il proprio “zuccaro in pani affinato di primo getto” all’esposizione nazionale d’industria del 1832 e destinataria di un premio in quella del 1838.
Giuseppe Francesco effettua operazioni immobiliari e fondiarie, dimostrando eccellenti capacità di agricoltore e creando posti di lavoro in vari campi. Lucrosissima, in particolare, risulta la compravendita della tenuta Parpaglia (una vasta cascina di quasi seicento giornate piemontesi, che si estendeva sui territori di Candiolo e Vinovo) acquistata nel 1840 da Teresa Audifredi. Parpaglia faceva parte, anticamente, del patrimonio dell’Ordine Mauriziano. Il banchiere Adriano Audifredi l’aveva comperata nel quadro delle alienazioni forzate decise in epoca napoleonica, in seguito alla politica di spoliazione sistematica degli Ordini religiosi e cavallereschi praticata dagli invasori. Agnelli la pagò 310.000 Lire e la rivendette dodici anni dopo, in seguito a serrate trattative, all’Ordine Mauriziano con un grosso guadagno, poiché il Re voleva, a ogni costo, che fosse reintegrata nella tenuta di caccia di Stupinigi, per restituirle l’originaria consistenza ed estensione.
Nel 1853 ,grazie alla liquidità derivante dalla cessione di Parpaglia, Agnelli acquista dai Turinetti di Priero, per 220.000 Lire, la splendida villa di Villar Perosa (da qualcuno attribuita al Juvarra), con annesse circa 300 giornate di terra, considerata una tra le più sontuose “villeggiature” del Piemonte. Tra le mura della villa, nel 1866, nasce Giovanni Agnelli, circondato da governanti, domestici, giardinieri, certo non un futuro “arricchito” come qualcuno vorrebbe, ma un uomo che ha alle spalle, senza nulla togliere ai suoi meriti personali, una solida situazione finanziaria, idonea ad aprire molte porte e a progettare nuove imprese.
Giovanni Agnelli senior, anello di congiunzione tra passato e futuro, è a un tempo l’iniziatore di un ciclo nuovo, nell’era del capitalismo, e il punto di arrivo, invece, di una solida famiglia piemontese dell’antico regime, coerente anche in affari con il rigore che comunemente ai subalpini si attribuiva, annoverabile, essendo ben documentate le sue intraprese settecentesche, tra le più antiche dinastie imprenditoriali del Vecchio Continente.

Nuove partite Iva, gran frenata in marzo -12,3% in Piemonte e -9,8 in Liguria


Gran frenata delle nuove partite Iva nel Nord Ovest. In marzo, i soggetti che hanno aperto la partita Iva sono stati 3.500 in Piemonte (-12,30% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso), 1.260 in Liguria (-9,81%) e 92 in Valle d'Aosta (-40,65%). Per la regione alpina è stato il primo confronto negativo dall'inizio dell'anno, dato che in febbraio si erano contate 97 nuove partite Iva (+7,78% rispetto al corrispondente mese 2017) e 152 in gennaio (stesso numero).
In Liguria le aperture di partite Iva sono state 1.210 in febbraio (-5,62%) e 2.133 in gennaio (+0,90%); in Piemonte, rispettivamente 3.515 (-1,57%) e 5.584 (+2,42%).
In particolare, la provincia di Torino ha fatto registrare in marzo 1.914 nuove partite Iva, il 10,85% in meno rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Calo che si aggiunge a quello di febbraio, quando le nuove aperture sono risultate 1.879 (-4,23%). Due confronti che denotano un rallentamento, se non un'inversione di tendenza. Fenomeno interpretabile in due modi opposti.
Il calo delle aperture di partita Iva, infatti, è conseguente o al miglioramento del mercato locale del lavoro, con una maggiore offerta di occupazione e, perciò, la scelta di molti, soprattutto giovani, a cogliere l'occasione di un posto fisso o a tempo determinato, preferendola all'alternativa di mettersi in proprio, cioè ad avviare un'attività autonoma.
Oppure, la diminuzione del numero delle nuove partite Iva può derivare dalla diffusione della consapevolezza della continuità delle difficoltà del sistema economico, tali da scoraggiare anche gli intraprendenti. O, ancora, può essere causata dall'ulteriore perdita dello spirito d'iniziativa, il fattore più rilevante per le condizioni di una comunità.
Ed ecco i dati delle nuove aperture in marzo per le singole province del Piemonte e, tra parentesi, la variazione percentuale rispetto a marzo dell'anno scorso: Alessandria 311 (-12,89%), Asti 176 (-21,08%), Biella 131 (-0,76%), Cuneo 461 (-17,09%), Novara 278 (-7,33%), Verbania 110 (-17,29%), Vercelli 119 (-16,78%). Per le province di Asti e Biella, quella di marzo è la terza diminuzione consecutiva dall'inizio dell'anno.
A livello nazionale, nel primo trimestre 2018, il ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) ha registrato l'apertura di 179.538 nuove partite Iva, l'1,8% in meno rispetto allo stesso periodo del 2017. Il 39 % delle nuove aperture si deve a donne, il 48,3% a giovani e il 32,4% a soggetti appartenenti alla fascia dai 36 ai 50 anni.

Quaglia e Lapucci: ecco i grandi obiettivi degli Stati Generali della Fondazione Crt

Giovanni Quaglia con Massimo Lapucci (a sin)

Forte di oltre 38.000 interventi già sostenuti, con un impegno erogativo superiore a 1,6 miliardi di euro, per l'arte, la cultura, la ricerca scientifica, la formazione dei giovani, il welfare, l'ambiente e il sistema di protezione civile, la Fondazione Crt ha avviato i suoi primi “Stati Generali”, con l'obiettivo di rilanciare il proprio ruolo di “motore” della crescita, della qualità della vita, dello sviluppo del Piemonte e della Valle d'Aosta. In una dimensione internazionale.
Con questa operazione, che durerà sei mesi, la Fondazione Crt, presieduta e guidata da Giovanni Quaglia con Massimo Lapucci, Segretario generale, mira a ridisegnare mission, vision e strategie per il prossimo decennio, ponendo le basi per una possibile evoluzione degli strumenti e delle modalità di azione, anche alla luce della recente riorganizzazione del Terzo Settore in Italia.
Durante il prossimo semestre, verrà ascoltata e coinvolta una molteplicità di soggetti, quali istituzioni, organismi di rappresentanza economica, sociale e culturale, opinion leader, stakeholder e responsabili della “famiglia” allargata di Fondazione Crt, formata da Fondazione Sviluppo e Crescita Crt (presidente Cristina Giovando), Fondazione per l'Arte moderna e contemporanea Crt (Fulvio Gianaria), La Scialuppa Crt Onlus – Fondazione antiusura (Ernesto Ramojno), Società consortile per azioni Ogr-Crt (Fulvio Gianaria), Fondazione Ulaop Onlus (Cristina Giovando) e Ream Sgr, presieduta dallo stesso Giovanni Quaglia.
“L'attenzione al pluralismo dei territori, vera e propria costante dell'attività della Fondazione Crt – ha spiegato il suo presidente – caratterizzerà l'intera road map di interviste e incontri, sia tematici sia per quadranti territoriali, secondo un approccio maieutico verso i soggetti pubblici locali e verso il tessuto civico e imprenditoriale della comunità”.
Il varo ufficiale degli Stati Generali della Fondazione Crt è stato preceduto da una fase preparatoria, che ha visto impegnati, per alcuni mesi, il Consiglio di amministrazione, il Consiglio di indirizzo e le sue articolazioni interne, in una proficua riflessione comune sulla natura e sul ruolo della Fondazione, accompagna da momenti di confronto e di approfondimento con un gruppo di “saggi”, non direttamente impegnati nelle istituzioni e nella politica, ma profondi conoscitori dell'economia, della società e della cultura del territorio e capaci di visione di lungo termine.
La Fondazione Crt mira a consolidare e a rilanciare il proprio ruolo strategico non solo come soggetto erogatore di risorse, ma anche come hub di competenze e conoscenze, capace di generare utilità sotto forma di investimenti sociali, soluzioni per l'inclusione e l'innovazione; fra l'altro, mobilitando “capitale paziente” per incentivare la sostenibilità dei progetti piuttosto che la redditività a breve e nel reggere finanziariamente i rischi dell'innovazione, promuovendo iniziative non immediatamente bancabili a impatto sociale e ambientale positivo.
Alla presentazione degli Stati Generali della Fondazione Crt, il Segretario generale Massimo Lapucci ha ricordato che “il percorso di riflessione proposto dal presidente e condiviso dai Consigli di amministrazione e indirizzo, vedrà la partecipazione attiva anche di tutta la struttura della Fondazione"

Produzione agricola 2017 del Nord Ovest un valore superiore ai 4,6 miliardi di euro


