A chi vanno i nuovi fondi Mef anti usura

Nuove risorse per contrastare l'usura, piaga sociale sempre più diffusa. Il ministero dell'Economia e delle Finanze ha appena comunicato di aver messo a disposizione, per il prossimo anno, 27 milioni di euro in favore di imprese e famiglie a rischio di usura. Somma che andrà, per il 70% (18,904 milioni) a 112 Confidi e per il restante 30% (8,102 milioni) a 36 tra associazioni e fondazioni del Terzo settore, che potranno così fornire garanzie per nuovi prestiti a piccole aziende e famiglie in gravi difficoltà economiche e, quindi, possibili prede degli strozzini.
Le garanzie fornite dalle associazioni e fondazioni anti usura, infatti, servono a favorire la concessione di finanziamenti bancari a soggetti che non potrebbero ottenerli diversamente e che altrimenti potrebbero rivolgersi ai canali illegali. I nuovi prestiti, a tassi molto agevolati, sono concessi dalle banche convenzionate, grazie alle garanzie delle associazioni e fondazioni anti usura, garanzie finanziate con le erogazioni dello Stato ma, soprattutto, con contributi di persone fisiche e giuridiche private.
I nuovi prestiti, comunque, vengono concessi a chi è nelle condizioni di poterli restituire, grazie alle rate sostenibili anche per la più lunga durata del finanziamento, oltre che per la partecipazione di componenti della famiglia. Va rilevato, inoltre, che i volontari delle associazioni e fondazioni anti usura, normalmente pensionati che hanno lavorato in banca, nel settore fidi, a vari livelli, spesso riescono ad aiutare i soggetti a rischio di usura intervenendo per ridurre considerevolmente i debiti pregressi proponendo saldi a stralcio.
Nel Nord Ovest operano cinque fondazioni anti usura, che, complessivamente hanno ottenuto dal ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef), per il prossimo anno, quasi 850.000 euro. Infatti, il ministero guidato da Pier Carlo Padoan ha deciso di erogare 285.737 euro alla Fondazione anti usura Santa Maria del Soccorso Onlus (Genova), 282.064 euro alla Fondazione San Matteo – Insieme contro l'usura (Torino), 254.708 euro alla Scialuppa CRT Onlus – Fondazione anti usura (Torino, presidente Ernesto Ramojno), 100.000 euro alla Fondazione San Martino anti usura Onlus (Alessandria), 181.708 euro alla Fondazione Antonio e Caterina Bruzzone (Cuneo).
Come negli anni scorsi, i contributi sono stati ripartiti dal Mef sulla base di una combinazione di indicatori che tengono conto sia dell'indice di rischio usura presente nell'ambito territoriale dove opera l'ente assegnatario, sia dell'efficienza nella capacità di utilizzo dei fondi riscontrata in passato.
L'ammontare del Fondo di prevenzione dell'usura varia di anno in anno, in quanto si alimenta in prevalenza con le sanzioni amministrative antiriciclaggio e valutarie.
Tramite questo Fondo, il Dipartimento del Tesoro del Mef ha erogato, dal 1998 a oggi, circa 600 milioni di euro, finalizzati alla concessione di garanzie per 81.000 finanziamenti, equivalenti a un importo totale di oltre 1,9 miliardi di euro.
L'usura è un illecito penale, classificato dal nostro Codice come un delitto. E il prestito si configura come usura quando l'interesse supera la soglia legale (fissata ogni tre mesi dal Mef), oppure quando l'interesse è tale da rendere impossibile o estremamente difficile il suo pagamento al creditore.
Secondo stime dell'Eurispes, il business dell'usura in in Italia ammontava, nel 2015, a circa 82 miliardi di euro: 37 erano i miliardi prestati dagli usurai (30 miliardi a persone fisiche, 5 alle impese commerciali e dei servizi, 2 alle imprese agricole), mentre sfiorava i 45 miliardi la somma degli interessi incassati nell'anno sui capitali prestati dagli strozzini.

Proprio la La Scialuppa CRT Onlus – Fondazione anti usura ha pubblicato, pochi mesi fa, un manuale anti usura intitolato “Per un uso responsabile del denaro”, libretto scaricabile anche da Internet.  
Ernesto Ramojno, presidente La Scialuppa CRT Onlus

Dalle Fondazioni piemontesi 298 milioni

Operano da venticinque anni, in molteplici settori che interessano l'intera collettività – arte, cultura, istruzione, formazione, ricerca, sviluppo, sanità, alla cultura, all'arte, sanità, welfare, volontariato, per citare i principali ambiti di intervento – ma le Fondazioni di origine bancaria (Fob), sono generalmente ancora poco riconosciute per quello che realmente sono e fanno.
Molti le confondono ancora con le banche, dalle quali hanno tratto origine; pochi sanno quali soggetti possono beneficiare dei loro contributi, da dove ricavano le loro risorse, come agiscono e a quali norme fanno riferimento.
In Piemonte, però, le Fondazioni di origine bancaria sono ben più conosciute e apprezzate che altrove. D'altra parte, qui si trovano 12 delle 88 Fob italiane. E tre di loro – Compagnia di San Paolo, Fondazione Crt (Torino) e Fondazione Crc (Cuneo) – spiccano nel gruppo delle otto più grandi, in Italia, per l'entità del patrimonio.
Insieme, le 12 Fob del Piemonte potevano vantare, al 31 dicembre 2016, un patrimonio netto di poco inferiore agli 11,4 miliardi di euro (11.393.474.879 per la precisione), equivalente al 28,7% della somma dei patrimoni di tutte le Fondazioni di origine bancaria del nostro Paese.
Ancora maggiore è risultata la quota delle erogazioni delle Fob piemontesi: l'anno scorso, il loro valore complessivo è ammontato a 298 milioni di euro, il 29% del totale nazionale di 1,03 miliardi.
Nei primi dieci mesi di quest'anno, le due maggiori Fob piemontesi (Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt) hanno deliberato oltre 1.700 nuovi stanziamenti, per un valore complessivo di circa 191 milioni di euro, per progetti sia propri (diretti o dei loro enti strumentali) sia di terzi, cioè di soggetti non profit beneficiari dei contributi.
Naturalmente, nello stesso periodo, anche tutte le altre Fob piemontesi hanno perseguito gli scopi istituzionali, come dimostra la loro l'attività, intensa e significativa. Non per tutte le nuove iniziative, però, sono stati ancora ufficializzati numeri e importi, per cui anche il pre-consuntivo al 31 ottobre è provvisorio. Inoltre, a oggi, appare prematuro ipotizzare i dati del bilancio “consolidato” delle Fob piemontesi, anche perché nuovi stanziamenti sono stati deliberati dopo il 31 ottobre.
Proprio la quantità e la qualità delle azioni promosse e sostenute, tutte generatrici di effetti positivi, a volte persino provvidenziali, nelle rispettive comunità di riferimento, spiegano perché, in Piemonte, le Fondazioni di origine bancaria, a prescindere dalla loro dimensione, godano di una maggiore reputazione e figurino tra i principali interlocutori delle Amministrazioni pubbliche locali, delle organizzazioni di volontariato, degli enti culturali, delle università e degli istituti scolastici, di Curie e parrocchie, di società sportive dilettantistiche, di cooperative e imprese sociali, di fondazioni non bancarie e, fra l'altro, di aziende sanitarie e ospedaliere pubbliche.
Francesco Profumo, presidente Csp 

Giovanni Quaglia, presidente Fondazione Crt

Damiani brilla all'estero, non nei conti

Non brilla la semestrale chiusa dalla Damiani il 30 settembre 2017. Nella prima parte dell'esercizio in corso, infatti, la Casa di Valenza Po, leader nel mercato italiano della produzione e della commercializzazione di gioielli e di orologi di alta gamma, i ricavi sono stati pari a 69,940 milioni, pressoché uguali a quelli del periodo aprile-settembre 2016 (69,801 milioni), mentre il risultato netto è peggiorato, essendo stato negativo per 4,9 milioni, a fronte della precedente perdita di 0,8 milioni. Inoltre, è aumentato l'indebitamento netto a 59,8 milioni dai 53,1 milioni del 31 marzo appena passato.
Però, nella parte iniziale dell'esercizio che terminerà il 31 marzo prossimo il gruppo alessandrino, controllato dalla famiglia Grassi Damiani con la holding Leading Jewels Sa, ha fatto ulteriori passi avanti. Fra l'altro, ha aumentato il numero dei punti vendita, diventati 66, di cui 50 monomarca Damiani (nuove le aperture a Tokio, Sganghai, Dubai, Singapore e nella Corea del Sud, tutte in strutture di lusso, strategiche). E sono ancora cresciute di oltre il 15% le esportazioni, a conferma della vocazione internazionale della Damiani, che ha anche i marchi Salvini, Bliss, Calderoni 1840 e Alfieri & St. John.
Il Gruppo, che possiede pure la catena Rocca 1794, conta 620 dipendenti, per quasi tre quarti donne. Le sue origini risalgono al 1924. La capogruppo Damiani, quotata in Borsa da dieci anni, ha al suo vertice i tre fratelli Guido, Giorgio e Silvia Grassi Damiani, terza generazione dell'impresa di famiglia. Guido, classe 1968, è il presidente, Giorgio (classe 1971) vice presidente e amministratore delegato, Silvia vice presidente, con la delega alle Relazioni esterne e all'Immagine.
Oggi, 29 dicembre, il prezzo finale del titolo Damiani è stato di 1,084 euro (-0,91% rispetto a ieri). La capitalizzazione è di circa 90 milioni.ù
Giorgio Grassi Damiani, vice presidente e ad Damiani

