Risale il debito anche di Comuni e Regioni

E' durata un mese l'illusione che il debito pubblico italiano avesse incominciato a calare, dopo tanto tempo di crescita quasi ininterrotta. L'illusione l'aveva data agosto, quando il debito era risultato di 2.279,2 miliardi, 21,3 miliardi meno che in luglio. Ma, settembre ha fatto segnare un nuovo aumento, l'ennesimo. Infatti, la Banca d'Italia ha comunicato che il debito pubblico è risalito a 2.283,667 miliardi, 70 in più rispetto a un anno fa e oltre 32 in più dall'inizio del 2017.
E poi c'è chi si lamenta se dall'estero chiedono al governo italiano di prendere provvedimenti e di cambiare rotta. Perché è probabilmente vero che il nostro debito resta sostenibile, come ripete Pier Carlo Padona, il ministro dell'Economia e delle Finanze, e come confermano i sottoscrittori dei titoli di Stato (basta vedere la raccolta dell'ultimo Btp Italia); ma non può non preoccupare l'inarrestabilità della crescita di un debito che, fra l'altro, è tra i più elevati al mondo.
Comunque, se può consolare, continua invece a calare il debito delle Amministrazioni locali, cioè Regioni e Province autonome, Province ordinarie e città metropolitane, Comuni e altri enti pubblici territoriali come le Comunità montane. Banca d'Italia, ha rilevato che le Amministrazioni locali presentavano un debito di 88,229 miliardi a settembre, inferiore a quello di agosto (88,286) e dei mesi precedenti: nel settembre del 2016 ammontava ancora a 91,670 miliardi e a 96,254 miliardi a ottobre del 2015.

Però, a rivelarsi virtuose anche in settembre sono state soltanto le Province e le Città metropolitane (7,364 miliardi il loro debito) e gli “altri enti” (10,142 miliardi), non le Regioni e le Province autonome (debito di 30,445 miliardi a fronte dei 30,277 di agosto e i 30,165 di luglio), né i Comuni (debito di 40,277 miliardi contro i 40,199 di agosto i 40,254 di luglio).  
Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio

Ecco quanto vale il Nord Ovest in Borsa

Oltre 71 miliardi di euro (per la precisione, 71,252 al 31 ottobre appena passato): è il valore attribuito dalla Borsa italiana alle imprese del gruppo Agnelli-Elkann-Nasi quotate a Pizza Affari, Una somma che pone la famiglia torinese nettamente in testa alla classifica basata sulla capitalizzazione delle società facenti capo, in qualche modo, a soggetti del Nord Ovest. Le quotate controllate dalla famiglia che fa riferimento a John Elkann sono Fca-Fiat Chrysler Automobiles (22,826 miliardi la sua capitalizzazione alla fine del mese scorso), Ferrari (19,794 miliardi), Cnh Industrial (14,712 miliardi), Exor (13,177) e Juventus (745,5 milioni).
In questa particolare graduatoria, al secondo posto si trova Intesa Sanpaolo, il colosso bancario che ha come maggiore azionista la Compagnia di San Paolo, presieduta dal savonese-torinese Francesco Profumo, con poco più del 9% del capitale, quota destinata a calare notevolmente a causa del protocollo d'intesa sottoscritto dal Mef e dalle fondazioni di origine bancaria, tutte tranne un paio (una è la Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano). Al 31 ottobre, il mercato valutava Intesa Sanpaolo circa 48,277 miliardi.
Sul podio del Nord Ovest c'è poi la famiglia Gavio di Tortona, con la capitalizzazione di 5,666 miliardi, derivanti dai 3,317 miliardi della Sias e dai 2,349 miliardi della Astm-Autostrada Torino Milano. Gavio è il quarto maggior operatore autostradale al mondo.
Al quarto posto si trova Buzzi Unicem, il gruppo cementiero di Casale Monferrato, attivo anche negli Usa, in Messico e in Russia. Buzzi Unicem, controllato e gestito saldamente dalla famiglia Buzzi, è valutato, da Piazza Affari, 4,449 miliardi, quindi 128 milioni in più della Diasorin, impresa di Saluggia (Vercelli) leader mondiale nel mercato della diagnostica in vitro e con il torinese Gustavo Denegri principale azionista. Diasorin, guidata da Carlo Rosa, amministratore delegato e secondo maggior socio, a fine ottobre capitalizzava 4,371 miliardi.
In sesta posizione figura Italgas con 5,064 miliardi. La società nata 180 anni fa nel capoluogo subalpino, prima in Italia per la distribuzione di gas e tornata in Borsa, con successo, dopo 13 anni di assenza, è controllata dalla Cdp-Cassa Depositi e Prestiti, ma resta torinese a tutti gli effetti e, fra l'altro, è torinese il suo amministratore delegato, Paolo Gallo.
E può essere considerata torinese, almeno in parte e non secondaria, Iren, la multiutility presieduta dal piemontese Paolo Peveraro. Iren, al cui controllo partecipa il Comune con la Mole, è stata valutata da Piazza Affari poco meno di 2,829 miliardi, cifra che comporta il settimo posto nella classifica di fine ottobre.
A questo punto, cioè all'ottavo posto, si è piazzata la famiglia De Benedetti, che controlla ben sei società nella Borsa di Milano, le quali hanno, complessivamente, una capitalizzazione che sfiora i 2,416 miliardi: Cir (1 miliardo), Sogefi (506 milioni), Cofide (439 milioni), Gedi (un po' più di 391 milioni), M&C (poco più di 79 milioni). Quest'ultima è controllata personalmente da Carlo De Benedetti.
A ruota della famiglia De Benedetti, distanziata di 252 milioni, è risultata la famiglia genovese Garrone-Mondini, la cui Erg, a fine ottobre, capitalizzava 2,164 miliardi, tanti da precedere la Replay della famiglia subalpina Rizzante, decima con poco meno di 1,729 miliardi.
Ad aprire la seconda parte della graduatoria, quella della seconda decina, è Urbano Cairo, patron del Toro, oltre che numero 1, come azionista e come amministratore, della Cairo Communication (capitalizzazione superiore ai 582 milioni) e della Rcs-Rizzoli Corriere della Sera (667 milioni). Totale delle due sue quotate: quasi 1,250 miliardi e undicesima posizione nella classifica del Nord Ovest, dove Cairo precede, nell'ordine, la Vittoria Assicurazioni della famiglia subalpina Acutis (capitalizzazione di 806,3 milioni al 31 ottobre), dodicesima; Prima Industrie, presieduta da Gianfranco Carbonato (poco meno di 438 milioni) tredicesima e Dea Capital (405 milioni) della famiglia novarese Boroli-Drago, a capo del gruppo De Agostini, il quale possiede, fra l'altro, la maggioranza assoluta di Igt, impresa che ha registrato ricavi per 4,675 miliardi di euro nel 2016 ed è quotata alla Borsa di New York. Negli asset di Igt spicca Lottomatica, a capo del consorzio che gestisce il gioco del Lotto nel nostro Paese.
In quindicesima posizione, con la capitalizzazione di 257,4 milioni ecco Tecnoinvestimenti, la società con Enrico Salza presidente e Pier Andrea Chevallard amministratore delegato (ne primi nove mesi 2017 ha registrato ricavi per 127,1 milioni e un utile netto di 14,3, superiore del 108,4% a quello del corrispondente periodo precedente).
Tecnoinvestimenti è seguita dalla Basicnet di Marco Boglione (marchi Robe di Kappa, Jesus Jeans, Kappa, Superga, Ki-Way, Sebago) valutata dalla Borsa circa 214 milioni, che la rendono sedicesima, davanti alla Orsero di Albenga, la cui capitalizzazione a fine ottobre è risultata pari a 185,1 milioni. A quella data, Orsero, leader per l'importazione e la distribuzione di prodotti ortofrutticoli, per Piazza Affari, valeva 37,2 milioni di Banca Carige (176,7 milioni), lo storico istituto genovese in gravi difficoltà, dopo essere stato il sesto maggiore in Italia.
Sopra i cento milioni erano valutate, allora, anche la Pininfarina (capitalizzazione di 119,3 milioni) e la Bim-Banca Intermobiliare (105,6 milioni), che chiude l'elenco delle prime 20 società del Nord Ovest più capitalizzate.
Il terzo gruppo, si apre con Casa Damiani (oreficeria-gioielleria), quotata controllata dall'omonima famiglia alessandrina di Valenza Po. Ammonta a 93,5 milioni il valore attribuito alla Damiani dal mercato, che, al 31 ottobre, valutava 85,1 milioni la Boero Bartolomeo, storica impresa genovese di vernici, appartenente all'omonima famiglia che ha già comunicato la volontà di uscire dal listino.
Dopo la Boero, nella graduatoria di fine ottobre, si trovano la Centrale del Latte d'Italia (capitalizzazione di 52,1 milioni), la Cover 50 (pantaloni PT) con 50,3 milioni, la biellese Cdr Advance, che ha acquisito la Borgosesia (36,6 milioni fra tutte e due), la Fidia (macchine utensili) con 31,7 milioni; l'Italia Independent di Lapo Elkann, con 27 milioni.