Oltre 4,6 miliardi di euro. E' il valore della produzione agricola delle tre regioni del Nord Ovest nel 2017. Somma pari al 7,95% del valore di tutta l'Italia. Lo ha appena riferito l'Istat, l'istituto nazionale di statistica, precisando che, nello stesso anno, è stato di 2,451 miliardi il valore aggiunto dell'agricoltura del Nord Ovest, costituita dall'agricoltura in senso stretto, la silvicolura e la pesca. Dal conto è invece esclusa l'industria alimentare, delle bevande e del tabacco.
Sempre l'Istat definisce valore della produzione il risultato della moltiplicazione delle quantità dei prodotti per il prezzo medio unitario annuo, mentre il valore aggiunto è dato dalla differenza tra il valore della produzione di beni e servizi e il valore dei costi intermedi sostenuti per tale produzione.
In particolare, il Piemonte ha fatto registrare, nel 2017, una produzione agricola pari a 3,822 miliardi di euro (-3,8% rispetto al 2016) e un valore aggiunto di 1,946 miliardi (-6,2%), mentre per la Liguria è stato censito un valore di 692 milioni (+0,2%) per la produzione e di 453 milioni (-0,9%) per il valore aggiunto. Quanto alla Valle d'Aosta, i rispettivi valori sono stati di 97 e di 52 milioni.
Dalle disaggregazioni dei dati Istat, fra l'altro, emerge che, nel 2017, il Piemonte è risultato al terzo posto in Italia per la maggior produzione di cereali (516 milioni di euro) e al quarto per la produzione di vini (363 milioni mdi euro), frutta (277 milioni), mele (65 milioni), latte (341 milioni) e carni (1,032 miliardi).
Il valore economico delle produzioni piemontesi è aumentato per le carni (+5,5% rispetto al 2016), il latte (+10,5%) e le mele (+19,3%); mentre è diminuito per i cereali (-14,8%), i vini (-15,2%) e la frutta (-9%).
A livello nazionale, la Liguria figura tra le regioni con i più alti valori economici della produzione soltanto nel comparto fiori e vivai, dove però ha conquistato la medaglia d'argento con 347 milioni (+3,8% rispetto al 2016), preceduta esclusivamente dalla Toscana, che ha avuto una produzione del valore di 796 milioni.
L'Istat ha comunicato che “con oltre 31,5 miliardi di euro correnti, l'Italia si conferma nel 2017 al primo posto tra i Paesi Ue per il livello del valore aggiunto dell'agricoltura”. Ha aggiunto che “la ricchezza dell'agricoltura italiana risiede nell'ampia varietà di colture possibili e nella quantità e qualità di produzioni tipiche: 168 sono i prodotti Dop (Denominazione di origine protetta), 125 Igp (Indicazione geografica protetta), 2 Stg (Specialità tradizionale garantita)” più 523 denominazioni dei vini, per un totale di 818 prodotti.

A Santa Margherita il primo investimento del Fondo Social & Uman Pourpose 2

Oronzo Perrini, direttore generale Ream Sgr

Primo investimento del Fondo Social & Uman Pourpose 2, promosso dalla Fondazione Crt e dalla Compagnia di San Paolo e gestito da Real Sgr. L'operazione ha riguardato un immobile nel comune di Santa Margherita Ligure, acquisito dalla Casa generalizia della Pia Società Torinese di San Giuseppe. Il complesso immobiliare è stato concesso in locazione alla cooperativa sociale Lanza del Vasto, che vi svolgerà attività di accoglienza di richiedenti asilo o di persone in situazioni di disagio.
Il nuovo Fondo, infatti, ha l'obiettivo di investire in immobili adibiti a servizi di valore sociale, quali scuole, asili, case di riposo, residenze sanitarie per anziani, musei, biblioteche, ospedali.
Ream Sgr, società torinese di gestione del risparmio nella cui compagine azionaria si trovano esclusivamente Fondazioni di origine bancaria, è specializzata nella istituzione e nella gestione di fondi di investimento alternativi immobiliari chiusi (attualmente 12, del valore di circa 1,3 miliardi euro) destinati a investitori istituzionali.
Fra l'altro, Ream Sgr sta avviando il Fondo Valorizzazione Piemonte, come preannunciato da Giovanni Quaglia, appena riconfermato presidente della Ream Sgr, aggiungendo che il nuovo fondo inizialmente promuoverà un progetto di valorizzazione del complesso immobiliare conosciuto come ex Manifattura Tabacchi di Torino e di alcuni immobili di proprietà del Comune di Novara, tra i quali la residenza Casa Bossi e l'ex macello comunale.
Il Fondo Valorizzazione Piemonte segue altri tre varati da Ream Sgr l'anno scorso. Gli ultimi due, avviati nel dicembre scorso, sono il Fondo J Village, destinato alla valorizzazione del complesso immobiliare adiacente allo stadio della Juventus; e, appunto, il Fondo Social & Human Pourpose 2.
Ha da poco compiuto un anno, invece, il Fondo Geras che ha già acquisito cinque immobili che diventeranno Rsa (Residenze sanitarie assistenziali). Lo stesso fondo sta valutando ulteriori acquisti per aumentare l'offerta di posti letto per anziani e persone non autosufficienti, oltre che per studenti del Politecnico di Torino e delle Università piemontesi.
“Sono investimenti che produrranno per l'economia locale importanti ricadute in termini di occupazione, di recupero di aree dismesse e in fase di degrado e di rigenerazione del patrimonio immobiliare di Torino e della regione” ha commentato Giovanni Quaglia, presidente anche della Fondazione Crt, promotore e azionista di Ream Sgr con il 30,437% del capitale come la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti. Gli altri azionisti sono: Compagnia di San Paolo con il 9,496% alla pari della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli e della Fondazione Crc di Cuneo. Hanno poi il 5% ciascuna la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e quella di Fossano. Il restante 0,638% fa capo alla Fondazione Sviluppo e Crescita Crt.
Prima di eleggere il nuovo Consiglio di amministrazione, formato anche dai vice presidenti Mario Sacco e Maurizio Irrera e da Attilio Befera (indipendente), Domenica Demetrio, Giandomenico Genta, Fernando Lombardi, Antonio Miglio, Francesco Profumo e Pier Angelo Taverna, l'assemblea della Ream Sg ha approvato il bilancio 2017, chiuso con un margine operativo lordo di 3,313 milioni, pari al 43,6% del fatturato, e con un utile netto di 2,294 milioni, pari al 30,2% del fatturato.
Direttore generale della Ream Sgr è Oronzo Perrini, laureato in Scienze economiche e bancarie a Siena; mentre direttore dei Fondi immobiliari è Fabrizio Ravicino, laurea in Architettura al Politecnico di Torino.

Lancia, storia di Vincenzo e della famiglia


L'ultima Lancia, la Ypsilon, è fabbricata in Polonia e venduta esclusivamente in Italia, come si può leggere nella rubrica Punzecchiature, qui a fianco. Sotto, invece, l'articolo di Gustavo Mola di Nomaglio sulla storia di Vincenzo Lancia e della famiglia Lancia, dalle origini.