La mistificazione delle pensioni e dell'Inps

Casa, auto e pensionati. Tre fonti di reddito che, da tempo, i legislatori e il fisco hanno preso di mira e sulle quali continuano ad accanirsi inesorabilmente. La seconda rata di Imu-Tasi è appena stata pagata, la tassa di circolazione è in scadenza (l'Anfia ha da poco ricordato che le quattroruote portano nelle casse delle Amministrazioni pubbliche ben 73 miliardi nel 2016) ed ecco altre due novità relative all'Inps, il cui presidente, l'economista Tito Boeri, un “duro”, non smette di richiedere tagli degli assegni e assoluta inflessibilità.
Una delle due novità è che nei primi dieci mesi di quest'anno, l'Inps ha incassato quasi 170 miliardi (per la precisione 169,692) come contributi. L'aumento è del 4,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Una crescita rilevante, conseguente al miglioramento della situazione occupazionale e che assume un valore ancora maggiore considerando che il totale delle entrate tributarie dei primi dieci mesi 2017 è stato di 358,221 miliardi, l'1,4% in più dei 353,312 miliardi di gennaio-ottobre 2016.
Nessuna fonte fiscale ha avuto un tasso d'incremento come quella dei contributi all'Inps, neppure lontanamente. La più vicina, l'Iva, ha fatto registrare un aumento del 2,4%, avendo generato entrate per 96,237 miliardi, 2,257 più che nei primi dieci mesi dell'anno scorso. E neppure nel gruppo delle entrate tributarie degli enti locali si trova una crescita percentuale uguale o superiore a quella dei contributi Inps. Infatti, la stessa Irap ha fatto incassare agli enti territoriali 15,455 miliardi, il 3,7% in più del gennaio-ottobre precedente.
Seconda notizia di pochi giorni fa riguardante l'Inps. Il numero dei pensionati continua a diminuire: al 31 dicembre 2016 sono risultati 16,1 milioni, 115.000 meno che alla stessa data del 2015 e 715.000 meno che a fine 2008. Lo ha certificato l'Istat, l'istituto nazionale di statistica, aggiungendo che l'importo complessivo lordo delle pensioni, non solo dell'Inps, l'anno scorso è stato di 282,415 miliardi, con una media di 17.580 euro per pensione. Somme sulle quali, comunque, si pagano le tasse. Fra l'altro, 436.000 percettori di pensione hanno un'occupazione, per cui versano ancora contributi.
In ogni caso, il totale delle entrate contributive dei primi dieci mesi 2017 è ammontato a 183,617 miliardi (+4,2% rispetto al corrispondente periodo del 2016); infatti, ai circa 170 miliardi dell'Inps bisogna aggiungere i 6,544 miliardi dell'Inail e i 7,831 miliardi degli enti previdenziali privatizzati. 
Ancora in merito all'Inps e ai sui conti, va precisato che il rosso del bilancio è determinato non dalla differenza negativa tra il valore dei contributi versati e quello delle prestazioni erogate, ma da altri costi che nulla hanno a vedere con le pensioni vere e proprie, cioè agli assegni ottenuti in seguito ai versamenti fatti durante la vita lavorativa.

Il riferimento è alle pensioni sociali (elargizione dello Stato agli anziani più bisognosi), alle indennità di accompagnamento, alle pensioni di invalidità e, fra l'altro, alla cassa integrazione guadagni. Tutti oneri che dovrebbero gravare sulla fiscalità generale e non sul sistema previdenziale, facendo sostenere ai pensionati, che hanno versato i contributi, il costo dell'incapacità dello Stato di far fronte alle sue responsabilità, per di più cercando di mascherarla e facendo sentire in colpa i pensionati.  
Tito Boeri, presidente Inps

Da Intesa Sanpaolo a Visibilia Editore, ecco tutte le valutazioni a fine novembre

Quasi 45 miliardi di euro. E' la differenza di valore di Borsa tra la società in testa e quella in coda al gruppo delle 40 quotate in Piazza Affari riconducibili al Nord Ovest, perché vi hanno sede o perché ne sono originarie le persone giuridiche o fisiche che le controllano.
Prima è Intesa Sanpaolo, alla quale il mercato, alla fine del mese scorso, ha attribuito il valore di 44,961 miliardi, il doppio di Fca-Fiat Chrysler Automobiles (22,219 miliardi), al secondo posto nella graduatoria del Nord Ovest per capitalizzazione. La famiglia Agnelli-Elkann-Nasi, però, può vantare il terzo, il quarto e il quinto posto, rispettivamente con Ferrari (17,753 miliardi), Cnh Industrial (14,793 miliardi) ed Exor, la holding del Gruppo (12,339 miliardi).
Sesta, sempre al 30 novembre, è risultata la Diasorin di Saluggia, controllata dalla famiglia del torinese Gustavo Denegri, con 4,318 miliardi; settima Italgas, fondata e rimasta sotto la Mole, con 4,288 miliardi, ottava Buzzi Unicem di Casale Monferrato, come la famiglia Buzzi alla quale fa capo il grande gruppo cementiero (4,224 miliardi). Nona la Sias (famiglia Gavio di Tortona), con 3,353 miliardi e decima Iren, che ha come principali azionisti i Comuni di Torino e di Genova, con 3,081 miliardi.
A guidare il gruppo a ruota delle top ten si trova la genovese Erg della locale famiglia Garrone-Mondini, con 2,401 miliardi. Erg “tira” Astm-Autostrada Torino Milano, altra quotata del gruppo Gavio, con 2,354 miliardi. Tredicesima è la torinese Reply (famiglia Rizzante) con 1,792 miliardi, quattordicesima la Cir (gruppo De Benedetti) con 898,4 milioni, quindicesima la Vittoria Assicurazioni (famiglia Acutis, di Torino) con 821,4 milioni.
Seguono la Juventus (Exor) con 707,8 milioni, Rcs MediaGroup controllata dall'alessandrino Urbano Cairo (capitalizzazione di 643,2 milioni) come la Cairo Comunication (534,7 milioni). Le ultime due di questo gruppetto sono entrambe del gruppo De Benedetti: Sogefi, diciannovesima con 523,1 milioni e la sua controllante Cofide, ventesima con 413 milioni.
Ventunesima è Dea Capital (famiglia Boroli-Drago, di Novara) con 402,8 milioni, a ruota della quale si trovano Gedi Gruppo Editoriale (gruppi De Benedetti ed Exor) con 350,9 milioni, la torinese Prima Industrie con 345,5 milioni, Tecnoinvestimenti (quartier generale sotto la Mole e presidente Enrico Salza) con 287,5 milioni, la torinese Basicnet (famiglia Boglione) con 219 milioni, Orsero di Albenga, come l'omonima famiglia del fondatore, con 177,8 milioni; la torinese Pininfarina con 104,6 milioni. Ventottesima è la Damiani dell'omonima famiglia di Valenza Po, con 86,4 milioni; ventinovesima la genovese Boero Bartolomeo, ancora della famiglia del fondatore; trentesima la Bim-Banca Intermobiliare, con 74,3 milioni.
Il gruppetto finale è formato dalla subalpina M&C (Carlo De Benedetti), con 64,9 milioni; dalla Centrale del Latte d'Italia (capitalizzazione di 47,7 milioni), torinese come Cover50, che fa capo alla famiglia Fassino, che però non ha alcuna parentela con l'ex sindaco ed esponente del Pd (47,2 milioni) e come la Fidia della famiglia locale Morfino (27,5 milioni).

Trentacinquesima è Italia Independent di Lapo Elkann, con 24,3 milioni. Precede la torinese Ki Group, presieduta dalla cuneese Daniela Garnero Santanché (14,1 milioni), la biellese Cdr Advance Capital (12,2 milioni) e Biancamano della famiglia savonese Pizzimbone. Chiudono la graduatoria Banca Carige (10,1 milioni il suo valore al 30 novembre, secondo la Borsa di quel giorno) e Visibila, controllata da Daniela Garnero Santanché, la quale ne è anche presidente e amministratore delegato.
Carlo Messina, ad Intesa Sanpaolo 

Daniela Santanchè, n.1 Visibilia

Tre leader candidate alla Borsa

Rina, Inalpi, Cva-Compagnia valdostana acque. Sono tre società del Nord Ovest che si preparano ad andare in Borsa. Le prime due si sono iscritte recentemente a Elite, il programma internazionale che sostiene le imprese ad alto potenziale facilitandone l'accesso al mercato dei capitali; la terza ha già manifestato di avere avviato le procedure per approdare a Piazza Affari.
Con loro diverse altre aziende del Nord Ovest stanno scaldando i motori per la quotazione e fra queste spiccano Eataly (Farinetti) e Alpitour, il leader italiano delle vacanze. C'è di nuovo voglia di Borsa. Lo ha confermato, pochi giorni fa, Raffaele Jarusalmi, l'amministratore delegato della società che gestisce Piazza Affari, riferendo che nel 2018 potrebbero risultare circa 50 le nuove quotate sui listini milanesi, numero ancora superiore a quello di quest'anno.

