Auto italiana, bilancio sempre più in rosso in novembre la produzione calata del 27%

Gianmarco Giorda, direttore dell'Anfia
Secondo i dati preliminari dell'Anfia, l'associazione torinese della filiera automobilistica italiana, nel novembre scorso sono state fabbricate nel nostro Paese a quasi 47.000 vetture, il 27% in meno rispetto a novembre 2017. Così, la produzione nazionale dei primi undici mesi 2018 è ammontata a 631.000 auto, accusando una flessione del 9,5% rispetto allo stesso periodo del 2017.
Quanto alle esportazioni di autoveicoli, in ottobre il loro valore è risultato di 2,13 miliardi di euro, in diminuzione dell’8,1%; mentre il valore delle importazioni è salito del 7,4% a 3,18 miliardi. Gli Stati Uniti continuano a rappresentare, in valore, il primo Paese di destinazione per l’export di autoveicoli dall’Italia, con una quota del 19,5%, seguiti da Francia e Germania, rispettivamente con una quota del 14% e del 12%.
“La produzione dell’industria automotive italiana, nel suo insieme, registra a novembre 2018 un calo tendenziale del 13,3%, che fa seguito alle flessioni già riportate nei precedenti quattro mesi (-8,9% a ottobre, -4,4% a settembre, -5,5% ad agosto, -5,9% a luglio)” ha precisato Gianmarco Giorda, il direttore dell'Anfia.
Anche la produzione italiana di parti e accessori per autoveicoli e loro motori riporta un segno negativo sia nel mese di novembre (-9,1%), sia nel cumulato (-1,8%).
A ottobre 2018, secondo gli ultimi dati disponibili, gli ordinativi di questo specifico comparto risultano in calo del 10,5%, per effetto del decremento degli ordinativi interni (-13,3%), e degli ordinativi esteri (-7,4%). Anche nei primi dieci mesi dell’anno, gli ordinativi registrano una flessione, dell’1,6% (-6,6% e +3,9% le rispettive componenti interna ed estera). Il fatturato delle parti, infine, presenta una diminuzione del 2,5% nel mese, a causa della componente interna in calo del 9,8%, mentre la componente estera chiude a +5,7%.
Gli ordinativi per il settore automotive, nel suo complesso, risultano in calo del 6,4% a ottobre (risultato di una componente interna in calo dello 0,8% e di una componente estera in calo del 13,5%). Nei primi dieci mesi del 2018 gli ordinativi registrano una diminuzione dello 0,2% (-1,1% nel mercato interno e +1,0% nel mercato estero).
Il fatturato del settore automotive, infine, riporta una flessione del 6,1% a ottobre e dello 0,9% nei primi dieci mesi del 2018
In ottobre, la produzione domestica di autovetture era risultata di poco superiore ai 55.000 esemplari (-18%), facendo calare a quasi 585.000 vetture il totale dei primi dieci mesi 2018, l'8% in meno rispetto allo stesso periodo 2017.
Nell'intero 2017, in Italia sono state fabbricate 742.642 vetture, il 56,3% delle quali sono state esportate. In particolare, nel 2017, nel nostro Paese sono state costruite 349.499 Fiat, 179.883 Jeep, 147.245 Alfa Romeo, 53.125 Maserati, 8.956 Ferrari e 3.934 Lamborghini (gruppo Volkswagen). Come precisato dall'Anfia, nel decennio 2008-2017 la produzione nazionale di vetture si è ridotta del 48% rispetto al decennio precedente.
Comunque, nel 2017, Fiat ha fabbricato anche 181.429 veicoli commerciali, mentre di mezzi di questo tipo, nelle diverse fabbriche italiane, ne hanno prodotti 128.588 il gruppo Psa (Peugeot-Citroen), 18.342 Iveco e 3.753 la Piaggio.
Aggiungendo i 67.066 camion usciti dalle linee di montaggio dell'Iveco e i 390 autobus, si arriva alla produzione totale italiana 2017 di 1.142.210 autoveicoli, il 65% dei quali venduti all'estero. A livello di Unione Europea, l'Italia risulta il sesto maggior produttore del settore, preceduta da Germania, Spagna, Francia, Regno Unito e Repubblica Ceca.
Come l'Anfia ha ricordato nel suo ultimo rapporto annuale, con l'aggiunta che il fatturato 2017 derivante dalla produzione, diretta e induretta, dell'industria italiana dell'automotive è stato di 93 miliardi, 46,5 dei quali realizzati dal solo comporto della componentistica, che ha fatto registrare esportazioni per 21,2 miliardi.
Gli addetti diretti alla produzione, nell'industria automotive, in Italia, all'inizio del 2017 erano 162.035, dei quali 66.647 dedicati agli autoveicoli, 10.314 alle carrozzerie e 85.074 alla componentistica, che diventano più di 156.000 comprendendo gli indiretti (tra gli uni e gli altri 58.570 in Piemonte).
Le imprese della componentistica attive nel nostro Paese sono sono 2.190 (in Piemonte, 762),
In particolare, per quanto riguarda gli stabilimenti italiani del gruppo Fca Fiat Chrysler Automobiles, i dipendenti risultano attualmente circa 2.500 a Mirafiori Carrozzerie (produzione della Maserati Levante), 2.700 a Grugliasco (Maserati 4 porte e Ghibli), 4.500 a Cassino (Alfa Romeo Giulietta e Alfa Romeo Stelvio), 4.700 a Pomigliano d'Arco (Fiat Panda) e 7.500 a Melfi (Fiat 500X e Jeep Renegade).

Fondazione Crc: col progetto Pane al Pane recuperate e donate 57 tonnellate di viveri

Giandomenico Genta con Ferruccio Dardanello
Tempo di bilanci per il progetto “Pane al Pane”, promosso dalla Fondazione Crc di Cuneo, nell’ambito del Bando SOS – Servizi Oltre il Sostegno. Nel 2018 sono state 57 le tonnellate di eccedenze alimentari raccolte a Cuneo, Alba e Mondovì. Un dato significativo per questo progetto, che, capace di costruire una rete di solidarietà e di collaborazione concreta tra associazioni del terzo settore e operatori economici, genera benefici per l’intera comunità, consente di evitare sprechi e di ridurre i rifiuti.
Tante sono le tipologie di prodotti raccolti: dal pane alle focacce, dalla pizza ai salatini, dai croissant ai pasticcini. Ma non solo: anche acqua, succhi di frutta, bibite, prodotti surgelati, frutta, verdura e cioccolatini.
Un carico di prodotti, che a fine giornata verrebbe gettato via, viene raccolto e messo a disposizione delle mense della Caritas, delle parrocchie e delle associazioni che sostengono le persone in difficoltà.
Inoltre, i commercianti che hanno aderito all’iniziativa potranno usufruire di sgravi fiscali sulla merce invenduta che viene donata al progetto secondo modalità definite da ciascun Comune.
A Cuneo opera l’Associazione Pane al Pane Onlus che, forte di un’esperienza ormai decennale e grazie al coinvolgimento di oltre 50 attività commerciali e 60 volontari, ha raccolto nel 2018 circa 40 tonnellate di cibo. Ad Alba il progetto è partito operativamente a febbraio 2018: i 21 esercizi commerciali che hanno aderito e i 20 volontari del Centro Prima Accoglienza albese Onlus – Emporio della Solidarietà hanno raccolto otto tonnellate di cibo. A Mondovì i 20 volontari hanno raccolto, nel primo anno di attività, nove tonnellate di cibo da 23 commercianti.
Il progetto Pane al Pane viene promosso dalla Fondazione Crc da fine 2017, sulla base dell’esperienza dell’Associazione Pane al Pane Onlus, sperimentata dal 2011 a Cuneo città e dintorni. La nuova progettualità ha permesso di estendere l’iniziativa anche ad Alba e Mondovì. Dall’estate scorsa è stata inoltre introdotta un’innovazione tecnologica che facilita la gestione dei turni dei volontari e dei passaggi presso gli esercizi commerciali: grazie a un’applicazione per smartphone, progettata appositamente per il progetto, vengono pianificati i turni dei volontari, confermati gli orari dei passaggi presso gli esercizi commerciali e tracciata la quantità di cibo ritirato.
“I numeri del progetto testimoniamo l’impatto davvero significativo di questa iniziativa nel corso del 2018 - ha dichiarato Giandomenico Genta, presidente della Fondazione Crc -. Grazie all’adesione di tanti commercianti e all’impegno garantito dai volontari è stato possibile innestare un processo virtuoso, che aiuta a contrastare il problema dello spreco alimentare, consente di sostenere famiglie e persone in difficoltà e riduce la produzione di rifiuti. Speriamo quindi che l’iniziativa possa coinvolgere nuovi esercizi commerciali ed estendersi, già a partire dai prossimi mesi, in altre zone della provincia. E stiamo programmando, per febbraio, alcuni appuntamenti pubblici per riflettere sul tema dello spreco alimentare”. “
Con entusiasmo, abbiamo aderito al progetto promosso dalla Fondazione di Cuneo, che ha consentito di creare una rete tra soggetti diversi con il comune scopo di dare qualche risposta a bisogni sempre più pressanti, anche in realtà territoriali come le nostre, che, al di là del grado di sviluppo economico raggiunto, non sono esenti da fenomeni di emarginazione e povertà" ha aggiunto Vittorio Sabbatini, presidente dell’Associazione Pane al Pane.
“La generosa disponibilità da parte delle attività commerciali e l’entusiasmo dei volontari stanno facendo dell’iniziativa un momento di dialogo e di crescita all’interno della città verso i temi della solidarietà e dell’aiuto, concretizzati dall’Emporio e dai Centri di Accoglienza che distribuiscono pasti e beni di prima necessità” ha sottolineato Luigi Alessandria, direttore del Centro Prima Accoglienza Albese Onlus.
“Per l’Associazione Amici della Cittadella della Carità di Mondovì – ha detto il presidente Davide Oreglia - questo primo anno di attività è risultato positivo sotto diversi punti di vista. Vi è stata una collaborazione tra le diverse associazioni e il contatto con i commercianti ha permesso di recepire proposte migliorative del progetto. Partiti con soli tre giorni, ora la raccolta si svolge dal lunedì al sabato”.
I commercianti che hanno aderito nel 2018 all’iniziativa:
CUNEO: Panetteria Buschese, Bar Galì, Hotel Cuneo, Pane e Fantasia di Allasina, L'Albero del Pane, Il Fornaio di Galfrè, 'L Panate, Il Profumo del Pane, Panetteria Garnerone, Panetteria dell'Angolo, La Bottega del Pane, Panetteria Cerutti, Panetteria Focacceria Pellegrino, Gastronomia Giraudo, Bar Edelweiss, Bar Pasticceria Arione, Moliendo Cafè, Pane d'altri tempi, Bar Piazza, Caffè Nazionale, Bar H, Panetteria Il Sole, Il Buon Panino, Bar Caffè Fantino, Panetteria Pizzeria Leoga, Panetteria Pan per Focaccia , Pizzeria Alice, Macelleria Da Enzo, Spaccio Parmigiano, L'Angolo alimentare, Pastificio Boetti, Bar San Paolo, L Panatè (San Rocco Bernezzo) , Baramò (Madonna dell’Olmo), Panetteria Panero (Madonna dell’Olmo), Centro Comm.le Big Store (Madonna dell’Olmo), Molino Squillario snc (Madonna dell’Olmo), Pasticceria Racca (Confreria), L'Albero del Pane (Borgo San Giuseppe), Panetteria Bonelli (Borgo San Giuseppe), Dagel srl (Madonna delle Grazie), Stella Azzurra Market (Bombonina), Panetteria Pan per Focaccia (Spinetta), Pizzeria Alice (Centro Commerciale Auchan, Borgo San Giuseppe), Azienda Agricola Il Farro (Peveragno), Pane Pasticci e Pasticcini (Peveragno), A Fuoco Vivo (Peveragno), Venchi spa (Castelletto Stura), Fonti Sant'Anna (Vinadio), Fonti San Bernardo (Garessio), Orto del Gallo (San Pietro del Gallo), Colussi Spa (Fossano).
ALBA: Bar Roma snc, Gerlotto snc, Giacosa Enrico, Il Fornaio Sirio, Il Forno di Bosio Marco, La Boulangerie, L’albero del pane, La Madia snc, Nadia Caffè sas, Panetteria Bona, Pan per Focaccia snc, RCM di Reynaudo Luca, Snack Bar di Pasquero, Bar Savona
MONDOVI': Panificio pasticceria Il Fornaio, Panificio L’Angolo dei sapori, Panificio pasticceria Forlani&Greborio, Panetteria Pasticceria d’Agostino, Vecchio Forno, Panificio La Rotonda, Panificio Rosso Gentile, Pasticceria Comino, Salumeria Marchisio, Morena Alimentari, Gelateria La Golosa, Drip coffee, Grigolon Caffè, Moni cafè, Bar del Ferrone, Pastificio Michelis Egidio snc, La bottega del caffè, Mondovì Frutta snc.