di Gustavo Mola di Nomaglio

Vincenzo Lancia
I Lancia sono originari di Fobello -un centro montano, agricolo e turistico, dell’alta Val Mastallone, in Valsesia- in cui si conservano loro memorie assai antiche. Un Antonio Lancia partecipava nel 1703 al consiglio generale dei capi di casa valsesiani. Lo storico Eugenio Manni, nei suoi studi sui paesi della Valsesia, menziona la famiglia tra le principali fobellesi, sottolineando che essa diede nei secoli numerosi sacerdoti (tra i quali almeno un parroco del paese, il teologo Giuseppe Maria, che resse la parrocchia dal 1816 al 1840) e recentemente altri personaggi notevoli a livello locale, come Giovanni, autore di un “Dizionario toponomastico della Valsesia”.
L’impegno dei Lancia nel mondo degli affari ha le sue radici nei primi decenni dell’Ottocento, con la nascita, nel 1822, di Giuseppe, figlio di Vincenzo.
Verso la prima metà del secolo, Giuseppe si trasferisce a Torino, dove inizia un’attività industriale e commerciale destinata a grandi successi, nella quale è affiancato da un fratello, che appare però come una figura secondaria.
Sempre nell’Ottocento si stabiliscono a Torino anche altri Lancia, certamente parenti di Giuseppe, anche se occorrerebbero puntuali ricerche d’archivio per stabilire l’esatto legame tra di loro. Tra questi un altro Vincenzo, proprietario dell’immobile di via S.Massimo 42 (poi lasciato in eredità al figlio Geremia), morto settantacinquenne a Torino il 5 marzo 1900 e sepolto a Fobello (come si apprende dal suo atto di morte conservato presso la parrocchia di San Massimo di Torino).
Poco dopo essersi stabilito nella capitale, Giuseppe si fa notare come inventore: nel 1850 viene premiata all’Esposizione di Torino una sua macchina per lavorare la carne, che avrà notevole diffusione, soprattutto in Francia. Da questo momento diviene, sia come inventore, sia come industriale un precursore nel campo dell’industria conserviera, che garantiva in quegli anni ritmi di crescita e guadagni straordinari, al punto che nell’autorevole “Dictionnaire du commerce et des marchandises” edito nel 1837 (vol. I, 649) si dice che l’ancora limitato sviluppo dell’industria conserviera poteva rappresentare per i capitalisti “un commerce des plus sûrs” e un’opportunità per “doubler leurs capitaux en peu de temps”.
Le prime conserve alimentari apparvero in Piemonte al tempo della guerra di Crimea. Furono proprio i fratelli Lancia a preparare, secondo il metodo Appert (dal decano dei precursori nella tecnica di conservazione dei cibi, il francese Nicolas François Appert) ,modificato sostituendo al bagno-maria l’uso del vapore, le scatole di lesso di bue, destinate a rivelarsi di enorme utilità in Crimea per le truppe piemontesi e ad incontrare anche il favore dell’esercito inglese che ne ordinò grandi quantità, per un valore di alcune centinaia di migliaia di Lire (Raimondo Luraghi, Agricoltura, industria e commercio in Piemonte dal 1848 al 1861, Torino, 1967, p. 164).
Le innovazioni apportate al metodo Appert per la preparazione delle conserve valsero ai Lancia una medaglia d’argento nella grande esposizione svoltasi a Torino nel 1858 (Relazione dei Giurati e Giudizio della R. Camera di Agricoltura e di Commercio sull’Esposizione Nazionale del 1858 in Torino, Torino, 1860, p. 331).
Da questo momento Giuseppe fece registrare vari brevetti nel campo della conservazione alimentare. Ne1 1856 brevettò una macchina per la cottura delle carni a vapore con caldaie a doppio corpo e un apparecchio di nuova concezione per insaccare ad azione continua; nel 1868 un sistema per la conservazione, con particolari frigoriferi, di carne e pesce; nel 1881 una caldaia rotativa destinata ad essere utilizzata in stabilimenti militari. Contemporaneamente viaggiò molto in Europa e in America Latina, dove investì parte dei suoi profitti in una fabbrica per la produzione di carne in scatola a Buenos Aires. Nel 1873 costituì una società per l’approvvigionamento di carni cotte al comune di Milano, qualche anno dopo fornì oltre un milione di scatole di carne al governo spagnolo; dal 1877 al 1899 fu uno dei fornitori di riferimento dell’esercito italiano.
Nel 1891 pubblicò un “Manuale del Macellaio e del Pizzicagnolo”, anche con lo scopo di diffondere le sue macchine. Tra le sue produzioni figura anche un “brodo in dadi”, “il brodo Lancia”, che secondo Enrico Gianeri (Storia di Torino industriale, Torino, s.a., p. 148) ebbe momenti di grande successo. Nel 1860 poté anche fregiarsi della qualifica di “Fornitore della Real Casa” in quanto “Provveditore del principe Eugenio di Carignano”.
Nel tardo Ottocento, Giuseppe acquistò, per farne la propria abitazione, il palazzo che sorge in corso Vittorio Emanuele 9, con ingresso secondario in via Ormea 2. Qui, Vincenzo, venuto al mondo il 24 agosto 1881 a Fobello, terzo dei quattro figli nati dal matrimonio del padre con Marianna Orgiazzi, andò incontro al proprio destino in modo del tutto fortuito, come spesso accade. Nello stabile di corso Vittorio c’era un negozio sempre sfitto che, a quanto pare, Lancia aveva poca voglia di affittare. Un bel giorno, però, si fece convincere a darlo in uso a Giovanni Ceirano, costruttore di biciclette e, soprattutto, pioniere dell’automobilismo.
Vincenzo Lancia alla Targa Florio
Vincenzo poco attratto dagli studi scolastici ma molto dalla meccanica e dai motori convinse il padre, non senza fatica, a fargli abbandonare gli studi e si fece assumere da Ceirano, contabile, ufficialmente, appassionato di meccanica in realtà, con un maestro in questo campo d’eccezione, il progettista Aristide Faccioli. In breve tempo si trasformò, in effetti, in un meccanico di eccezionale competenza.
Quando Giovanni Agnelli comprò, sul finire dell’Ottocento, la Ceirano, Vincenzo Lancia, che era ormai anche un pilota provetto, divenne, appena ventenne, capo collaudatore della Fiat. Quando iniziò la stagione dell’automobilismo sportivo egli fu, correndo su automobili Fiat, uno dei più grandi assi del volante del suo tempo, distinguendosi per una temerarietà senza limiti.
Nel 1906 fondò la fabbrica di automobili destinata a costituire il momento culminante dell’avventura imprenditoriale dei Lancia e a rendere il nome della famiglia valsesiana universalmente famoso, grazie alla produzione di vetture innovative e di altissimo livello qualitativo.
VincenzoLancia si distinse non soltanto per le sue capacità di tecnico e imprenditore, ma anche per un’articolata opera a beneficio del suo paese d’origine (che comprese, tra l’altro, elargizioni benefiche e la costruzione, completamente a sue spese, di alcune strade carrozzabili) e a favore dei propri dipendenti (ad esempio con la realizzazione del Dopolavoro Lancia).
Quando morì, il 15 febbraio 1937, per un attacco cardiaco, la stampa mondiale registrò la notizia con ampi servizi. Ne “La Stampa” del 16 febbraio si legge che i giornali inglesi in particolare gli dedicarono lunghe biografie, qualcuno dichiarando che fu “uno dei più grandi geni dell’industria automobilistica del mondo intero”.
Tra i molti cenni biografici che lo riguardano merita di essere ricordato almeno quello scritto da Salvator Gotta: Lancia, pioniere dell’automobilismo (in: <<Le vie d’Italia>>, a. XLIII, 1937, pp. 228-235) mentre ampie notizie sull’azienda, sin dal suo nascere, sono raccolte nel volume di Franco Amatori, e altri, Storia della Lancia. Impresa Tecnologie Mercati, 1906-1969 (Milano, 1992).
Innumerevoli persone di ogni ceto sociale resero omaggio alla sua salma “in una sala parata a lutto, con francescana semplicità, come sempre fu caratterizzata la vita del grande industriale torinese”, scrissero i giornali. Primo tra tutti Giovanni Agnelli, accompagnato dal più vecchio operaio della Fiat. Montavano la guardia in camicia nera, per rendergli omaggio e quasi a sottolineare il suo impegno politico “i camerati dei Gruppi rionali fascisti Maramotti e Bianchi”.
Gli stabilimenti Lancia (a Torino, Bolzano e Addis Abeba) erano chiusi in segno di lutto ma avrebbero presto ripreso le loro produzioni e alcuni di essi in particolare avrebbero continuato a sfornare successi e gioielli tecnologici e stilistici ancora per parecchi decenni, garantendo così la sopravvivenza del marchio anche dopo l’uscita dei Lancia dalla scena dell’automobilismo mondiale.

Nomine, promozioni e riconoscimenti/2

MASSIMO BOIDI (ASSOFIDUCIARIA)
Massimo Boidi 
Il noto commercialista Massimo Boidi, dell'omonimo studio professionale, è stato eletto vice presidente dell'Assofiduciaria, associazione nazionale che rappresenta 144 società fiduciarie, di trust e investimento, le quali occupano circa mille operatori e hanno in affidamento 115 miliardi di euro.  Massimo Boidi fa parte del nuovo consiglio direttivo di Assofiduciaria per il triennio 2018-2020. Affianca il neo presidente Fabio Marchetti, in rappresentanza delle associate di area professionale. L'altro vice presidente è Marco Giovannini.

ANTONIO PICCA PICCON (FERRARI)
Dal prossimo 30 luglio, il torinese Antonio Picca Piccon sarà il Ceo (Chief financial officer) cioè il responsabile finanziario della Ferrari (gruppo Exor). Laureato con lode in Economia a Torino e dotato anche di un master in Economia all'Università di Cambridge ha iniziato la sua carriera manageriale in Sanpaolo Imi, dove ha ricoperto ruoli di crescente importanza. Proviene da Ariston Thermo Group.
Antonio Picca Piccon 
Antonio Picca Piccon ha già lavorato per 15 anni nel gruppo Fiat e in Fca e, fra l'altro, è stato consigliere di amministrazione della stessa Ferrari, di Fiat Group Automobiles, Magneti Marelli, Maserati e Teksid. E' ben conosciuto da Sergio Marchionne, il quale ha detto che "le sue qualità professionali e manageriali saranno un valido contributo per affrontare le sfide che attendono Ferrari".

ALBERTO OSENDA (BCC DI CASALGRASSO)
Alberto Osenda 
L'assemblea dei soci della Bcc di Casalgrasso e Sant'Albano Stura ha confermato, per il prossimo triennio, il presidente Alberto Osenda e tutti gli altri componenti del Consiglio di amministrazione: Biagio Barbero, Enzo Carle, Rosa Carletto, Giovanni Casale, Alessio Damiano, Francesco Gambino, Alberto Rinaldi e Michele Tuninetti. Nella sua prima riunione, il Cda ha confermato vice presidente Giovanni Casale, mentre Alberto Rinaldi e Biagio Barbero sono stati nominati rispettivamente presidente e vice presidente del Comitato esecutivo. Direttore generale è Mauro Giraudi.
Quasi 7.600 soci, 19 filiali, 108 dipendenti, la Bcc di Casalgrasso e Sant'Albano Stura (Cuneo) ha chiuso il 2017 con i migliori risultati: utile netto di 4,4 milioni (+21,8% rispetto al 2016) e patrimonio salito a 65,6 milioni.