All'ultimo posto si trova la cuneese Daniela Garnero Santanché, numero uno sia di Ki Group (capitalizzazione di 15,1 milioni) sia di Visibilia (5,2 milioni). 
John Elkann (71,2 miliardi)

Francesco Profumo (48,3 miliardi)

Boom di partite Iva in Val d'Aosta

Boom di aperture di partite Iva, in Valle d'Aosta, nel settembre appena passato. Lo ha riferito il ministero dell'Economia e delle Finanze, precisando che la Valle d'Aosta ha fatto registrare un incremento del 43,3% di nuove partite Iva rispetto allo stesso mese del 2016. In nessuna altra regione si è avuto un aumento così consistente. Gli altri aumenti maggiori sono stati rilevati in Sicilia (+21,1%) e nelle Marche (+11,6%). A livello nazionale, la crescita è risultata dell'1,7%, ammontando a 40.715 le nuove partite Iva aperte in settembre.
Il boom valdostano può essere interpretato in due modi diversi: positivamente o negativamente. La forte crescita di persone che avviano un'attività in proprio (sono, mediamente, tre quarti delle partite Iva), infatti, può essere una conseguenza delle difficoltà a trovare un lavoro subordinato, a ottenere un'assunzione. In questo caso, sarebbe un'ulteriore prova della gravità della crisi economica e occupazionale. Crisi certamente patita anche dalla Valle d'Aosta.
Però, quel forte incremento di lavoratori autonomi, può anche significare che c'è stata un'accelerazione dello spirito d'iniziativa personale, della propensione all'imprenditorialità, intesa in senso ampio, comprendendo, perciò, il piccolo commercio, l'artigianato, la libera professione, l'attività in proprio nell'universo dei servizi, alla persona piuttosto che alle imprese. Sarebbe un fenomeno decisamente positivo, perché comporta valore aggiunto e riduce la disoccupazione.
Comunque, la ripresa della natalità delle partite Iva, emersa in settembre, in Valle d'Aosta e nell'insieme dell'Italia, è in controtendenza. Infatti, come aveva evidenziato la Cgia di Mestre, associazione locale degli artigiani e delle piccole imprese, dal 2008 al 30 giugno scorso, i lavoratori autonomi sono diminuiti di circa 62.000 unità nel Nord Ovest e di 297.500 in tutto il Paese. In particolare, alla fine del primo semestre di quest'anno, ne sono stati censiti 415.800 in Piemonte e Valle d'Aosta insieme (erano poco meno di 460.000 nel 2008) e 152.500 in Liguria (erano 170.300). Nell'intera Italia, le partite Iva correlate agli autonomi sono calate a 5,124 milioni dai 5,421 milioni del 2008.
Tornando ai dati di settembre, il Dipartimento delle Finanze, ha rilevato che il 72,5% delle nuove aperture di partite Iva è avvenuto da parte di persone fisiche, il 22,9% da società di capitali e il 3,9% da società di persone. Quanto al settore produttivo, è il commercio a mostrare il maggior numero di nuove partite Iva (20,8% delle aperture), seguito dalle attività professionali (14,2%) e dall'agricoltura (9,6%).
Ancora un paio di dati: il 46,3% degli avviamenti è attribuibile a giovani fino a 35 anni ed è nato all'estero il 18,1% delle persone che hanno aperto una partita Iva in settembre.
Laurent Viérin, presidente Valle d'Aosta

"Croce Rossa" Chiamparino

E' solo un esempio, tra i più recenti, che conferma una delle tante “stranezze” degli amministratori pubblici. Gtt, l'azienda dei trasporti torinesi controllata dal Comune, è in gravi difficoltà. Idem la Fondazione per il Libro. Ed ecco che Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, dice: noi siamo pronti a darvi una mano. Basta chiederla. Pronti ad aprire il portafoglio. Sembra quasi incredibile, dato che gli stessi amministratori piangono continuamente miseria, sostenendo che non hanno soldi e perciò non possono fare interventi, che pure sarebbero necessari, se non indispensabili e improrogabili o, quanto meno, opportuni.
Ed ecco, invece, che i soldi si possono trovare, escono quasi miracolosamente, Com'è? Allora, una domanda diventa lecita: c'è la consapevolezza che le risorse pubbliche sono della comunità, non dei loro gestori pro tempore e vanno gestite con la diligenza del buon padre di famiglia?
Sergio Chiamparino, presidente Regione Piemonte

Pininfarina cambia marcia

Nei primi nove mesi di quest'anno, la Pininfarina ha cambiato marcia rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso: ha aumentato del 20,1% il valore della produzione, salito da 51,7 a 62,1 milioni, ha ripreso ad essere redditizia (il margine operativo loro e il risultato prima delle imposte sono tornati positivi rispettivamente per 4,6 e 2,3 milioni, mentre erano stati negativi nei primi nove mesi 2016 per 0,2 e 2,8 milioni) e ha conseguito un utile netto di mezzo milione. Inoltre, ha migliorato di 31,8 milioni la sua posizione finanziaria netta (da -17,7 milioni del 31 dicembre scorso è passata a +14,1 milioni del 30 settembre) e di 27,3 milioni il suo patrimonio netto, risultato di 57,8 milioni al termine dei primi nove mesi 2017 a fronte dei 30,5 milioni di fine 2016.
La famosa impresa torinese, presieduta da Paolo Pininfarina, ha anche recuperato sul fronte del personale: i dipendenti sono risaliti sopra quota 600.
Paolo Pininfarina, presidente Pininfarina

SIAS ANTICIPA IL DIVIDENDO
Con il vento in poppa, Sias, quarto maggior operatore autostradale al mondo con un rete di 3.320 chilometri in concessione, ha comunicato che il suo consiglio di amministrazione ha deliberato un acconto sui dividendi 2017, pari a 0,15 euro per azione, per un totale di 34,1 milioni. D'altra parte, la società tortonese del gruppo Gavio mostra un andamento sempre più favorevole. Nei primi nove mesi 2017, i ricavi del settore autostradale sono ammontati a 802,4 milioni (+4,2%), mentre l'indebitamento finanziario netto rettificato è stato ridotto di 250 milioni negli ultimi tre mesi, scendendo così a 1,317 miliardi.
Ed ecco i ricavi delle singole tratte autostradali italiane facenti capo a Sias, dal primo giorno di gennaio alla fine di settembre: Torino-Milano 181,7 milioni, Torino-Piacenza 131,5 milioni, Quincinetto-Aosta 53,1 milioni, Savona-Ventimiglia 121,8 milioni, Sestri Levante-Livorno, più Viareggio-Lucca e Fornola-La Spezia 145,3 milioni, La Spezia-Parma 78,1 milioni, Torino-Savona 53,6 milioni e Asti-Cuneo 14 milioni.
Nel corso dell'esercizio la società di gestione della Torino-Savona è stata fusa nell'Autofiori e la Cisa (La Spezia-Parma) nella Salt.

CENTRALE DEL LATTE D'ITALIA IN ROSSO
Tanti segni più per la Centrale del Latte d'Italia, terzo gruppo del settore in Italia, ma non all'ultima riga del conto economico, quella con il risultato finale. La società torinese, infatti, ha chiuso i primi nove mesi con una perdita di 417.000 euro, dopo aver pagato le imposte, mentre aveva dichiarato un utile netto di 12,3 milioni al termine del corrispondente periodo dell'anno scorso. Il risultato, però, non è comparabile perché – come è stato precisato – quello dei primi nove mesi 2016 ha beneficiato straordinariamente dall'operazione di aggregazione con la Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno.
Tornando ai segni più, va rilevato che il valore della produzione è stato di 138,8 milioni (+91,2% rispetto a gennaio-settembre 2016) e il risultato operativo è migliorato di circa il 120% risultando così positivo per 146.000 euro mentre era stato negativo per 747.000 euro. La posizione finanziaria netta, positiva, è salita a 62,8 milioni dai 60,2 milioni del 31 dicembre scorso.

Giletti e Gramellini sul Corriere Torino

C'è anche Massimo Giletti, notissimo conduttore e animatore torinese della tv, nella schiera delle grandi “firme” che Umberto La Rocca si appresta a far scendere in campo per l'edizione subalpina del Corriere della Sera, della quale è il responsabile (il primo numero del Corriere di Torino sarà in edicola venerdì 24 e sarà preceduto, la sera del 23, da una manifestazione al Teatro Regio, con più di mille invitati).
Massimo Giletti curerà una rubrica sulla Juventus, squadra della quale è tifoso sfegatato. Giletti, però, conviverà con il “granatissimo” Massimo Gramellini, che i torinesi potranno tornare a leggere, sul Corriere, al quale è approdato dopo aver lasciato La Stampa. Altro giornalista che scriverà sull'edizione metropolitana del Corsera e che è ben conosciuto sotto la Mole, ma non solo, è Giampaolo Ormezzano, il quale si occuperà di sport e pure di costume.
Già editorialisti del Corriere della Sera, che interverranno sulle pagine torinesi coordinate da Umberto La Rocca (ex direttore de Il Secolo XIX ed ex vice direttore de La Stampa), sono, ra gli altri, il critico Aldo Grasso, piemontese doc; Marco Imarisio, autorevole commentatore di politica e Dario Di Vico, apprezzato esperto di economia e finanza.
Nella squadra dei suoi collaboratori di serie A, Umberto La Rocca ha chiamato a far parte anche Giuseppe Berta, professore di Storia contemporanea alla Bocconi di Milano, componente del comitato scientifico della Fondazione Feltrinelli e del consiglio di amministrazione della Fondazione Einaudi, socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino e, dal 1996 al 2002, direttore dell'Archivio Storico Fiat. Autore di diversi libri di storia dell'industria e delle imprese, Giuseppe Berta è una vera autorità in materia.