La Fondazione Riviera dei Fiori onlus acquista tenuta agricola per dare lavoro

Dino Durando, direttore dell'impresa sociale Verdiamo
e consigliere della Fondazione Riviera dei Fiori Onlus
Una nuova operazione strategica della Fondazione della Riviera dei Fiori Onlus, comunitaria costituita, oltre dieci anni fa, dalla Compagnia di Sanpaolo. L'ente benefico, che opera esclusivamente nella provincia di Imperia, ha acquistato, a Taggia, una tenuta agricola di quasi 14.000 metri quadrati, dotata sia di diverse coltivazioni floricole sia di numerosi ulivi, oltre che di un magazzino per le lavorazioni e ne ha subito affidato la gestione a un'impresa sociale di Sanremo, che vi sta facendo lavorare, regolarmente, già quattro immigrati extracomunitari e due giovani svantaggiati locali.
L'azienda agricola, che opera nella tenuta taggiasca di regione Cappelle, si chiama “Verdiamo” ed è stata costituita dal Centro Ascolto Caritas di Sanremo; ne è rappresentate legale e direttore Dino Durando, il quale è, fra l'altro, consigliere di amministrazione della Fondazione Riviera dei Fiori Onlus fin dalle sue origini.
Il nuovo, rilevante investimento della Fondazione Riviera dei Fiori Onlus segue quello fatto, alcuni anni fa, per comprare, a Ceriana, un grande uliveto, che era bruciato e che è stato poi ripristinato. Anche i terreni di Ceriana sono stati affidati a una start up agricola di un giovane che impiega un paio di profughi e un italiano appartenente alle fasce deboli. Nella tenuta di Ceriana, a fianco degli ulivi, sono state impiantate alcune centinia di eucaliptus da fronda, al fine di favorirne la sostenibilità economica.
Le due iniziative immobiliari sono state decise dal consiglio di amministrazione della Fondazione della Riviera dei Fiori Onlus con diversi obiettivi: creare lavoro per soggetti svantaggiati, salvaguardare e sostenere concretamente produzioni e mestieri tipici, contribuire ad attività destinate a diventare autonome anche finanziariamente, diversificare il patrimonio.
Il nuovo filone operativo si aggiunge a quelli consueti della Fondazione Riviera dei Fiori Onlus, quali la beneficenza, i prestiti d'onore agli studenti più bisognosi (tasso zero, restituzione in piccole rate e dopo che si è trovata un'occupazione) e, fra l'altro, i Doni di Natale agli anziani soli e con gravi difficoltà economiche.
Anche nelle ultime Feste, la Fondazione Riviera dei Fiori Onlus ha distribuito i suoi speciali Doni di Natale a 40 anziani della provincia in condizioni particolarmente disagiate. Ognuno di loro ha ricevuto dalla Fondazione 400 euro e un omaggio della Fratelli Carli. I beneficiari dei Doni di Natale sono persone che sono state segnalate alla Fondazione da parroci, Servizi sociali di diversi Comuni della provincia, dalla Caritas e dalla San Vincenzo.
La Fondazione Riviera dei Fiori Onlus, costituita nel 2006 dalla Compagnia di San Paolo, opera grazie alle donazioni che riceve, al 5Xmille e ai ricavi generati dal suo patrimonio. I consiglieri di amministrazione e il revisore unico non ricevono alcun compenso e neppure rimborsi spese.

Juve di nuovo prima in Borsa (+4,59%) per le voci sull'arrivo di Aaron Ramsey


Andrea Agnelli, presidente Juventus
Di nuovo una quotata piemontese al primo posto per il maggior rialzo in Borsa. Ieri era toccato alla Fidia di Morfino, vincitrice assoluta con l'incremento del 25,82% rispetto alla seduta precedente; oggi, 10 gennaio, alla Juventus. La società bianconera presieduta da Andrea Agnelli ha visto la sua azione chiudere la giornata di contrattazioni a 1,276 euro per azione, il 4,59% in più. Nessun'altra società appartenente al listino Ftse Mib ha fatto registrare un aumento più elevato.
In seguito al nuovo rialzo, il terzo della settimana, il valore borsistico della Juventus è risalito a 1,286 miliardi di euro, 195 milioni in più rispetto all'ultima quotazione del 2018. La sua performance semestrale, in Piazza Affari, è risultata del 50,29%. Conseguente prima a Cristiano Ronaldo, poi ai successi sui campi di calcio e a livello d'immagine, ora nuovamente per le voci sulla campagna acquisti e, in particolare, sull'ipotesi dell'arrivo di Aaron Ramsey, centrocampista dell'Arsenal e della nazionale gallese.
Un rialzo ancora maggiore di quello della società capitanata da Andrea Agnelli, l'ha fatto segnare, oggi, quella presieduta da suo cugino, Lapo Elkann. Infatti, l'ultimo prezzo dell'azione Italia Independent è stato di 2,34 euro, superiore del 6,85% a quello di ieri, che già aveva fatto registrare un incremento del 3,79%, a sua volta successivo agli aumenti vicini al 2% nei due giorni precedenti.
Le altre piemontesi che hanno chiuso la seduta odierna con rialzi superiori al 2% sono Pininfarina (+2,61%) e Guala Closures (+2,05%). Mentre con aumenti più alti dello 0,63% dell'indice Ftse Mib sono stati ottenuti da Cdr Advance Capital (+1,89%), Diasorin (+1,61%), Italgas (+1,60%), Exor (+1,48%), Fidia (+1,41%), Centrale del Latte d'Italia (+1,09%), Cofide (+0,95%), Autogrill (+0,80%), Fca (+0,78%), Intesa Sanpaolo (+0,72%).
Invece, con ribassi hanno chiuso Basicnet (-0,11%), Buzzi Unicem (-0,52%), Damiani (-0,23%), Iren (-0,56%), Ki group (-2,33%), M&C (-2,58%), Prima Industrie (-1,67%), Sias (-0,80%) e Tinexta (-1,69%).