ROBERTO GHIO (CONSORZIO DEI GAVI)
Roberto Ghio
Roberto Ghio, 41 anni, laurea in Filosofia, titolare dell'omonima azienda agricola a Bosio (Alessandria), è il nuovo presidente del Consorzio di tutela dei Gavi docg, che conta circa 440 aziende (produttori, vinificatori, imbottigliatori), con un fatturato complessivo di circa 60 milioni di euro all'anno e impiega 5.000 persone.
Roberto Ghio appartiene a una famiglia di viticoltori da sette generazioni e ha dato vita al progetto “Vigneti Piemontemare”, recuperando e acquistando alcuni vigneti storici che oggi compongono i 15 ettari della sua azienda.

BRIGITTE SARDO (APID TORINO)
Brigitte Sardo
Brigitte Sardo, che guida la Sargomma di Torino, come direttore generale, è stata confermata alla presidenza di Apid ImprenditorialiTà Donna, l'associazione delle Pmi a guida femminile dell'Api subalpina. La Sargomma è nata nel capoluogo piemontese nel 1981, per iniziativa di Giuseppe Sardo, il padre di Brigitte. Produce un ampia gamma di articoli in gomma, plastica e altri materiali. Ha oltre 150 clienti nel mondo.
Brigitte Sardo, laurea in Economia sotto la Mole, socia del Club degli Investitori, è anche stata rappresentante del Piemonte nella Fondazione italo-americana e responsabile delle relazioni esterna della Camera di commercio americana in Italia. Ha cofondato la Gran Torino Production.

GIOVANNI QUAGLIA (AUTOSTRADA ASTI-CUNEO)
Giovanni Quaglia con Massimo Bray
Nuovo incarico per Giovanni Quaglia: è stato nominato presidente dell'Autostrada Asti-Cuneo, società del gruppo Gavio, che controlla due quotate alla Borsa di Milano, la Sias e la Astm-Autostrada Torino Milano. Giovanni Quaglia, oltre che consigliere d'amministrazione della stessa Sias, è anche presidente della Fondazione Crt e della Ream Sgr.


VILMA GAILLARD (CGIL VALLE D'AOSTA)
Prima donna alla Segreteria della Cgil valdostana. Presente Susanna Camusso, segretario nazionale, l'assemblea della Cgil valdostana ha eletto presidente Vilma Gaillard, precedentemente responsabile della categoria Slc dello stesso sindacato. Prima di Vilma Gaillard nessuna donna aveva avuto questa responsabilità nella regione alpina.

DANIELE PALLAVICINI (ASCOM GENOVA)
Nato all'ombra della Lantera, 31 anni, responsabile della struttura socio-sanitaria "Villa Basile", Daniele Pallavicini è stato nominato presidente del Gruppo Giovani Imprenditori della Ascom genovese. Nel nuovo incarico è affiancato dai due vice, che sono Lorenzo Bagnara e Antonio Cicala. Il Consiglio direttivo di Ascom Genova è composto anche da Ilaria Natoli, Manuela Occhi, Mariarosa Montanella e Oliviero Bolognesi. 

MASSIMO GILETTI (PREMIO GUIDO CARLI)
Massimo Giletti
Tra le 14 eccellenze che hanno appena ricevuto, a Roma, il premio Guido Carli, “ avendo mostrato, con i fatti, di credere in un'Italia migliore”, come ha spiegato Romano Liuzzo, nipote dell'ex Governatore della Banca d'Italia e di un grande italiano, spiccano tre torinesi: Giuseppe Lavazza, John Elkann e Massimo Giletti. Nato nel capoluogo piemontese nel 1962, Massimo Giletti attualmente conduce Non è l'Arena, su La7, tv di Urbano Cairo alla quale è passato nel 2017, dopo quasi trent'anni di Rai, dove ha esordito, nel 1988, nella redazione di Mixer, il programma di Giovanni Minoli, altro noto protagonista torinese della televisione.
Liceo classico al mitico D'Azeglio di Torino, Massimo Giletti si è laureato in Giurisprudenza con lode. Dopo un breve periodo di lavoro nell'azienda tessile di famiglia, nel Biellese, Massimo Giletti si è dedicato al giornalismo e alla tv. Da anni è molto seguito e apprezzato.

Nuovo record dell'azione Exor: 65,42 euro La holding di Elkann vale 15,766 miliardi


John Elkann con Sergio Mattarella, presidente della Repubblica
Sempre più in alto. Oggi, 15 maggio, l'ultimo prezzo delle azioni Exor trattate in Piazza Affari è stato di 65,42 euro, livello mai raggiunto prima. Il nuovo record è stato ottenuto grazie all'incremento odierno dell'1,18%. Nello stesso giorno di un anno fa, la quotazione finale di Exor era stata di 54,50 euro, esattamente il 20% in meno e il 15 maggio 2015 l'azione della holding a capo del gruppo Agnelli-Elkann-Nasi aveva chiuso a 42,02 euro.
In seguito alla performance odierna, è salito a 15,766 miliardi di euro il valore riconosciuto dal mercato alla società che ha al suo vertice John Elkann, presidente e amministratore delegato, e che controlla le quotate Fca-Fiat Chrysler Automobiles, Ferrari, Cnh Industrial e Juventus.
Exor ha anche una partecipazione in Gedi Gruppo Editoriale, la cui azione oggi ha invece toccato il suo nuovo punto più basso, avendo terminato la seduta a 0,414 euro (-0,72% rispetto a ieri).
In ribasso hanno chiuso anche tre quotate del Nord Ovest, che oggi hanno presentato le rispettive trimestrali: Erg (-3,40%), Cairo Communication (-4,07%) e Reply (-1,56%).
Dall'inizio di gennaio alla fine di marzo, Erg ha registrato ricavi consolidati per 284 milioni, meno dei 300 del primo trimestre 2017, ma ha aumentato del 7% il margine operativo lordo, risultato di 162 milioni e del 5% l'utile netto, ammontato a 94 milioni (85 a livello di gruppo). L'indebitamento finanziario netto al 31 marzo è di 1,229 miliardi e su questo livello è previsto che sarà anche a fine anno, nonostante l'aumento degli investimenti, pari a 365 milioni nel trimestre e alla prossima distribuzione di un monte dividendi di 172 milioni.
Tutti positivi i confronti con il primo trimestre 2017 per la Cairo Communication: ricavi consolidati per 301,4 milioni (289,8), margine operativo lordo di 25,1 milioni (10,1) e utile netto di 3,4 milioni (2,1). Con l'indebitamento netto sceso a 234,5 milioni dai 263,1 del 31 dicembre scorso.
Idem per Reply: fatturato consolidato di 238,9 milioni (+14,6%), margine operativo lordo di 32,2 milioni (+14,8%) e utile di 28,3 milioni (+11,7%) prima delle imposte. Posizione finanziaria netta al 31 marzo positiva per 124 milioni, a fronte dei 57 di fine 2017.

Fondazioni piemontesi: a 10,690 miliardi il patrimonio netto al 31 dicembre 2017

Foto di gruppo alla firma della Convenzione Fondazioni-Regione
Ancora più solido. Il sistema piemontese delle Fondazioni di origine bancaria (Fob), nel 2017, ha rafforzato il suo patrimonio netto, formato dal fondo di dotazione più le riserve. Infatti, la somma dei patrimoni netti delle dodici Fob piemontesi al 31 dicembre scorso è risultata di 10,690 miliardi, aumentata di 178 milioni rispetto alla stessa data del 2016, quando era di 10,512 milioni. L'incremento è dell'1,7%.
Tutte le dodici Fob piemontesi hanno incrementato il loro patrimonio netto, naturalmente in misura diversa, in termini sia assoluti che relativi. Così, se il “tesoro” della Compagnia di San Paolo, il più consistente a livello regionale e il secondo maggiore a livello nazionale, è salito dai 5,880 miliardi di fine 2016 ai 6,014 miliardi dell'ultimo giorno del 2017, il patrimonio netto della Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano è cresciuto di 142.538 euro, ammontando a 35,631 milioni, cifra che pone l'ente cuneese in coda alla graduatoria piemontese per mezzi propri.
Il patrimonio netto della Fondazione Crt, il terzo più consistente in Italia, è salito a 2,192 miliardi dai 2,170 miliardi del 31 dicembre 2016 e quello della Fondazione Crc di Cuneo a 1,319 miliardi, 15,6 milioni in più rispetto all'anno prima. La Fondazione cuneese, pertanto, risulterà ottava nella classifica nazionale delle Fob redatta, ogni anno, dall'Acri, l'associazione degli 88 enti nati in seguito alla legge Amato del 1990.
In testa continua a figurare la Fondazione Cariplo, il cui patrimonio netto al 31 dicembre 2017 è salito a 6,956 miliardi. Al quarto posto, dietro anche alla Compagnia di San Paolo e alla Fondazione Crt, si troverà la Fondazione Cariparo (Padova e Rovigo) con 1,986 miliardi, avendo superato la Fondazione Cariverona (1,81 miliardi), dietro la quale sono la Fondazione Cr Firenze, la Fondazione Roma e, appunto, la Fondazione Crc.
Tornando alla graduatoria piemontese, ecco, per le altre Fondazioni di origine bancaria della regione, i rispetti valori, arrotondati, del patrimonio netto al 31 dicembre scorso e, tra parentesi, quelli alla stessa data del 2016: Biella 225,1 milioni di euro (223,8 milioni), Tortona 218 (216), Asti 212,7 (212,6), Alessandria 205,9 (205,8), Vercelli 116,2 (115,6), Saluzzo 60,2 (59,9), Fossano 53,7 (53,2), Bra 37,5 (37,5).