Di storie di “nera”, invece, si occuperà Meo Ponte, che, per anni, ha scritto dei fattacci torinesi su La Repubblica.
Massimo Giletti 
Massimo Gramellini


Le due sfide sul mercato dell'auto

Mercedes batte Bmw 8 a 5. Nelle tre regioni del Nord Ovest, il derby tedesco delle marche automobilistiche premium, per non dire di lusso, è stata la Casa con la stella a tre punte ad avere la meglio, nel mese di ottobre, sulla rivale di Monca di Baviera. Mercedes, infatti, ha venduto più auto in otto delle 13 province del Nord Ovest, mentre Bmw ha vinto la gara mensile in cinque.
Mercedes ha prevalso nelle province di Alessandria (56 acquirenti contro i 28 di Bmw), Cuneo (48 contro 40), Genova (63 contro 29), Imperia (17 contro 5), La Spezia (16 contro 3), Savona (17 contro 13), Verbania (7 contro 3) e Vercelli (11 contro 7).
Invece, Bmw ha avuto la meglio nelle province di Aosta (33 vetture vendute contro le 27 di Bmw), Asti (31 contro 14), Biella (16 contro 12), Novara (34 contro 33) e Torino (192 contro 132). In tutte le tre regioni, Bmw ha fatto registrare 434 nuove immatricolazioni in ottobre, Mercedes 443. La Casa di Stoccarda ha venduto nel Nord Ovest il 7,6% delle 5.827 auto che ha consegnato, il mese scorso, in tutta l'Italia; mentre la quota di Bmw è stata dell'8,9% (4.847 le sue vendite nell'intero Paese).
In un'altra sfida, quella fra Maserati e Porsche, ai vertici delle auto sportive di lusso, la Casa italiana poco ha potuto contro la tedesca, dominante da lungo tempo. Per il numero di esemplari venduti, Porsche è risultata prima nelle province di Alessandria (5 acquirenti in ottobre, a fronte di uno della Maserati), Asti (2 a 1), Biella (4 a 0), Genova (5 a 1), Imperia (3 a 0), La Spezia (2 a 1), Verbania (3 a 0) e Vercelli (2 a 0).
La Maserati ha vinto nelle province di Aosta (20 a 4) e Cuneo (4 a 3); mentre ha pareggiato nelle province di Savona (1 a 1) e Torino (9 a 9). Dunque, nel Nord Ovest, in ottobre, la Maserati ha venduto 39 suoi modelli, pari al 15,5% del totale nazionale (252), a fronte delle 45 della Porsche, pari al 10,6% delle vendite del mese nell'intera Italia.

Quanto alle vendite di tutte le marche, nelle province delle nostre tre regioni, in ottobre sono state: 11.541 a Torino, 8.699 ad Aosta, 1.587 a Genova, 1.430 a Cuneo, 1.030 ad Alessandria, 1.012 a Novara, 554 a Savona, 505 a La Spezia, 493 ad Asti, 480 a Biella, 380 a Verbania, 353 a Vercelli e, infine, 326 a Imperia.
La Maserati Levante

Quanto le famiglie affidano alle banche

Tradite dalle obbligazioni bancarie e dai titoli di Stato italiani, le famiglie piemontesi e liguri aumentano i loro investimenti in Borsa e nei fondi comuni. E tengono un po' più dei loro risparmi sui conti correnti, in attesa di vedere l'evoluzione della situazione economico-finanziaria, nonostante i tassi a zero o quasi. Questo è il quadro che emerge dagli aggiornamenti congiunturali appena pubblicati dalle filiali regionali della Banca d'Italia.
In Piemonte, al 30 giugno scorso, la ricchezza finanziaria delle famiglie sfiorava i 170 miliardi di euro, somma dei 76,3 miliardi costituiti dal valore dei depositi bancari e poco meno di 93,6 miliardi da titoli di Stato italiani in custodia, quali Btp, Bot, Cct, obbligazioni bancarie e non solo, azioni e quote di Oicr (Organismi di investimento collettivo del risparmio), categoria formata, prevalentemente, da quote di fondi comuni.
A metà anno, le famiglie piemontesi avevano depositati sui conti correnti bancari 49,7 miliardi (+7,4% rispetto al 30 giugno 2016) e avevano 26,5 miliardi in depositi a risparmio, cioè vincolati a una durata prestabilita (-3,5%). Il totale dei risparmi depositati in banca è cresciuto del 3,3%, mentre in eguale misura è diminuito il valore dei titoli che le famiglie hanno dato in custodia agli istituti di credito.
In particolare, è diminuito di un quarto, rispetto al 30 giugno 2016, il valore delle obbligazioni bancarie affidate dalle famiglie (17,3 miliardi, il 25,3% in meno) e del 16,6% quello dei titoli di Stato italiani, risultato così pari a 16,7 miliardi. Inoltre, è calato a 8,15 miliardi (-7,2%) il valore delle altre obbligazioni date dalle famiglie alle banche, in custodia o in amministrazione.
Al contrario, è salito del 13,1%, a quasi 8,9 miliardi, il valore delle azioni che le famiglie hanno presso le banche attive in Piemonte e a oltre 42,3 miliardi (+15,2%) il valore delle loro quote di Oicr.
Situazione analoga in Liguria, dove la ricchezza finanziaria delle famiglie al 30 giugno 2017 è risultata pari a quasi 59 miliardi, 58,883 per la precisione. Dei 27,964 miliardi che costituiscono il totale dei depositi bancari (+1,4% rispetto alla stessa data dell'anno scorso), 18,45 miliardi si trovavano sui conti correnti (+5%) e 9,5 miliardi (-4,9%) erano rappresentati da depositi con durata prestabilita.
Quanto ai titoli a custodia semplice e amministrata, la somma è di 30,9 miliardi (-2,6% nei confronti del 30 giugno 2016), formata da 5,85 miliardi in titoli di Stato italiani (-16,4%) , 4,45 miliardi (-26,7%) da obbligazioni bancarie italiane e 2,4 miliardi (-7,5%) da altre obbligazioni.
Anche in Liguria, però, le famiglie hanno aumentato i loro investimenti in azioni, il cui valore è salito del 12,9% a 2,7 miliardi e, soprattutto, in quote di fondi comuni e altri strumenti finanziari, il cui valore complessivo ha superato 15,4 miliardi (+13,6%).

Cristina Balbo, presidente Abi Piemonte 
Gianluca Guaitani, presidente Abi Liguria