Il torinese Massimo Perotti e Sanlorenzo

Massimo Perotti, proprietario e timoniere della Sanlorenzo
Il torinese Massimo Perotti, noto imprenditore della nautica di lusso, ha fatto tornare interamente italiana la Sanlorenzo, impresa che costruisce yacht da favola ad Ameglia (La Spezia), Viareggio e Massa. Infatti, dopo aver aperto il capitale a soci terzi, la famiglia Perotti, affiancata dal management, ha ricomprato le quote che aveva ceduto.
Poco prima di Natale, Massimo Perotti, l'artefice dello straordinario successo della Sanlorenzo, diventata leader mondiale, ha acquisito il 23% della società dai cinesi di Sundiro Holdings. Precedentemente, a luglio, era stato rilevato il 16% dal Fondo Italiano di Investimento, che era diventato socio nel 2010.
In seguito a queste operazioni, il nuovo assetto azionario vede la famiglia Perotti con il 96% del capitale, attraverso la holding Happy Life, alla quale partecipano anche Cecilia e Cesare Perotti, figli di Massimo e di Corinne: mentre il restante 4% del capitale fa capo al il management.
Se abbiamo potuto fare l’operazione – ha spiegato Massimo Perotti a Il Sole 24 Ore – è perché siamo usciti dal periodo di crisi economica e stiamo raccogliendo i risultati del duro lavoro fatto. Abbiamo registrato una crescita del fatturato dai 300 milioni del 2017 ai 380 milioni del 2018 e stimiamo una crescita del 20% per il 2019″.
Classe 1960, laurea in Economia e commercio, Cavaliere del Lavoro, Massimo Perotti ha aggiunto che il portafoglio ordini della società che timona da diversi anni, “è di 500 milioni tra il 2019 e il 2020”. Sanlorenzo realizza il 90% del fatturato all’estero, con l’Europa che pesa per il 65%, seguita dalle Americhe con una quota del 25. Conta oltre 400 dipendenti diretti, destinati a diventare circa 500 prima della fine dell'anno prossimo. 
Secondo il nostro piano – ha detto ancora Massimo Perotti – continueremo a investire sia in nuovi prodotti sia in capacità produttiva. Vorremo crescere anche per via interna entrando in nuove linee di business, come la linea di barche open coupé Sanlorenzo Sport”.
Per dare ulteriore slancio allo sviluppo del business, è da poco entrata nella società Carla Demaria, ex presidente del gruppo Beneteau, numero uno al mondo nel settore. 

Piazza Affari: il rialzo record della Fidia seduta chiusa con l'incremento del 25,8%

Giuseppe Morfino
numero 1 di Fidia
La torinese Fidia campione di Piazza Affari, oggi 9 gennaio. L'azione della società controllata e guidata da Giuseppe Morfino ha chiuso la seduta a 4,97 euro, il 25,82% in più rispetto a ieri. Nessun altro titolo della Borsa di Milano ha fatto registrare un incremento maggiore. Con il balzo odierno, il valore di Fidia è più che raddoppiato al minimo dei storico dei 2,33 euro toccato il 18 del mese scorso; però, resta ancora molto lontano dalla vetta dei 10,30 euro conquistata un po' più di un anno fa, esattamente il 23 gennaio.
A parte il record di Fidia, la seduta odierna, con l'indice Fste Mib a 19.179 punti (+0,94% rispetto alla precedente), ha visto diverse quotate piemontesi con rialzi ben superiori alla media del paniere formato dalle 40 principali società.
Ecco le altre società del listino subalpino che hanno avuto incrementi della giornata superiori al 2%: Prima Industrie (+4,96%), Italia Independent (+3,79%), Buzzi Unicem (+3,47%), Cofide (+3,17%), Fca (+2,93%), Pininfarina (+2,86%), Exor (+2,84%), Cover50 (+2,49%), M&C (+2,11%) eTinexta (+2,04%).
Invece, i maggiori ribassi sono stati di Juventus (-1,05%), Iren (-1,01%), Autogrill (-0,79%), Bim (-0,68%), Reply (-0,65%) e Sias (-0,40%).

La grande alleanza dei due atenei torinesi per valorizzarsi e per lo sviluppo locale

I rettori Guido Saracco e Gianmaria Ajani
A Torino, nella Sala Blu del rettorato dell’Università, il rettore Gianmaria Ajani e il rettore del Politecnico, Guido Saracco, hanno firmato un protocollo d’intesa, della durata di cinque anni, con la finalità di valorizzare e potenziare il proprio patrimonio di competenze per lo sviluppo socio economico del territorio e del Paese.
Sull’esempio della costituzione del “Competence Centerpiemontese, che vede già avviata un’intensa e fattiva collaborazione,i due atenei lavoreranno insieme, in modo ancora più sinergico, con il sistema produttivo, “per massimizzare l’impatto sociale della propria azione e accrescere e potenziare le attività di servizio allo sviluppo sostenibile del territorio.”
I due rettori hanno commentato che “nell’attuale quadro,caratterizzato da una crisi economica non ancora superata e da dinamiche sociali particolarmente complesse, diventa compito fondamentale delle due istituzioni universitarie torinesi offrire il proprio contributo concreto allo sviluppo socio-economico e culturale e potenziare il proprio ruolo propulsivo per sviluppo sostenibile del territorio e del Paese”.
L'economia circolare del sistema universitario torinese
Capacità di fare sistema, cooperazione reciproca in ragione della complementarietà delle rispettive aree di competenza, potranno realizzarsi congiuntamente nell’ambito di aree a guida universitaria o politecnica. Dal Parco della Salute, della Scienza e dell’Innovazione, al Coordinamento interateneo scienze umane, sociali e politecniche, dall’Energy Center ai Progetti di Economia circolare.

A partire da un processo che parte dalla formazione e dalla ricerca interdisciplinare e arriva allo sviluppo di beni e servizi, Unito e Polito – hanno comunicato - identificano quale modello di riferimento condiviso per l’attuazione degli obiettivi comuni, l’individuazione congiunta delle competenze necessarie e della governance per le iniziative di prossima attuazione, proponendosi come polo integrato di riferimento per ciò che riguarda la diffusione di competenze in settori tecnologici e industriali, in ambito manifatturiero e sociale, propri del territorio piemontese”.
Insieme, i due atenei torinesi contano oltre 110.000 iscritti e oltre 5.000 dipendenti; inoltre hanno un bilancio che, complessivamente, sfiora il miliardo di euro.
"Con questa iniziativa – ha detto Gianmaria Ajani - cessa il derby, che in realtà non c'è mai stato, fra i due atenei". A sua volta, Guido Saracco ha aggiunto: "La fortuna di Torino è avere due università complementari in tutto. Questa alleanza potrà attrarre sempre più imprese e i nostri studenti restando qui potranno rilanciare il territorio".

Piemonte, crollate le vendite di auto nuove nel 2018 immatricolazioni calate del 20%