Energie rinnovabili, Asja compra Tuscia

Agostino Re Rebaudengo, numero 1 di Asja Ambiente
Asja Ambiente Italia, società torinese presieduta da Agostino Re Rebaudengo e a capo di un gruppo attivo nel settore delle energie rinnovabili, ha acquisito il controllo di Tuscia Ambiente, titolare di un impianto di trattamento dei rifiuti organici e di valorizzazione energetica del biogas da circa un MW nel Comune di Tuscania (Viterbo). A vendere ad Asja Ambiente sono state le società Enrive e Sea. L'acquisizione è stata realizzata mediante un'operazione di merger leverage buy out , con il supporto del team di Advisory e Finanza strutturata di Mediocredito Italiano, banca del gruppo Intesa Sanpaolo dedicata alle Piccole e medie imprese, la quale ha agito nel ruolo di mandated lead arranger nell'organizzazione e strutturazione di un finanziamento a medio-lungo termine del valore di 13 milioni di euro.
Asja dal 1995 progetta, costruisce e gestisce impianti tecnologicamente avanzati per la produzione di energia da fonti rinnovabili: biogas, biometano, eolico e fotovoltaico.

Borsa: rialzo Pininfarina per la trimestrale Erg e Dea Capital ai nuovi record storici

Paolo Pininfarina, presidente della società omonima

Pininfarina premiata dalla Borsa, oggi, 14 maggio. Piazza Affari è rimasta soddisfatta dai risultati del primo trimestre 2018 della famosa impresa torinese, la cui azione ha chiuso la seduta odierna a 2,425 euro, con un incremento del 3,41% rispetto a venerdì. Il rialzo del prezzo del titolo è certamente dovuto, in buona parte, alla trimestrale, più che positiva.
Dal primo giorno di gennaio all'ultimo di marzo, infatti, la Pininfarina - presidente Paolo Pininfarina, amministratore delegato Silvio Pietro Angori - ha fatto registrare un valore della produzione pari a 28,4 milioni (18,6 milioni nel corrispondente periodo dell'anno scorso), un margine operativo lordo di 4,1 milioni (0,9 milioni) e un utile netto di 2,1 milioni a fronte della perdita di 0,4 milioni del primo trimestre 2017.
Non solo: la posizione finanziaria netta al 31 marzo è risultata positiva per 13,1 milioni (era negativa per 18,6 milioni alla stessa data dell'anno scorso) e il patrimonio netto è raddoppiato negli ultimi dodici mesi salendo da 30,5 a 61,1 milioni.
Oggi è stata una seduta favorevole anche per la genovese Erg e per Dea Capital, le quali hanno fatto registrare i loro nuovi record storici. L'azione Erg ha raggiunto la vetta dei 20,60 euro (+1,98% rispetto a venerdì) e l'ultimo prezzo della Dea Capital è stato di 1,596 euro (+0,50%).
L'Orso, invece, ha attaccato Visibilia Editore, Cover 50 e Borgosesia, tutte e tre nella lista delle dieci azioni che hanno subito i maggiori ribassi della giornata. In particolare, l'ultimo prezzo di Visibilia Editore (Daniela Santanchè) è stato di 0,0646 euro, inferiore del 7,71% al precedente e il più basso da più di due anni. Cover 50 ha chiuso a 10,60 euro (-4,93%) e Borgosesia a 0,60 euro (-4%).

Auto, 116.460 acquisti nei primi 4 mesi quasi 139.000 radiazioni nell'anno scorso


Novità sul mercato automobilistico. Due specifiche sul Nord Ovest e una nazionale. Per quanto riguarda l'intera Italia, l'ultima indagine dell'Istat, l'istituto centrale di statistica, rivela che nel mese scorso l'11,6% del campione monitorato ha risposto di avere l'intenzione di comprare un'auto nuova nei prossimi dodici mesi, “certamente” o “molto probabilmente”. E' il valore mensile più alto dal 2010. Nell'aprile del 2017 le intenzioni di acquisto certe o molto probabili erano al 7,9% e al 9,2% ancora nel gennaio appena passato. Invece, in aprile è scesa al 77,1% la quota degli intervistati sicuri di non comprare un'auto nuova nei prossimi dodici mesi, mentre era dell'80,4% all'inizio dell'anno.
Passando ai consuntivi, l'Anfia, l'associazione che rappresenta la filiera dell'industria automobilistica italiana, ha comunicato che nel primo quadrimestre 2018 sono state 116.460 le immatricolazioni di vetture nuove nelle tre regioni del Nord Ovest. In particolare, dal primo giorno di gennaio all'ultimo di aprile, ne sono state registrate 75.332 in Piemonte (-0,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso), 29.095 in Valle d'Aosta (+7,5%) e 12.033 in Liguria (-8%).
In tutto il Paese, le nuove immatricolazioni del primo quadrimestre sono risultate 746.143 (+0,3%), delle quali il 10,1% appunto in Piemonte, il 3,9% in Valle d'Aosta e l'1,6% in Liguria, quota superiore soltanto a quelle dell'Umbria (1,2%), degli Abruzzi (1,4%), della Basilicata (0,4%), del Molise (0,2%), della Calabria e della Sardegna (0,4%).
A sua volta, l'Unrae, l'unione dei costruttori autoveicolistici esteri operanti in Italia, in seguito a un suo specifico studio, ha trovato che nell'intero 2017 sono state 138.815 le radiazioni di auto nel Nord Ovest (vetture cancellate dal Pra per rottazione o per la loro esportazione). In Piemonte le radiazioni sono state 106.128 (+4% rispetto al 2016), in Liguria 26.925 (-5,3%) e in Valle d'Aosta 5.762 (-9,1%).
A livello nazionale, le radiazioni sono risultate 1.380.903 (+2,1%). Di queste 46.855 erano Euro 0, 80.917 Euro 1, 413.647 Euro 2, 389.407 Euro 3 e 330.934 Euro 4. Di conseguenza, al 31 dicembre 2017 sono diventate 37.160.000 le auto circolanti in Italia, delle quali 1,5 milioni ancora Euro 0 e quasi 7,6 milioni rispondenti alle Direttive ante Euro 3 immatricolate prima del 2001 e, perciò, più di 17 anni fa.

In Piemonte 42.908 le imprese di stranieri nei primi tre mesi 2018 ne sono nate 1.425

Vincenzo Ilotte, presidente Camera di commercio di Torino

Avanti stranieri. In tutto il Piemonte, al 31 marzo, sono risultate 42.908 le imprese attive in capo a stranieri, mentre erano 41.671 alla stessa data dell'anno scorso. Nei primi tre mesi ne sono nate 1.425 e ne sono scomparse 1.126. Il loro tasso di crescità è stato dello 0,70% a livello regionale, media superata dalle sole province di Vercelli (1,34%) e di Torino (0,84%). In particolare, la provincia di Torino al 31 marzo contava 25.389 aziende di stranieri in attività, Alessandria 4.133, Asti 2.271, Biella 1.089, Cuneo 4.030, Novara 3.367, Verbania 1.038 e Vercelli 1.591.
A Torino e nella sua provincia, nel primo trimestre di quest'anno, sono ancora aumentate le imprese che fanno capo a stranieri e la loro densità. E il fenomeno è ancora più evidente dato che le imprese di stranieri hanno un tasso di crescita positivo, mentre il sistema imprenditoriale locale, nel suo complesso, continua a impoverirsi, presentando più chiusure di aziende che nuove aperture.
I dati, forniti da Infocamere (Camere di commercio): dal primo giorno di gennaio al 31 marzo, in Torino e provincia hanno avviato l'attività 841 imprese di stranieri, mentre l'hanno cessata 630. Il saldo è positivo per 211 unità, così che il numero delle imprese di stranieri è diventato pari all'11,5% delle 220.801 imprese registrate nell'intera provincia, mentre era ancora dell'11,1% un anno prima.
La provincia di Torino si è confermata quella piemontese con la maggiore densità di imprese di stranieri, precedendo anche quelle di Novara (11,1%) e di Vercelli (9,9%, esattamente uguale alla media regionale). Al contrario, le province con i più bassi tassi di imprese di stranieri sono quelle di Cuneo (5,9%) e di Biella (6,1%), precedute da Verbania (7,9%), Alessandria (9,6%) e Asti (9,7%).
Dall'anagrafe Infocamere emerge che, nel primo trimestre di quest'anno, Alessandria e provincia hanno registrato 124 nascite di imprese di stranieri (106 le cessazioni di attività), Asti 84 (72), Biella 30 (29), Cuneo 165 (142), Novara 96 (90), Verbania 32 (25) e Vercelli 53 (32).
La provincia di Torino si trova al terzo posto nella graduatoria nazionale 2017 per numero di imprese di stranieri (tali sono considerate da Infocamere quelle con una partecipazione di persone non nate in Italia complessivamente superiore al 50%, mediando le composizioni di quote di partecipazione e cariche attribuite). Torino è preceduta soltanto da Milano, che al 31 dicembre ne contava 54.458 e da Roma, arrivata a 65.279. Allora, in tutto il Paese erano 587.499, pari al 9,6% dei 6.090.481 iscritte nei registri delle rispettive Camere di commercio.
I tre settori con più imprese di stranieri sono il commercio al dettaglio, lavorazioni specialistiche nell'edilizia e ristorazione.