Protagonisti alla ribalta

GUIDO GIUBERGIA
Questa volta, nella lista dei protagonisti alla ribalta, il posto d'onore spetta a Guido Giubergia, il numero uno di Ersel, gruppo torinese che da oltre ottanta anni gestisce patrimoni. Ersel, infatti, ha comprato il 64,3% della Banca Albertini, rilevando questa quota dal gruppo svizzero Syz. Un'operazione che ha un valore particolare, perché travalica gli aspetti semplicemente economici e finanziari. Certo, l'iniziativa comporterà grandi vantaggi sia per Ersel che per la Banca Albertini, guidata da Alberto Albertini, figlio del fondatore e detentore del 35,7% del capitale dell'omonimo istituto milanese, quota che manterrà. Fra l'altro, Giubergia e Albertini si conoscono, si stimano e collaborano da anni, per cui l'acquisizione sancisce, soprattutto, la nascita di un'alleanza strategica.
A dare un valore particolare all'iniziativa di Guido Giubergia sono i numerosi torinesi che vi vedono una rivalsa nei confronti di Milano, la città che ha “portato via” tanto, troppo, al capoluogo piemontese, finora sempre perdente. “Finalmente – dicono sotto la Mole – un'impresa torinese che ne prende una milanese e non viceversa”. Commento che farà sorridere e, forse, storcere il naso a Guido Giubergia e ad altri, che non tengono conto di queste opinioni considerate provinciali e retrograde; ma che è diffuso.
L'acquisizione del controllo della Banca Albertini, comunque, costituisce una tappa rilevante nella storia dell'Ersel, fondata nel 1936 da Giuseppe Giubergia, nonno di Guido. E si può interpretare anche come un cambio di strategia. Ersel, infatti, è sempre cresciuta per linee interne; fino a due anni fa, quando ha rilevato le fiduciarie Simon e Nomen da Franzo Grande Stevens, l'avvocato dell'Avvocato, e dai suoi figli. Allora, però, era sembrata, una deroga, un'eccezione. Impressione che pare sbagliata, alla luce dell'operazione Albertini. A questo punto, perciò, si può pensare che anche Ersel abbia intrapreso la strada della crescita anche con acquisti. D'altra parte, le risorse per farlo non mancano.
Presidente e amministratore delegato di Ersel, gruppo del quale le famiglie Giubergia e Argentero posseggono l'intero capitale,Guido Giubergia ha 66 anni, tre figli, la laurea in Economia e una grande passione per il ciclismo. Ha ereditato il comando da padre Renzo, al quale la famiglia ha intitolato l'omonima fondazione che aiuta e promuove i giovani talenti musicali. Istituzione benefica, come la Fondazione Paideia Onlus, molto attiva nel sostegno dei bambini in difficoltà con numerose, rilevanti ed encomiabili iniziative.
Anche Paideia è presieduta da Guido Giubergia, la cui figlia Francesca (quarta generazione), già lavora nell'impresa di famiglia, dove è responsabile delle relazioni esterne la sorella di Guido, Paola, che è al vertice della Fondazione dedicata al padre.
Guido Giubergia, presidente e ad Ersel
GIUSEPPE ZAMPINI
Principale autore del grande sviluppo di Ansaldo Energia, di cui è stato amministratore delegato negli ultimi 17 anni, prima di lasciare il timone, recentemente, a Filippo Abbà, per assumere l'incarico di presidente, Giuseppe Zampini vede sempre più vicina la realizzazione di un suo obiettivo: la quotazione della società in Borsa, passaggio importante per garantire la continuità della crescita. Pochi giorni fa, infatti, è uscita la notizia che la banca d'affari Rothschild ha ricevuto il mandato di avviare il processo per l'Ipo, l'offerta pubblica di azioni al mercato finalizzata all'ingresso nel listino di Piazza Affari.
La genovese Ansaldo Energia, tra i principali produttori di centrali elettriche al mondo, circa 4.500 dipendenti, fatturato di 1,25 miliardi di euro nel 2016 e un utile netto di oltre 60 milioni, fa capo alla Cdp-Cassa Depositi e Prestiti, che ne ha in protafoglio il 60% del capitale, mentre il restante 40% è dei cinesi di Shanghai Electric Group.
Nato a Belluno nel 1946, laurea in Ingegneria nucleare all'Università di Pisa, Giuseppe Zampini ha iniziato la sua carriera alla Nira di Genova (gruppo Ansaldo), dove, da tempo, è una figura di riferimento dell'economia locale. Da oltre due anni è anche presidente di Confindustria Liguria, dopo esserlo stato di Confindustria Genova. Fra l'altro, è presidente dell'Ospedale Galliera ed è stato consigliere di amministrazione di Banca Carige, designato dall'omonima fondazione allora presieduta dall'industriale Flavio Repetto.
Giuseppe Zampini, presidente Ansaldo Energa
MASSIMO LAPUCCI
“Buonenotizie”, il nuovo supplemento settimanale del Corriere della Sera, gli ha dedicato un'intera pagina. Il soggetto è Massimo Lapucci, Segretario generale della Fondazione Crt, ma non solo. Il motivo di tanta attenzione da parte del prestigioso quotidiano, che ora fa capo a Urbano Cairo, è l'impegno della Fondazione Crt, terza in Italia per entità del patrimonio, a estendere l'applicazione dei “data science” agli enti non profit, “per estrarre nuovo valore sociale dai dati, trasformando masse di rilevazioni, altrimenti non utilizzate, in carburante per far crescere le organizzazioni, ottimizzarne i processi interni, migliorarne le prestazioni complessive, l'impatto positivo sulla società e sugli interessi deboli che si vogliono tutelare”.
Dario Di Vico, autore dell'articolo, ha commentato che “il progetto sostenuto da Lapucci rappresenta una straordinaria accelerazione della cultura economico-statistica del Terzo settore e, più in generale, del welfare italiano. Da noi non esiste, per esempio, una sorta di casellario sociale che eviti duplicazioni di interventi o sommatorie indebite tra in vari interventi di socialità erogati da Stato, Enti locali o altri soggetti”.
La nuova iniziativa della Fondazione Crt si aggiunge alle numerose e originali in atto e destinate a continuare anche nel 2018, come previsto dal relativo Documento programmatico, dotato di 60 milioni di euro, 6 in più rispetto al 2017.
Dal 2012, Segretario generale della Fondazione torinese presieduta da Giovanni Quaglia, Massimo Lapucci è anche presidente dell'European Fondation Center, ente di Bruxelles che associa oltre 220 soggetti filantropici di 40 Paesi e dotati di un patrimonio superiore ai 200 miliardi di euro. Nato a Roma, dove si è laureato in Economia e commercio, con 110 e lode, alla Sapienza, ha poi proseguito gli studi alla London Business School e alla Yale University. Fra l'altro, nel sistema Crt, è Segretario generale della Fondazione Sviluppo e Crescita e direttore delle Ogr, storico complesso industriale di Torino diventato un centro polivalente in seguito all'investimento di cento milioni fatto dalla Fondazione.
Docente a contratto sua all'Università di Torino sia alla Luiss di Roma, Massimo Lapucci, che ha lavorato anche alla Ernst & Young e alle Ferrovie dello Stato (responsabile M&A e pianificazione strategica del Gruppo) e a Sintonia, recentemente è stato chiamato a far parte del Consiglio di amministrazione della Caltagirone Editore, incarico aggiunto a quelli di consigliere di Atlantia, di cui la Fondazione Crt è azionista importante, Banca Generali e, fra l'altro, Sofito.
Massimo Lapucci, Segretario generale Fondazione Crt
ARISTIDE ARTUSIO
Il 6 novembre, alla Facoltà di Economia dell'Università di Torino, Aristide Artusio ha raccontato la storia e la strategia che hanno fatto di Witt Italia Group, di cui è presidente è titolare, un caso di successo aziendale. Numerosissimi gli studenti che hanno ascoltato come l'impresa di Poirino, nata nel 1970 e rilevata da Aristide Artusio nel 2001, è diventa un attore di primo piano nel settore dei prodotti naturali per la cura della persona, degli animali e della casa ( oltre 1,7 milioni i pezzi realizzati annualmente, tra cosmetici, integratori e detergenti, interamente naturali, made in Italy e ideati nei laboratori interni di ricerca e sviluppo.
Pilotato da Aristide Artusio, nato ad Alba nel 1956, il gruppo Witt Italia, che comprende Erboristeria Magentina, ha diversi marchi e distribuisce i suoi articoli non solo in farmacie, parafarmacie ed erboristerie, ma anche con la vendita diretta, attraverso una rete di circa cinquemila agenti, prevalentemente donne. Il fatturato annuale è di oltre 15 milioni.
Aristide Artusio, n 1 Witt Italia
NUOVI MANAGER ALPITOUR
Andrea Cortese è il nuovo Chief Marketing & Digital Officer del gruppo Alpitour, leader italiano del turismo. Neppure quarantenne, laureato alla Bocconi, Andre Cortese ha incominciato la sua carriera manageriale nel gruppo Ferrero, poi è passato alla Costa Crociere, lasciata come direttore marketing Italia. Cortese, che risponde direttamente a Gabriele Burgio, presidente e amministratore delegato del gruppo Alpitour, non è l'unica novità nella struttura di staff dell'impresa torinese, destinata alla quotazione in Borsa. Infatti, Alessandro Seghi è stato nominato direttore generale di Press Tours e Andrea Moscardini direttore vendite delle divisioni Alpitour e Francorosso.

Carige e Bim vicine ai minimi storici

Due banche del Nord Ovest con i rispettivi titoli vicini ai loro minimi storici. Oggi, l'azione ordinaria Carige (la risparmio non fa minimamente testo) ha chiuso a 0,118 euro (-2,68 rispetto a ieri) e la Bim-Banca Intermobiliare a 0,577 euro (-5,33%). Il minimo della banca genovese è di 0,172 euro, toccato il 28 giugno; mentre quello dell'istituto torinese specializzato nel private banking è di 0,519 euro, fatto segnare il 26 ottobre.
Per la Borsa, oggi l'intera Banca Carige, fino a pochi anni fa la sesta maggiore in Italia, vale poco più di 156 milioni di euro. Quanto alla Bim, il mercato la valuta 91,3 milioni.
Ieri, Banca Carige ha comunicato che la sua perdita nei primi nove mesi 2017 è stata di 210,4 milioni; oggi, la Bim ha riferito di aver chiuso il periodo con un rosso di 31,7 milioni, a fronte dei 26 milioni persi tra il primo giorno di gennaio e l'ultimo di settembre dell'anno scorso. La raccolta complessiva della Bim è scesa a 8,3 miliardi dai 9,4 del 31 dicembre 2016 e il suo Cet1 al 10,41% dall'11,13% della fine dell'anno scorso.
Il controllo della Bim è stato comprato, il 24 ottobre, da Attestor Capital, che l'ha rilevato dai liquidatori di Veneto Banca.

Cairo fa riprendere il volo a Rcs-Corsera

Che Urbano Cairo sia uno dei pochi imprenditori che con i giornali fa i soldi invece che perderli lo confermano anche i risultati conseguiti da Rcs MediaGroup (Rizzoli-Corriere della Sera) nei primi nove mesi di quest'anno. Il gruppo milanese passato sotto il controllo di Cairo, che ne ha preso anche la guida, ha infatti chiuso i conti al 30 settembre con un utile netto di 19,8 milioni, mentre ne aveva persi 17,4 nello stesso periodo dell'anno scorso. E il margine operativo lordo è salito dai 40,4 milioni agli 84,4 di fine settembre, quando l'indebitamento netto è invece sceso a 335,1 milioni dai 366,1 del 31 dicembre 2016.
E tutto questo, nonostante il calo dei ricavi a 657,7 milioni dai 709,4 dei primi nove mesi dell'anno scorso. Un'ulteriore dimostrazione del fatto che a Urbano Cairo interessa più guadagnare che fatturare, avere i conti in regola piuttosto che la crescita per la crescita. D'altra parte, lo sviluppo sano è quello che deriva dalla redditività delle attività e dalla solidità patrimoniale, non dalle vendite fini a se stesse. La pensa così anche Sergio Marchionne, con il quale Cairo si alterna in testa alla classifica nazionale dei manager e imprenditori con la migliore reputazione.
La nuova performance di Urbano Cairo, presidente e amministratore delegato di Rcs MediaGroup dall'agosto 2016, assume un valore ancora maggiore se si confronta con i dati dell'Editrice Il Sole 24 Ore, controllata da Confindustria. Dati comunicati oggi, come quelli di Rcs MediaGroup, che ha come socio principale appuntano Urbano Cairo con poco meno del 60% del capitale, seguito da Mediobanca con il 9,9%, Diego Della Valle con il 7,3% Finsoe (Unipol) con il 4,6% e China National Chemical con il 4,7%.
Il Sole 24 Ore, infatti, ha denunciato una perdita di 20,4 milioni, certo inferiore ai 35,1 milioni del primi nove mesi dell'anno scorso; ma, comunque, ancora consistente. Per di più, accompagnata da altri segni negativi, persino peggiori rispetto ai precedenti: l'indebitamento netto è salito a 65,9 milioni dai 50,7 del 31 dicembre scorso e il patrimonio netto al 30 settembre 2017 è risultato negativo per 63,2 milioni, mentre era in rosso di 12,4 milioni al 31 dicembre 2016. E sono caduti anche i ricavi, pari a 168,3 milioni contro i 193 di gennaio-settembre dell'anno passato.