Mike Manley,
amministratore delegato Fca
Meno 20 per cento. Il mercato automobilistico piemonte nel 2018 si è ridotto di quasi il 20% (19,3%, per la precisione) rispetto al 2017. Allora, in regione, erano state registrate 219.934 nuove immatricolazioni, circa 27.500 in più rispetto all'anno scorso, quando sono risultate 177.436, totale inferiore di un migliaio di unità a quello del 2016.
Il crollo piemontese si deve alla provincia di Torino, dove, nel 2018 sono state vendute 115.799 vetture nuove; mentre sono state 12.325 nella provincia di Alessandria, 5.432 nell'Astigiano, 5.394 nel Biellese, 18.494 nel Cuneese, 11.416 nel Novarese, 4.025 nel Verbano-Cusio-Ossola e 4.546 nel Vercellese.
In tutta l'Italia, l'anno scorso, le nuove immatricolazioni sono ammontate a 1.910.025, il 3,1% in meno rispetto al 2017.
La differenza del calo nazionale da quello piemontese è elevata e si è fortemente ampliata, nella provincia di Torino, a partire da maggio. In particolare, nel mese scorso, sono state 4.975 le vetture nuove vendute nel Torinese, a fronte delle 8.221 del dicembre 2017. Il calo è del 39,5%, variazione che assume un significato ancora maggiore se si considera che in tutta l'Italia, nel mese appena passato, le nuove immatricolazioni sono aumentate dell'1,96% e che delle altre sette metropoli del Paese sei hanno fatto registrare una crescita dei rispettivi mercati, mentre soltanto la provincia di Bologna ha mostrato una perdita di neppure 200 immatricolazioni.
Nello stesso Piemonte, unicamente nella provincia di Vercelli sono state vendute meno vetture nuove che nel dicembre 2017 (278 contro 301). Nell'Alessandrino gli acquisti sono saliti da 8109 a 860, nell'Astigiano da 334 a 398, nel Biellese da 338 a 392, nel Cuneese da 1.232 a 1.332, nel Novarese da 721 a 869 e nel Verbano-Cusio-Ossola da 250 a 264.
Naturalmente, la contrazione di Torino si è riflessa sul totale del Piemonte, dove le nuove immatricolazioni sono risultate 9.368, mentre erano state 12.207 nel dicembre 2017.
Quanto sia profonda la crisi del mercato automobilistico torinese lo dimostra anche il bilancio degli ultimi sei mesi, chiuso con un rosso di 27.504 vetture. Infatti, dal primo giorno di luglio all'ultimo dell'anno appena passato, sono state registrate 39.192 nuove immatricolazioni, il 41,2% in meno rispetto alle 66.696 del corrispondente periodo precedente.
Fino alla primavera scorsa, invece, le vendite di auto nuove nella provincia di Torino crescevano e in alcuni mesi, come in diversi del 2017, sono risultate più alte che in qualsiasi altra provincia, comprese quelle autonome (Aosta, Trento e Bolzano), dove, per condizioni fiscali più favorevoli (Ipt meno onerosa), vengono immatricolate le grandi flotte.
Comunque, il crollo del mercato torinese ha la sua causa nel crollo delle vendite di Fiat e Alfa Romeo. In dicembre, le nuove Fiat acquistate nell'intera provincia sono state 1.192 mentre erano state 3.582 nello stesso mese precedente (-66,7%). E le immatricolazioni delle Alfa Romeo sono precipitate da 800 a 65. Lancia, pur in fin di vita (è in commercio unicamente la Ypsilon e unicamente in Italia), ha tenuto, contando 339 clienti contro i 307 del dicembre 2017, così come Maserati, che ha chiuso il mese con 20 acquirenti, uno in più.
Ha ancora migliorato la Jeep, con 285 nuove immatricolazioni contro le 244 del dicembre precedente. Aumento del tutto insufficiente, comunque, a compensare le grandi perdite di Fiat e Alfa Romeo. Entrambe queste marche di Fca hanno problemi di gamma. L'offerta è troppo limitata rispetto alla concorrenza e, come se non bastasse, i modelli di punta mostrano le rughe dell'età. Constatazione che vale non soltanto per la Panda e la stessa 500, che pure restano sul podio del segmento A, quello delle super utilitarie o city car (in tutto il 2018 sono state vendute ancora 124.266 Panda e 39.885 500, a fronte però delle 145.076 della prima nel 2017 e delle 53.966 della seconda); ma anche per la Giulietta, finita al posto numero 33 della graduatoria dei modelli più venduti l'anno scorso in Italia.

Come va il mercato immobiliare torinese del comparto terziario-commerciale

Più compravendite di immobili a uso ufficio e studi privati, meno per banche, negozi, laboratori, autorimesse, depositi ed edifici commerciali. E' questo il quadro torinese che emerge dall'analisi del mercato del terziario-commerciale di Torino nel terzo trimestre 2018.
L'Osservatorio dell'Agenzia delle Entrate sul mercato immobiliare ha rilevato che, nel trimestre luglio-settembre dell'anno scorso, nel Torinese hanno cambiato proprietà 51 locali adibiti a ufficio o studio privato.
Rispetto allo stesso periodo 2017, l'incremento è stato del 47,6%, mentre a livello nazionale si è avuto il calo del 20,8% ed è risultato del 27,9% quello medio delle otto metropoli del Paese (a Firenze -59,8%, a Roma -52%, a Milano -18,2%).
Nei primi 9 mesi 2018, a Torino, le compravendite di immobili per uffici o studi privati sono state 140, mentre sono state 534 quelle di locali per negozi e laboratori, 261 per depositi commerciali e autorimesse, 83 per alberghi, pensioni, banche, pubblica amministrazione, centri commerciali.
In particolare, nel terzo trimestre, il segmento degli uffici e studi privati è stato l'unico dei quattro che compongono il mercato immobiliare del settore terziario-commerciale a mostrare un segno positivo nei confronti del corrispondente periodo 2017.
Infatti, nel periodo luglio-settembre 2018, nel Torinese, le compravendite di locali per negozi e laboratori sono state 140 (-3,5%) e quelle per depositi commerciali e autorimesse 63 (-10,5%). Infine, sono calati del 10,9% a 16 i passaggi di proprietà riguardanti il quarto segmento, che pure aveva fatto registrare incrementi del 37% nei due trimestri precedenti.
In Italia, nel terzo trimestre 2018, si sono contate 21.368 transazioni di immobili a uso terziario commerciale (-0,3%, primo calo dopo 13 trimestri consecutivi di crescita).

Torino, blasonata uscita dal ciclo magico ma resta in A e aspetta un nuovo Ronaldo

“Torino vecchia gloria aspetta il suo Ronaldo”. E' il titolo dell'editoriale de L'Economia Nord Ovest”, inserto settimanale del Corriere Torino, pubblicato oggi, 7 gennaio, come ogni lunedì.
Per gentile concessione di Umberto La Rocca, responsabile del Corriere Torino, ecco il testo integrale dell'articolo di Rodolfo Bosio
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Molti dicono che Torino sia in declino e nero il suo futuro. Lo sostengono portando come prove il progressivo calo della popolazione, la continua perdita sia di aziende che di attività e risorse, la mancanza di crescita del Pil, del lavoro e del reddito; l'impoverimento di tante famiglie, i confronti sempre più negativi con Milano e altre aree italiane, l'ininfluenza politica della città a Roma e nelle capitali degli affari, la debolezza e l'inaridimento della classe dirigente, la diffusa riduzione della propensione imprenditoriale, l'inesistenza di nuove personalità di riferimento e di obiettivi-bandiera e, fra l'altro, la scarsità degli investimenti, pubblici e privati.
In effetti, le statistiche dimostrano che la situazione di Torino è peggiore di quella del passato. Però, proprio il riferimento al passato induce alla cautela sui giudizi, a una visione più obiettiva e a evitare la facile caduta nel pessimismo.
E' fuorviante paragonare la Torino di oggi - economica, politica, sociale - con quella del passato, di quando il capoluogo piemontese era vincente o tra i primi in tanti campi. Quasi mai, infatti, i numeri dicono tutta la verità. Che può essere molto diversa da come viene manifestata, soprattutto quando i numeri si usano per i confronti. Una variazione può risultare positiva prendendo come base di calcolo una certa data, un certo anno e negativa se si cambia la base di riferimento.
Forse, la questione diventa più chiara considerando Torino, la città di Torino, come una squadra blasonata, che per tanto tempo ha dominato, dotata di grandi campioni e ottimi giocatori, ha avuto successi in Italia e all'estero. Una squadra che, però, a un certo punto, è uscita dal suo ciclo magico. Ha trovato competitori più forti, più determinati, con nuovi talenti, con presidenti più ambiziosi e generosi, con allenatori più efficaci.
Comunque, Torino non è retrocessa. C'è chi l'ha superata e chi la batte. Ma resta in serie A e qualche vittoria la ottiene, anche fuori casa.
La città è un po' più piccola, è più vecchia, ma è una delle quattro principali metropoli del Paese, ha più di centomila universitari, eccellenze internazionali in diversi campi, alcuni grandi gruppi economici, un ampio, variegato e solido sistema di imprese medie e piccole, non poche delle quali giovani, attivissime, all'avanguardia, leader nel loro settore. E' più diversificata, più normale, più vicina alla media europea.
Torino è cambiata. E i suoi “tifosi” soffrono, come soffrono i tifosi delle squadre blasonate che non vincono più tutto, come prima. Offuscati dalla passione, dai ricordi delle glorie vissute, dalla visione delle difficoltà e delle mancanze contingenti, esprimono pessimismo e preoccupazioni. Inopportunamente. Perché non è automatico che il futuro di Torino sia strettamente conseguente alle sue condizioni attuali, che sono meno negative di quanto possano apparire a chi guarda solo i grandi numeri, trascurando il valore delle imprese medie e piccole, dell'economia non industriale, dei servizi, di singoli soggetti, di tanti nuovi talenti.
La Torino economica di oggi non ha un Ronaldo (tanto meno quella politica). In passato, la città ha avuto persone fisiche e gruppi imprenditoriali da campionato del mondo. Ha vinto molto e a lungo, anche se non se n'è mai vantata, per la sua attitudine al profilo basso. E nulla ha fatto per trattenere tante sue eccellenze. Perdute.
Ma la squadra-base c'è. E chi ha fiducia può pensare che un Ronaldo possa uscire dalle giovanili o possa arrivare da fuori.