LA GENOVESE RINA
Rina (Registro Italiano Navale), nato come ente di classificazione navale senza scopo di lucro nel 1861 a Genova, è oggi un player globale che accompagna le imprese verso l'eccellenza. Fornisce servizi di test, ispezioni, certificazione e consulenza ingegneristica per le aziende operanti nella logistica, nei trasporti e nelle infrastrutture. Per queste attività, si avvale di una rete di 3.700 professionisti, presenti in 170 uffici distribuiti in 65 Paesi.
Fra l'altro, Rina può vantare oltre 30.000 km di pipeline ispezionate e supervisionate, più di 250 piattaforme energetiche certificate, la classificazione di più di 5.600 navi e 1.300 yachts e la leadership mondiale per la classificazione dei traghetti, l'autorizzazione a operare data a 110 compagnie marine, oltre che 36.000 certificazioni di prodotto e 28.000 di sistemi di gestione; inoltre ha effettuato 150.000 prove di laboratorio. Ancora: è partner di oltre 700 progetti di linee ferroviarie e metro, ma ha anche contribuito allo sviluppo di più di 200 prototipi industriali.
Società per azioni dal 2000, la genovese Rina nel 2016 ha fatturato 448 milioni di euro. E' controllata da una holding pubblico-privata che ne possiede ancora il 71,45% del capitale, mentre il 25,74% fa capo alla Naus, partecipata pariteticamente da due fondi di private equitye il restante 2,81% al management guidato da Ugo Salerno, presidente e amministratore delegato.
Ugo Salerno, nato a Napoli nel 1953, laureato in Ingegneria navale e meccanica con lode, ha incominciato la sua carriera professionale nella sede partenopea di Ibm Italia, lasciata nel 1977 per l'Italcantieri di Genova Sestri. Dopo l'esperienza alla Fermar di Ravenna, della quale è diventato amministratore delegato è tornato a Genova, con lo stesso incarico ma alla Somocar. Poi è stato, per una mezza dozzina d'anni, alla Coeclerici, lasciata nel 2002 per entrare in Rina.
Cavaliere del Lavoro, Ugo Salerno è anche membro del comitato esecutivo di Carispezia (Crédit Agricole) e e consigliere di amministrazione degli Ospedali Galliera.
Ugo Salerno, presidente e amministratore delegato Rina

LA CUNEESE INALPI
Sede a Moretta, nel Cuneese, dove è stata fondata nel 1966, Inalpi produce latte in polvere di qualità (è il leader italiano del comparto), burro e panna. Impiega direttamente 130 persone, ma ha un indotto di 1.500. Tutto il latte che utilizza è piemontese, per il 56% proveniente da stalle della provincia, per il 41% dalla provincia di Torino e la quota restante da quella di Asti. Inalpi fornisce di latte in polvere anche la Ferrero, dal 2008, quando Michele Ferrero chiese ad Ambrogio Invernizzi, titolare dell'Inalpi, di realizzare un impianto adeguato alle esigenze del grande gruppo dolciario di Alba.
Quattordicesimo maggior produttore di latte nel nostro Paese (500 tonnellate lavorate quotidianamente), Inalpi, interamente della famiglia Invernizzi, già attiva nel settore dal 1800 con il capostipite Antonio Invernizzi, nel 2016 ha fatturato 127 milioni, destinati ad aumentare del 20% nell'esercizio che sta per terminare. “Siamo convinti che ci siano le opportunità per un'ulteriore fase espansiva della società – ha detto il suo presidente e amministratore delegato, Ambrogio Invernizzi – passando attraverso ricerca di partners, quotazione ed emissione di minibond. In questo percorso, la collaborazione con la Borsa Italiana, nell'ambito di Elite, ci potrà facilitare nel comprendere e valutare le diverse opzioni esistenti”.
Ambrogio Invernizzi, laurea specialistica in Scienze dell'economia e della gestione aziendale conseguita nel 1984 al Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, ha iniziato a lavorare nell'azienda di famiglia come impiegato.
Ambrogio Invernizzi, numero uno Inalpi

LA VALDOSTANA CVA
a Cva-Compagnia Valdostana delle Acque, costituita nel 2000, è posseduta interamente da Finaosta, la finanziaria della Regione. Ha la missione di produrre energia e pulita e sostenibile da fonti rinnovabili: è proprietaria e gestisce 32 centrali idroelettriche, ma è attiva anche nel solare con tre impianti e nell'eolico con sei parchi.; inoltre, vanta tre impianti fotovoltaici. Il costante reinvestimento degli utili l'ha resa una delle più solide aziende del settore e con la dotazione per la realizzazione di nuovi impianti finalizzati ad aumentarne la capacità produttiva. Sempre “all green”. Nel 2016, la Compagnia Valdostana delle Acque, che conta oltre 500 dipendenti, ha registrato ricavi per oltre un miliardo di euro e un utile netto superiore ai 48 milioni. Il suo indebitamento finanziario netto è contenuto in 26 milioni. Cva è a capo di un gruppo, che comprende mezza dozzina di controllate e due partecipate, entrambe operanti nel teleriscaldamento.
Presidente della Cva, dal maggio scorso, è il torinese Marco Cantamessa, professore del Politecnico di Torino; amministratore delegato Enrico De Girolamo.

Cinquant'anni, Marco Cantamessa, laureato in Ingegneria elettronica al Politecnico subalpino, dove è docente di corsi di Gestione dell'innovazione e Sviluppo prodotto, è stato a lungo, fino ala primavera scorsa, presidente e amministratore delegato di I3P, il principale incubatore universitario italiano e uno dei maggiori a livello europeo (nel 2016 ha lanciato 117 progetti e ha costituito 49 imprese).  
Marco Cantamessa, presidente Cva

Fondi comuni, ecco dove investono

Più ricchi di oltre otto miliardi di euro in un mese. Il portafoglio dei fondi comuni d'investimento di diritto italiano in ottobre è aumentato di 8,148 miliardi, così che è risultato di 317,331 miliardi, 56,655 dei quali rappresentati da titoli emessi da Amministrazioni pubbliche del nostro Paese. Rispetto alla fine di settembre, il valore dei titoli pubblici posseduti dai fondi comuni italiani è superiore di un miliardo: per i Btp è salito a 41,129 miliardi dai 40,750 del 30 settembre, per i Cct a 4,374 miliardi dai 3,870, per i Ctz a 4,418 da 3,865; mentre quello dei Bot è sceso da 6,520 a 6,101 miliardi.
Complessivamente, i fondi comuni di diritto italiano al 31 ottobre possedevano titoli emessi da soggetti “residenti” nel nostro Paese per 73,013 miliardi (71,296 alla fine di settembre), a fronte dei 67,458 miliardi rappresentati dai titoli emessi da non residenti, compresi i 27,9 miliardi di titoli pubblici stranieri.
Inoltre, nel portafoglio dei fondi italiani si trovavano, al 31 ottobre, azioni per 37,435 miliardi (36,547 un mese prima). In particolare, avevano azioni quotate per un totale di 8,809 miliardi (8,470 al 30 settembre) e azioni emesse da soggetti non residenti per 28,400 miliardi (27,776).
Inoltre, dall'analisi dell'attivo al 31 ottobre, emerge che i fondo comuni d'investimento di diritto italiano detenevano quote di altri fondi comuni per un valore totale di 62,427 miliardi, emesse da soggetti residenti (9,528 miliardi di euro) e non residenti (52,899 miliardi).

Cosa emerge, in sintesi, da questi numeri? Che i gestori dei fondi comuni di diritto italiano mantengono la fiducia nei nostri titoli di Stato, pur diversificando il rischio con titoli emessi da non residenti; sono ancora prudenti sugli investimenti in azioni, soprattutto, sulle quotate tricolori e puntano in buona misura sulle quote di altri fondi comuni, preferendo di gran lunga quelle emesse da non residenti.  

Contro il Fisco 4.500 nuovi ricorsi

Circa 830 milioni di euro. E' il valore complessivo delle controversie sorte tra il Fisco e il contribuenti delle tre regioni del Nord Ovest nei primi nove mesi di quest'anno. Le liti sono in diminuzione; comunque, dal primo giorno di gennaio all'ultimo di settembre ne sono sorte quasi 4.500. Tanti, infatti, sono i ricorsi che i contribuenti hanno presentato alle Commissioni Tributarie Provinciali (Ctp) di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, nel periodo.
Il confronto dei dati, però, evidenzia un drastico calo sia delle nuove controversie nel terzo trimestre, rispetto ai primi due; sia degli importi contestati. I ricorsi alle Ctp sono stati 1.025, per un totale di 176,7 milioni nel periodo luglio-settembre, mentre erano stati 1.858 per 242,6 milioni nel secondo trimestre e 1.604 per 409,8 milioni nel gennaio-marzo.
In particolare, in Piemonte le Commissioni tributarie provinciali hanno ricevuto 2.560 ricorsi dall'inizio di gennaio alla fine di settembre, aventi a oggetto la somma di 474,7 milioni di euro: 948 sono stati i ricorsi presentati nel primo trimestre (per 146,8 milioni di euro), 1.050 nel secondo (per 197,7 milioni) e 562 nel terzo (per 130,2 milioni).
In Liguria, i nuovi ricorsi sono risultati 639 nel primo trimestre (per 261,6 milioni), 752 nel secondo (per 41,8 milioni) e 439 nel terzo (per 46 milioni). Infine la Valle d'Aosta: 17 nuove controversie nel periodo gennaio-marzo (per 1,4 milioni), 55 nell'aprile-giugno (per 3,1 milioni) e 24 nel luglio-settembre (per mezzo milione).
Per quanto riguarda le singole Commissioni tributarie provinciali, ecco i dati relativi ai ricorsi che hanno ricevuto da parte dei contribuenti nel solo terzo trimestre 2017: Genova 247, Imperia 55, La Spezia 59, Savona 433; Alessandria 81, Asti 21, Biella 34, Cuneo 58, Novara 47, Torino 291, Verbania 12, Vercelli 18. Aosta, appunto, 24.
A livello nazionale, sono stati 26.354 i ricorsi ricevuti dalle Commissioni tributarie provinciali nel terzo trimestre di quest'anno (-15,3% rispetto al corrispondente periodo 2016) e 34.044 quelli decisi dalle stesse Ctp. I giudizi emessi dalle Commissioni tributarie provinciali sono stati completamente favorevoli all'Ente impositore (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Equitalia, Enti pubblici locali …) nel 45,8% dei casi e per un valore complessivo di 1,565 miliardi di euro, mentre i giudizi completamente a favore del contribuenti sono stati il 31% per un totale di 877 milioni. La quota delle cause concluse con giudizi intermedie è risultata dell'11,7% e per la somma di 738 milioni.
Il Fisco ha avuto la meglio anche a livello di Commissioni tributarie regionali (Ctr), alle quali si può fare appello dopo il primo grado di giudizio: il 47,3% dei provvedimenti emessi dalle Ctr è risultato a favore degli Enti impositori (per circa 795 milioni di euro), mentre completa ragione è stata data al contribuente nel 37,4% dei casi (per 626 milioni). Con giudizio intermedio, infine, si è concluso l'8,4% delle controversie esaminate.
I ricorsi definiti dalle Commissioni tributarie provinciali nel terzo trimestre sono stati 806 in Liguria (per 46,4 milioni di euro), 629 in Piemonte (per 74,7 milioni) e 24 in Valle d'Aosta (per 56.237 euro). Presso le stesse commissioni, al 30 settembre 2017, erano pendenti 3.452 ricorsi in Liguria, 5.158 in Piemonte e 96 in Valle d'Aosta.