Urbano Cairo, presidente e ad Rcs MediaGroup

Società alla boa dei primi 9 mesi

Ecco, in sintesi, i risultati che diverse società del Nord Ovest hanno registrato nei primi nove mesi di quest'anno.

PRIMA INDUSTRIE – Il fatturato consolidato ha superato i 300 milioni (+9,4% rispetto allo stesso periodo 2016), il margine operativo lordo è salito del 23,8% a 29,7 milioni e l'utile netto del gruppo è risultato di 12,1 milioni il 116% in più rispetto ai 5,6 milioni conseguiti dall'inizio di gennaio alla fine di settembre dell'anno scorso. Il portafoglio ordini è cresciuto del 30% arrivando così a 188,1 milioni. Nonostante tutto questo, il titolo ha chiuso a 35 euro, il 4,37% in meno di ieri. Il gruppo conta circa 1.700 dipendenti.

DIASORIN – La Borsa, oggi, ha penalizzato, ancora di più, Diasorin, la cui azione è stata scambiata a 72,05 euro (-7,33% rispetto alla seduta precedente). Anche se Diasorin ha evidenziato un utile netto di 95,7 milioni (+15,7%), pari al 20,4% del fatturato, che è stato di 468,6 milioni (+13,4%). Fra l'altro, Diasorin ha migliorato anche la posizione finanziaria netta, positiva per 113,3 milioni, a fronte dei 71,2 milioni del 31 dicembre 2016.

DEA CAPITAL – La società del gruppo De Agostini (famiglia Boroli-Drago) ha conseguito un risultato complessivo di 9,7 milioni, contro i 18 dei primi nove mesi 2016. Però, ha incrementato del 9% il valore degli asset gestiti, portandoli a 11,6 miliardi. Il suo portafoglio investimenti è ammontato a 434 milioni. A livello consolidato, la posizione finanziaria netta è positiva per 97,3 milioni. L'ultimo contratto di Borsa, oggi, è stato siglato a 1,294 euro per azione, l'1,52% in meno rispetto a ieri.

GEDI – Il nuovo gruppo editoriale controllato dalla Cir dei De Benedetti e partecipato dalla Exor degli Agnelli-Elkann-Nasi, dal primo giorno di gennaio all'ultimo di settembre, ha fatturato 440 milioni contro i 424,3 del corrispondente periodo 2016. La crescita è stata determinata dall'aumento dei ricavi pubblicitari (da 239,8 a 266,1 milioni), perché, invece, sono diminuite le entrate derivanti dalla diffusione dei giornali (da 153,7 a 145 milioni). Invariato il margine operativo lordo: 34,1 milioni. La perdita straordinaria di 143,9 milioni è dovuta alla definizione di un contenzioso con il Fisco relativo a fatti risalenti al 1991. Comunque, la posizione finanziaria netta è positiva per 40,5 milioni (31,7 milioni al 30 settembre 2016). I dipendenti del gruppo sono diventati 2.475, in seguito ai 532 provenienti dall'Itedi. L'azione Gedi ha chiuso a 0,722 euro, il 2,7% meno di ieri.

BUZZI UNICEM – Il gruppo cementiero di Casale Monferrato ha comunicato che i ricavi netti conseguiti nei primi nove mesi sono stati pari a 2,133 miliardi, cifra superiore del 6,7% a quella dello stesso periodo dell'anno scorso. Ha poi aggiunto che l'indebitamento netto è sceso da 941,6 a 915,2 milioni. Anche per la società controllata dalla famiglia Buzzi, però, la Borsa odierna non è stata favorevole: il titolo ordinario è sceso dello 0,65% a 23,09 euro.

BANCA CARIGE – Ancora rosso profondo. Il risultato netto del gruppo Carige nei primi nove mesi 2017 è stato negativo per 210,4 milioni. E segni meno emergono anche dai confronti relativi alla raccolta diretta da clientela, ammontata a 15,6 miliardi (-4,2% rispetto al 30 settembre 2016) e agli impieghi alla clientela, calati dell'11,8% a 19,4 miliardi. E' aumentata, invece, la raccolta indiretta, a 21,3 miliardi (+0,3%) ed è migliorato il Cet1, passato dal 10,4 al 10,9%.


BANCA SELLA – Ben diverso l'andamento del gruppo Sella, che fa capo all'omonima e storica famiglia biellese. Utile consolidato di 47,3 milioni, raccolta globale di 35,7 miliardi (+7,6%), dei quali 11,8 miliardi dovuti alla raccolta diretta da clientela (+7,9%) e impieghi alla clientela per 8,6 miliardi (+8,7%). Cet1 del gruppo a 12,18% e del 15,70% per la sola Banca Sella, la quale ha appena acquisito dalla capogruppo Banca Sella Holding le quote di controllo di Biella Leasing e della Consel (credito al consumo), operazione finalizzata ad agevolare le sinergie delle sue società con la Banca.

Pecore nere dell'imprenditoria femminile

Nord Ovest pecora nera per l'imprenditoria femminile. Mentre l'Italia, nel suo insieme, negli ultimi tre anni ha visto crescere il numero delle imprese “rosa”, salite a 1.329.384 al 30 settembre appena passato da 1.297.544 che erano alla stessa data del 2014, le tre regioni del Nord Ovest evidenziano un calo, essendo passate da 137.856 a 136.769. Sono oltre mille in meno. In particolare, in Piemonte sono risultate 97.771 (-904), in Liguria 36.055 (-148) e in Valle d'Aosta 2.943 (-35). Soltanto altre regioni regioni presentano un saldo negativo: Friuli-Venezia Giulia (-104), Marche (-504) e Umbria (-9).
E' il Piemonte, dunque, la regione italiana che ha perso il maggior numero di aziende che fanno capo a donne. E, certamente, non consola la constatazione che sia stato attribuito a La Spezia il record negativo della provincia italiana che ha registrato la maggiore contrazione di imprese rosa negli ultimi tre anni. Nello Spezzino, infatti, al 30 settembre 2017, sono state censite 5.311 aziende femminili, 2.290 in meno rispetto alla stessa data del 2014.
Un po' meno peggio de La Spezia, hanno fatto Alessandria (-380) e Cuneo (-267). Queste tre province del Nord Ovest, però, sono quelle che, più di tutte le altre, hanno perso imprese femminili. Ad Alessandria sono diventate 10.150 e a Cuneo 15.673. Nell'area, presentano un confronto positivo soltanto le province di Novara e di Verbania: nella prima, si sono contate 6.887 imprese rosa (+74 rispetto al 30 settembre 2014) e nel Verbano-Cusio-Ossola 2.991 (+32).
Bilanci in rosso per tutte le altre. Ad Asti il numero è calato a 5.509 (-103), a Biella a 3.702 (-63), a Genova a 17.147 (-46), a Imperia a 6.078 (-86), a Savona a 7.519 (-131) a Torino a 49.149 (-149) e a Vercelli a 3.710 (-48).
Nonostante tutto, comunque, anche nel Nord Ovest, il tasso di femminilizzazione, cioè il rapporto tra le imprese che fanno capo a donne e il totale delle imprese attive a prescindere dal genere, è cresciuto, come nel resto d'Italia, che evidenzia una media del 21,83% a fronte del 21,45% di tre anni fa. In Piemonte, la quota è passata dal 21,98% al 22,35%, in Liguria dal 22,06% al 22,11% e in Valle d'Aosta dal 22,16% al 23,18%. Valori ben lontani dal Molise, primo con il 28,14%, ma anche dalla Basilicata (26,85%) e dall'Abruzzo (25,86%), le tre regioni che occupano il podio.
A livello di Nord Ovest, le tre province con il più alto tasso di imprese rosa sono La Spezia (25,56%), Savona (24,71%) e Imperia (23,50%), tutte liguri. Il tasso più basso, invece, è quello della provincia di Biella (20,49%).
Tutti questi dati sono stati comunicati da Unioncamere, l'unione nazionale delle Camere di commercio, che ha un Osservatorio dedicato specificatamente all'imprenditoria femminile.
Francesca Cozzani, presidente Confindustria La Spezia