Borsa: la grande corsa di Intesa Sanpaolo con il "pilota" fuoriclasse Carlo Messina


“La domenica del 29 settembre 2013, quando Carlo Messina ne è stato nominato consigliere delegato e direttore generale, Intesa Sanpaolo era valutata dalla Borsa 26,011 miliardi di euro. Venerdì scorso, alla fine delle contrattazioni, 52,724 miliardi. Un po' più del doppio. L'ultimo prezzo dell'azione ordinaria è stato di 3,146 (2,828 euro un anno fa) e di 3,296 euro quello dell'azione di risparmio (2,670 euro). In un anno, il valore della prima è ancora aumentato del 10,39% e del 22,62% quello della seconda”.
Carlo Messina, consigliere delegato e direttore generale Intesa Sanpaolo
Incomincia così l'articolo pubblicato oggi, 13 maggio, dal Corriere Torino, edizione del Corriere della Sera, che tutte le domeniche dedica una rubrica - “Piemontesi in quota” - a società della regione trattate in Piazza Affari.
L'articolo prosegue così: “Inoltre, tra dieci giorni, gli azionisti di Intesa Sanpaolo si divideranno un monte dividendo di 3,4 miliardi (0,203 euro per ogni titolo ordinario e 0,214 per ogni titolo di risparmio), dopo avere incassato, sempre come remunerazione del capitale investito, 3 miliardi nel 2016, 2,4 miliardi nel 2015 e 1,2 miliardi nel 2014, anno del primo bilancio “targato” Carlo Messina (il precedente riportava una perdita netta di 4,550 miliardi, a causa della svalutazione di avviamenti e attivi intangibili per 5,8 miliardi)”.
A proposito ancora di dividendi, il giornalista ha ricordato che il piano di impresa 2018-2020 contiene l'impegno alla distribuzione di dividendi cash pari all'85% dell'utile netto per il 2018, all'80% per il 2019, al 75% per il 2020 e al 70% per il 2021. Una manna.
Sia per il rendimento delle azioni (dividend yeld) e le performance borsistiche sia per i risultati gestionali (il bilancio 2017 del Gruppo riporta un utile netto di 7,313 miliardi, dopo i 3,111 miliardi del 2016, i 2,739 miliardi del 2015 e i 1,251 miliardi del 2014; in più, il patrimonio netto è salito dai 44,515 miliardi del 31 dicembre 2013 ai 56,205 miliardi della stessa data 2017)” - riporta ancora il Corriere Torino - spiegano perchè gli azionisti di Intesa Sanpaolo siano molto soddisfatti dell'operato di Carlo Messina, romano, classe 1962, laurea in Economia e commercio alla Luiss, primo lavoro bancario in Bnl, dirigente di Intesa Sanpaolo da vent'anni”.
Oltre 1.100 sportelli, 4.600 dei quali in Italia, dove è leader, 7,7 milioni di clienti, il gruppo Intesa Sanpaolo, ha come principale azionista la Compagnia di San Paolo, fondazione torinese di origine bancaria che detiene il 7,538% del capitale ordinario della capogruppo e il 7,22% del totale. Quote destinate, però, a ulteriori cali, per rispettare il protocollo Acri-Mef.

Fondazioni: la De Mari ha ripreso quota Savigliano e Bra aumentano il patrimonio

Federico Delfino, presidente Fondazione De Mari

Assorbita la mazzata Carige, Banca della quale possiede solo più lo 0,02%, la Fondazione Agostino De Mari di Savona ha ripreso slancio, come dimostra il suo bilancio 2017. L'avanzo netto (utile netto) dell'esercizio è stato di 3,814 milioni, a fronte dei 2,194 del 2016 e tale da consentire l'accantonamento di 1,123 milioni ai fondi per l'attività d'istituto (66.086 l'anno precedente) e di 190.678 alla riserva per l'integrità del patrimonio (109.686). Così, i fondi per l'attività statutaria sono cresciuti a 5,243 milioni (4,559); in particolare, il fondo di stabilizzazione delle erogazioni, riserva preziosa per i tempi difficili, è stato portato a 3,250 milioni dai 2,5 milioni di fine 2016.
La Fondazione Agostino De Mari – presidente Federico Delfino, vice Lorenza Dellepiane e direttore il bravo ed esperto Giulio Tarasco – ha avuto proventi per complessivi 6 milioni, circa 2 in più dell'anno prima (2,755 milioni sono stati incassati come dividendo dalla Cassa Depositi e Prestiti, della quale la Fondazione savonese possiede lo 0,275% del capitale). Nell'esercizio gli oneri sono stati ridotti da 1,097 milioni a 954.032 euro, compresi quelli per gli organi statutari calati da 311.614 a 275.778 euro. Il vertice ha deliberato 138 stanziamenti, per un totale di 2,257 milioni.

Donatella Vigna (prima a sinistra), presidente Fondazione Cr Bra
Fondazione Cassa di Risparmio di Bra. L'ente presieduto da Donatella Vigna (vice è Luciano Piana) e con Luisa Asteggiano Segretario generale, nel 2017 ha deliberato 58 stanziamenti per complessivi 317.396 euro. L'avanzo di esercizio è stato di 229.967 euro, inferiore ai 275.566 euro del 2016, nonostante l'abbattimento degli oneri, calati da 312.55 a 228.663 euro (in particolare la somma dei compensi e dei rimborsi spese per gli organi statutari è scesa da 142.571 a
128.639 euro). Sull'ammontare delle entrate hanno pesato la diminuzione degli interessi e proventi assimilati da 527.407 a 486.951 euro e la svalutazione di strumenti finanziari non immobilizzati per 143.513 euro. Comunque, il patrimonio netto al 31 dicembre è risultato pari a 37,524 milioni, 46.000 euro in più rispetto alla stessa data 2016. I fondi per l'attività dell'istituto sono pari a 916.649 euro, 562.486 dei quali costituiti dal fondo di stabilizzazione delle erogazioni.
La Fondazione Cassa di Risparmio di Bra ha il 92% dell'attivo impegnato come partecipazione della banca conferitaria, la Cassa di Risparmio di Savigliano, della quale possiede il 33% del capitale, mentre la quota restante è di Bper – Banca Popolare dell'Emilia Romagna. In portafoglio ha anche lo 0,0031% della Cassa Depositi e Prestiti e lo 0,00667% della Banca d'Italia.

Sergio Soave con Sergio Chiamparino
Altra piemontese con la maggioranza assoluta del capitale della banca conferitaria è la Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano, la quale ha circa il 69% della Banca Crs -Banca Cassa di Risparmio di Savigliano, anch'essa partecipata dalla Bper. La quota della sua Banca ha un valore di 28,753 milioni a bilancio e un valore di mercato di 55,360 milioni. Nel 2017 ne ha ricevuto un dividendo i 829.665 euro, costituenti buona parte dei proventi complessivi, ammontati a 1,123 milioni (+159.367 euro rispetto al 2016).
Grazie all'aumento delle entrate e alla diminuzione degli oneri, calati da 226.671 a 196.647 euro, l'avanzo dell'esercizio è cresciuto da 534.525 a 712.690 euro. Tale da consentire di accantonare ai fondi per l'attività dell'istituto 551.142 euro (413.770 nel 2016), dei quali 264.356 al fondo di stabilizzazione delle erogazioni, diventato di 926.649 euro. A proposito di erogazioni, va rilevato che, l'anno scorso, ne sono state deliberate per 464.427 euro e pagate per 572.690.
Il patrimonio netto è aumentato di 142.538 euro raggiungendo così i 35,631 milioni, comunque il valore minore di tutte le fondazioni piemontesi di origine bancaria.
La Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano è presieduta, dal giugno dell'anno scorso, da Sergio Soave, già sindaco della sua città per tre mandati e, fra l'altro, parlamentare per tre legislature. Carla Giobergia è vice presidente, Federica Somale Segretario generale.