A presentare il maggior numero di controversie ancora da dirimere a fine settembre, nel Nord Ovest, erano le seguenti Commissioni tributarie provinciali: Torino 1.947, Imperia 1.434, Alessandria 1.239, Genova 1.069.

In Piemonte boom di frodi creditizie

In Piemonte, boom di frodi creditizie mediante furto di identità. Nei primi sei mesi di quest'anno sono stati 566 i casi di frode creditizia rilevati dal Crif, azienda globale indipendente specializzata in sistemi di informazioni creditizie e di business information, servizi di outsourcing e processing e in soluzioni per il credito (la sua clientela è formata da 6.300 fra banche e società finanziarie, più 44.000 imprese e 240.000 consumatori).
Rispetto a quello piemontese, un numero maggiore di frodi creditizie, attuate utilizzando illecitamente i dati personali e finanziari rubati al fine di ottenere prestiti o acquisire beni con l'intenzione premeditata di non rimborsare il finanziamento e non pagare il bene, è stato registrato in Sicilia (2.021 casi), Campania (1.798), Puglia (1.261), Lombardia (1.106), Lazio (951) ed Emilia-Romagna (588).
In tutta l'Italia, sono state oltre 11.000 le frodi creditizie censite dal Crif dall'inizio di gennaio alla fine di giugno, contro una media di circa 8.000 casi, sempre nel primo semestre, dei due anni precedenti. L'importo medio delle frodi di questo tipo è risultato di 7.047 euro, per un valore complessivo superiore agli 80 milioni di euro.
In particolare, nella sola provincia di Torino le frodi creditizie attuate in seguito a furto di identità sono state 314 nel primo semestre di quest'anno, mentre erano state 273 nello stesso periodo del 2016. Questi i dati delle altre province piemontesi: 60 casi nel Cuneese, 51 nell'alessandrinoo, 45 nel Novarese, 38 nell'Astigiano, 28 nel Vercellese, 18 nel Verbano-Cusio-Ossola e 12 nel Biellese.
Il Crif ha precisato che sono soprattutto gli elettrodomestici i beni acquistati con un finanziamento ottenuto in modo fraudolento, rappresentando il 38% dei casi, tasso ben superiore al 9,1% riguardante auto e moto e l'8,4% relativo a immobili e ristrutturazioni edilizie (il 4,2% per trattamenti estetici o sanitari).

Secondo il campione esaminato, l'80% delle frodi creditizie è perpetrato utilizzando carte d'identità false o rubate. Quanto alla tipologia di finanziamento fraudolento, è stato rilevato che per il 56% si tratta di prestito finalizzato (credito al consumo) mentre quasi il 30% dei casi riguarda le carte di credito, il cui uso illecito per gli acquisti è aumentato di quasi l'80% rispetto al primo semestre dell'anno scorso. Infine: quasi il 60% dei casi di frode viene scoperto entro sei mesi.  

Orsero al minimo dell'anno

L'azione Orsero al minimo dell'anno. Oggi, l'ultimo contratto di Borsa relativo al titolo della società di Albenga è stato chiuso a 9,2 euro, ancora l'1,18% in meno rispetto a ieri, così che il valore odierno è risultato il più basso dall'inizio del 2017. E la capitalizzazione è scesa a 161,5 milioni. Nonostante l'ingresso del gruppo spagnolo Fernandez nella compagine societaria, arrivato al 5,89% del capitale e nonostante gli acquisiti di azioni proprie da parte della Orsero, la quale ora possiede più del 4% del suo stesso capitale.
A controllare la Orsero è la Fif Holding con il 32,9% delle azioni, mentre gli altri due soci maggiori, oltre al Gruppo Fernandez, sono Praude Asset Management e Wilmington Capital, entrambi con poco più del 5%.
Vice presidente, amministratore delegato e direttore generale della Orsero, oltre che sua azionista rilevante, è Raffaella Orsero, nipote di Antonio Orsero che, nel 1940, ha fondato l'omonima impresa diventata uno dei principali importatori e distributori europei di prodotti ortofrutticoli (dispone di 20 stabilimenti, conta oltre mille dipendenti e nel 2016 ha fatturato 685 milioni).
Con Raffaella Orsero, sul ponte di comando del gruppo ligure, si trovano Paolo Prudenziati (presidente, amministratore delegato e responsabile commerciale) e Matteo Colombini, amministratore delegato e responsabile finanziario. Del consiglio di amminitrazione fanno parte anche Armando de Sanna, Vera Tagliaferri, Gino Lugli, Luca Giacometti, Alessandro Piccardo w Carlos Fernandez Ruiz, numero uno dell'omonimo gruppo spagnolo.

Il 10 maggio scorso, l'azione Orsero aveva toccato quota 14,26 euro, massimo dall'inizio dell'anno.

Raffaella Orsero, vice presidente e ad Orsero

Rapine in banca, indenne la Valle d'Aosta un terzo in meno in Piemonte e in Liguria

La Valle d'Aosta è una delle tre regioni dove le banche non hanno subito alcuna rapina nei primi nove mesi di quest'anno. Le altre due sono il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige. Invece, in Piemonte, di rapine in banca ne sono state denunciate 19 e in Liguria 6. Comunque, oltre un terzo in meno rispetto allo stesso periodo del 2016. Nei primi nove mesi dell'anno scorso, infatti, le rapine in banca erano state 29 in Piemonte e 9 in Liguria.
Il netto calo delle rapine in banca è risultato comune a tutta l'Italia. Dal primo giorno di gennaio all'ultimo di settembre, nel nostro Paese sono state registrati 188 colpi allo sportello, il 36,9% in meno rispetto ai 298 del corrispondente periodo 2016. Soltanto la Puglia ha accusato un aumento percentualmente considerevole di rapine, essendo passate da 11 a 31. Un'unica rapina in più rispetto ai primi nove mesi dell'anno scorso è stata denunciata in Abruzzo (6), Marche (5) e Sardegna (1). Il numero è rimasto invariato in Basilicata (una rapina) e in Umbria (3). Nel resto del Paese i colpi in banca sono diminuiti.
“Tra i motivi del positivo calo delle rapine in banca – ha spiegato l'Abi, l'associazione italiana degli istituti di credito – si segnalano i continui investimenti delle banche italiane che, ogni anno, in media destinano oltre 600 milioni di euro per rendere le proprie filiali più protette e sicure, adottando misure di protezione sempre più moderne ed efficaci e realizzando attività info-formative verso i propri dipendenti. Inoltre, è ancora più stretta la collaborazione con le Forze dell'Ordine, sancita dalla stipula di un Protocollo Anticrimine, operativo su quasi tutto il territorio nazionale”.

Nel biennio 2015-2016, in tutta Italia, le rapine in banca sono state 1.318, il 35% in meno rispetto alle 2.037 dei due anni precedenti. Per quanto riguarda gli altri settori più esposti, è stato rilevato che sono calate del 34% le rapine ai distributori di carburanti, del 25% quelle alle farmacie, del 22% agli esercizi commerciali, del 18% agli uffici postali e altrettanto nelle abitazioni; mentre la flessione è risultata del 17% per le tabaccherie e del 15% per quelle in strada.