Shopping sfrenato dell'Italgas

Shopping sfrenato. E' quanto sta facendo l'Italgas, che passa da un'acquisizione all'altra. La più recente, appena annunciata, è quella di Ichnusa Gas, holding che controlla 12 società titolari di altrettante concessioni per la realizzazione e l'esercizio di reti di distribuzione di gas in 81 comuni della Sardegna. L'Italgas si è impegnata a rilevarne il 100%, attribuendogli un valore di 26,2 milioni. Ed è previsto entro i primi mesi del 2018 il perfezionamento dell'operazione, che segna l'inizio di una presenza di rilievo dell'Italgas in Sardegna.
L'acquisto di Ichnusa Gas segue di pochi giorni quello delle 12 concessioni in Campania e Basilicata, che l'Italgas ha comprato, per 18,5 milioni, da Amalfitana Gas. Mentre risale al 19 ottobre il comunicato dell'acquisto dell'intero capitale di Enarco, società di Padova che distribuisce gas naturale nella sua provincia e in quella di Vicenza (serve 30.000 utenze). Acquisto che ha comportato un investimento di di 50 milioni.
Lo shopping sfrenato rientra nel piano industriale 2017-2023 dell'Italgas che prevede investimenti per cinque miliardi di euro (500 milioni nell'esercizio in corso), finalizzati anche all'ampliamento della sua rete, appunto ad acquisizioni e a portare al 40% la sua quota di mercato nazionale. Obiettivo, quest'ultimo, possibile anche perché il nostro Paese conta ancora un paio di centinaia di operatori nel settore, che si spartiscono un giro d'affari superiore au quattro miliardi di euro all'anno (fino a sette anni fa, gli operatori erano ancora 730).
A guidare la carica dell'Italgas (la Cdp Reti del gruppo Cassa Depositi e Prestiti ne possiede il 26% del capitale, la Snam il 13,5%, Minozzi il 5%) è Paolo Gallo, amministratore delegato, torinese, laurea in Ingegneria aeronautica, alla quale ha fatto seguire un master in Business Administration.
Italgas, fondata 180 anni fa nel capoluogo piemontese e rientrata in Borsa il 7 novembre 2016, dopo 13 anni di assenza, dovrebbe chiudere l'esercizio 2017 con un fatturato di 1,1 miliardi e una redditività del 7%. Nei primi nove mesi, i suoi ricavi sono stati pari a 835 milioni (+7,2%), il margine operativo lordo è ammontato a 577,9 milioni (+20%) e l'utile netto a 213,3 milioni (+27,8%). Nel periodo ha fatto investimenti tecnici per 346,5 milioni (+39,8%).
Prima delle ultime acquisizioni, Italgas vantava già 1.581 concessioni, una rete distributiva di ga superiore ai 65.000 chilometri e 7,4 milioni di utenze. La sua azione, oggi, ha chiuso a 5,125 euro (+0,39%), valore non lontano dal suo massimo di 5,4 euro, segnato il 24 ottobre scorso.
Paolo Gallo, amministratore delegato Italgas

Salza e Chevallard comprano ancora

Nuovo “colpo” della Tecnoinvestimenti a guida Enrico Salza-Pier Andrea Chevallard (rispettivamente presidente e amministratore delegato). Tecnoinvestimenti, infatti, ha fatto un'altra acquisizione. Ha rilevato, per poco meno di 34 milioni, il 70% di Warrant Group, società leader nella consulenza alle imprese finalizzata alle operazioni di finanza agevolata. Warrant Group, fondata e presieduta da Fiorenzo Bellelli, conta oltre 150 dipendenti e, dopo aver fatturato 21 milioni nel 2016, si appresta a chiudere il 2017 con ricavi superiori ai 30 milioni un risultato lordo ancora maggiore dei 6,3 milioni conseguiti nell'esercizio passato.
Con l'acquisizione di Warrant Group, la più recente della serie, Tecnoinvestimenti fa un ulteriore significativo passo avanti nella costruzione di una piattaforma di servizi integrati ad alto valore aggiunto e favorisce importanti sinergie attraverso lo sviluppo commerciale coordinato delle attività su una base di clienti significativamente allargata. Ora sarà possibile un “cross selling” su oltre 12.000 Pmi, grazie anche alla formazione della nuova business unit “Finance & Marketing Services” formata dalle attività di Warrant Group e Co.Mark, comprata nel 2016. Il nuovo pilastro operativo di Tecnoinvestimenti si aggiunge a quelli rappresentati da Digital Trust e Credit Information & Management.
Dopo l'operazione Warrant Group, i dipendenti di Tecnoinvestimenti diventano più di mille e una decina le sedi delle 12 aziende controllate o partecipate. Torino ospita il quartiere generale della capogruppo, della quale Tecno Holding (Camere di Commercio) possiede la maggioranza assoluta (56,9% del capitale), mentre secondo maggior azionista è Quaestio Capital Management Sgr con il 10% e terzo Cedacri, salito al 5,6%. Il resto è frazionato sul mercato.
Nel primo semestre di quest'anno, Tecnoinvestimenti h avuto ricavi consolidati pari a 85,4 milioni (+22,2% rispetto allo stesso periodo del 2016) e un utile netto di 8 milioni, 3 in più. Al 30 giugno, il suo indebitamento netto è sceso a 67,7 milioni dai 71 del 31 dicembre.
La capitalizzazione della società, che ha al suo vertice Enrico Salza, “leone” torinese con il pelo bianco ma ancora ruggente, ha superati i 270 milioni.
Enrico Salza, presidente Tecnoinvestimenti (foto Firstonline)

Fisco: meno entrate da Ires, più da Irpef

Fronte fiscale: buone nuove per le imprese, ma non per i lavoratori dipendenti e i pensionati. E' quanto emerge dall'ultimo bollettino del ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef). Infatti, nei primi nove mesi di quest'anno, gli introiti derivanti dall'Ires sono diminuiti di 573 milioni (-3,1%) rispetto allo stesso periodo 2016, in seguito al “significativo alleggerimento del carico fiscale per le imprese”, che hanno beneficiato della riduzione dell'aliquota dal 27,5% al 24%, oltre che della maggiorazione degli ammortamenti e, fra l'altro, della più vantaggiosa deducibilità della svalutazione e delle perdite sui crediti delle banche e delle imprese di assicurazione.
Invece, sono aumentate di 1,286 miliardi (+1%) le entrate Irpef, “per effetto principalmente dell'andamento psoitivo delle ritenute da lavoro dipendente e da pensione, che mostrano un aumento di 1,684 miliardi (+1,5%), in linea con la crescita tendenziale dell'occupazione” ha riferito il Mef, precisando che, gli introiti dall'Ipref sono risultati pari a 132,890 miliardi, dall'inizio di gennaio alla fine di settembre.
Comunque, il totale delle imposte dirette nei primi nove mesi 2017 è stato di 170,475 miliardi (-0,3% in meno, corrispondente a 437 milioni). In compenso sono cresciute, ben di più, le imposte indirette, salite a 145,874 miliardi, con un incremento del 2,3% e, perciò, di 3,328 miliardi rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. In particolare, il gettito dell'Iva è stato di 87,074 miliardi, 2,367 miliardi e il 2,8% in più.
Rispetto ai primi nove mesi 2016, sono calate le entrate dai giochi, risultate pari a 10,527 miliardi (-215 milioni); mentre sono cresciute del 20,4% le entrate conseguenti all'attività di accertamento e controllo, riferite solo ai ruoli dei tributi erariali. L'aumento di 1,261 miliardi ha portato a 7,433 miliardi il totale delle entrate dalla lotta all'evasione. E questa è la notizia fiscale forse migliore.
Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia e delle Finanze

In Valle d'Aosta più auto che abitanti

La regione che ama di più l'automobile? E' la Valle d'Aosta. La risposta si trova nell'edizione 2017 di "Automobile in cifre", pubblicazione annuale dell'Anfia, l'associazione nazionale dell'industria autoveicolistica, che riporta una montagna di dati relativi al settore. E tra le numerosissime tabelle, si trovano quelle sulla densità di vetture per regione, provincia e persino comune capoluogo.
La Valle d'Aosta, dunque, ha il primato italiano di automobili per abitante: 1.173 ogni ogni mille persone. Unica regione ad avere più vetture che abitanti. Infatti, anche il Trentino-Alto Adige, al secondo posto nazionale per densità di automobili, conta 901 vetture ogni mille abitanti. E ancora più lontana è la terza classificata, l'Umbria, con 701 auto ogni mille abitanti.
La media nazionale è di 625 auto in circolazione ogni mille abitanti. In Italia, infatti, le vetture in circolazione al 31 dicembre 2016 risultano 37.876.138. Di queste, 148.866 si trovano in Valle d'Aosta, 957.856 in Trentino-Alto Adige e 623.516 in Umbria.
In Piemonte, le auto in circolazione alla fine dell'anno scorso erano 2.883.412, perciò 656 ogni mille abitanti a fronte dei 532 della Liguria, che allora registrava 832.304 vetture. Complessivamente, ammontavano a 3.864.582 le vetture su strada nelle tre regioni del Nord Ovest, pari a 635 ogni mille abitanti.
In Piemonte, è la provincia di Biella a mostrare la più alta densità di quattroruote con 714 auto ogni mille abitanti, precedendo, nell'ordine, Cuneo (686), Vercelli e Asti (672), Alessandria (660), Verbania (653), Torino (644) e Novara (640), ultima della regione.
Rapporti tutti superiori a quelli delle quattro province liguri: 593 auto ogni mille abitanti a Savona, 574 a Imperia, 562 a La Spezia e 493 a Genova, cenerentola del Nord Ovest. Sotto la Lanterna, infatti, al 31 dicembre scorso, risultavano in circolazione 583.601 vetture, mentre se ne contavano 93.678 nella provincia spezzina, 61.057 nella savonese e 42.154 in quella di Imperia.