Banca Carige torna all'utile, ma la Bim no Gruppo Sella aumenta l'attività non il Cet1


Banche in recupero di redditività. Lo dimostrano i bilanci del 2017 e anche le prime trimestrali. Naturalmente il fenomeno riguarda quasi tutti gli istituti, ma non proprio tutti. Così, mentre persino la travagliata Banca Carige ha appena annunciato di avere conseguito un utile netto di 6,4 milioni nei primi tre mesi 2018, dopo quattro anni in rosso e la perdita di 41,1 milioni nel gennaio-marzo 2017; la torinese Bim-Banca Intermobiliare ha denunciato un ulteriore risultato negativo di 6,4 milioni nel trimestre iniziale di questo esercizio e il calo della raccolta complessiva a 6,3 miliardi dai 7,4 miliardi del 31 dicembre scorso.
Maurizio Sella, numero 1 dell'omonimo Gruppo di Biella
Il Gruppo Sella ha chiuso il primo trimestre 2018 con un utile netto di 8,4 milioni, che sarebbero stati 6,9 senza la componente straordinaria derivante dalla partecipazione in Banque Martin Maurel Sella. Nello stesso periodo del 2017 l'utile netto era stato di 34,2 milioni (9,1 milioni senza la plusvalenza conseguente alla vendita della partecipazione nella Compagnie Financière Martin Maurel).
A livello consolidato la raccolta globale del Gruppo Sella è salita del 3,1% a 36,4 miliardi (12,8 miliardi la raccolta diretta, cresciuta del 15,9%) e gli impieghi sono aumentati del 7,7% a 8,6 miliardi. L'incidenza dei crediti deteriorati netti sugli impieghi netti è stata del 5,4%, migliorata rispetto al 6,4% di fine 2017. Il Cet1 del Gruppo al 31 marzo è risultato dell'11,49% (12,23% al 31 dicembre) e del 14,58% (15,10%) quello di Banca Sella.
Banca Patrimoni Sella & C, nell'intero 2017 ha ottenuto un utile netto di 8,060 milioni (7,171 nel 2016), corrispondente a un roe dell'11% (redditività del capitale proprio), superiore al 10,4% dell'esercizio precedente. Il patrimonio netto è salito da 75,479 a 80,300 milioni, ma il Cet1 è calato al 14% dal 16,57% del 31 dicembre 2016. E' diminuita anche la raccolta diretta della clientela a 1,260 miliardi (-2,8%), mentre sono cresciuti del 20,4% i costi operativi, ammontati a 47,263 milioni, 29,411 dei quali dovuti al personale (+24%), per effetto soprattutto dell'aumento dei dipendenti, diventati 276 (erano 243 a fine 2016).
Banca Patrimoni Sella & C conta anche 363 consulenti finanziari e ha 13 succursali. E' presideduta da Maurizio Sella, padre di Federico, che è amministratore delegato e direttore generale. Vice presidenti sono Massimo Coppa e Mario Deaglio.
Bcc di Casalgrasso e Sant'Albano Stura. Presieduta da Alberto Osenda e guidata da Mauro Giraudi, nuovo direttore generale, la Banca di credito cooperativo, che conta oltre 7.400 soci, ha chiuso il bilancio 2017 con un utile netto di 4,4 milioni (+21,8% rispetto all'esercizio precedente), un patrimonio netto di 65,6 milioni (+8,8%) e un Cet1 del 16,89% (indice di solidità). I prestiti a imprese e famiglie hanno superato i 90 milioni, le sofferenze nette sono risultate pari allo 0,93% dei crediti in essere.

Intesa Sanpaolo: Mauro Micillo vincitore del campionato trimestrale per Divisioni

Mauro Micillo

Mauro Micillo. E' lui il vincitore del “campionato” trimestrale del gruppo Intesa Sanpaolo. La divisione Corporate e Investment Banking, infatti, è quella che ha fatto segnare il maggiore incremento dell' utile netto, ammontato a 671 milioni, l'84,8% in più rispetto al primo trimestre dell'anno scorso.
Così, Mauro Micillo, responsabile della Divisione Corporate e Investment Banking ha battuto anche Stefano Barrese, numero 1 della Divisione Banca dei Territori, che dall'inizio di gennaio alla fine di marzo, ha aumentato l'utile netto del 13,1%, salito a 415 milioni.
Sul terzo gradino del podio è finito Paolo Molesini, responsabile della Divisione Private Banking, il cui utile netto è cresciuto del 6,1% rispetto al primo trimestre 2017, risultando perciò di 242 milioni. Del 5,2% è stato l'incremento dei profitti della Divisione Asset Management, guidata da Tommaso Corcos e arrivata a un utile netto di 121 milioni.
La Divisione Insurance, al cui vertice operativo si trova Nicola Maria Fioravanti, ha conseguito un utile netto di 199 milioni, il 2,1% in più rispetto al primo trimestre dell'anno scorso.
Unica Divisione del Gruppo a evidenziare un calo del risultato netto nei confronti dei primi tre mesi del 2017 è quella che presidia le attività all'estero, International Subsidiary Banks:il suo utile netto è stato di 183 milioni, inferiore del 48,6% al precedente. La Divisione International Subsidiry Banks, che ha a capo Ignacio Jaquotot, è anche l'unica ad avere evidenziato un confrontro trimestrale negativo per quanto riguarda il risultato economico operativo, diminuito dell'1,3% a 237 milioni.
Anche relativamente al tasso d'incremento del risultato economico operativo conseguito nel primo trimestre 2018 a vincere è stato Mauro Micillo, perchè la Divisione Corporate e Investment Banking ha fatto segnare un aumento del 55,6% (910 milioni). Al secondo posto Stefano Barrese (Divisione Banca dei Territori) con il 14,3% (1,040 miliardi), al terzo Tommaso Corcos (Divisione Asset Management) con il 6,9% (154 milioni). Seguono Paolo Molesini con l'1,8% (il risultato della gestione operativa della Divisione Private Banking è stato di 343 milioni) e Nicola Maria Fioravanti con l'1,4% (283 il risultato della gestione operativa della Divisione Insurance).
Il risultato della gestione operativa del gruppo Intesa Sanpaolo, guidato da Carlo Messina, è stato di 2,508 miliardi (+24% rispetto al primo trimestre 2017) e di 1,252 miliardi l'utile netto, a fronte dei 901 milioni del primo trimestre 2017.

Banco Azzoaglio: nel 2017 utile boom

Erica Azzoaglio 

Boom dell'utile netto nel bilancio 2017 del Banco Azzoaglio, l'istituto di Ceva che nel 2019 compirà i 140 anni e che, dalla sua fondazione, appartiene all'omonima famiglia, impegnata nella gestione anche con suoi esponenti. Fra l'altro, dall'aprile dell'anno scorso, Francesco Azzoaglio è presidente del Comitato esecutivo della banca, organo che ha assunto le deleghe precedentemente attribuite all'amministratore delegato, figura eliminata. Del Comitato esecutivo fanno parte anche Erica e Simone Azzoaglio, Mauro Catani e Gian Paolo Garello.
Il bilancio 2017 del Banco Azzoaglio riporta un utile netto di 2,647 milioni di euro, superiore del 151,86% rispetto al precedente, che è stato di 1,051 milioni e tale da consentire di mandare 2,1 milioni alla riserva straordinaria e di destinare 415.250 euro come dividendo, in ragione di 1,25 euro per azione. Così il patrimonio netto è salito del 4,2% a 63,407 milioni.
La raccolta totale da clientela è ammontata a 1,591 miliardi, con un incremento del 2,12% sostanzialmente identico a quello degli impieghi alla clientela, risultati pari a 516,2 milioni. Il tasso delle sofferenze nette è leggermente diminuito al 2,57% dei crediti netti alla clientela.
Il Banco Azzoaglio dispone di 19 filiali, 14 delle quali dislocate nelle province di Cuneo e di Torino, 5 in quelle di Savona e Imperia. I dipendenti al 31 dicembre erano 136. Presieduto da Mauro Rebutto e con Giancarlo Fasano direttore generale, il Banco Azzoaglio ha tra le sue partecipazioni una quota del 3,82% della Banca Passadore di Genova, la quale, a sua volta, ha una partecipazione nel Banco Azzoaglio. Inoltre, l'istituto di Ceva ha azioni della Yarpa (finanziaria della famiglia Acutis di Torino), della Banca Patrimoni Sella, controllata dall'omonimo gruppo biellese e della Egea.