Top manager, John Elkann ritorna terzo Andrea Agnelli e Mike Manley arretrano

Urbano Cairo, primo nella Top Manager Reputation
In dicembre è tornato piemontese, per due terzi, il podio nazionale della “Top Manager Reputation”, la “champions” italiana della reputazione web dei cento soggetti apicali delle principali imprese attive nel nostro Paese. Urbano Cairo ha mantenuto il primo posto, come negli ultimi mesi e John Elkann ha riconquistato il terzo, che invece aveva perduto in novembre, quando era stato superato da Claudio Descalzi (Eni).
“Top Manager”, dunque, per dicembre ha attribuito la medaglia d'oro della reputazione all'alessandrino Urbano Cairo, numero uno di Rcs Mediagroup (editore del Corriere della Sera) e della Cairo Communication, società entrambe quotate alla Borsa di Milano, oltre che patron del Torino Calcio. Il punteggio di Urbano Cairo è stato di 75,9, inferiore ai 77,2 punti di novembre e agli 80,2 ottenuti in ottobre, ma ancora dieci in più di quelli assegnati a Francesco Starace (Enel), secondo in classifica e 15 in più di John Elkann.
Infatti, a John Elkann, presidente e amministratore delegato di Exor, la holding degli eredi di Giovanni Agnelli, che controlla anche Fca Fiat Chrysler Automobiles, Ferrari, Cnh Industrial e la Juventus, sono stati dati 60,9 punti, meno, anche per lui, che neo due mesi precedenti,
Carlo Messina è rimasto quinto, con 59,6 punti, che hanno consolidato la sua posizione, guadagnata in settembre.
Invece, il mese scorso, ha perso ben 12 posizione Andrea Agnelli, sceso dal quindicesimo al ventisettesimo posto, nonostante i successi della Juventus e di Cristiano Ronaldo, da lui acquistato con il più clamoroso colpaccio di mercato che, fra l'altro, ha portato la società bianconera a essere valutata più di un miliardo di euro da Piazza Affari.
Al presidente della Juventus sono stati assegnati 49,3 punti, a fronte dei 51,1 di novembre e i 51,2 di ottobre. Andrea Agnelli aveva fatto il grande salto nella classifica dei Top Manager in settembre, subito dopo la conclusione dell'affare CR7.
Altri top manager riferibili, per varie ragioni, al Piemonte che figurano nella classifica dei primi cento per reputazione web e hanno perso posizioni in graduatoria in sono Mike Manley, neo amministratore delegato di Fca, trentaseiesimo con 47,7 punti (in novembre era trentaquattresimo con 48,1 punti e in ottobre trentaduesimo con 47,9 punti) e Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, oltre che di Astm Autostrada Torino Milano e di Edison. Gian Maria Gros-Pietro è risultato quarantesimo con 46,6 punti, tanti quanti ne aveva avuti in ottobre ma meno dei 47,4 di novembre, che lo avevano portato a risultare trentasettesimo.
Al contrario, ha riguadagnato sei posizioni Gabriele Galateri di Genola, presidente delle Generali, sceso risalito al cinquantunesimo posto (44,7 punti), dal cinquantasettesimodi novembre (44,5 punti). Così Galateri ha nuovamente scavalcato la novarese Catia Bastioli, presidente di Terna, che si è piazzata cinquantaseiesima con 43,9 punti, 1,1 in meno rispetto a novembre, quando ha preceduto Galateri. In classifica è calato anche Lapo Civiletti (Ferrero) settantaquattresimo con 40,2 punti (era settantaduesimo con 40,3 punti).
Rodolfo De Benedetti, leader del gruppo Cofide-Cir, che in novembre era risultato ottantasettesimo con 37,5 punti e ottantacinquesimo in ottobre, è invece salito al posto numero 81, pur avendo ottenuto lo stesso punteggio del mese precedente.
La graduatoria Top Manager Reputation comprende le prime cento figure apicali delle imprese attive in Italia e viene redatta distinguendo la reputazione, istantanea e storica, derivante dall'immagine percepita, dalla presenza digitale e, fra l'altro, dall'impatto reputazionale dalla semplice notorietà.

Quotate piemontesi, positivo l'inizio 2019 nuova frenata soltanto per cinque società

Gianfranco Carbonato, presidente Prima Industrie
“E' incominciato bene il 2018, per tutte le quotate piemontesi. Tranne cinque. A far recuperare valore alle azioni del listino subalpino, però, sono stati i fattori internazionali, non i miglioramenti dei fondamentali delle società né, tanto meno, i provvedimenti e la situazione del governo italiano.” Lo ha scritto il Corriere Torino, oggi, 6 gennaio, sottolineando che “La ripresa dei prezzi, non soltanto alla Borsa di Milano, è stata incentivata dalle notizie favorevoli riguardanti gli Usa (boom del lavoro e rinvio dei rialzi dei tassi da parte della Fed), la Cina (rilancio economico e allentamento della tensione sui dazi), il petrolio rincarato”.
Questi fenomeni hanno fatto sentire i loro effetti venerdì, quando l'indice Fste Mib ha guadagnato il 3,37%, chiudendo a 18.832 punti e quando nove quotate piemontesi hanno fatto segnare incrementi superiori a quello medio delle 40 principali società trattate a Piazza Affari.
Come riferito nella consueta rubrica domenicale dedicata dal Corriere Torino alle quotate piemontesi, “A tirare la “volata” della squadra subalpina è stata Prima Industrie, la cui azione ha terminato la seduta di venerdì a 18,14 euro, il 7,59% in più rispetto al giorno precedente”.
Con Prima Industrie, presieduta da Gianfranco Carbonato, il plotone dei maggiori rialzi era formato da Fca (+5,61%), Diasorin (+5,58%), Intesa Sanpaolo (+5,14%), Exor (+4,78%) e Italia Independent (+4,10%).
Aumenti di poco inferiori al 4% e, comunque, più alti della media Fste Mib, sono emersi anche per Astm (+3,95%), Reply (+3,87%) e Sias (+3,84%). Minori dell'indice principale, invece, sono state le crescite di Guala Closures (+3,21%), Buzzi Unicem (+2,87%), M&C (+2,73%), Ki Group (+2,4%), Centrale del Latte d'Italia (+1,45%), Italgas (+0,82%), Autogrill (+0,47%), Iren (+0,37%) e Juventus (+0,08%).
“Però, il prezzo finale dell'azione Reply, la società torinese controllata e guidata dalla famiglia Rizzante, nonostante il balzo di venerdì a 44,04 euro, è risultato inferiore, sia pure di poco, a quello dell'ultimo giorno borsistico del 2018 (44,08 euro)” ha rimarcato l'edizione piemontese del Corriere della Sera guidata da Umberto La Rocca.
Rispetto al 28 dicembre, hanno evidenziato ribassi anche Cover50 (da 9,8 a 9,62 euro), Damiani (da 0,86 a 0,852 euro), M&C (da 0,038 a 0,0376 euro) e Pininfarina (da 2,27 a 2,26 euro).
Allo stesso prezzo di fine anno, invece, hanno chiuso Borgosesia (0,59 euro), Cdr Advance Capital (0,636 euro) e Guala Closures (5,78 euro).

Reddito di cittadinanza e lavoro "in nero" in Piemonte 201.000 occupati irregolari

Sulla base delle indiscrezioni apparse nei giorni scorsi, i soggetti che beneficeranno del cosiddetto reddito di cittadinanza potrebbero essere poco più di quattro milioni, pari a 1.375.000 nuclei familiari. Un dato ancora ufficioso che, tuttavia, ha fatto scattare un campanello d’allarme alla Cgia di Mestre, l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese locali.
Secondo la Cgia, infatti, “è possibile ipotizzare che circa la metà della platea dei teorici destinatari di tale misura potrebbe essere composta da persone che lavorano in maniera irregolare. E visto che per l’anno in corso ai beneficiari del reddito di cittadinanza il Governo erogherà sei miliardi di euro, verosimilmente, la metà della spesa, pari a circa tre miliardi, potrebbe finire nelle tasche di persone che non ne hanno diritto”.
Ha spiegato Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi dell'associazione veneta: “A causa dell’assenza di dati omogenei relativi al numero di lavoratori in nero presenti in Italia che si trovano anche in stato di deprivazione, non possiamo dimostrare con assoluto rigore statistico questa tesi. Tuttavia, vi sono degli elementi che ci fanno temere che buona parte dei percettori del reddito di cittadinanza potrebbe ottenere questo sussidio nonostante svolga un’attività lavorativa in nero, sottraendo illegalmente alle casse dello Stato un’ingente quantità di imposte, tasse e contributi previdenziali. In altre parole, l’Amministrazione pubblica, al netto delle misure di contrasto previste, sosterrà con il reddito di cittadinanza un pezzo importante dell’economia non osservata”. La Cgia è giunta a queste conclusioni, partendo dalla constatazione che l’Istat stima in poco meno di 3,3 milioni gli occupati che svolgono un’attività irregolare in Italia. “Se da questo numero rimuoviamo i dipendenti e i pensionati che non hanno i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza - pari, in linea di massima, a 1,3 milioni di persone - coloro che pur svolgendo un’attività irregolare potrebbero, in linea teorica, percepire questa misura sarebbero due milioni; vale a dire la metà dei potenziali aventi diritto, che sono, appunto, poco più di 4 milioni.
La presenza del lavoro nero, ovviamente, provoca effetti economici e sociali molto negativi, senza contare gli ingenti danni causati alle attività commerciali e produttive che rispettano le regole.
“Con la diffusione dell’economia sommersa – ha sottolineato Renato Mason, il segretario della Cgia - a rimetterci non è solo l’Erario, ma lo sono anche le tantissime attività produttive e dei servizi, le imprese artigiane e del commercio che, spesso, subiscono la concorrenza sleale di questi soggetti. I lavoratori in nero, infatti, non essendo sottoposti ai contributi previdenziali, assicurativi e agli oneri fiscali, consentono alle imprese dove prestano servizio - o a loro stessi, se operano sul mercato come falsi lavoratori autonomi - di beneficiare di un costo del lavoro molto inferiore e, conseguentemente, di praticare un prezzo finale del prodotto/servizio molto contenuto. Prestazioni, ovviamente, che chi rispetta le disposizioni previste dalla legge non può offrire”.
Dagli ultimi dati ufficiali disponibili, relativi al 2016, risulta che la regione con più lavoratori in nero è la Calabria, la quale ne conta 140.700 , con un’incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare pari al 9,4% del Pil regionale. Una quota quasi doppia rispetto alla media nazionale del 5,1%. Segue la Campania che, con 372.600 unità di lavoro irregolari, “produce” un Pil in “nero” pari all'8,6% di quello ufficiale. Al terzo posto di questa particolare graduatoria si trova la Sicilia, con 303.700 irregolari e un'incidenza dell’economia sommersa pari all'8,1% della complessiva.
Al contrario, la regione più virtuosa è il Veneto, dove i 197.600 lavoratori in nero, “causano” quasi 5,4 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso, pari al 3,8 per cento del Pil regionale.
Quanto al Piemonte, l'elaborazione della Cgia di Mestre attribuisce alla regione 201.100 occupati irregolari, che generano un valore aggiunto sommerso di 4,939 miliardi, pari al 4,2% del Pil locale, quota uguale a quella dell'Emilia-Romagna e superiore soltanto a quelle del Friuli-Venezia Giulia e della Lombardia, oltre che, appunto, del Veneto.