Donne d'eccellenza


MARIA CLAUDIA TORLASCO E LE TRE FIGLIE MASTELLI

L'inaugurazione della nuova sede high-tech della Mastelli Officina Bio-Meccanica, in Valle Armea, all'ombra del campanile di Bussana, la frazione di Sanremo che ospita lo stabilimento dell'impresa biomedicale fondata nel 1952 dal farmacista Arnolfo Mastelli, ha riacceso i riflettori sul vertice tutto femminile di quest'azienda. Amministratore delegato è Laura Cattarini Mastelli e le sue due sorelle, Giulia e Silvia, sono rispettivamente direttore medico e direttore finanziario. Con loro, sulla plancia di comando, il padre Oliviero, presidente, e la madre Maria Claudia Torlasco, consigliere d'amministrazione operativa dell'impresa di famiglia e,dal maggio scorso, anche presidente nazionale dell'Aidda, l'associazione italiana delle donne imprenditrici e dirigenti d'azienda.
Cavaliere del Lavoro, nominata dal presidente Carlo Azeglio Ciampi nel 2006, Maria Claudia Torlasco, laurea in Farmacia conseguita all'Università di Pavia, poi ricercatrice del Cnr, prima di condividere la guida della Mastelli con il marito, figlio del fondatore, ha trasmesso alle figlie la passione della gestione dell'impresa di famiglia, che dà lavoro a una settantina di persone, fattura circa otto milioni e ha uno sviluppo in forte accelerazione, crescendo del 20% all'anno, lanciando un paio di nuovi prodotti all'anno ed espandendosi anche all'estero.
La Mastelli, che collabora con diverse Università e ospedali, opera in tre grandi aree: farmaci, dispositivi medici, dermocosmetici e integratori alimentari. Il suo prodotto più conosciuto è il Placentex, specifico per la guarigione di ulcere e ferite. La gamma d'offerta, però, comprende diversi dispositivi medici, la cui caratteristica peculiare è data dai polinucleotidi, materia prima prodotta dalla Mastelli con un metodo unico e originale. Nuova è la linea Plinestcare, con prodotti ad azione anti-aging.
Maria Claudia Torlasco 

ROBERTA VIGLIONE, NUMERO UNO MAUDEN

Dell'estermo Ponente Ligure è anche Roberta Viglione, presidente, amministratore delegato e azionista di maggioranza della Mauden, system integrator di livello nazionale. Di Imperia, classe 1961, Roberta Viglione, per le sue capacità imprenditoriali e manageriali, l'anno scorso ha ricevuto il Premio Aidda-Donna di eccellenza. Meritato, non soltanto per essere riuscita ad assumere il controllo e il comando dell'azienda nella quale era entrata, nel 1989, come sales account, cioè addetta alle vendite, ma facendo una rapida carriera, come dimostra il fatto che nel 1994 diventa amministratore delegato e, nel 2000, presidente. Tre anni dopo è anche socio di maggioranza.
L'avanzamento personale di Roberta Viglione è stato parallelo allo sviluppo della Mauden, nata nel 1987 come broker di hardware e oggi riconosciuta come un attore primario in Italia nel campo dell'innovazione digitale. Sedi a Milano e Roma, Mauden conta circa 130 dipendenti e fattura oltre 45 milioni. Tra i suoi clienti spiccano nomi con Intesa Sanpaolo, Unicredit, Poste Italiane, Allianz, Aon, Cedacri, Iccrea e Rai.
Studi in Architettura, Roberta Viglione ha incominciato il suo iter professionale nel settore dell'informaticam dapprima come programmatrice in Liguria, poi come sistemista alla Sandoz e alla Hoffman Laroche, a Basilea. Rientrata in Italia, nel 1988, ha lavorato in una società tedesca specializzata in leasing di centri informatici, ultima tappa prima dell'approdo alla Mauden.
Roberta Viglione 

ROBERTA RUDA' PRIMA DONNA PRESIDENTE AINO

Prima donna a essere eletta presidente dell'Associazione italiana di Neuro-Oncologia (Aino). E' successo alla torinese Roberta Rudà, classe 1964, maturità classica al Gioberti con 60/60, laurea in Medicina sotto la Mole, nel 1990 con 110, lode e dignità di stampa, specializzatasi poi anche in un prestigioso istituto di New York. A nominarla al vertice dell'Associazione, maschile da quando è stata costituita, vent'anni fa, è stato il Congresso nazionale di Trento. Dell'Aino era, precedentemente, tesoriera.
Membro di diverse società scientifiche e del Brain Tumor Group Eortc, Robertà Rudà è responsabile del Gruppo interdisciplinare Cure neuro-oncologia interaziendale degli ospedali Molinette, Cto e Sant'Anna della sua città natale. Fra l'altro, è coordinatrice della task force europea che ha redatto le linee guida sui tumori ependimali, pubblicate sulla rivista scientifica americana Neuro-Oncology, la principale del settore.
Roberta Rudà

SILVIA ROVERE “REGINA” DELL'IMMOBILIARE

Sono state pubblicate, recentemente, dal Sole 24 Ore, le varie iniziative che la cuneese Silvia Rovere, neo presidente di Assoimmobiliare, sta attuando per contribuire al rilancio del settore immobiliare: dall'introduzione dei Pir (Piani individuali di risparmio) per il real estate, alla riqualificazione delle periferie, la proroga delle agevolazioni fiscali per gli acquisti in asta e, fra l'altro, a una maggiore tutela della proprietà, per fare in modo che il costo della morosità sociale incolpevole non sia a carico del proprietario, ma di soggetti pubblici.
Silvia Rovere, di Caraglio, laureata in Economia all'Università di Torino con lode e menzione, sposata, due figli, ha iniziato la sua carriera una ventina d'anni fa, dopo esperienze come ricercatrice, mentori Franco Reviglio e Mario Deaglio. La sua prima tappa importante è stato l'incarico di responsabile finanziario (cfo) della società pubblica Patrimonio dello Stato; poi, a Londra, si è occupata di business development per Aedes. E' stata anche direttore generale della Ream Sgr, società controllata dalla Fondazione Crt. Dal 2013 è amministratore delegato di Morgan Stanley Agr, società di gestione dei fondi immobiliari dell'omonimo gruppo internazionale.
Socia fondatrice di Arel (Associazione Real Estate Ladies), Silvia Rovere è anche una grande sportiva, praticando sci, vela, immesrsioni, tennis. Una curiosità: è anche “assaggiatore Onav”, quindi esperta di vini, non sorprendendo date le sue origini piemontesi.
Silvia Rovere

La Famiglia torinese "perde" in Borsa

La famiglia Agnelli-Elkann-Nasi e gli altri azionisti delle società quotate alla Borsa di Milano che fanno capo al Gruppo torinese, nel mese scorso, hanno “perso” quasi 3,4 miliardi di euro. Di tanto, infatti, in novembre, è sceso il valore attribuito dal mercato all'insieme delle azioni delle cinque imprese trattate in Piazza Affari e con la “targa” della grande famiglia torinese. Al 30 novembre valevano, complessivamente, 67,813 miliardi, a fronte dei 71,192 miliardi dell'ultimo giorno di ottobre.
La capitalizzazione di Exor, la holding quotata della famiglia Agnelli-Elkann-Nasi, è calata dai 13,176 miliardi del 31 ottobre ai 12,339 miliardi del 30 novembre; quella di Fca-Fiat Chrysler Automobiles da 22,824 a 22,219 miliardi e quella della Ferrari da 19,734 a 17,753 miliardi. E' diminuito il valore anche della Juventus, passato da 745,5 milioni a 707,8; mentre Cnh Industrial ha evidenziato un aumento, sia pure di alcune decine di milioni: il mercato di fine novembre l'ha valutata 14,793 miliardi, 81 milioni in più rispetto al 31 ottobre.
Naturalmente, la “perdita” della Famiglia torinese e dei suoi soci è soltanto virtuale, almeno per chi ha tenuto le azioni, come hanno fatto gli Agnelli, gli Elkann, i Nasi e Sergio Marchionne. A rimetterci realmente è stato soltanto chi ha venduto i titoli del Gruppo torinese a un prezzo inferiore a quello in carico.
Comunque, il calo del 4,7% della capitalizzazione complessiva di Exor e delle sue controllate è inferiore a quello dell'insieme delle cinque società quotate che fanno capo ai De Benedetti (-6,8%) e a quello delle due di Urbano Cairo (-5,7%).
La capitalizzazione totale delle società dei De Benedetti è scesa dai 2,416 miliardi del 31 ottobre ai 2,250 del 30 novembre. Ecco i rispettivi valori delle cinque quotate, alla fine del mese scorso: 898,5 milioni per la Cir (dal miliardo tondo dell'ultimo giorno di ottobre), 413 milioni per Cofide (da 438,8 milioni), 350,9 milioni per Gedi-Gruppo Editoriale (da 391,3), 64,9 per M&C (da 79,3), 523,1 milioni per Sogefi, l'unica del Gruppo a far registrare un aumento, dato che era valutata 506,2 milioni al 31 ottobre.
Tutte e due in rosso, invece, le quotate di Urbano Cairo, la cui capitalizzazione complessiva è calata da 1,249 a 1,177,9 miliardi; in particolare, da 582,3 milioni a 534,7 la Cairo Comunications e da 666,9 a 643,2 milioni Rcs MediaGroup.

C'è ancora una famiglia del Nord Ovest che ha almeno due società nel listino di Piazza Affari: è quella dei Gavio di Tortona, che controlla sia Astm-Autostrada Torino Milano sia la Sias, capogruppo di diverse società autostradali. Entrambe le quotate dei Gavio hanno incrementato la loro capitalizzazione nel mese di novembre: Astm a 2,354 miliardi dai 2,349 di fine ottobre e Sias da 3,317 a 3,353 miliardi. Il valore totale di fine novembre ammonta a 5,707 miliardi, lo 0,7% in più rispetto a 30 giorni prima. 
John Elkann, presidente Exor e Fca
Andrea Agnelli, presidente Juventus

Imu-Tasi: dal Nord Ovest 1,3 miliardi

Circa 780 milioni di euro dal Piemonte, 458 dalla Liguria e 43 dalla Valle Aosta. Totale: 1,281 miliardi di euro. E' la somma che il Nord Ovest porta nelle casse pubbliche pagando la seconda rata dell'Imu e della Tasi, odiatissime imposte sugli immobili. Il tributo del Nord Ovest è pari a poco meno del 13% (per la precisione, il 12,93%) dell'incasso previsto per l'intero Paese, ammontante a 9,9 miliardi.
A fare i conti è stato l'Ufficio studi della Cgia, l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre, precisando che i proprietari di abitazioni signorili (A1), ville, castelli, palazzi di eminenti pregi artistici e storici, sono stati chiamati a versare, entro il 18 dicembre, 36,8 milioni; mentre a 4,533 miliardi ammonta la seconda rata dell'Imu per i proprietari di immobili strumentali (negozi, botteghe, laboratori, capannoni, uffici, magazzini) e a 5,330 miliardi l'Imu a carico dei proprietari di seconde e terze case.
Quanto al gettito della Tasi, è previsto l'incasso di 288 milioni dai proprietari di immobili strumentali e 265 milioni da quelli di seconde e terze case.
La Cgia di Mestre, inoltre, ha comunicato che il maggior gettito fiscale derivante dal pagamento della seconda rata di Imu e Tasi è atteso dalla Lombardia (1,801 miliardi), seguita dal Lazio (1,225 miliardi) e dall'Emilia-Romagna (855 milioni).