Sempre, secondo il consuntivo dell'Anfia e dell'Aci, a fine 2016 le auto in circolazione erano 1.466.055 nella provincia di Torino, 404.464 in quella di Cuneo, 281.818 nell'Alessandrino, 236.794 nel Novarese, 145.637 nell'Astigiano, 127.555 nel Biellese, 116.874 nel Vercellese e 104.215 nel Verbano-Cusio-Ossola.
Fiat Panda: l'auto più venduta in Italia 

Piazza Affari, Cdr Advance e Italmatch

ERG SOPRA I 15 EURO, BASICNET INVESTE SU SE STESSA
Alcune novità di oggi, 6 novembre, che riguardano società del Nord Ovest quotate a Piazza Affari. Innanzi tutto, i nuovi record borsistici di Erg, Iren e Astm.
Il titolo Erg ha superato, per la prima volta, la soglia dei 15 euro. Il suo ultimo contratto è stato chiuso a 15,04 euro, che costituisce il valore più alto mai raggiunto dall'impresa genovese della famiglia Garrone-Mondini. Il record precedente era di 14,67 euro ed era stato segnato venerdì scorso. Effetto principalmente della cessione della rete di stazioni Total Erg ad Api. La capitalizzazione è salita a 2,261 miliardi.
Anche l'azione Iren ha ancora migliorato il suo primato, sia pure di due centesimi. Oggi, infatti, ha chiuso a 2,476 euro, a fronte dei 2,474 della seduta precedente. A sua volta, il titolo Astm-Autostrada Torino Milano (gruppo Gavio), per la prima volta, è andato oltre i 24 euro, che erano stati raggiunti il 2 novembre. Infatti, Astm ha terminato la seduta odierna a 24,04 euro, con un incremento dello 0,46% rispetto a quella precedente. Nell'ultimo anno, la sua performance è migliorata del 160% e ora Astm è valutata dal mercato 2,380 miliardi.
L'altra notizia è relativa all'acquisto di azioni proprie da parte di torinese Basicnet e della Orsero di Albenga. In seguito, ai più recenti acquisti, Basicnet, presieduto da Marco Boglione che è il fondatore del gruppo e il socio di controllo con il 33,6%, è arrivato ad avere azioni proprie pari al 9,76% del capitale, quota superata solo da quella posseduta dal numero 1 dell'impresa, conosciuta soprattutto per i suoi marchi Robe di Kappa, Jesus Jeans, Kappa, K-Way, Superga, Sabel, Briko e Sebago.
Quanto a Orsero, leader nell'importazione e distribuzione di prodotti ortofrutticoli freschi, dopo i nuovi acquisti, ha in portafoglio azioni proprie pari a quasi 3,7% del capitale, nel quale è salita sopra al 5% anche Praude Asset Management, come il fondo Wilmington Capital.
In proposito, va rilevato che, da qualche tempo, diverse società quotate stanno acquistando azioni proprie, con varie motivazioni. Comunque, queste operazioni da una parte mirano a dimostrare la fiducia degli amministratori e degli azionisti nello sviluppo della loro società e dall'altra contribuiscono a ridurre la perdita di valore del titolo, provocata magari da manovre speculative finalizzate al suo ribasso.
Marco Boglione, presidente Basicnet
CDR ADVANCE CAPITAL
Società biellese quotata in Borsa, nel segmento Aim, Cdr Advance Capital ha comunicato, pochi giorni fa, che la sua controllata Advance Sim ha ottenuto dalla Consob l'autorizzazione alla prestazione del servizio di collocamento, così che completa l'offerta alle Pmi, piccole e medie imprese, che intendono accedere al mercato borsistico, svolgendo già il ruolo di Nomad per le quotazioni all'Aim di Piazza Affari (il Nomad-Nominated adviser è il soggetto che deve valutare l'appropriatezza della società candidata alla quotazione ai fini dell'ammissione, inoltre deve supportarla nel mantenere un adeguato profilo di trasparenza informativa nei confronti degli investitori e deve stimolare l'attenzione della società al rispetto delle regole conseguenti alla quotazione.
Cdr Advance Capital, nata allo scopo di capitalizzare le esperienze professionali e imprenditoriali dei suoi fondatori nel settore delle cosidette “special situation”, cioè le situazioni aziendali di crisi sfociate o destinate a sfociare in procedure concorsuali, quali il fallimento o l'amministrazione straordinaria, piuttosto che in concordato preventivo o in ristrutturazioni, è a capo di un gruppo di diverse società, tre delle quali strumentali e le impegnati in investimenti immobiliari e mobiliari (fra queste la Cdr Replay, che controlla la Borgosesia in liquidazione).
Guidata da Mauro Girardi, presidente e amministratore delegato, Cdr Advance Capital nel primo semestre di quest'anno ha avuto ricavi per 4,3 milioni e un utile netto consolidato di poco più di un milione. Al 30 giugno, presentava un patrimonio netto di 20 milioni, quasi due in più rispetto alla stessa data del 2016. La sua capitalizzazione è di oltre 13,6 milioni.
Mauro Girardi, commercialista, da oltre 25 anni opera nel capo delle procedure concorsuali sia in qualità di consulente di società debitrici che di ideatore e gestore di interventi di tournaround, oltre che come curatore e commissario giudiziale. Fra l'altro, da tempo è amministratore delegato anche della Figerbiella. Del consiglio di amministrazione della Cdr Advance Capital fanno parte anche Andrea Zanelli (vice presidente), Gabriella Tua, Andrea Basso, Alessandro Di Manna, Luca Pierazzi, Franco Sala e Riccardo Rota.
Mauro Girardi, n.1 Cdr Advance Capital

ITALMATCH CHEMICALS
Sempre più internazionale la genovesissima Italmatch Chemicals, che mantiene il piede schiacciato sull'acceleratore dell'espansione all'estero, anche con acquisizioni. Come conferma la recentissima operazione in Brasile, dove, attraverso la partecipata Italmach do Brasil, ha rilevato Sudamfos do Brasil, azienda locale di riferimento nella commercializzazione di fosfonati, fosfati e altri prodotti chimici speciali. Un ulteriore passo avanti nel continente americano, dove, recentemente, ha comprato la Compass Chemical International, la più importante industria chimica indipendente del Nord America nel settore dei fosfonati e degli additivi per il trattamento di acque e nel mercato oil&gas.
Italmatch Chemicals, fondato sotto la Lanterna nel 1998, è un innovativo gruppo chimico specializzato nella produzione di additivi per oli lubrificanti, trattamenti acque, oil&gas e plastica. Dispone di sei stabilimenti in Europa (Italia, Spagna, Germania e Regno Unito), quattro in Asia (Cina e Giappone) e uno negli Usa, oltre che di cinque centri di ricerca. Conta circa 500 dipendenti e ha un fatturato annuo di 340 milioni.
Nel luglio del 2014, la maggioranza di Italmatch Chemicals è stata rilevata dalla Ardian, società di private investment di origine francese, insieme con il management della stessa Italmatch Chemicals, il cui amministratore delegato è Sergio Iorio, il quale anche in occasione dell'insediamento nel nuovo quartiere generale in via dei Magazzini del Cotone, nell'area del Porto Antico, ha ribadito il profondo legame della società con Genova, dove conta di svilupparsi.
Sergio Iorio, laureato in Ingegneria con 110 e lode a Genova, ha avuto i suoi primi incarichi di grande responsabilità all'Ilva, della cui filiale Usa è stato amministratore delegato e vice presidente esecutivo, poi responsabile di attività nell'intero Nord America e nell'area Emea, prima di diventare general manager responsabile del business automotive del Gruppo. Nel 1995 ha assunto l'incarico di amministratore delegato e direttore generale di Italmatch, allora di proprietà della Saffa. Poi, ha partecipato al management by out che ha portato alla nascita di Italmatch Chemicals, della quale continua a mantenere saldamente la guida, con la collaborazione di Maurizio Turci, responsabile della finanza, degli affari generali e delle risorse umane.
Sergio Iorio, ad Italmatch Chemicals


Lavoro, dove si soffre di più

E' grigio il quadro del mondo del lavoro nel Nord Ovest. Lo conferma l'ultima edizione de “L'economia delle regioni italiane – Dinamiche recenti e aspetti strutturali”, pubblicata dalla Banca d'Italia venerdì scorso, 3 novembre. Gli occupati continuano a diminuire e, in Liguria, più che in quasi tutto il resto del Paese. Al 30 giugno scorso, infatti, la Liguria aveva un numero di occupati inferiore dell'1,8% rispetto alla stessa data del 2016. Peggio è andata solo nelle Marche (-2,4%) e in Abruzzo (-2,8%). Non solo: a livello di intera Italia, l'occupazione è aumentata dell'1,1%.
Dal primo semestre 2016 al primo semestre 2017, la diminuzione degli occupati è stata dello 0,4% in Piemonte e dello 0,6% in Valle d'Aosta. Nella regione alpina, però, è calato anche il numero delle persone in cerca di occupazione (-2,7%) e ancora di più in Liguria (-8,8%); mentre è cresciuto dello 0,5% in Piemonte. Negativo, comunque, per tutte e tre le regioni è risultato negativo l'andamento delle forze di lavoro, costituite dagli occupati più i disoccupati. Le forze di lavoro sono scese dello 0,3% in Piemonte, dello 0,8% in Valle d'Aosta e addirittura del 2,5% in Liguria. In controtendenza rispetto all'Italia nel suo insieme, perché il Paese ha evidenziato un aumento dello 0,7% delle forze di lavoro dal 30 giugno 2016 allo stesso giorno del 2017.
Controtendenza emersa anche per gli occupati, il cui totale nazionale, infatti, è salito appunto più dell1'1%. Alla determinazione di questo valore hanno contribuito soprattutto la Lombardia (+1,9%), il Veneto (+2,3%), l'Emilia-Romagna (+1,4%), il Friuli-Venezia Giulia (+1,3%), la Toscana (+1,7%), il Lazio (+1,5%), ma anche la Campania (+3,2%) e la Calabria (+1,9%). Positivo, comunque, è il confronto pure per Trentino-Alto Adige (+0,6%), Umbria (+0,1%) e Sicilia (+0,3%).
In particolare, in Liguria è il settore delle costruzioni a pagare il prezzo più alto per l'occupazione. Qui, infatti, al 30 giugno appena passato, gli addetti all'edilizia sono risultati il 22,1% meno di un anno prima. Poco meno peggio è andata all'agricoltura (-21%) e in rosso ha chiuso pure il variegato settore del servizi (-1,6%). Così che neppure l'aumento del 15,9% degli occupati nell'industria in senso stretto è bastato a controbilanciare le perdite degli altri settori.
Quello industriale, comunque, ha visto una crescita degli occupati anche in Piemonte (+0,8%) e in Valle d'Aosta (+2,3%). L'occupazione, in Valle d'Aosta, è aumentata pure nell'agricoltura (+9,5%) e nei servizi (+0,8%); mentre, è diminuita nelle costruzioni (-18,8%), come è successo in Piemonte, seppure a un tasso inferiore (-4,4%).