La spesa dei Comuni per i servizi sociali

Augusto Ferrari,
assessore alle Politiche sociali
Regione Piemonte
La spesa dei Comuni per i servizi sociali nel 2016 è ammontata a 7,056 miliardi di euro, pari allo 0,4% del Pil nazionale. Rispetto all’anno precedente, l'Istat ha registrato un incremento del 2%, che conferma la ripresa iniziata nel 2014, dopo il calo nel triennio 2011-2013, oltre che lo sfioramento dei livelli precedenti la grande crisi economica e finanziaria.
Per ciascun residente, in Italia, i Comuni hanno speso in media 116 euro nel 2016, contro i 114 del 2015. A livello territoriale, le disparità sono sempre elevatissime: si passa dai 22 euro della Calabria ai 517 della Provincia autonoma di Bolzano.
In Piemonte, la spesa complessiva dei Comuni per i servizi sociali nel 2016 è stata di 553,403 milioni, pari al 7,8% del totale nazionale. Il 37,3% della somma piemontese è stata spesa per famiglie e singoli individui, che ne hanno beneficiato per 207,441 milioni; il 24,9% (137,551 milioni) per disabili; il 17,2% (94,963 milioni) per anziani; l'8,9% (49,073 milioni)contro la povertà, il disagio di adulti e per servizi a senza fissa dimora; 472.000 euro contro le dipendenze e 42,902 milioni (7,8%) per la multiutenza.
Aggiungendo le quote pagate dagli utenti (64,830 milioni di euro) e dal Servizio sanitario nazionale (57.045 milioni) la spesa dei Comuni per i servizi sociali è ammontata a 675,279 milioni in Piemonte e a 9,078 miliardi in tutto il Paese.
A livello nazionale, la principale fonte di finanziamento dei servizi sociali proviene da risorse proprie dei Comuni e dalle varie forme associative fra Comuni limitrofi (61,8%). Al secondo posto vi sono i fondi regionali per le politiche sociali, che coprono un ulteriore 17,8% della spesa complessiva. Il 16,4% della spesa è finanziata da fondi statali o dell’Unione europea, l'1,3%. Tra questi il fondo indistinto per le politiche sociali, che ha registrato una progressiva flessione dell’incidenza sulla copertura della spesa (dal 13% del 2006 al 9% nel 2016). I privati hanno concorso per l'1,3%.
Nel periodo osservato dall'Istat, diminuiscono gradualmente le risorse dedicate ai servizi per gli anziani, sia in valore assoluto che come quota sul totale della spesa sociale dei Comuni (dal 25% nel 2003 al 17% nel 2016). Nello stesso lasso di tempo, l’incremento delle persone anziane residenti accentua la diminuzione della spesa pro-capite: da 119 euro nel 2003 si passa a 92 euro annui nel 2016.
Sono invece quasi raddoppiate le risorse destinate ai disabili: da 1.478 euro annui pro-capite nel 2003 si passa a 2.854 nel 2016. Le spese per i minori e le famiglie con figli passano da 86 a 172 euro l’anno pro-capite e sono rivolte per il 40% agli asili nido e ai servizi per la prima infanzia.
In Piemonte, la spesa per i servizi sociali è stata sostenuta per l'82% dai Comuni (77,7% la media nazionale), per il 9,6% dai beneficiari (10% la media italiana) e per l'8,4% dal Servizio sanitario nazionale (12,3% la media del Paese).

Borsa: neppure una società del Piemonte tra le 26 nuove quotate all'Aim nel 2018

Quello appena terminato è stato un anno da record per Aim Italia, il segmento di Piazza Affari dove sono quotate le piccole e medie imprese. Infatti, nel 2018, le quotate all'Aim sono diventate 113, quindi 26 in più rispetto alla fine del 2017. E la raccolta complessiva delle società di questo comparto è stata di 1,32 miliardi di euro, contro gli 1,26 miliardi in 2017, oltre sei volte il livello 2016, pre Pir (Piani individuali di risparmio).
Firstonline, il giornale web indipendente e autorevole fondato e guidato dalla coppia Ernesto Auci-Franco Locatelli, ha precisato che, nel 2018, la raccolta media delle Ipo, cioè delle società all'esordio in Borsa, è stata di circa otto milioni di euro (al netto delle Spac) e che è ammontata a 3,6 miliardi la raccolta delle Ipo dalla nascita di Aim Italia; mentre la capitalizzazione totale delle 113 quotate all'Aim al 30 novembre è risultata di 7,146 miliardi.
I settori di attività con il maggior numero di quotate all'Aim sono la finanza (21%), l’industria (16%) e i media (14%).
Quanto alle regioni, la più rappresentata è la Lombardia, che da sola può vantare la metà della capitalizzazione, seguita dall’Emilia-Romagna (12%), Lazio (11%) e Veneto (7%). Tasto dolente: il Piemonte non è citato, per la sua irrilevanza.
In effetti, alla fine di novembre erano quattro le piemontesi quotate all'Aim – la biellese Cdr Advance Capital più le torinesi Cover50, Italia Independent e Ki Group – e tutte insieme avevano una valutazione di 77 milioni, circa l'1% della capitalizzazione del segmento.
Non solo: delle 26 società che si sono quotate all'Aim nel 2018 nessuna è piemontese.
Comunque, gli investitori istituzionali dell'Aim che sono passati da 60 a 108 e hanno investito 812 milioni di euro investiti. A loro volta, gli investitori esteri hanno superato il 50% del capitale dell'Aim, mentre era del 43% la loro quota 2017. Circa il 25% del flottante è detenuto da Fondi Pir.
Come riporta Firstonline, Anna Lambiase, amministratore delegato di Ir Top Consulting, ha commentato che “il 2018 ha rappresentato l’anno record per Aim Italia, avendo segnato il più alto numero di quotazioni e di capitali raccolti dalla sua nascita, incrementando il ruolo strategico di supporto finanziario al percorso di crescita delle Pmi Italiane alla ricerca di capitali per i propri piani di sviluppo e per l’internazionalizzazione, anche grazie al credito d’imposta sui costi Ipo introdotti dal Governo per il triennio 18-20″.
La Lombardia – ha proseguito Lambiase – si conferma la regione trainante per le nuove Ipo nel 2018, con una percentuale del 62%, seguita da Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Toscana, mentre tra i settori emergono, oltre a quello finanziario, l’industria, la tecnologia e il lifestyle, complessivamente pari al 38% delle nuove quotazioni”.

Ecco la nuova mappa dei mestieri artigiani

Giorgio Felici, presidente Confartigianato Piemonte
Il mondo dell’artigianato, un vanto dell’economia italiana, si riduce e si rinnova, cimentandosi in nuovi mestieri a scapito di quelli più tradizionali. Aumentano le imprese di pulizia e quelle che si occupano di tatuaggi e piercing. Crescono i giardinieri e le agenzie per il disbrigo delle pratiche. Aumentano anche le imprese che confezionano accessori d’abbigliamento o le sartorie su misura, così come i designer, di moda e per il settore industriale.
Si riducono invece le imprese di costruzioni e quelle che si occupano di ristrutturazione, i “padroncini” addetti ai trasporti su strada, gli elettricisti, i falegnami e i meccanici.
Come mostra la fotografia scattata da Unioncamere e InfoCamere sull’evoluzione dei mestieri artigiani negli ultimi cinque anni, il settore, che conta oltre 1,3 milioni di imprese, ne ha perse quasi 100mila tra il 2013 e il 2018.
Ma alcuni “mestieri” crescono, raggiungendo anche numeri consistenti. E’ il caso dei servizi di pulizia, utilizzati soprattutto per uffici e aree commerciali, le cui imprese sono aumentate di quasi 5.700, dei tatuatori (+4.315), giardinieri (+3.554), delle agenzie di disbrigo pratiche (+1.809) e dei parrucchieri ed estetisti (+1.758). Muratori e “padroncini” diminuiscono invece rispettivamente di quasi 24mila e oltre 13mila unità.
In termini percentuali, ad aumentare di più tra settembre 2013 e settembre 2018 sono i servizi di pulizia (45%), le imprese artigiane di giardinieri (+27%) o quelle che si occupano della riparazione e manutenzione dei macchinari (+16%). A due cifre anche la crescita delle attività di confezione di vestiti da sposa o da cerimonia e le sartorie su misura (+11%). Tassisti, panettieri e parrucchieri/estetisti registrano incrementi meno elevati, compresi tra il +3,1 e il +1,4%.
Negli ultimi cinque anni, le maggiori sofferenze nel mondo artigiano hanno riguardato, invece, le imprese di costruzione, quelle di trasporto e le attività di falegnameria (-20% in tutti i casi). Le lavanderie si riducono del 17%, i piastrellisti del 15%, gli imbianchini del 14%, i fabbri del 13%. Anche le attività che realizzano lavori di meccanica generale, come la tornitura o fresatura, lasciano sul campo l’11% delle imprese.
I giovani imprenditori aumentano soprattutto tra i tatuatori, seguiti dai giardinieri, imprese di pulizie e designer di moda o industriali. Crescono anche nelle attività di street food (la ristorazione mobile). Le donne, invece, si focalizzano nei servizi per il benessere fisico, tipo personal trainer, nelle lavanderie e tintorie, tra le parrucchiere ed estetiste.
Le imprese artigiane di stranieri, infine, aumentano soprattutto nelle diverse attività di confezionamento di abbigliamento, tra i calzolai e le agenzie di disbrigo pratiche