Il Piemonte risulterà il quarto maggior contribuente nazionale, precedendo anche il Veneto (767 milioni) e la Toscana (750). La Liguria figura al decimo posto e la Valle d'Aosta al diciannovesimo. Ultimo è il Molise con 39 milioni. 
Aldo Reschigna, assessore Finanze Regione Piemonte

Ecco il nostro patrimonio residenziale

Poco meno di 740 miliardi di euro. E' il valore del patrimonio residenziale complessivo del Nord Ovest. Lo ha calcolato l'Agenzia delle Entrate, che cura uno scrupoloso Osservatorio immobiliare. Nel suo ultimo rapporto, relativo al 2014, l'Agenzia delle Entrate ha indicato in 423,5 miliardi il valore del patrimonio residenziale complessivo del Piemonte, comprensivo delle pertinenze; in 286,8 miliardi quello della Liguria e in 28,6 miliardi quello della Valle d'Aosta.
Il Nord Ovest, perciò, con i suoi 738,9 miliardi rappresenta il 12,3% del valore del patrimonio residenziale di tutta l'Italia, pari a 6.227,5 miliardi e al 3,8% del Pil, la ricchezza prodotta dal Paese nel 2014.
A proposito di rapporto tra patrimonio residenziale complessivo e Pil, l'Osservatorio immobiliare ha rilevato che è la Valle d'Aosta a presentarlo più elevato di tutte le altre regioni: 6,5%, record nazionale. E al secondo posto, con il 6%, si trova la Liguria, la quale precede anche il Trentino-Alto Adige, al terzo posto. Un podio non casuale, considerando che tutte e tre sono regioni turistiche, ricche di belle abitazioni e di seconde case.
In Trentino-Alto Adige, il valore medio delle abitazioni – principali, locate, a disposizione, a uso gratuito e residue - nel 2014 era di 285.336 euro (primato nazionale), cifra superiore anche a quelle della Liguria (232.413) e della Valle d'Aosta (198.911), per non parlare della media italiana, risultata di 168.932 euro. Media sotto la quale si trova il Piemonte, con i suoi 142.282 euro.
In Piemonte, allora, il valore medio unitario delle abitazioni a metro quadrato era di 1.208 euro, meno della metà di quello della Liguria (2.423 euro, il più alto a livello nazionale) e di quasi altrettanto di quello della Valle d'Aosta (2.134). Naturalmente, anche in questo caso, il valore piemontese è risultato più basso di quello medio italiano, che era di 1.449 euro a metro quadrato.
Ancora in merito al valore medio unitario delle abitazioni a metro quadrato, per quanto riguarda specificatamente le città con più di 250.000 abitanti, l'Agenzia delle Entrate ha rilevato che a Genova era di 2.330 euro e di 1.985 euro a Torino. Qui, fra l'altro, la superficie media delle abitazioni è di 90 metri quadrati, mentre è di nove metri quadrati in più a Genova.
Disaggregando ulteriormente i dati, per utilizzo delle abitazioni, emerge che il valore medio delle residenze principali era di 249.300 in Liguria, 226.600 in Valle d'Aosta e 164.800 in Piemonte, dove il valore medio delle case locate era di 119.600 euro, a fronte dei 216.000 euro della Liguria e dei 182.000 euro della Valle d'Aosta.
Infine, una rilevazione che sfata un luogo comune, cioè che gli italiani siano in testa per la maggiore quota di proprietari dell'immobile in cui abitano. Non è così. Nelle prime cinque posizioni della graduatoria dei 28 Paesi dell'Unione Europea, si trovano, rispettivamente: Romania (96,4%), Croazia (90,5%), Lituania (89,4%), Slovacchia (89,3%) e Ungheria (86,3%). La quota dell'Italia è 72,9%, comunque più alta di quella media della Ue 28 che è 69,5%.

Banca Passadore campione d'Italia

Banca Passadore campione d'Italia 2017. Ad attribuire il primo posto all'istituto genovese controllato dalla famiglia Passadore per la maggiore creazione di valore è stato il giornale finanziario Mf, che ha pubblicato la relativa classifica ne “L'atlante delle banche leader 2017”, sua tradizionale pubblicazione di fine anno.
Spiegando che la graduatoria dei “creatori di valore” si basa sulla media ponderata dei punteggi dati per la variazione dei mezzi amministrati, il margine di intermediazione, il risultato di gestione, l'utile netto, il roa (rendimento dell'attivo) e roe (rapporto tra utile e patrimonio netto), nel 2016 rispetto al 2015 e come media dell'ultimo triennio, Mf ha incoronato la Passadore, ricordando che l'anno scorso la banca genovese era settima.
Il successo ligure è rafforzato dal secondo posto conquistato dalla Cassa di Risparmio La Spezia (gruppo Cariparma-Crédit Agricole).
Nelle prime trenta posizioni per creazione di valore, si trovano anche altre sette banche del Nord Ovest: la Cassa di Risparmio di Fossano al sesto posto, Banca Sella al decimo, la Cassa di Risparmio di Asti al dodicesimo, Intesa Sanpaolo al sedicesimo, la Banca del Piemonte (famiglia Venesio) al ventunesimo, Biverbanca (Gruppo Cassa di Risparmio di Asti) ventiquattresima e Banca d'Alba, la seconda maggiore Bcc d'Italia, al ventinovesimo.
L'atlante delle banche leader 2017, riporta diverse graduatorie, redatte secondo altrettanti indicatori. Per esempio, per l'utile netto assoluto conseguito nel 2016, vincitrice è risultata Intesa Sanpaolo con 3,111 miliardi e la soddisfazione della conquista della medaglia d'argento da parte della controllata Banca Fideuram (786 milioni) e del bronzo a Banca Imi (741,7 milioni), sempre del gruppo guidato da Carlo Messina e presieduto dal torinese Gian Maria Gros-Pietro. Da notare il settimo posto di Fca Bank, istituto creditizio di Fiat Chrysler Automobiles, con l'utile netto di 309 milioni.
Intesa Sanpaolo è finita prima anche per mezzi amministrati (457 miliardi), precedendo Unicredit (437,6) e la Cdp-Cassa Depositi e Prestiti (339,5).
Tornando alla Banca Passadore, che l'anno prossimo compie 130 anni, è stata fondata da Luigi Passadore, i cui eredi ne mantengono il controllo e ne esprimono il vertice. Presidente è Augusto Passadore, mentre il figlio Francesco ne è l'amministratore delegato Francesco (del Consiglio di amministrazione fanno parte, fra gli altri, i torinesi Carlo Acutis, vice presidente, e Alberto Brignone); direttore generale Edoardo Fantino.
Presente in sette regioni con una rete di 23 sportelli, la Banca Passadore, quasi 400 dipendenti, al 30 giugno di quest'anno evidenziava una raccolta di 2,439 miliardi (+9,8% rispetto alla stessa data 2016), impieghi per 1,660 miliardi (+5,7%) e titoli in deposito per 4,560 miliardi (+8%). Cet1 al 12,6%.
Francesco Passadore, ad Banca Passadore

Buoni e "cattivi" del debito pubblico

Province. Non solo resistono, ma tornano anche ad aumentare i loro debiti; mentre le altre Amministrazioni pubbliche locali li riducono. Quindi, Province come le Amministrazioni centrali, ministeri in testa. Così il debito pubblico dell'Italia sale ancora e, al 31 ottobre, risulta pari a poco meno di 2.290 miliardi di euro, oltre 6 miliardi più del mese prima. Il record storico, però, resta al luglio scorso, quando il debito pubblico del nostro Paese è ammontato a 2.301,6 miliardi. Comunque, il dato di ottobre è il secondo maggiore di sempre. Insomma, nonostante tutte le buone intenzioni, le promesse, i solleciti e gli ammonimenti degli organismi internazionali e dei grandi investitori esteri, il debito pubblico italiano non dà prove né di contenimento né, tanto meno, di arretramento. Va avanti, più o meno velocemente. E non consola la riduzione del suo rapporto con il Pil, perché questa diminuzione, limitata, è dovuta esclusivamente alla crescita del Pil, cioè all'aumento della produzione nazionale di ricchezza.
Tornando alle Province, imbattibili come il Cnel, più forti di ogni tentativo di abbattimento o cancellazione, alla fine di ottobre hanno mostrato un indebitamento di 7,373 miliardi, mentre era di 7,364 miliardi al 30 settembre, comprendendo le Città metropolitane. E' vero che si tratta di pochi milioni in più, però l'aumento rappresenta una controtendenza rispetto alle altre categorie di Amministrazioni locali.
Il debito delle Regioni e delle Province autonome, infatti, si è ridotto a 30,396 miliardi dai 30,445 di fine settembre e quello dei Comuni a 40,194 miliardi dai 40,277 precedenti. Stesso andamento è stato riscontrato per gli altri enti pubblici locali, con un indebitamento calato in un mese da 10,142 a 9,856 miliardi.
Così, nonostante il mancato contributo delle Province e Città metropolitane, il debito complessivo delle Amministrazioni pubbliche locali è sceso a 87,819 miliardi, il livello più basso degli ultimi anni. Come ha appena certificato la Banca d'Italia.
Chiara Appendino, sindaca di Torino 