Borsa: l'azione Reply al record di 55 euro Visibilia Editore scende al minimo storico


Giovedì “rosso” per diverse quotate del Nord Ovest. Alcune hanno presentato trimestrali non buone, altre hanno subito ribassi pesanti e Visibilia Editore (Daniela Santanché) ha chiuso la seduta di Borsa con il prezzo della sua azione al minimo storico: 0,0664 euro, ancora il 2,64% in meno rispetto a quello di ieri. L'eccezione è stata Reply, che, al contrario ha fatto registrare il suo nuova massimo, arrivando alla vetta dei 55 euro, grazie all'ulteriore incremento del 2,33% di oggi, 10 maggio.
M&C, controllata da Carlo De Benedetti, dopo l'assemblea che ha approvato il bilancio 2017 chiuso con una perdita netta di 19,351 milioni, mandata a nuovo, ha visto il suo titolo scendere del 5,45% a 0,156 euro. E' stato invece del 2,7% il calo dell'azione della Sogefi (gruppo Cir-Cofide, controllato dai figli di Carlo De Benedetti), il cui ultimo prezzo è risultato di 3,214 euro.
Diminuzione giustificata anche dai risultati del primo trimestre della Sogefi, che ha dichiarato un utile netto di 12 milioni (+14,5% rispetto ai corrispondente periodo dell'anno scorso) a livello consolidato, ma una perdita netta di 5,2 milioni da parte della capogruppo, che nei primi tre mesi 2017 aveva perso 4,3 milioni.
Come gruppo, Sogefi ha avuto un fatturato di 421,1 milioni (-2,7% nei confronti del primo trimestre 2017) e un margine operativo lordo di 53,1 milioni, sostazialmente uguale al precedente (53,3 milioni); mentre il suo indebitamento finanziario netto è calato a 254,3 milioni, dai 264 del 31 dicembre scorso.
E' invece aumentato del 33,7%, ma rispetto al 31 marzo 2017, l'indebitamento netto di Buzzi Unicem, risultato infatti di 896,2 milioni. Il gruppo cementiero di Casale Monferrato ha subito un calo dell'8,4% dei ricavi netti, ammontati a 539,1 milioni tra il primo giorno di gennaio e l'ultimo di marzo. L'ultimo prezzo dell'azione ordinaria è stato di 22,60 euro (-0,18% rispetto a ieri).
Centrale del Latte d'Italia: primo trimestre chiuso con un risultato negativo pre imposte sia a livello di gruppo (rosso di 440.000 euro, comunque inferiore a quello dello stesso periodo del 2017, che era stato di 1,1 milioni) sia per la capogruppo, che ha evidenziato una perdita di 361.000 euro prima delle imposte, più che doppia rispetto ai 168.000 euro dei primi tre mesi 2017. I ricavi netti consolidati nel periodo sono ammontati a 45,5 milioni (+5,1%) e il margine operativo lordo a 1,7 milioni (+146%). Peggiorato l'indebitamento finanziario netto, salito a 69,1 milioni dai 62,3 di fine dicembre 2017. Il mercato non ha gradito: l'azione ha chiuso a 3,25 euro, in ribasso del 2,40%.
Piazza Affari ha penalizzato anche la Vittoria Assicurazioni (11,48 euro, l'1,03% in meno) nonostante la trimestrale positiva: utile netto di 22,7 milioni (+4,1%), premi danni aumentati del 6,6% a 205,2 milioni, mentre sono stati pari a 44,6 milioni (-8,4%) i premi Vita. Il totale degli investimenti della Compagnia controllata dalla famiglia torinese di Carlo Acutis è risultato di 3,700 miliardi, cifra superiore del 2,4% a quella di fine 2017. Da allora, il patrimonio netto è salito dello 0,9% a 836,2 milioni.

Camere di Commercio: Liguria in rosso Piemonte ritornato all'avanzo (utile)

Giorgio Marziano, liquidatore di Unioncamere Liguria

Brutta figura del sistema camerale ligure. L'Istat, l'istituto nazionale di statistica, ha appena pubblicato l'analisi dei bilanci delle Camere di commercio italiane, che consente di fare confronti tra i relativi sistemi regionali. 
Così si può evincere che mentre l'insieme delle Camere di commercio del Piemonte è passato da una perdita di 3,088 milioni di euro accusata nel 2015 a un avanzo (utile netto) di 2,633 milioni nel 2016 (ultimo dato disponibile finora), il complesso delle Camere di commercio della Liguria ha addirittura peggiorato il suo risultato economico: il rosso è salito a 2,200 milioni dai 1,460 milioni del 2015.



Ferruccio Dardanello presidente Unioncamere Piemonte
Nel 2016 il sistema camerale piemontese ha registrato proventi correnti pari a 72,592 milioni (78,363 nel 2015), di cui 50,897 milioni per i diritti annuali pagati dalle imprese (55,148 milioni nel 2015). Gli oneri correnti sono calati a 74,775 milioni dagli 89,800 del 2015, comprese le spese per il personale scese a 26,479 milioni dai 27,871 precedenti. Diminuiti, però, anche gli interventi economici delle Camere dai 12,430 milioni del 2015 ai 10,190 milioni del 2016. Drastico il taglio della perdita della gestione corrente, risultata di 2,183 milioni nel 2016 a fronte dei 12,430 milioni dell'anno precedente.
Peggiori, invece, i conti del sistema camerale ligure. Nel 2016, i proventi correnti sono ammontati a 25,837 milioni (29,217 nel 2015), dei quali 18,471 milioni rappresentati dai diritti annuali (20,351 milioni nel 2015). Gli oneri correnti sono scesi a 31,267 milioni dai 36,373 del 2015 (le spese per il personale sono calate da 10,825 milioni a 10,124) e il valore degli interventi economici da 6,829 milioni ai 4,484 milioni del 2016. Il risultato della gestione economica è stato negativo per 5,430 milioni nel 2016 a fronte del rosso di 7,156 milioni dell'anno precedente.
Insomma, dalla disaggregazione dei dati Istat, il sistema delle Camere di commercio di Liguria e Piemonte comunque non ne esce bene, anche se i risultati di altre regioni sono ancora peggiori.

Trimestrali, la Borsa penalizza l'Italgas premia Diasorin, Intesa Sanpaolo e Rcs

Gustavo Denegri (Diasorin)

Tra le quotate del Nord Ovest che hanno appena presentato le loro trimestrali è Diasorin quella che ha avuto le reazioni più favorevoli da parte degli investitori, mentre gli ultimi risultati non hanno soddisfatto gli azionisti dell'Italgas, penalizzata, oggi, con un ribasso dell'1,09%, a 5,088 euro. Nonostante tutti i segni più emersi dal consuntivo dei primi tre mesi dell'Italgas: rispettto al corrispondente periodo dell'anno scorso, i ricavi totali aumentati dell'1% a 281 milioni, il margine operativo lordo è stato di 198,4 milioni (+2,7%) e di 74,7 milioni l'utile netto (+4,5%). Non solo, l'indebitamento finanziario netto è sceso a 3,656 milioni, dai 3,720 milioni del 31 dicembre. Forse, il mercato si aspettava di più dal gruppo torinese, che ha una rete di oltre 67.000 chilometri per la distribuzione del gas, 7,5 milioni di contatori attivi, 1.695 concessionari e ha fatto investimenti tecnici per 106,1 milioni dall'inizio dell'anno alla fine di marzo.
Piazza Affari ha invece premiato Diasorin, la cui azione oggi, 9 maggio, ha chiuso la seduta borsistica a 80,40 euro, il 2,68% in più rispetto a ieri, quando la società di Saluggia, che fa capo a Gustavo Denegri, ha presentato la trimestrale. Consuntivo che presenta un utile netto di 38,3 milioni (+16,6%), un margine operativo lordo di 63,3 (+1,3%) e un fatturato di 164,5 (+4,4%). La posizione finanziaria netta al 31 marzo 2018 è positiva per 168,6 milioni, a fronte dei 149,3 milioni del 31 dicembre scorso.
Buono, ma contenuto, l'effetto borsistico al bilancio trimestrale di Intesa Sanpaolo, che, fra l'altro, prevede un dividendo 2019 ancora più alto di quest'anno. Dal primo giorno di gennaio all'ultimo di marzo, il gruppo guidato da Carlo Messina, ha conseguito un utile netto di 1,252 miliardi rispetto ai 901 milioni del primo trimestre dell'anno scorso, ha aumentato i proventi operativi netti a 4,806 miliardi dai 4,350 precedenti e il risultato corrente a 1,536 miliardi (1,514 nel corrispondente periodo 2017). Oltre ad avere ulteriormente ridotto, in misura rilevante, i suoi Npl, crediti di difficile riscossione.
Rcs MediaGroup (gruppo Cairo) ha presentato oggi i suoi conti del trimestre, dai quali emerge, innanzi tutto, un utile netto di 6 milioni, a fronte della perdita di 5,7 milioni dei primi tre mesi 2017. E' il primo profitto dopo dieci anni. E la Borsa di Milano l'ha salutato con un immediato rialzo dell'1,54% dell'azione, risalita a 1,19 euro. Il margine operativo lordo è balzato a 20,2 milioni (+67% rispetto ai 12,1 milioni precedenti), mentre i ricavi sono cresciuti di soli 3 milioni, a 216,3 milioni. Però, Urbano Cairo ha ancora ridotto di oltre 28 milioni l'indebitamento finanziario portandolo a 259,2 milioni dai 287,4 del 31 dicembre e ha confermato l'obiettivo di scendere sotto i 200 milioni alla fine dell'anno.
Oggi, l'azione Dea Capital (gruppo De Agostini di Novara) ha chiuso a 1,582 euro, superiore del 2,20% a ieri e nuovo massimo storico. Seduta molto favorevole anche per la torinese M&C (Carlo De Benedetti), che ha fatto segnare un rialzo dell'8,55%, il sesto maggiore della giornata, e per la genovese Banca Carige, che ha recuperato quota 0,0089 euro, grazie all'incremento del 5,95%, il decimo più alto.