A Torino si risparmia il 17% sull'acquisto se il bilocale di 70 metri è da ristrutturare

Una panoramica di Torino
Anche per il 2019 sono state confermate le detrazioni fiscali al 50% delle spese sostenute per le ristrutturazioni immobiliari; ma quanto si risparmia, effettivamente, comprando un appartamento di 70 metri quadrati da ristrutturare? Secondo un’analisi di Immobiliare.it, la riduzione del prezzo al metro quadro, rispetto alla media di mercato, è pari al 20%, a livello nazionale.
In particolare, a Torino, il risparmio è del 17%. Così emerge dallo studio di Immobiliare.it, che ha attribuito al capoluogo piemontese un prezzo medio di 95.800 euro per l'acquisto di un alloggio di 70 metri quadrati da ristrutturare e ne ha stimato in 27.000 euro il costo medio dei lavori di ristrutturazione.
Nell’acquisto di un appartamento da ristrutturare, infatti, va messa in conto la spesa da sostenere per il riammodernamento, alla quale, però, anche quest'anno, sarà possibile applicare una detrazione fiscale del 50%, spalmata sui dieci anni e fino a un costo massimo di 96.000 euro per ogni unità immobiliare.
L'elaborazione di Immobiliare.it mostra anche i prezzi medi di un bilocale da ristrutturare nelle altre nove maggiori città italiane. Ecco i prezzi medi di un bilocale di 70 metri quadrati da ristrutture: 206.600 euro a Firenze, 175.800 a Roma, 173.300 a Milano, 155.800 a Napoli, 148.100 a Bologna, 122.600 a Trento, 105.300 a Bari, 89.900 a Genova e 81.700 a Palermo.
La media italiana è di 93.300 euro.
«Decidere di ristrutturare un immobile, al di là delle opportunità di risparmio, offre almeno altri due vantaggi – ha detto Carlo Giordano, amministratore delegato di Immobiliare.it – Il primo è quello di avere una casa funzionale alle proprie esigenze e di classe energetica fino a due volte superiore rispetto al momento dell’acquisto; il secondo è la possibilità, a fronte di un investimento, di aver un rendimento maggiore e più sicuro offrendo l’immobile riqualificato in locazione.»

Mercato auto: boom Jeep non basta a Fca calate le vendite di Fiat, Alfa e Maserati

La Jeep Renegade
La Jeep non basta a salvare il risultato commerciale di Fca in Italia. Lo confermano i dati del mercato di dicembre e dell'intero 2018. Nell'ultimo mese dell'anno appena passato, nel nostro Paese, Jeep ha avuto 6.664 acquirenti, il 60,31% in più rispetto al dicembre precedente; ma sono risultate 31.806 le vendite del gruppo Fiat Chrysler Automobiles, l'1,10% in meno. Neppure il miracolo della Lancia, che ha fatto registrare 4.355 nuove immatricolazioni (+38,65%) è stato sufficiente. E tanto meno il raddoppio della Ferrari, della quale sono stati comprati 17 esemplari, nove in più.

A mandare in rosso il bilancio commerciale del gruppo guidato da Mike Manley, nel mese scorso, sono state Fiat, le cui immatricolazioni sono state 18.710 (-14,29% rispetto a dicembre 2017), l'Alfa Romeo che ne ha contate 1.919 (-33,23%) e la Maserati scesa a 141 (-6,62%).
Quanto all'intero 2018, la maggiore differenza è data dalla moribonda Lancia, che ha avuto una perdita del 19,65%) avendo fatto registrare 48.557 immatricolazioni a fronte delle 60.341 di tutto il 2017. Dall'inizio di gennaio alla fine di dicembre 2018, Fiat ha venduto 323.432 vetture nuove (-19,65%), l'Alfa Romeo (-4,90%), la Maserati 2.762 (-5,35) e la Ferrari 399 (+15,99%). Totale del gruppo Fca 502.707 (-10,37% rispetto alle 560.869 del 2017).
L'insieme delle marche attive nel nostro Paese ha fatto registrare 124.078 nuove immatricolazioni in dicembre (+1,96% rispetto allo stesso mese 2017) e 1.910.025 dal primo giorno del 2018 (-3,11% rispetto ai 12 mesi del 2017).
Di conseguenza, sono ancora calate le quote del gruppo controllato dalla famiglia degli eredi del fondatore della Fiat: al 25,63% nel mese scorso (dal 26,43% precedente) e al 26,32% come media annuale (dal 28,45%).
Primo venditore straniero in Italia è risultato il gruppo Volkswagen in dicembre (18.929 immatricolazioni e quota del 15,26%), ma Psa nell'intero 2018. Infatti, Psa, che dispone dei marchi Peugeot, Citroen, Ds e Opel, nell'anno ha avuto 289.267 acquirenti e la quota del 15,14%, a fronte dei 271.091 e della quota del 14,19% del gruppo Volkswagen, nella cui scuderia si trovano anche Audi, Seat, Skoda e Lamborghini.
Il gruppo Renault ha contato 14.336 immatricolazioni, corrispondenti alla quota dell'11,55% in dicembre e 186.753 (9,78%) nei dodici mesi; Ford rispettivamente 7.514 (6,06%) e 129.563 (6,78%). Seguono: i gruppi Toyota (5.431 immatricolazioni in dicembre e 91.807 nell'intero 2018), Daimler-Mercedes (5.750 e 85.938), Bmw (4.621 e 77.650) e Nissan (3.013 e 55.206).

Ftse Mib: della Juventus il maggior rialzo nel primo di contrattazioni nel nuovo anno

Kilian Mbappé, francese del Paris Saint Germain
Vince sui campi di calcio, la Juventus; ma anche in Borsa. Oggi, 2 gennaio, primo giorno 2019 di contrattazioni a Piazza Affari, l'azione della società bianconera ha fatto registrare il maggior rialzo del paniere Fste Mib, quello che rappresenta i 40 principali titoli. Infatti, ha chiuso a 1,17 euro, il 10,17% in più rispetto al 28 dicembre. L'incremento è risultato anche il nono odierno più alto in assoluto e alcuni hanno ritenuto che sia stato conseguente alle voci che l'asso francese Kylian Mbappé del Paris Saint Germain possa affiancare Cristiano Ronaldo.
Un aumento ancora maggiore di quello della Juventus l'ha avuto, oggi, Bim Banca Intermobiliare, il cui prezzo finale è stato di 0,1826 euro, superiore dell'11,21% a 0,1642 euro dell'ultima seduta 2018. Quello della banca torinese guidata da Matteo Colafrancesco è stato il settimo maggior incremento di tutta la Borsa di Milano, il cui indice Ftse Mib ha terminato a 18.331 punti, lo 0,04% in più rispetto al valore precedente.
Le altre quotate piemontesi che hanno chiuso con segno positivo sono Autogrill (+1,63%), Basicnet (+2,71%), Buzzi Unicem (+1,06%), Diasorin (+0,71%), Fidia (+5,90%), Iren (+0,38%), Italgas (+1,32%), Pininfarina (+0,44%), Prima Industrie (+0,81%), Reply (+1,45%) e Tinexta (+3,04%).
Invece, tra le piemontesi con prezzo ribassato spicca Intesa Sanpaolo, che ha terminato le contrattazioni a 1,906 euro per azione e, perciò, con il calo dell'1,72%, il secondo peggiore dell paniere Ftse Mib. Ancora di più, comunque, hanno perso Cofide (-2,27%) e Italia Independent (-2,01%).
In rosso hanno terminato anche Astm (-0,34%), Exor e Fca (-0,91% entrambe), Guala Closures (-0,35%) e Sias (-1,24%).