Dalle tabelle della Banca d'Italia, inoltre, emerge che il tasso di occupazione al 30 giugno 2017 era del 66,3% in Valle d'Aosta, 64,4% in Piemonte e 61,9% in Liguria, fanalino di coda del Nord Ovest. E la Liguria presenta, fra l'altro, il peggiore tasso di disoccupazione: 10%, a fronte del 9,6% del Piemonte e dell'8,5% della Valle d'Aosta. Rispetto all'intero 2016, la disoccupazione è aumentata di tre decimi sia in Liguria che in Piemonte, mentre è diminuita di due decimi in Valle d'Aosta. 
Panoramica di Genova

Indiscrezioni

POLITECNICO TORINO
Un autorevole professore del Politecnico di Torino ha confidato che il suo ateneo potrebbe avere, ogni anno, circa tremila iscritti in più. Tremila giovani che, invece, vengono dirottati altrove, perché il prestigioso e ambito “Poli” non ha gli spazi (aule e strutture) sufficienti per accoglierli. Una perdita considerevole, anche dal punto di vista economico, per il capoluogo piemontese, che, comunque, conta oltre 102.000 iscritti alle sue due Università statali: in particolare, il Politecnico ne
ha 31.500, dei quali il 58% residente fuori dal Piemonte.
Insieme, Politecnico e Università di Torino dispongono di circa 5.800 dipendenti, 3.000 dei quali dediti all'insegnamento o alla ricerca. Nel 2016 hanno avuto, complessivamente, proventi per quasi 700 milioni di euro.
Marco Gilli, rettore Politecnico Torino
PRESIDENZA ACRI
Firstonline, autorevole sito web nazionale di economia e finanza, ma non solo, diretto dal bravissimo Franco Locatelli, ha scritto che è Francesco Profumo a trovarsi in pole position per la successione dell'intramontabile Giuseppe Guzzetti alla presidenza dell'Acri, l'associazione nazionale delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di Risparmio (quelle poche rimaste). Francesco Profumo, savonese di nascita e torinese d'adozione, è, fra l'altro, il presidente della Compagnia di San Paolo, la seconda maggiore fondazione italiana per patrimonio, preceduta unicamente dalla Fondazione Cariplo, che ha al suo vertice, da sempre, lo stesso Guzzetti.
Alla conclusione del mandato del non più rinnovabile Guzzetti all'Acri mancano ancora due anni, ma, secondo Firstonline, le manovre per la presidenza sono già incominciate. E Francesco Profumo, già rettore del Politecnico di Torino, ministro e presidente del Cnr, viene considerato il favorito. Dimenticando, però, che qualcuno ha già ventilato la possibilità che quell'incarico romano, rilevante anche per gli stretti rapporti Acri-Governo, possa essere assunto dal potentissimo piemontese 
Fabrizio Palenzona.
Francesco Profumo, presidente Compagnia di San Paolo
UBI BANCA
E' piaciuta a molti la presa di posizione di Gianni Genta, neo presidente della Fondazione Cr Cuneo, rispetto alla riforma della governance di Ubi Banca, quarto maggior gruppo creditizio italiano, che ha l'Ente cuneese come primo azionista con il 5,9% del capitale. In poche parole, Gianni Genta ha sostenuto l'opportunità di un sistema che eviti l'eccessivo potere dei manager, distingua nettamente i ruoli tra controllati e controllanti e consenta una maggiore partecipazione dei grandi azionisti alla definizione delle scelte strategiche, senza, per questo, intrusioni e interferenze nella gestione, fra l'altro vietate. Da qui la bocciatura dell'ipotesi dell'adozione del sistema monistico, al quale si preferisce, invece, il consiglio di amministrazione classico.
Questo, in sintesi, è quanto ha scritto il Messaggero, sempre ben informato. Comunque, non può non far piacere che qualcuno, finalmente, critichi e si opponga allo strapotere dei manager e faccia valere il peso e i diritti della proprietà, spesso calpestati. E' inconcepibile che chi ci mette i soldi e rischia il suo investimento debba fare soltanto da spettatore, per di più sotto minaccia. Nelle banche è successo e succede. Per le imprese normali sarebbe una follia.
Gianni Genta, presidente Fondazione Cr Cuneo
CARIGE
A proposito di banche, ha sorpreso non poco la notizia che il gruppo Unipol sarebbe intenzionato a diventare un socio forte della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, in occasione dell'imminente aumento di capitale e, addirittura, a insidiare la posizione della famiglia Malacalza, che attualmente è l'azionista di riferimento con il 17,6% del capitale. Sorprende, inoltre, che Banca Carige, fino a poco tempo fa considerata spacciata o quasi, stia diventando ambita. Infatti, non solo Vittorio Malacalza, Gabriele Volpi (6%), Aldo Spinelli e altri soci rilevanti di Carige sarebbero intenzionati a sottoscrivere il nuovo aumento di capitale e ad accrescere le loro quote; ma, appunto, anche altri soggetti punterebbero a entrare in gioco.
In ogni caso, c'è da credere che il duro, coriaceo e coraggioso Vittorio Malacalza continuerà a combattere, credendo nella possibilità di riscosso di Banca Carige, sulla quale ha già investito oltre 250 milioni di euro, una somma che, ancora poche settimane fa, sembrava destinata a finire in fumo.
Vittorio Malcalza, Banca Carige 
REPUBBLICA-LA STAMPA-IL SECOLO XIX
Nell'ambiente giornalistico torinese, molto agitato in seguito alla prossima nascita dell'edizione metropolitana del Corriere della Sera (il primo numero uscirà venerdì 24 di questo mese e sarà anticipato, giovedì 23, da una serata di gala al Teatro Regio, alla quale sono attese oltre mille persone), circola la voce che entro la fine dell'anno prossimo scompariranno le edizioni torinese e genovese di Repubblica, assorbite rispettivamente da La Stampa e da Il Secolo XIX, con i loro giornalisti.
Intanto, Repubblica ha già trasferito le sedi delle due redazioni locali: i giornalisti di Repubblica Torino sono andati a lavorare in via Lugaro, nello stabile che ospita La Stampa e quelli di Repubblica Genova sono andati nel palazzo di piazza Piccapietra, dove si trova la redazione de Il Secolo XIX.
Il tutto è una conseguenza della fusione tra il gruppo L'Espresso-Repubblica e l'Itedi, editrice de La Stampa e del Secolo XIX. Fusione dalla quale è nata Gedi, società quotata in Borsa, controllata dalla Cir dei De Benedetti e partecipata sia da Exor (famiglia Agnelli-Elkann-Nasi) sia da Perrone, che era il proprietario del Secolo XIX prima della sua cessione a Itedi.

GRANDI DIRETTORE
Augusto Grandi, 61 anni, entrato nel 1987 nella redazione torinese de Il Sole 24 Ore, lasciata nell'aprile scorso dopo trent'anni, in seguito alla grande crisi del quotidiano color salmone, sarà il direttore responsabile di Electomag, nuovo magazine online che Electoradio si appresta a lanciare: sarà in onda prima di Natale Electoradio è una web radio nata nel capoluogo piemontese quattro anni fa, emittente per la quale Augusto Grandi già conduce la trasmissione Il Tafano.
Electomag spazierà in molti campi, dalla politica all'economia, dalla cultura alla cucina. Grandi, appassionato di montagna, amante assoluto della Valle d'Aosta, creatore del blog “Girano”, scrittore di diversi libri, per alcuni dei quali ha anche ricevuto premi, sarà coadiuvato da giovani collaboratori e da giornalisti esperti, a partire da Traverso, Callegaro, Corgiat e Chiolo.
Augusto Grandi
MARCONETTO&PRISMI
La Prismi, società modenese quotata alla Borsa di Milano nel segmento Aim e che vanta la leadership nazionale nei servizi di Digital marketing e Search engine optimization (Seo), cioè per il posizionamento sui motori di ricerca, ha appena comunicato di avere rilevato il 25,99% della 3ding di Saluzzo, portando così al 95% la sua partecipazione nell'impresa cuneese.
Nella stessa nota, la Prismi ha precisato che Daniele Marconetto, amministratore dell'azienda saluzzese, continuerà a operare a favore della 3ding.