Aeroporti: Torino vola, Genova si prepara

Meno male che i programmi sono ambiziosi, per l'aeroporto di Genova, il “Cristoforo Colombo”; perché i consuntivi, invece, sono tutt'altro che rosei. Dall'ultima rilevazione di Assaeroporti, l'associazione italiana dei gestori degli scali, infatti, è emerso che in ottobre, ultimo mese censito, l'aeroporto di Genova ha avuto 111.098 passeggeri (-4,9% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso) e 1.084.109 dall'inizio di gennaio (-1,3% rispetto ai primi dieci mesi 2016). Nonostante l'aumento dei voli, che sono stati 1.638 in ottobre (+6,6%) e 16.559 dal primo giorno del 2017 (+0,8%).
Però, Paolo Odone, nuovo presidente dello scalo all'ombra della Lanterna dopo esserlo stato, per tanto tempo, della Camera di commercio di Genova, azionista rilevante della locale società aeroportuale, ha previsto che il 2017 si chiuderà con 1.260.000 passeggeri e con più di 1.570.000 nel 2018. Aspettative riferite nel corso della conferenza stampa, nella sede della Regione Liguria, presente anche il governatore Giovanni Toti.
Durante l'incontro con i giornalisti, fra l'altro, è stato riferito che il “Cristoforo Colombo” passerà presto da 25 a 40 destinazioni dirette e saliranno a 14 le compagnie aeree operanti a Genova. Non solo: grazie ai collegamenti con gli hub di Roma, Londra, Francoforte, Amsterdam, Parigi, Monaco, Mosca, Copenaghen, Atene, Barcellona, ogni giorno, partendo da Genova, sarà possibile, con un solo scalo, raggiungere oltre 600 destinazioni nel mondo, 200 in più delle attuali.
Al contrario, l'aeroporto di Torino, il “Sandro Pertini”, continua a salire di quota, aumentando progressivamente voli e passeggeri. In ottobre, il “Sandro Pertini” ha registrato 4.207 voli (+3,9%) e 347.841 passeggeri (+5,9%); mentre, dall'inizio dell'anno ha avuto 40.700 voli (+4,2%) e 3.578.399 passeggeri (+7%).
Tra l'altro, la crescita dell'aeroporto di Torino, che, per la precisione, si trova a Caselle, è risultata superiore alla media nazionale. Nei primi dieci mesi di quest'anno, infatti, l'Italia ha contato 1.339.286 voli (+3,3%) e un totale di 151.656.141 passeggeri (+6,7%).
A gestire l'aeroporto di Torino è la Sagat, società presieduta da Giuseppe Donato, guidata da Roberto Barbieri e controllata dal gruppo Cdp (Cassa Depositi e Prestiti).

Infine, il terzo scalo del Nord Ovest. L'aeroporto di Cuneo-Levaldigi resta a terra: ancora negativi i numeri di passeggeri, nonostante il maggior numero di voli, che sono stati 513 in ottobre (+33,9% rispetto allo stesso mese 2016) e 4.124 dall'inizio dell'anno (+0,9%). Infatti, i passeggeri sono stati 9.917 in ottobre (-17,3%) e 105.967 nei primi dieci mesi di quest'anno (-12,9%).

Giuseppe Donato, aeroporto di Torino

Paolo Odone, aeroporto di Genova

Fondazione Crt finanzia altri 300 progetti e Fulvio Gianaria fa il bis con le Ogr

Presieduto da Giovanni Quaglia, il Consiglio di amministrazione della Fondazione Crt, la terza maggiore in Italia per patrimonio, ha appena deliberato stanziamenti per 4,5 milioni di euro a sostegno di oltre 300 iniziative, proposte da enti e associazioni non profit operanti in Piemonte e Valle d'Aosta e non rientranti nei bandi promossi dall'istituzione torinese di via XX Settembre.
I nuovi impegni approvati dal vertice gestionale della Fondazione costituiscono la seconda tranche di finanziamenti decisi in seguito alle richieste ordinarie presentate dai soggetti senza fini di lucro, gli unici che possono ricevere aiuti dalle Fondazioni di origine bancaria (in Piemonte sono 12, in Liguria tre).
Con quelli della seconda tranche, diventano circa 700 gli stanziamenti approvati, quest'anno, dal Cda della Fondazione Crt per gli interventi ordinari richiesti dai soggetti non profit attivi nell'area di pertinenza e sale a nove milioni di euro il totale dei finanziamenti destinati a essere erogati.
Nella seconda tornata, la Fondazione che ha come segretario generale Massimo Lapucci, ha deliberato 126 contributi, per complessivi 1,7 milioni di euro, a sostegno di progetti nell'area Welfare e Territorio; 108 contributi, per 2,1 milioni di euro, per iniziative nell'area Ricerca e Istruzione e 53 contributi, per 480.000 euro, a sostegno di attività nell'area Arte e Cultura.
“Le erogazioni ordinarie racchiudono il senso della mission della Fondazione Crt; infatti, sono destinate a interventi solo apparentemente piccoli, ma importanti per le comunità del territorio, proprio perchè contribuiscono capillarmente a dare linfa a un ampio ventaglio di attività e di soggetti che arricchiscono l'offerta sociale, culturale e produttiva del Piemonte e della Valle d'Aosta” ha commentato Giovanni Quaglia.
A sua volta, Massimo Lapucci ha detto: “La filantropia istituzionale, nel suo ruolo di motore di crescita e collante sociale, deve non solo sostenere , ma anche incoraggiare modelli innovativi”. E ha aggiunto che la sfida più grande della Fondazione Crt “è fare in modo che le realtà sociali locali siano sempre più interconnesse con il livello nazionale e internazionale, affinché diventino esempi virtuosi di managerialità e know how. L'obiettivo è quello di contribuire ad assicurare una ricaduta positiva, a lungo termine, sul territorio, oltre che un miglioramento tangibile delle condizioni di vita e sociali”.
A proposito ancora di Fondazione Crt, oggi è stato anche comunicato che Fulvio Gianaria è il nuovo presidente della Ogr-Crt, la società consortile per azioni che fa capo all'ente di via XX Settembre e che è titolare della straordinaria operazione che ha trasformato lo storico complesso industriale delle Officine Grandi Riparazione, situato a fianco del Politecnico, nel centro di Torino, dismesso e abbandonato da decenni, in un avanzato centro polifunzionale, in seguito all'investimento di un centinaio di milioni di euro da parte della Fondazione Crt.
Fulvio Gianaria, 70 anni, stimato penalista torinese, subentra a Giovanni Quaglia, il quale resta comunque nel Consiglio di amministrazione della Ogr-Crt, che ha guidato dalla sua costituzione, nel 2012, insieme con Antonio Fassone (vice presidente), Franco Amato, Roberto Cena, Marco Colasanti e Attilio Ghiglione.
Fra l'altro, co-fondatore della Camera Penale del Piemonte e della Valle d'Aosta, Fulvio Gianaria aggiunge il nuovo incarico a quello di presidente della Fondazione per l'Arte Moderna e Contemporanea Crt, ente strumentale della Fondazione Crt, della quale è stato vice presidente dal 2003 all'aprile scorso.

Giovanni Quaglia, presidente Fondazione Crt 
Fulvio Gianaria, presidente Ogr-Crt

Curiosità statistiche

MENO CARTE DI CREDITO, PIU' TESSERE BANCOMAT

Agli italiani piacciono sempre di meno le carte di credito, ma sempre di più le carte di debito (Bancomat in testa). Il fenomeno emerge dai dati della Banca d'Italia: alla fine del 2016, le carte di credito attive sono risultate 13,627 milioni, circa 300.000 in meno rispetto a un anno prima, ma un milione in meno rispetto al 31 dicembre del 2010.
Al contrario, il numero delle carte di debito in circolazione è salito a 54,622 milioni, oltre 3,3 milioni in più rispetto al 31 dicembre 2015 e quasi 17,3 milioni in più rispetto alla stessa data di sette anni fa.
Comunque, mentre continua a calare il numero delle banche (604 a fine 2016, mentre erano 760 a fine 2010) e dei loro sportelli, scesi a 29.039 dai 33.640 di sette anni fa; cresce, progressivamente, la diffusione dei pos (apparecchiature per la lettura delle carte elettroniche) diventati 2,180 milioni a fine 2016 mentre erano 1,445 milioni a fine 2010.


OLTRE 380.000 NUOVI PENSIONATI NEI PRIMI 9 MESI

Un po' più di 380.000. Tanti sono i nuovi pensionati che hanno incominciato a ricevere il dovuto dall'Inps nei primi nove mesi di quest'anno. In particolare, dall'inizio di gennaio alla fine di settembre, 113.304 sono state le nuove pensioni di vecchiaia (importo medio di 697 euro al mese), 103.512 quelle di anzianità o anticipate (media mensile di 2.016 euro), 29.838 quelle di invalidità (759 euro) e, infine, 133.724 quelle per i superstiti, le più numerose, ma anche le minori per importo medio mensile (664 euro).
Delle 380.378 nuove pensioni dei primi nove mesi, 211.319 sono relative ai lavori dipendenti, 50.868 agli artigiani, 39.959 ai commercianti, 24.227 ai parasubordinati, 22.589 ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni; mentre 31.366 sono gli assegni sociali.
Per quanto riguarda specificatamente il fondo pensioni lavoratori dipendenti, nei primi nove mesi di quest'anno i nuovi assegni sono stati 10.594 in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, anche se, nel terzo trimestre, ne sono stati erogati circa 15.000 in meno.
In particolare, dal primo giorno di luglio all'ultimo di settembre, il numero delle nuove pensioni di vecchiaia è calato a 9.588 da 9.789, quello di anzianità e anticipate a 21.670 da 25.363, quelle ai superstiti a 22.046 da 28.478, quelle d'invalidità a 5.160 e, infine, quelle ai superstiti a 22.046 da 28.478.
Secondo Unimpresa, quest'anno, la spesa dello Stato per il pagamento delle pensioni arriverà a quasi 265 miliardi di euro, 3,5 in più rispetto al 2016; mentre supererà i 270 miliardi nel 2018 e sfiorerà i 280 nel 2019.
Come ricorda l'Istat, nel 2015 i pensionati erano 16,2 milioni (-80.000 rispetto al 2014 e -600.000 rispetto al 2008.