Nasce a Cambiano la Battista Pininfarina hypercar di lusso elettrica da 400 Km/h

Un'immagina velata della Pininfarina Battista 
“La hypercar Battista rappresenta la realizzazione di un sogno. Un sogno aziendale e personale, ma anche di mio nonno Pinin, che sicuramente era attratto dalla velocità e dalla ricerca del limite prestazionale come si può vedere dalla Lancia Aprilia Aerodinamica del 1937 e dalle Abarth da record dei primi anni 60. Quindi penso sia giusto e doveroso dare il primo nome del Fondatore a questa vettura straordinaria”
Paolo Pininfarina, presidente dell'omonima azienda, la cui firma è conosciuta in tutto il mondo, ha commentato così la scelta del cliente Automobili Pininfarina di chiamare Battista la prima automobile della sua gamma di vetture elettriche di lusso.
La nuova hypercar, interamente elettrica, sarà disegnata, sviluppata e realizzata a mano, in un numero limitato (150 esemplari), nella sede di Cambiano.
Progettata per essere “un sogno chiamato Battista”, la prima hypercar di lusso interamente elettrica al mondo, sotto la carrozzeria in fibra di carbonio, cela livelli estremi di tecnologia e design funzionale, con prestazioni sbalorditive per una vettura stradale.
Con una potenza e una coppia che raggiungono rispettivamente 1.900 CV e 2.300 Nm, la Battista ha l’ambizione di ottenere un’accelerazione da 0 a 100 km/h in meno di due secondi, più veloce di una monoposto di Formula 1, infrangere la barriera dei 400 km/h e fornire un’autonomia potenziale a zero emissioni pari a circa 500 km.
Per scoprire la Battista, comunque, bisogna attendere il Salone di Ginevra 2019, nella prossima primavera. Si parla di un prezzo di circa due milioni di euro per esemplare.

Borsa: positivo soltanto per cinque società il bilancio 2018 del "listino piemontese"

Cristiano Ronaldo, il turbo della Juventus anche in Borsa
“Quasi 21 miliardi di euro. Di tanto si è ridotto, nel 2018, il valore attribuito da Piazza Affari alle quotate che fanno riferimento al Piemonte. Infatti, al termine dell'ultima seduta borsistica di quest'anno, la capitalizzazione complessiva delle 29 società considerate è risultata di 90,557 miliardi, a fronte dei 111,179 miliardi emersi dalle contrattazioni del 29 dicembre 2017. Per gli investitori, la perdita virtuale è del 18,5%”.
Incomincia così la rubrica settimanale dedicata alle quotate piemontesi, pubblicata dal Corriere Torino, edizione locale del Corriere della Sera guidata da Umberto La Rocca e fortemente voluta dall'alessandrino Urbano Cairo, azionista di controllo di Rcs Mediagroup (gruppo al quale il Corriere della Sera appartiene) oltre che della Cairo Communication.
Come precisato nella rubrica, “sia pure di poco, la diminuzione del valore del listino formato dalle quotate piemontesi è risultata superiore a quelle sia dell'indice Ftse All Share, che rappresenta tutte le azioni scambiate alla Borsa di Milano, sia del Ftse Mib, composto dai 40 principali titoli. Infatti, rispetto a 12 mesi fa, il calo del Ftse All Share è stato del 16,7% e del 16,12% quello del Ftse Mib”.
Inoltre, è stato rilevato che soltanto cinque quotate subalpine, venerdì scorso, hanno evidenziato prezzi delle loro azioni più alti rispetto all'ultima seduta di dicembre 2017. Si tratta della Juventus (+41,54%), della Basicnet di Marco Boglione (+19,52%), della Pininfarina (+13,69%), della piccola Conafi (+9,58%), finanziaria attiva nel comparto della cessione del quinto, presieduta da Gaetano Caputi e con Nunzio Chiolo amminstratore delegato; oltre che della Tinexta, ex Tecnoinvestimenti, guidata dal torinese Pier Andrea Chevallard (+3,35%).
In particolare, il valore borsistico della Juventus è balzato da 771 milioni a 1,091 miliardi, grazie a Cristiano Ronaldo, che, fra l'altro, ha favorito la promozione della società bianconera a blue chip, nel listino Ftse Mib.
Al contrario, il ribasso record del 2018, per quanto riguarda le piemontesi, è stato della M&C di Carlo De Benedetti, la cui capitalizzazione è crollata del 70,53%, quindi a 15 milioni. Ma hanno finito l'anno solo un po' meno peggio l'Italia Independent, controllata da Lapo Elkann e partecipata dal fratello John (-58,38%); la Fidia di Giuseppe Morfino (-51,93%), Prima Industrie (-49,26%), Bim Banca Intermobiliare (-48,8%) e l'alessandrina Guala Closures (-41,93%), tornata in Borsa dopo dieci anni di assenza.
Un anno borsistico nerissimo, il 2018, si è rivelato anche per Intesa Sanpaolo (capitalizzazione scesa del 29,9% a 33,996 miliardi dai 46,429 del 29 dicembre 2017) e per altri big piemontesi, quali Autogrill (-35,57%), Buzzi Unicem (-33,61%), Astm (-28,32%) e Sias (-21,96%). Più contenuti, invece, i cali di Fca (-15,39%), Exor (-7,8%), Iren (-16,17%), Reply (-5,25%), Diasorin (-2,26%) e Italgas (-2,35%).
Ed ecco le variazioni 2018 delle restanti piemontesi: Cdr Advance Capital (-37,09%), Centrale del Latte d'Italia (-21,85%), Cofide (-17,57%), Cover50 (-5,77%) e Damiani (-20,95%). Borgosesia ordinaria (-1,01).
A fine 2018, pertanto, la graduatoria delle società trattate in Piazza Affari per capitalizzazione, cioè per valore riconosciuto dalla Borsa, in milioni di euro, è la seguente: Intesa Sanpaolo 33.996; Fca 19.688; Exor 11.342; Italgas 4.036; Diasorin 3.949; Buzzi Unicem 3.872; Iren 2.791; Sias 2.747; Autogrill 1.882; Astm 1.715; Reply 1.649; Juventus 1.091; Guala Closures 350: Cofide 332; Tinexta 291; Basicnet 268; Prima Industrie 179; Pininfarina 123; Damiani 71; Cover50 43; Centrale del Latte d'Italia 38; Bim Banca Intermobiliare 26; Fidia 17; M&C 15; Italia Independent 13; Conafi 10; Cdr Advance Capitali 8; Borgosesia 8; Ki Group 7.

Il Piemonte primo per le acque minerali ma settimo per le concessioni termali

Alberto Bertone, numero uno del gruppo Fonti di Vinadio
Il Piemonte ha consolidato il suo primato nazionale per le acque minerali. Alla fine del 2016 (anno con i più recenti dati ufficiali disponibili) poteva vantare 46 concessioni attive per lo sfruttamento di acque minerali, ancora due in più rispetto al 2015. Così la regione subalpina è risultata nuovamente in testa alla graduatoria, precedendo il Lazio (34 concessioni), e la Lombardia (33). Più staccate l'Emilia-Romagna e la Sardegna, entrambe con 20. Ultime: Puglia e Molise, tutte e due con tre.
Il Piemonte, che già detiene il 15% delle concessioni rilasciate in Italia per lo sfruttamento delle acque minerali con il loro imbottigliamento, nel 2016 ha ancora ottenuto altri 12 permessi per la ricerca di acque minerali, quattro in più dell'anno precedente e il 48% di tutti i permessi per la ricerca concessioni in Italia nel 2016.
A fornire questi dati è il ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef), aggiungendo che ammonta a 4.759 ettari la superficie concessa in Piemonte per lo sfruttamento delle acque minerali, pari al 17% dei 28.227 ettari concessi nell'intero Paese. La quota è di cinque punti superiore a quelle del Lazio e della Lombardia, entrambe di circa 3.500 ettari.
Per il 2016, il Mef ha imputato ai concessionari oltre 16,5 miliardi di litri di acque minerali (+5% rispetto al 2015), dei quali 11,3 miliardi ai dieci maggiori gruppi produttori attivi in Italia.
Il gruppo piemontese Fonti di Vinadio (famiglia Bertone) è risultato terzo con 1,236 miliardi di litri, preceduto soltanto dalla Sanpellegrino della Nestlé (2,958 miliardi) e dal gruppo San Benedetto (2,611 miliardi).
Ai piedi del podio si trovano Lete (967 milioni), Ferrarelle (886), gruppo Norda (791), gruppo Cogedi – Uliveto e Rocchetta (681), Spumador (438), Siami (398) e Fonti del Vulture della Coca Cola (333).

A proposito di acque, il ministero dell'Economia e delle Finanze ha anche comunicato che, a fine 2016, risultavano vigenti in Italia 504 concessioni termali, 17 delle quali in Piemonte. Numero che corrisponde al 3% del totale nazionale e che vale il settimo posto nella graduatoria delle regioni. Il Piemonte, infatti, è preceduto da Veneto (144 concessioni, pari al 29%), Campania (135 e 27%), Toscana (38 e 8%), Emilia-Romagna (37 e 7%), Lazio (33 e 7%) e Lombardia (21 e 4%).
Nel 2016, in Piemonte, il numero delle concessioni termali è rimasto invariato; mentre nella regione sono stati concessi cinque permessi di ricerca di acque terminali. In nessun'altra regione ne sono stati richiesti di più (in tutta l'Italia sono stati 18).
Le superfici concesse per lo sfruttamento delle acque termali in Italia sono pari a 32.754 ettari, dei quali 3.184 in Piemonte, che, perciò, ha la quota del 10% e la quarta posizione nazionale. Le tre regioni sul podio sono la Lombardi con 11.675 ettari (36%), l'Emilia-Romagna con 6.752 (21%) e la Toscana con 3.714 (11%).