IN VALLE D'AOSTA “COLLABORATORI” POVERI

Il reddito medio annuo 2016 dei “collaboratori”, come l'Inps definisce i lavoratori parasubordinati i cui contributi previdenziali vengono versati all'Istituto dal committente (persona fisica o soggetto giuridico) entro il mese successivo a quello di corresponsione del compenso, in Valle d'Aosta è stato di 19.425 euro, inferiore non soltanto a quelli in Piemonte (26.184) e in Liguria (24.711); ma anche a quello medio dell'intera Italia, pari a 22.813 euro.
In tutto il Nord Ovest, i collaboratori parasubordinati a fine 2016 risultavano 85.756, dei quali 63.366 in Piemonte, 20.869 in Liguria e 1.521 in Valle d'Aosta. A livello nazionale erano 917.525. Per oltre la metà, precisamente 504.315, il rapporto di lavoro era del tipo “amministratore o sindaco di società”, per 174.035 si trattava di lavori a progetto.

L'Inps, inoltre, aveva censito 51.665 rapporti del tipo dottorato e assegno di ricerca ,circa 34.000 collaboratori della Pubblica amministrazione e altrettanti medici in formazione specialistica. Infine una curiosità: 15.888 erano venditori porta a porta.  

Borsa: novembre "rosso" per 12 su 14

Delle 40 società italiane (anche se con sede all'estero) che formano il paniere rappresentato dall'indice borsistico Ftse Mib, il più importante di Piazza Affari, soltanto sette fanno capo, in quale modo, al Nord Ovest. E solo due di queste hanno registrato un aumento del valore della loro azione tra il 31 ottobre al 30 novembre. Sono Italgas e Cnh Industrial.
Il titolo Italgas ha chiuso novembre a 5,229 euro (+5,5% rispetto al 31 ottobre) e Cnh Industrial a 10,842 euro (+0,6%). Così, la capitalizzazione dell'Italgas è salita a 4,288 miliardi (4,064 al 31 ottobre) e quella di Cnh Industrial a 14,793 miliardi (14,712).
Novembre “rosso”, invece, per Buzzi Unicem, Exor, Ferrari, Fca-Fiat Chrysler Automobiles e Intesa Sanpaolo.
Al 30 novembre, l'azione Buzzi Unicem ha chiuso a 22,409 euro (-6,1% rispetto al 31 ottobre), Exor a 51,202 (-6,4%), Ferrari a 91,548 (-10,3%) , Fca a 14,453 (-2,7%), Intesa Sanpaolo a 2,835 (- 1,7%).
Il valore attribuito dal mercato alla banca presieduta da Gian Maria Gros-Pietro è sceso a 44,961 miliardi dai 45,756 del 31 ottobre, quello della Buzzi Unicem a 3,705 miliardi da 3,945. Quanto alla capitalizzazione di Exor al 30 novembre è risultata di 12,339 miliardi (13,176 al 31 ottobre), mentre il valore complessivo di Ferrari è calato a 17,753 dai 19,794 di fine ottobre e quello di Fca a 22,219 miliardi dai 22.824 dell'ultimo giorno del mese precedente.
Novembre è stato negativo invece per tutte le società del Nord Ovest quotate nel mercato della Borsa di Milano dedicato alle piccole e medie imprese che vogliono investire nella loro crescita, sette anche in questo caso.
Alla fine del mese appena passato, l'azione della biellese Cdr Advance Capital ha chiuso a 1,016 euro (-10,3% rispetto al 31 ottobre), la torinese Cover 50 a 10,732 (-6,1%), l'Italia Independent di Lapo Elkann a 4,494 (-9,9%), la subalpina Ki Group presieduta da Daniela Garnero Santanchè a 2,520 (-7,1%), la Orsero di Albenga a 10,058 (-3,9%) e la Visibilia Editore, controllata e presieduta anch'essa dalla Santanchè a 0,194 (-9.8%).
Delle quotate del Nord Ovest nel segmento Aim è la Orsero a presentare la maggiore capitalizzazione (177,8 milioni di euro) mentre la minore è della Visibilia Editore (5,8 milioni).

In calo gli infortuni sul lavoro

Sempre meno incidenti sul lavoro e con sempre meno vittime. Il numero degli infortuni continua a calare e nel Nord Ovest più che nell'Italia intera. Il miglioramento emerge dal primo rapporto annuale intitolato “Il mercato del lavoro: verso una lettura integrata”, frutto della collaborazione sviluppata tra il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l'Inps, l'Inail e l'Anpal.
Nel Rapporto, appena pubblicato, infatti, si trova che le denunce di infortunio sul lavoro, nell'insieme delle tre regioni del Nord Ovest .sono state 60.913 nel 2016, mentre erano state 90.220 nel 2010. Rispetto ad allora, pertanto, il loro numero è diminuito di oltre 29.000 e del 32,5%. Il calo del Nord Ovest è di cinque punti superiore a quello medio nazionale, risultato del 27,5%.
Andamento altrettanto positivo è stato riscontrato per gli infortuni sul lavoro con conseguenze mortali. Nel Nord Ovest, l'anno scorso sono stati 101, quindi 47 in meno rispetto al 2010, evidenziando una diminuzione del 31,7%, a fronte del 26,8% medio italiano.
Tra il 2010 e il 2016, in complesso, le denunce di incidenti sul lavoro sono diminuite del 32,9% in Piemonte (da 59.840 a 40.142), del 32,6% in Valle d'Aosta (da 2.082 a 1.404) e del 31,6% in Liguria (da 28.298 a 19.367).
Nella regione rivierasca, gli infortuni mortali sono scesi da 30 a 21 (-30%) e in Piemonte da 118 a 80 (-32,2%); la Valle d'Aosta non ne ha registrati né nel 2016, né nel 2015 e neppure nel 2010, mentre ne aveva subiti 4 nel 2011, uno in meno nel 2012 e 2 sia nel 2013 che nel 2014.

In tutta l'Italia, di incidenti sul lavoro con conseguente mortali nel 2016 ne sono stati denunciati 1.091, esattamente 400 meno che nel 2010. Quanto al complesso degli infortuni si è passati dai 772.885 del 2010 ai 560.592 dell'anno scorso. In media, sono ancora 1.535 al giorno: troppi. Come sono ancora troppe le tre vittime quotidiane.  

Reale Mutua: ai 190 anni con 5 miliardi

Arriverà a 5 miliardi di euro, nel 2018, la raccolta premi di Reale Group, evidenziando così un'ulteriore crescita del 9,2% rispetto a quest'anno. L'anticipazione è stata fornita oggi, 11 dicembre, in occasione dell'assemblea dei delegati della storica Società Reale Mutua di Assicurazioni, presieduta da Iti Mihalich (è stata fondata il 31 dicembre 1828, a Torino, dove mantiene la sede e il quartiere generale).
Ai delegati in rappresentanza di quasi 1,4 milioni di soci/assicurati della Reale Mutua, a capo dell'omonimo gruppo, attivo non soltanto in campo assicurativo, ma anche nel bancario, nell'immobiliare e nei servizi, con oltre 3.600 dipendenti, è stato presentato il preconsuntivo 2017, il preventivo 2018 e la proposta dei benefici di mutualità per il 2018.
Per quanto riguarda il preconsuntivo relativo all'esercizio che sta per terminare e che è stato caratterizzato dall'acquisizione delle imprese italiane del gruppo austriaco e Uniqa, oltre che dall'avvio della compagnia Reale Chile Seguros nello stato sudamericano, è stato riferito che la raccolta complessiva 2017 ammonta a 4,569 miliardi (+1,5% a perimetro costante e +del rating 18,7% con il contributo delle nuove società). L'utile consolidato si attesta a 107,1 milioni e l'indice di solvibilità al 208%, mentre è previsto del 224% nel 2018, che si dovrebbe chiudere con un utile di 103,5 milioni, in seguito al risultato negativo di 22,5 milioni preventivato per la start up cilena.
La sola Reale Mutua, secondo il budget, chiuderà il 2018 con un aumento dell'utile a 60 milioni, un incremento del 3% della raccolta premi e un indice di solvibilità salito al 343%.
Alla luce dei risultati attesi, l'assemblea dei delegati, ha deliberato per il 2018 l'erogazione di benefici di mutualità a favore dei soci/assicurati, per un importo complessivo di circa 9,5 milioni. Inoltre, in linea con lo spirito mutualistico di Reale Group, nel prossimo esercizio le controllate Italiana Assicurazioni e Reale Seguros Generales destineranno, rispettivamente, 0,8 e 0,3 milioni ai propri assicurati (a livello di gruppo sono quasi 4 milioni).
Naturalmente, è stato molto positivo il commento dei risultati da parte di Luca Filippone, il direttore generale di Reale Mutua, la quale ha recentemente ricevuto dall'agenzia internazionale Ficht la conferma del rating BBB+ con outlook stabile, valore superiore di un grado a quello attribuito al debito sovrano italiano. Non solo: se non fosse condizionato da quello dello Stato Sovrano, il rating di Reale Mutua e della controlla spagnola Reale Seguros Generales sarebbe A.

Iti Mihalich, presidente Reale Mutua